Un diavolo a Roma parte II - L'Inferno può attendere

di AlbAM
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Capitolo 13

Gli ultimi chiarimenti



Azaele si rigirava tra le coperte mugugnando nel sonno. A un certo punto si svegliò di soprassalto. «Merda, che diavolo mi succede, non ho mai avuto incubi!» Pensò preoccupato dando un'occhiata ad Alba che sembrava dormire serena.

Un rumore quasi impercettibile attirò la sua attenzione. Trattenne il respiro sperando che si trattasse solo di autosuggestione, ma il rumore si ripresentò. Sembrava provenire dalla cucina. Azaele decise di andare a controllare, si alzò e si diresse silenziosamente verso la cucina. Era tutto buio, ma per la sua vista di demone non era un problema. Si sporse leggermente sulla soglia e vide una sagoma alta e alata davanti al lavello. Stava facendo scorrere l'acqua del rubinetto su una mano.

La sagoma alata chiuse il rubinetto e strappò uno scottex per asciugarsi, nel farlo le sfuggì un'imprecazione a bassa voce.

Azaele sbuffò e accese la luce sorprendendo Ariel che si girò a guardarlo con aria colpevole.

«Si può sapere che cosa ci fai a casa mia? Mi stai stalkerando per caso?»

Ariel lo osservò imbarazzato, aveva una mano piena di sangue avvolta nello scottex.

Azaele notò la porta finestra aperta e un bicchiere rotto poggiato dentro il lavandino. «Certo che sei pirla, apri la finestra con un miracolo e poi ti tagli la mano con un bicchiere!»

Ariel evitò di commentare, non era venuto per litigare.

«Comunque, vattene per favore, sono le quattro del mattino, Alba e gli altri dormono e io non ho voglia di discutere con uno stronzo che si intrufola a spiare in casa mia. A proposito, vedremo che cosa ne pensa Safet!»

Ariel lo guardò con aria di sfida. «È stato esattamente Safet a mandarmi a parlare con te! Quindi calmati!»

«Davvero? E ti ha anche specificato di presentarti alle quattro del mattino e rompere i miei bicchieri preferiti?»

Ariel cercò di mantenere la calma.

«Mi rendo conto che la situazione può sembrare strana». Azaele poggiò una spalla contro lo stipite della porta e sogghignò.

«Ma posso assicurarti che…» Ariel si interruppe imbarazzato.

«Continua ti prego. Voglio capire fino a che punto vuoi portare avanti questa figura di merda!»

Gli occhi di Ariel emisero un bagliore rosso. Ma l'angelo prese un respiro profondo e riuscì a tenere sotto controllo la rabbia.

«Potresti metterti qualcosa addosso?» domando Ariel a disagio.

«Sto comodo nudo, che c'è hai problemi con la tua sessualità?» Rispose Azaele serafico.

Ariel diventò paonazzo, ma non si lasciò smontare. «Semplicemente non trovo il corpo maschile piacevole allo sguardo quanto quello femminile!» Replicò sventolando la mano destra e facendo apparire un paio di pantaloni addosso ad Azaele che commentò divertito. «Potevi almeno scegliere un pigiama. I jeans, senza mutande, non sono il massimo della comodità!»

Ariel evitò di replicare. «Ti chiedo scusa per essermi introdotto in questo modo in casa tua, era mia intenzione svegliare solo te per parlarti a quattrocchi senza disturbare gli altri!»

Azaele dovette riconoscere che tutto sommato l'angelo stava provando a tendergli una mano, ma non resistette alla tentazione di provocarlo un altro po'. «Diciamo che così va un po' meglio, però se ti togli del tutto quel palo dal culo può darsi che mi venga anche la curiosità di sapere cosa vuoi».

Ariel decise che il suo amor proprio ne aveva avuto abbastanza. «Ok, sai che ti dico, puoi andare a farti fottere!» Si girò fece un passo in avanti con aria marziale, scivolò sulla pozza d'acqua che aveva causato rovesciando e rompendo il bicchiere, sbatté la testa per terra e svenne per qualche istante.

Una volta ripresa conoscenza desiderò solo andarsene e dimenticare la figuraccia appena fatta, si alzò e barcollando leggermente si diresse verso la terrazza. Azaele però fu più veloce, con un salto raggiunse la porta finestra e ci si piazzò davanti.

