Spring Hills

di DvaKyan
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Un immenso prato verde, non riuscii a vederne il confine. Era così buia quella notte, ma il cielo era così pieno di stelle e la luna era così splendente che potevo vedere dove appoggiavo i miei piedi. Camminai lungo quel prato, cercando di arrivare in un qualche centro abitato, ma non trovai nulla. Camminavo e camminavo, senza sentire la minima stanchezza. C’erano un sacco di lucciole, sembrava un posto così magico, così misterioso. Sentii i brividi del freddo, ma non mi dava fastidio. Era una sensazione così piacevole stare in quel luogo, mi sentivo quasi a casa.
I miei occhi videro in lontananza delle rovine, alle quale mi avvicinai piano piano. Girai in mezzo a quel rudere, sfiorando con le mani le piante che sembravano voler coprire tutto quello che rimase in quel posto così familiare a me. Sentii una sensazione strana, poi trasalii. In mezzo alle rovine stava riposando una strana creatura, era enorme ed emanava un odore talmente forte che non riuscivo a non provare un senso di nausea. I suoi occhi gialli scintillanti si aprirono, notando la mia presenza. La creatura si alzò, prese da terra una specie di mazza piena di spine. Mezza assonnata, la creatura si avvicinava. Io cercai di allontanarmi, la creatura accelerò il passo. Poi mi saltò addosso.
 
Mi svegliai di soprassalto, quasi urlando. Ma capii che era solo un sogno. Un sogno strano, direi. Sembrava così reale, tanto che mi sembrò di sentire davvero quelle sensazioni. Ma la sveglia che da lì a poco suonò, mi fece capire che stava partendo l'inizio di una giornata della mia vita semplice e ordinaria. Una vita normale.
Salutai le mie coinquiline e, dopo una colazione veloce, uscii di casa. Presi il treno e andai in Università, come di routine. In quegli anni frequentavo la facoltà di letteratura in una città lontana da casa mia; infatti, dovetti abbandonare i miei pochi affetti per trasferirmi e per poter studiare ciò che mi piaceva. Poteva sembrare una fase triste della vita, ma pensandoci bene, personalmente non persi così tanto andando via di casa. La mia famiglia adottiva non si è mai interessata così tanto a me, non provarono la minima tristezza durante l’annuncio della mia partenza. Come non provarono il minimo sentimento durante tutta la mia intera vita. Avevo solo pochi amici, i quali riuscivo a vedere durante l’estate o le vacanze natalizie. Quindi cosa avevo da perdere davvero? Nulla. Avevo solo da guadagnare.
 
La giornata universitaria iniziò verso le 11 del mattino con la lezione di Letteratura Inglese. Entrò un giovane affascinante, si presentò come il nuovo professore del corso. Alexander era il suo nome, ma non disse il cognome. Il precedente dovette trasferirsi per motivi personali, perciò venne sostituito dal nuovo arrivato in città. Disse che era la prima volta che insegnava a una classe, chiedendo di augurargli un grande in bocca al lupo. Tante ragazze e tanto ragazzi rimasero affascinati da lui. Giovane, capelli corvini lunghi fino alle spalle, vestito elegante, occhi neri che erano come calamite. Stando in prima fila potevo avere il privilegio di notare questi piccoli dettagli.
La lezione si stava svolgendo normalmente, nessun dettaglio strano. Per tutta la lezione però rimasi incantata da lui, senza capirne bene il motivo. Non ero mai stata innamorata, ma non penso fosse quello il sentimento che provai per lui. C’era qualcosa di particolare in lui, quanto avrei voluto capirlo subito.
 
Finii la lezione e alcuni andarono a chiedere consigli al professore su alcune letture da integrare nel programma, nel mentre io e le mie colleghe passammo osservando incuriosite quella scena. Nessuno era mai stato così interessato a quel corso.
 
― Ci credo che si comportino così, nel nostro corso di laurea non abbiamo professori così giovani e belli. Sarei rimasta anche io con la scusa di una qualsiasi domanda ― Disse Elisa. Non era solo una mia collega universitaria, ma anche una mia cara amica.
― Ci avresti davvero abbandonate così? ― Domandai in modo ironico.
― Certo che lo farebbe. Ormai dovresti conoscerla ― Rispose ridendo Emily.
Come di consueto, ci dirigemmo verso il nostro luogo preferito dove pranzare.
Mi sedetti nella panchina al centro del parco, le mie amiche di fianco a me. In questo bellissimo parco si trovava una fontana incantevole con intorno panchine e alberi. Era il posto perfetto per assaporare un po’ di silenzio e tranquillità, ma anche per studiare tutte insieme durante i pomeriggi più liberi. Dietro il parco si trovava anche un piccolo bosco, ma era talmente piccolo che non si potrebbe nemmeno definire come un vero bosco. C’era un bel cielo azzurro e gli alberi fioriti insieme a quella dolce brezza richiamavano perfettamente la primavera che era arrivata da poco.
 
