NEON

di MarFu
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Mentre leggo l'indirizzo sullo schermo del computer sento i battiti del mio cuore che accelerano. “L’ho trovato” penso. Vorrei saltare dalla sedia, cominciare a strillare, a sorridere come se fossi un allegro adolescente al concerto della sua band preferita e non un severo detective di polizia di mezza età. “L’ho trovato” penso ancora, e stavolta sento gli angoli della bocca che si sollevano leggermente.

- Esco a verificare una cosa - dico a Taylor, la mia partner e compagna di scrivania.

- Vuoi che venga con te? - chiede. Siamo partner ma spesso indaghiamo su due casi contemporaneamente, lavorando in due solo quando strettamente necessario. E stavolta non lo è.

- No, non è niente - le mento. È tutto. Ed è per questo che devo andare da solo.

Mi alzo e quasi non ho bisogno di usare il bastone, quasi non sento il dolore lancinante al ginocchio destro che mi accompagna ormai da quindici anni, da quando una pallottola destinata al sindaco, invischiato in traffici loschi, si è conficcata nella rotula, lasciando dietro di sé un ricordino nella forma di un frammento di metallo che sta lentamente arrugginendo sul mio crociato.

Mentre salgo in macchina e comincio a sfrecciare nel traffico, impaziente di giungere alla mia meta, ripercorro mentalmente il caso. La prima vittima è stata un impiegato comunale di poco conto. L’abbiamo identificata come vittima dello Scarabeo soltanto in seguito, quando ha preso di mira bersagli più grossi e abbiamo scoperto il suo modus operandi. Una telecamera è riuscita a riprendere un piccolo drone a forma di scarabeo entrare nell’ufficio del sindaco poco prima che l’uomo crollasse sulla sua bella scrivania di mogano massiccio, morto per un’iniezione letale somministrata da un ago così sottile da non lasciare quasi traccia. L’intero distretto si è concentrato su quel caso, naturalmente. Il capo della polizia ci stava col fiato sul collo. Il medico legale ha analizzato il sangue della vittima, scoprendo che l’ago non iniettava nel sangue un qualche tipo di veleno o droga, ma una piccola quantità di nanobot che andavano a interrompere l’attività elettrica del cervello, causando istantaneamente la morte cerebrale e, dopo pochi, agonizzanti minuti, l’arresto totale delle funzioni biologiche.

Dalle indagini sulla morte del sindaco siamo riusciti a ricollegare allo Scarabeo altri diciannove casi, tutte persone coinvolte nell’amministrazione pubblica e tutte corrotte, dal piccolo impiegato della motorizzazione che prendeva mazzette per rinnovare la patente ad alcolizzati patologici, al sindaco, che si è poi scoperto essere coinvolto con alcune famiglie malavitose e che favoriva i loro traffici di armi e di giovani ragazze per il mercato della prostituzione. Inutile dire che il tutto è stato insabbiato.

Parcheggio la macchina dietro l’angolo. Prima di scendere mi guardo attorno, in cerca di telecamere sospette. Ne trovo tre, tutte abbastanza in alto da non riuscire a riprendere ciò che accade all’interno della macchina. Individuo un ristorante, una wokeria fusion, che potrebbe fare al caso mio. Nascondendo bene la fondina sotto al cappotto nero, scendo dalla macchina ed entro nella wokeria. Interrompo subito l’anziana proprietaria del locale che sta per chiedermi cosa desidero mostrandole il distintivo. Senza fornirle spiegazioni attraverso la cucina e mi affaccio al retro dell’edificio, sulla corte interna. Per mia fortuna non ci sono telecamere. Stupido da parte sua.

Entro nell’edificio dello Scarabeo dalla porta sul retro. Mentre mi fiondo su per le scale lascio cadere il bastone ed estraggo la pistola dalla fondina, ignorando il dolore lancinante al ginocchio. “Tutto sarà ripagato” penso. Raggiungo la porta, interno 3C, e faccio per bussare e annunciarmi come poliziotto, come da protocollo. Poi mi rendo conto che ciò che sto per fare vìola qualsiasi protocollo.

Uso la gamba destra come appoggio mentre con la sinistra tiro un calcio alla porta, sfondandola, mi causa un dolore lancinante che mi paralizza per un secondo. Ne approfitto per dare un’occhiata all’interno dell’appartamento. Nel buio riesco a distinguere scaffali metallici pieni di pezzi di computer, schede madri, scatole colme di chip, cavi, bobine di rame. Ho fatto centro. Entro nell’appartamento, respirando l’aria stantia e muffita come se fosse una boccata di ossigeno puro. Con la pistola puntata procedo lungo il corridoio, verso l’unica stanza illuminata che ho individuato quando ho sfondato la porta ma che ora è avvolta nel buio, come tutto l’appartamento. Lo Scarabeo dev’essere lì dentro.

Mentre mi affaccio alla porta, la pistola puntata davanti a me, lo vedo. È un ometto, più giovane di me, magrolino, capelli lunghi e sottili, un paio di occhiali rotondi sul naso storto. Indossa una t-shirt bianca con evidenti tracce di sporco e sudore, e un paio di pantaloni della tuta consunti. Trema mentre lascia cadere a terra un complicato radiocomando. Accanto a lui il suo Scarabeo, il drone, a pancia in su, aperto. Riesco a vedere tutti i complicati meccanismi che lo controllano. Probabilmente lo Scarabeo, il killer, ha cercato di armalo in fretta e furia per difendersi. Stupido da parte sua non procurarsi una pistola.

— Sei lo Scarabeo? — chiedo con voce solo leggermente tremante. È una domanda stupida. Tutto attorno a noi ci sono le prove dei suoi crimini. Progetti, dossier rubati, lavagne con complicate formule matematiche, computer e tutta la componentistica necessaria a creare e controllare un drone.

— Sei tu? — chiedo ancora all’uomo - al ragazzo, tremante nella sua sedia, con le mani alzate. Annuisce.

Metto via la pistola.

— Finalmente ti ho trovato — dico. — Sono l’ispettore Lawson. Sono anni che aspettavo qualcosa di simile. Ciò che fai… è ammirevole, ma impreciso. Permettimi di aiutarti.





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