«Levati!» Latrò Ariel che ormai aveva raggiunto il limite della sopportazione.

Azaele alzò una mano in segno di pace.

«Cosa significa?»

«Significa siediti e parliamo!»

Ariel lo guardò con sospetto.

«Dai, sono sincero!» Disse il demone facendo un passo avanti e tirando una sedia fuori da sotto il tavolo. Ariel non si mosse, così Azaele gli fece cenno di sedersi.

L'angelo prese posto riluttante e aspettò a sua volta che Azaele si sedesse dall'altro lato del tavolo.

«Ti ascolto!» lo esortò il demone.

Ariel si sfilò dalla testa una collana con un ciondolo che aveva l'aria di essere uno stemma militare composto da un cuore color oro adagiato su uno scudo bianco e contornato da rami di ulivo verdi. «Che cos'è?» domandò incuriosito Azaele sporgendosi sul tavolo.

«È lo stemma della mia armata ai tempi della Grande Guerra» rispose Ariel.

«E ti sei intrufolato in casa mia solo per farmi vedere un reperto del tuo glorioso passato?» Domandò Azaele perplesso.

«Non è un reperto qualsiasi, idiota, è lo stemma delI'Armata Angelica sotto il comando dell'Arcangelo Galadriel!»

Azaele ammutolì.

«Non ero sotto il suo comando diretto, ma l'ho comunque conosciuta. Era una comandante molto amata, coraggiosa, intelligente e… bellissima. Teneva molto a tutti noi sottoposti, ricordava i nomi di ognuno di noi». Ariel sospirò rigirando lo stemma tra le dita.

«Non ti nascondo che a quei tempi tutti noi angeli minori eravamo un po' innamorati di lei! Quando morì, rimanemmo sconvolti. Ci sentimmo completamente persi. Fortunatamente passammo sotto il comando di Ysrafael che è stato anche lui un ottimo comandante!»

«Oh, è per questo che tu e lui siete così legati!»

«Si, Ysrafael ha salvato la nostra armata dal disastro e molti di noi, compreso me, gli devono la vita».

Tra i due si fece un silenzio carico di malinconia. Poi Ariel riprese a parlare.

«Comunque, quello che ci tenevo a dirti è che qualche tempo dopo la fine della Grande Guerra, tornai lì dove tua madre era stata abbattuta. Volevo salutarla e renderle omaggio in qualche modo, perché al tempo non c'era stato modo di farlo come si deve. Ricordo che ero seduto sul tronco di un albero carbonizzato quando ho notato qualcosa brillare in mezzo all'erba. Mi sono avvicinato e ho trovato lo stemma di tua madre».

Azaele spalancò gli occhi.

«L'ho tenuto con me per avere un suo ricordo e nel tempo è diventato il mio portafortuna. Ma ieri, quando ho visto come hai reagito alla notizia della morte di Galadriel ho capito che non l'ho trovato perché appartenesse a me, ma perché un giorno potessi restituirlo al legittimo proprietario!»

«Non capisco, intendi mio padre? E poi come fai a essere sicuro che sia proprio quello di mia madre?» Domandò Azaele confuso.

«Lo stemma del comandante era leggermente più grande di tutti gli altri. In ogni modo giralo e avrai le tue risposte!» Rispose Ariel porgendo lo stemma ad Azaele.

Il demone lo prese e lo girò incuriosito. Sul retro dello stemma era incisa una scritta che lo fece impallidire.

«Questo stemma era incastonato in tutte le armature della nostra armata, proprio davanti al cuore. Nessuno dei nostri però aveva alcuna scritta. Credo che sia stata proprio lei a incidere il tuo nome. Ti ha dovuto abbandonare, ma in un certo senso ti ha tenuto sempre con sé».

Azaele sospirò e due lacrime gli scivolarono sul volto. «Posso davvero tenerlo?»

«Certamente, te l'ho detto è sempre stato tuo! E se io fossi stato meno immaturo e arrogante avrei capito molto tempo fa quello che ho capito solo ieri nonostante abbia sempre avuto la verità davanti gli occhi. Azaele, tu sei uno stupido demonietto, fastidioso, irritante e casinista, ma questo stemma appartiene a te ed è giusto che lo tenga tu!»

Azaele sorrise mestamente. «Temo che nonostante tutto non riusciremo a diventare amici, non è così?»

