Capitolo 13
Gli ultimi chiarimenti
Azaele si rigirava tra le
coperte mugugnando nel sonno. A un certo punto si svegliò di
soprassalto. «Merda, che diavolo mi succede, non ho mai avuto
incubi!» Pensò preoccupato dando un'occhiata ad Alba che
sembrava dormire serena.
Un rumore quasi
impercettibile attirò la sua attenzione. Trattenne il respiro
sperando che si trattasse solo di autosuggestione, ma il rumore si
ripresentò. Sembrava provenire dalla cucina. Azaele decise di
andare a controllare, si alzò e si diresse silenziosamente
verso la cucina. Era tutto buio, ma per la sua vista di demone non
era un problema. Si sporse leggermente sulla soglia e vide una sagoma
alta e alata davanti al lavello. Stava facendo scorrere l'acqua del
rubinetto su una mano.
La sagoma alata chiuse il
rubinetto e strappò uno scottex per asciugarsi, nel farlo le
sfuggì un'imprecazione a bassa voce.
Azaele sbuffò e
accese la luce sorprendendo Ariel che si girò a guardarlo con
aria colpevole.
«Si può
sapere che cosa ci fai a casa mia? Mi stai stalkerando per caso?»
Ariel lo osservò
imbarazzato, aveva una mano piena di sangue avvolta nello scottex.
Azaele notò la
porta finestra aperta e un bicchiere rotto poggiato dentro il
lavandino. «Certo che sei pirla, apri la finestra con un
miracolo e poi ti tagli la mano con un bicchiere!»
Ariel evitò di
commentare, non era venuto per litigare.
«Comunque, vattene
per favore, sono le quattro del mattino, Alba e gli altri dormono e
io non ho voglia di discutere con uno stronzo che si intrufola a
spiare in casa mia. A proposito, vedremo che cosa ne pensa Safet!»
Ariel lo guardò
con aria di sfida. «È stato esattamente Safet a mandarmi
a parlare con te! Quindi calmati!»
«Davvero? E ti ha
anche specificato di presentarti alle quattro del mattino e rompere i
miei bicchieri preferiti?»
Ariel cercò di
mantenere la calma.
«Mi rendo conto che
la situazione può sembrare strana». Azaele poggiò
una spalla contro lo stipite della porta e sogghignò.
«Ma posso
assicurarti che…» Ariel si interruppe imbarazzato.
«Continua ti prego.
Voglio capire fino a che punto vuoi portare avanti questa figura di
merda!»
Gli occhi di Ariel
emisero un bagliore rosso. Ma l'angelo prese un respiro profondo e
riuscì a tenere sotto controllo la rabbia.
«Potresti metterti
qualcosa addosso?» domando Ariel a disagio.
«Sto comodo nudo,
che c'è hai problemi con la tua sessualità?»
Rispose Azaele serafico.
Ariel diventò
paonazzo, ma non si lasciò smontare. «Semplicemente non
trovo il corpo maschile piacevole allo sguardo quanto quello
femminile!» Replicò sventolando la mano destra e facendo
apparire un paio di pantaloni addosso ad Azaele che commentò
divertito. «Potevi almeno scegliere un pigiama. I jeans, senza
mutande, non sono il massimo della comodità!»
Ariel evitò di
replicare. «Ti chiedo scusa per essermi introdotto in questo
modo in casa tua, era mia intenzione svegliare solo te per parlarti a
quattrocchi senza disturbare gli altri!»
Azaele dovette
riconoscere che tutto sommato l'angelo stava provando a tendergli una
mano, ma non resistette alla tentazione di provocarlo un altro po'.
«Diciamo che così va un po' meglio, però se ti
togli del tutto quel palo dal culo può darsi che mi venga
anche la curiosità di sapere cosa vuoi».