Iniziai a mangiare il mio riso, mentre le mie amiche erano intente nei loro pettegolezzi del giorno, quando vidi nella panchina due persone, di cui una di queste molto famigliare, nella parte opposta del parco. Era il professore di letteratura, insieme ad un altro uomo elegante, ma che sembrava più grande d'età. Vestito di bianco e capelli lunghi e bianchi. Era anch’egli affascinante e misterioso, quanto il professore.
Lo feci notare ad Elisa ed Emily, le quali sorrisero in modo curioso e malizioso.
― Non male anche l’altro. Ma anche lui è un professore? ―
― Bella domanda, ma è probabile. Qua vengono solo professori e studenti ― Risposi io.
La pausa pranzo stava finendo, perciò venne l’ora di tornare in aula per seguire le prossime lezioni. Il professore e l’altro uomo erano ancora seduti a parlare tra di loro, mentre sorseggiavano una bibita presa dal distributore che era di fianco a loro.
Mentre ci dirigemmo verso l’edificio, notai di aver dimenticato il libro che stavo leggendo sulla panchina.
― Voi andate pure, vi raggiungo. Faccio presto ―
― Va bene, ti teniamo un posto! ―
― Grazie ― Dissi, mentre mi incamminavo a passo svelto verso il parco, dove per fortuna trovai ancora sano e salvo il mio libro.
― Grazie al cielo ― Pensai a voce alta. Mi girai, notando che quei due erano già spariti. Eppure c’era una sola direzione da qua all’università.
Poi, nonostante la distanza, vidi qualcosa luccicare nella panchina. Misi il mio libro dentro la borsa e mi avvicinai verso la panchina. Notai che quello che luccicava fu solo un mazzo di chiavi. Delle chiavi molto particolari, sembravano quasi antiche. Pensai che probabilmente fossero dimenticate dal professore e dall'altro uomo misterioso.
Così, le presi per portarle in portineria ma appena le toccai, sentii un formicolio lungo tutto il mio corpo, un leggero brivido. E poco dopo vidi apparire una scia luminosa che porta verso l'interno del boschetto. Non riuscivo a capire che stesse succedendo. All'improvviso quelle chiavi sembravano indirizzarmi a seguire quella scia. Spaventata, ma incuriosita, iniziai a seguire quel percorso indicatomi da quel fascio di luce. Poco dopo essere entrata nel boschetto, sentii delle voci. Mi nascosi dietro un tronco di un albero per non farmi vedere: erano loro. Il professore e il misterioso.
Stavano parlando di cose a me incomprensibili: chiavi, ricerca, reliquie, magia. Magia. Magia?!
Poco dopo iniziarono a camminare di nuovo, ma scomparvero in un nano secondo. E la scia luminosa si interrompe proprio in quel punto dove sono spariti.
Iniziai a spaventarmi ancora di più, ma la tentazione fu più grande di me. Provai ad avvicinarmi, ma impacciata come sono strusciai la gamba verso il tronco, bucando le mie calze nere e graffiandomi. Feci una smorfia quando vidi uscire un po’ di sangue dal graffio, ma non ci pensai. Ripresi a camminare e arrivata nel punto, allungando la mano, notai che c’era una specie di portale magico, come quelli che vediamo nei film. Sembrava che dall’altra parte ci fosse un cielo notturno stellato. Una forte spinta, non so se dovuta dalle chiavi che avevo in mano o dal portale, mi obbligò a oltrepassarlo. Caddi a terra e non trovai un cielo notturno stellato come pensavo, ma ero distesa in un prato, di un verde bellissimo e con un cielo azzurro senza nuvole. Solo un immenso prato. Nessun’anima viva, nessuna traccia di loro. Non c’era niente. Cammino e cammino, mi sembrò di vivere il sogno di quella mattina.
 
Sentii le loro voci familiari, finalmente li ho trovati. Ma avevo paura di provare a chiamarli o altro.
Forse non dovevo trovarmi lì. E se mi avessero fatto del male? Non c’era niente che potevo usare per nascondermi da loro.
Starnutisco. Tac. Si girano.
― E tu chi sei? ― disse l'uomo dai capelli bianchi. Aveva una voce così profonda.
― Che ci fai qua? ― chiese il professore.
Provai a scappare, ma dalla paura caddi a terra, ritrovandomi il ragazzo dai capelli corvini di fronte a me, che si chinò preoccupato.
― Hai un'aria famigliare, ti conosco? ―
― Probabile, sono una sua studentessa. Seguo il suo corso ― Dissi, facendo vedere le chiavi ― e volevo restituire queste, ma per qualche arcano motivo, mi hanno portata qua, inseguendo voi.
Con un sorpreso 'Ah', spostò il suo sguardo verso l'uomo misterioso ― ecco dov'erano finite le chiavi ―  
 
L'uomo dai capelli bianchi si avvicinò ― È un bel problema adesso. È una tua studentessa? ―
― Sì, esatto. Non è normale questa cosa. Le chiavi non dovrebbero attivarsi se non con noi ―
― Lo so. E lei non dovrebbe nemmeno stare qua, sai che è proibito. Per fortuna siamo apparsi nella radura infinita e non in città. Altrimenti sarebbe stato un grosso guaio. Non possiamo nemmeno farle dimenticare tutto, non abbiamo abbastanza magia ―
― Ci penso io ― in tutto questo, interruppi la loro conversazione.
― Ehi, sono ancora qua. Potete spiegarmi che succede? Dove siamo e chi siete voi? ― Domandai spaventata ― Cosa volete farmi? ―
Si girarono verso di me. Il professore si avvicinò di più ― Chiamami pure Alexander, lui è il mio maestro, Vlad. Cercherò di spiegarti tutto, ma dobbiamo tornare indietro. Non puoi stare qui ―
 
― Io intanto vado in città e provo a informarmi di questo strano accaduto. Conto su di te, Alexander. Scusami per essere stato sgarbato, ma è il mio caratteraccio ― disse Vlad
― Si figuri ― risposi. Era così bello anche lui.
― Dammi pure del tu. Prima che vada, qual è il tuo nome? Non te l’abbiamo chiesto ―
― Luna. Il mio nome è Luna ―

 




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