Ariel lo fissò serio. «No, temo di no. Siamo troppo diversi. Però possiamo almeno essere dei buoni alleati in questa storia. Qualunque cosa ne penserà Ysrafael quando verrà a saperlo, perché prima o poi verrà a saperlo, non vi tradirò. Sei un demone infernale, ma dopotutto sei anche il figlio di Gabriel e Galadriel, qualcosa di buono l'avrai pure ereditato da loro e poi sono convinto che tu e Alba non abbiate alcuna intenzione di allevare l'Alfiere del male, ma che desideriate soltanto avere una famiglia tutta vostra!»

Ariel si alzò in piedi. «Ora devo andare. Scusa se ho rotto uno dei tuoi bicchieri preferiti, ora te lo riparo!»

«Lascia stare, non ho bicchieri preferiti. Volevo solo irritarti!» Replicò Azaele sorridendo.

Ariel scosse la testa e ridacchiò. «Sei proprio uno stronzetto, eh?»

«È nella mia natura, non riesco a farne a meno!» Rispose il demone porgendo la mano ad Ariel.

L'angelo la osservò un momento e poi gliela strinse. «Ci vediamo presto. Ciao!»

«Ciao!» Rispose Azaele.

Ariel uscì sulla terrazza e volò via.

«Che voleva Ariel?» Domandò Michele entrando in cucina.

Azaele gli porse lo stemma di Galadriel.

«Mi ha portato questo in segno di pace. Apparteneva a mia madre, è lo stemma dell'armata sotto il suo comando!»

Michele prese lo stemma lo girò e si accorse dell'incisione.

«Come faceva ad averlo lui?» Domandò stupito.

«Era tornato nel campo dove è caduta mia madre per renderle un ultimo saluto e l'ha trovato. Ariel ai tempi della Grande Guerra combatteva nella sua armata e a quanto pare era un po' innamorato di lei. Lo ha tenuto per avere un suo ricordo, ma ieri quando ha capito che sono il figlio di Galadriel ha deciso che era giusto che lo tenessi io!»

Michele era sbalordito. «È stato capace di un gesto così gentile nei tuoi confronti?»

«Già, però ha anche sottolineato che nonostante tutto non saremo mai amici!»

«Bè, questo è probabile, siete troppo diversi!»

«Anche io e te!»

Michele sorrise. "No, io e te non siamo affatto così diversi. A parte per l'altezza!»

Azaele sbuffò. «Devi sempre sottolinearlo, vero?»

Michele rise e gli passò affettuosamente una mano tra i riccioli neri. «Non hai ancora finito di scontare il periodo in cui stavi dentro Molinesi, demonietto!»


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Adel si trovava nel salottino dell'appartamento di Alba, era in piedi di fronte a Safet e Gabriel che le stavano facendo domande sul suo curriculum comodamente seduti sul divano. La piccola demone rispondeva intimidita. Era a disagio soprattutto rispetto a Gabriel. Trovarsi di fronte all'Arcangelo che riferiva al creato i messaggi del Padre era abbastanza imbarazzante, per non parlare del fatto che indossava una meravigliosa armatura argentata e la fissava con due bellissimi occhi dorati che fortunatamente ogni tanto tendevano a vagare distrattamente per la stanza, mentre Safet esaminava il suo curriculum.

Il Supervisore posò i fogli sul tavolo di fronte a sé e formulò la domanda che Adel temeva di più. «Quindi recentemente sei stata la segretaria di Akenet!»

Adel arrossì e abbassò gli occhi. «Si, Signore, ma temo di non averlo soddisfatto. Mi ha sostituito dopo pochissimo tempo!»

Safet alzò un sopracciglio. «Nonostante questo sei stata assegnata ai "ritiri esterni", un avanzamento rispetto al ruolo di segretaria. Come mai, visto che non risulta abbia esperienza in questa mansione e ritieni di non aver soddisfatto un tuo superiore?»

Gabriel riportò la sua attenzione su Adel osservandola con quegli occhi dorati penetranti e indagatori.

Adel impallidì rendendosi conto che né lei, né Akenet avevano tenuto conto di questo aspetto, esitò e poi rispose balbettando. «No… Non lo so Signore. Non ci ho mai pensato!»

Safet e Gabriel si scambiarono uno sguardo.

Adel cominciò a tremare e gli occhi le diventarono lucidi.

Gabriel si intenerì un po' nel vederla così spaventata e le venne in aiuto. «Magari c'era necessità di personale?»