Ariel decise che il suo
amor proprio ne aveva avuto abbastanza. «Ok, sai che ti dico,
puoi andare a farti fottere!» Si girò fece un passo in
avanti con aria marziale, scivolò sulla pozza d'acqua che
aveva causato rovesciando e rompendo il bicchiere, sbatté la
testa per terra e svenne per qualche istante.
Una volta ripresa
conoscenza desiderò solo andarsene e dimenticare la figuraccia
appena fatta, si alzò e barcollando leggermente si diresse
verso la terrazza. Azaele però fu più veloce, con un
salto raggiunse la porta finestra e ci si piazzò davanti.
«Levati!»
Latrò Ariel che ormai aveva raggiunto il limite della
sopportazione.
Azaele alzò una
mano in segno di pace.
«Cosa significa?»
«Significa siediti
e parliamo!»
Ariel lo guardò
con sospetto.
«Dai, sono
sincero!» Disse il demone facendo un passo avanti e tirando una
sedia fuori da sotto il tavolo. Ariel non si mosse, così
Azaele gli fece cenno di sedersi.
L'angelo prese posto
riluttante e aspettò a sua volta che Azaele si sedesse
dall'altro lato del tavolo.
«Ti ascolto!»
lo esortò il demone.
Ariel si sfilò
dalla testa una collana con un ciondolo che aveva l'aria di essere
uno stemma militare composto da un cuore color oro adagiato su uno
scudo bianco e contornato da rami di ulivo verdi. «Che cos'è?»
domandò incuriosito Azaele sporgendosi sul tavolo.
«È lo stemma
della mia armata ai tempi della Grande Guerra» rispose Ariel.
«E ti sei
intrufolato in casa mia solo per farmi vedere un reperto del tuo
glorioso passato?» Domandò Azaele perplesso.
«Non è un
reperto qualsiasi, idiota, è lo stemma delI'Armata Angelica
sotto il comando dell'Arcangelo Galadriel!»
Azaele ammutolì.
«Non ero sotto il
suo comando diretto, ma l'ho comunque conosciuta. Era una comandante
molto amata, coraggiosa, intelligente e… bellissima. Teneva
molto a tutti noi sottoposti, ricordava i nomi di ognuno di noi».
Ariel sospirò rigirando lo stemma tra le dita.
«Non ti nascondo
che a quei tempi tutti noi angeli minori eravamo un po' innamorati di
lei! Quando morì, rimanemmo sconvolti. Ci sentimmo
completamente persi. Fortunatamente passammo sotto il comando di
Ysrafael che è stato anche lui un ottimo comandante!»
«Oh, è per
questo che tu e lui siete così legati!»
«Si, Ysrafael ha
salvato la nostra armata dal disastro e molti di noi, compreso me,
gli devono la vita».
Tra i due si fece un
silenzio carico di malinconia. Poi Ariel riprese a parlare.
«Comunque, quello
che ci tenevo a dirti è che qualche tempo dopo la fine della
Grande Guerra, tornai lì dove tua madre era stata abbattuta.
Volevo salutarla e renderle omaggio in qualche modo, perché al
tempo non c'era stato modo di farlo come si deve. Ricordo che ero
seduto sul tronco di un albero carbonizzato quando ho notato qualcosa
brillare in mezzo all'erba. Mi sono avvicinato e ho trovato lo stemma
di tua madre».
Azaele spalancò
gli occhi.
«L'ho tenuto con me
per avere un suo ricordo e nel tempo è diventato il mio
portafortuna. Ma ieri, quando ho visto come hai reagito alla notizia
della morte di Galadriel ho capito che non l'ho trovato perché
appartenesse a me, ma perché un giorno potessi restituirlo al
legittimo proprietario!»
«Non capisco,
intendi mio padre? E poi come fai a essere sicuro che sia proprio
quello di mia madre?» Domandò Azaele confuso.
«Lo stemma del
comandante era leggermente più grande di tutti gli altri. In
ogni modo giralo e avrai le tue risposte!» Rispose Ariel
porgendo lo stemma ad Azaele.