Aveva una voce profonda e rassicurante, Adel si sentì leggermente confortata, trovò il coraggio di guardare Safet e rispose. «Non lo so, Signore, davvero. Lei sa che casino c'è giù da noi. Magari come dice Lord Gabriel avevano bisogno di personale e mi hanno assegnato senza neanche leggere il curriculum!»

«Va bene, tutto sommato hai ragione, giù da noi tutto è possibile. Per ora puoi restare. Ma devi impegnarti a non raccontare a nessuno quello che succede in questa casa. È chiaro? Altrimenti te la vedrai con me e soprattutto con Gabriel».

Adel annuì. Gabriel si alzò in piedi e dall'alto del suo metro e novantotto si rivolse alla piccola demone.

«Tanto per mettere le cose in chiaro, Azaele è mio figlio». Adel spalancò la bocca sbigottita. Gabriel continuò.

«Per cui mettere in pericolo lui o la sua famiglia significa farmi incazzare. Hai idea di come possa essere un Arcangelo incazzato, Adel?»

«Po… posso immaginarlo, Signore!» rispose la demonietta pallida in volto.

«Bene. Puoi andare a recuperare i tuoi bagagli!» Concluse Safet.

Adel tirò un sospiro di sollievo, salutò e scappò fuori dalla stanza.

Gabriel aspettò di sentire il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva, fece un giro dell'appartamento e dopo essersi assicurato che Adel fosse davvero andata via tornò da Safet.

«Se tu fossi Akenet e volessi mandare qualcuno a spiare Azaele e Alba, sceglieresti la tua segretaria timidina e insospettabile o un guerriero scaltro e scafato?» Domandò sorridendo.

Safet sogghignò.

«Non pensi sia pericoloso tenerla qui?» Domandò ancora Gabriel.

«Faremo sapere ad Akenet solo quello che vorremo che sappia. Lei non sa che abbiamo capito e finché non se ne renderà conto, saremo in vantaggio!» Rispose Safet.

«Credi che Eowynziel sia sua complice?»

«No. È solo molto ingenua e svampita. Al contrario di Adel che è molto timida ma altrettanto sveglia, hai visto come si è ripresa appena le hai offerto un piccolo aiuto?»

«Già! In ogni modo, penso che sia meglio che Eowynziel e Sakmeel non siano del tutto a conoscenza dei nostri piani, non credi?»

«Non ne sono sicuro Gabriel, temo che potrebbero sentirsi messi da parte e ritenere di non avere più alcun impegno nei nostri confronti. Forse è meglio dare fiducia a Eowynziel, spiegandole i nostri timori e che per ora Adel deve sapere solo quello che decidiamo io e te, magari evitando di dirle apertamente che la riteniamo una spia di Akenet»

Gabriel sospirò. «Peccato, Adel è una ragazzetta carina, magari sarebbe potuta essere una buona amica per Alba!»

Safet si alzò e poggiò una mano sulla spalla dell'amico. «A volte sei troppo tenero, Gabriel. Però chissà, in fondo credo che quella ragazzina si sia ritrovata invischiata suo malgrado in questa situazione, può darsi che le cose cambino quando si ritroverà a dover scegliere tra noi e Akenet!»

«Quel ragazzo è sempre stato molto in gamba! Sarebbe potuto diventare un Arcangelo eccezionale se non avesse scelto di stare con Lucifero!» Commentò rabbiosamente Gabriel.

Safet sospirò. «Temo che la sua scelta sia stata colpa nostra Gabriel. È l'ennesima conseguenza disastrosa di una decisione presa con troppa superficialità!»

«Già!»

«Convochiamo i ragazzi, dobbiamo informarli di quanto abbiamo deciso in merito ad Adel!»

«Anche Ariel?»

«Si, anche Ariel. Ritengo che possiamo fidarci di lui».

Gabriel sorrise, amava la totale mancanza di pregiudizi e la capacità di valutare obiettivamente le persone che caratterizzavano il suo migliore amico. Aveva perso molte cose importanti nella sua vita, ma almeno l'amicizia con Safael non era mai stata messa in discussione.


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Jesebel, la nuova segretaria di Akenet, una demone dall'aspetto professionale, alta, slanciata, decisamente bella e elegantissima nel suo tailleur Pierre Cardin, osservò senza scomporsi Adel da dietro l'ampia scrivania di legno di mogano che impediva l'accesso all'entrata del Nono Girone, uno stretto e freddo cunicolo. L'idea di scegliere una scrivania così imponente era stata sua e ne era molto fiera malgrado Akenet, quando gliel'aveva mostrata spiegando che avrebbe aiutato a limitare l'accesso di eventuali seccatori, avesse fatto spallucce e risposto con un sogghigno che non erano in molti ad avere il coraggio di disturbarlo.

«Ti ripeto che Lord Akenet al momento è impegnato e non può ricevere nessuno!»

Adel sbuffò nervosamente. «E io ti ripeto che ho necessità di parlargli urgentemente! Fammi passare!»

La segretaria sfogliò con studiata lentezza l'agenda aperta sulla scrivania e rispose. «Qualunque possa essere la tua urgenza, sono certa che potrà aspettare almeno fino a… dicembre!»

«Ma sei fuori? Dicembre è tra nove mesi! Sarà troppo tardi»

«E tre anni!» Specificò con un sorrisetto irritante la segretaria. «Nove mesi e tre anni!»

«Cosa?» domandò Adel esterrefatta.

«Mi dispiace ma non vedo buchi nell'agenda di Lord Akenet prima di tre anni e nove mesi» rispose Jesebel con un sorriso tanto beffardo quanto irritante.

Adel perse la pazienza. «Non ho intenzione di perdere altro tempo con te! I casi sono due o chiami Akenet e gli dici che ho bisogno di parlargli o ti scavalco metaforicamente e praticamente e vado direttamente da lui!»

Jesebel si sporse verso di lei. «Non oserai!»

Adel aprì le ali, spiccò un balzo e si infilò nello stretto cunicolo che portava al Nono Girone.

Jesebel dopo un primo momento di sconcerto si gettò al suo inseguimento.

Adel, grazie alla sua corporatura minuta, riuscì a mantenere il vantaggio finché rimase nel cunicolo, ma non appena le due demoni si ritrovarono all'aperto Jesebel, molto più alta e di conseguenza dotata di ali più ampie non ci mise molto a raggiungerla e spintonarla.

«Piantala, idiota, mi farai precipitare!» Si lamentò Adel.

Ma Jesebel non aveva alcuna intenzione di permettere alla piccola demone di raggiungere Akenet, ne andava del suo amor proprio.

Riuscì ad afferrarle un'ala e torcerla fino a farle perdere l'assetto di volo, mandandola in stallo. Adel precipitò rovinosamente sulle rocce, rotolando poi sul lago ghiacciato che occupava l'intero Nono Girone. Si alzò dolorante e provò immediatamente a riprendere il volo, ma Jesebel la raggiunse e l'afferrò per i capelli.

«Se credi che ti permetterò di disturbare il mio capo ti sbagli, nanerottola sovrappeso!» Urlò nelle orecchie di Adel.

«Mollami stangona, o giuro che te la vedrai con Akenet!» replicò la demonietta affondando gli artigli nella mano con cui Jesebel le tirava i capelli.

Per tutta risposta la segreteria le assestò un ceffone con la mano libera spaccandole il labbro superiore. «Tu sei completamente matta!» Urlò Adel sferrando un pugno sul naso di Jesebel che gridò di dolore e le lascio andare i capelli portandosi entrambe le mani sul naso sanguinante.

«Piccola puttanella, se mi hai rotto il naso giuro che me la pagherai cara!» ringhiò Jesebel furente sguainando gli artigli e guardando Adel con due occhi rossi colmi di odio.

La voce di Akenet interruppe lo scontro tra le due demoni. «Potrei stare a guardarvi lottare per ore, peccato che non abbia tutto questo tempo da perdere!»

«Signore, stavo tentando di bloccare questa piccola puttanella che ha osato scavalcare la mia scrivania nel tentativo di venire a disturbarla!»

«La conosci così bene?» domandò freddamente Akenet. Era poggiato contro una roccia con le braccia conserte e l'aria irritata.

Jesebel non capì l'ironia e rispose. «No, signore! Perché?»

Akenet si sporse leggermente verso la Segretaria e sibilò. «Allora come fai a sapere che è una puttanella?»

Jesebel si rese conto che la situazione stava prendendo una piega inaspettata e corse ai ripari. «Chiedo scusa per la scarsa professionalità della mia reazione Signore. Volevo evitare che venisse importunato nell'espletamento delle sue funzioni di Responsabile del Nono Girone!»

«Mi sembrava di averti detto che se fosse venuta a cercarmi la mia collaboratrice esterna avresti dovuto darle priorità assoluta su qualsiasi mio impegno!» Rispose l'Arcidiavolo con gli occhi rossi.

«Le chiedo ancora scusa, non immaginavo che la sua collaboratrice esterna fosse… questa!» rispose Jesebel indicando tremante Adel.

Gli occhi di Akenet si strinsero fino a diventare due linee rosse. Adel si rese conto che stava per superare il limite e per quanto Jesebel fosse stata arrogante e aggressiva non desiderava vederla carbonizzata.

«È stata anche colpa mia, Signore. Ero così presa dalla fretta che non mi sono presentata adeguatamente!»

Akenet si girò verso di lei, osservò il labbro spaccato, i capelli arruffati e il vestito spiegazzato. Con due passi si avvicinò alla piccola demone, le prese il mento tra le dita della mano sinistra e le passò delicatamente il pollice sulle labbra.

Adel fu attraversata da un brivido, si toccò il labbro superiore e si rese conto che Akenet le aveva appena guarito il taglio provocato dallo schiaffo d Jesebel. L'Arcidiavolo la lasciò andare e si rivolse a Jesebel. «Torna al tuo posto!»

«Si, Signore!» rispose la demone sospirando di sollievo è volando via.

Akenet tornò a rivolgere l'attenzione su Adel che si stava passando distrattamente la lingua sulle labbra nel tentativo di eliminare le ultime tracce di sangue rimaste dallo scontro con Jesebel. L'Arcidiavolo dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non lasciarsi sopraffare dal desiderio di afferrarla, sbatterla contro le rocce e provvedere lui stesso a leccarle via il sangue dalle labbra. Non che non potesse farlo, volendo. Gli Arcidiavoli potevano fare tutto quello che pareva loro, dopotutto comandavano l'Inferno mica il Paradiso. Ma per qualche motivo che lui stesso faticava a comprendere, non gli sembrava opportuno approfittare della sua forza per prendersi quello che voleva dalla piccola segretaria.

«Fai con calma, Palletta, tanto non ho un cazzo da fare!» disse con voce bassa e leggermente roca.

Adel si mise immediatamente sull'attenti. «Mi, scusi. Vuole che le faccia subito la mia relazione?»

«Esatto, muoviti!» rispose l'Arcidiavolo più sgarbatamente di quanto avrebbe voluto.

«Volevo confermarle che andrò ad abitare con Azaele e Alba e informarla che ho dovuto superare un colloquio con Safet e Gabriel!»

«Gabriel? Ho sempre saputo che si tratta del migliore amico di Safet, ma che cosa c'entra in questa storia?» domandò l'Arcidiavolo perplesso.

«Azaele è suo figlio Signore, me lo ha detto lo stesso Gabriel!»

Akenet la guardò sbalordito. «Merda, questa è davvero una pessima notizia! Sapevo che Gabriel e Galadriel avevano avuto un piccolo, ma non immaginavo che fosse proprio Azaele. Per quanto in effetti…!»

L'Arcidiavolo ridacchiò, poi tornò serio. «La presenza di Gabriel crea un problema imprevisto, dovrò riflettere su come aggirarlo!»

«Ha ordini per me signore?»

«Per ora tieni un profilo basso e le orecchie aperte. Non è escluso che Safet sospetti di te, è un demone molto acuto, quindi sta bene attenta a non commettere passi falsi. Safet non è crudele ma qui c'è in gioco il nipote del suo migliore amico, capisci cosa significa vero?»

«Si, signore. Perfettamente!»

«Bene, torna sulla terra e continua a tenermi informato!» Adel aprì le ali.

«Adel!»

«Si, Signore?»

«Non fare cazzate, chiaro?»

«Non si preoccupi, Signore. So badare a me stessa!» rispose Adel sorridendo.

«Non mi stavo preoccupando per te, ma per la tua missione!» rispose lui freddamente.

«Oh, certo Signore!» rispose Adel arrossendo e volando via senza voltarsi indietro.

Akenet capì di averla ferita. Si strinse nelle spalle e si diresse verso i suoi impegni infernali fingendo di non sentirsi uno stronzo ingrato.








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