Il demone lo prese e lo
girò incuriosito. Sul retro dello stemma era incisa una
scritta che lo fece impallidire.
«Questo stemma era
incastonato in tutte le armature della nostra armata, proprio davanti
al cuore. Nessuno dei nostri però aveva alcuna scritta. Credo
che sia stata proprio lei a incidere il tuo nome. Ti ha dovuto
abbandonare, ma in un certo senso ti ha tenuto sempre con sé».
Azaele sospirò e
due lacrime gli scivolarono sul volto. «Posso davvero tenerlo?»
«Certamente, te
l'ho detto è sempre stato tuo! E se io fossi stato meno
immaturo e arrogante avrei capito molto tempo fa quello che ho capito
solo ieri nonostante abbia sempre avuto la verità davanti gli
occhi. Azaele, tu sei uno stupido demonietto, fastidioso, irritante e
casinista, ma questo stemma appartiene a te ed è giusto che lo
tenga tu!»
Azaele sorrise
mestamente. «Temo che nonostante tutto non riusciremo a
diventare amici, non è così?»
Ariel lo fissò
serio. «No, temo di no. Siamo troppo diversi. Però
possiamo almeno essere dei buoni alleati in questa storia. Qualunque
cosa ne penserà Ysrafael quando verrà a saperlo, perché
prima o poi verrà a saperlo, non vi tradirò. Sei un
demone infernale, ma dopotutto sei anche il figlio di Gabriel e
Galadriel, qualcosa di buono l'avrai pure ereditato da loro e poi
sono convinto che tu e Alba non abbiate alcuna intenzione di allevare
l'Alfiere del male, ma che desideriate soltanto avere una famiglia
tutta vostra!»
Ariel si alzò in
piedi. «Ora devo andare. Scusa se ho rotto uno dei tuoi
bicchieri preferiti, ora te lo riparo!»
«Lascia stare, non
ho bicchieri preferiti. Volevo solo irritarti!» Replicò
Azaele sorridendo.
Ariel scosse la testa e
ridacchiò. «Sei proprio uno stronzetto, eh?»
«È nella mia
natura, non riesco a farne a meno!» Rispose il demone porgendo
la mano ad Ariel.
L'angelo la osservò
un momento e poi gliela strinse. «Ci vediamo presto. Ciao!»
«Ciao!»
Rispose Azaele.
Ariel uscì sulla
terrazza e volò via.
«Che voleva Ariel?»
Domandò Michele entrando in cucina.
Azaele gli porse lo
stemma di Galadriel.
«Mi ha portato
questo in segno di pace. Apparteneva a mia madre, è lo stemma
dell'armata sotto il suo comando!»
Michele prese lo stemma
lo girò e si accorse dell'incisione.
«Come faceva ad
averlo lui?» Domandò stupito.
«Era tornato nel
campo dove è caduta mia madre per renderle un ultimo saluto e
l'ha trovato. Ariel ai tempi della Grande Guerra combatteva nella sua
armata e a quanto pare era un po' innamorato di lei. Lo ha tenuto per
avere un suo ricordo, ma ieri quando ha capito che sono il figlio di
Galadriel ha deciso che era giusto che lo tenessi io!»
Michele era sbalordito.
«È stato capace di un gesto così gentile nei tuoi
confronti?»
«Già, però
ha anche sottolineato che nonostante tutto non saremo mai amici!»
«Bè, questo
è probabile, siete troppo diversi!»
«Anche io e te!»
Michele sorrise. "No,
io e te non siamo affatto così diversi. A parte per
l'altezza!»
Azaele sbuffò.
«Devi sempre sottolinearlo, vero?»
Michele rise e gli passò
affettuosamente una mano tra i riccioli neri. «Non hai ancora
finito di scontare il periodo in cui stavi dentro Molinesi,
demonietto!»
#
Adel si trovava nel
salottino dell'appartamento di Alba, era in piedi di fronte a Safet e
Gabriel che le stavano facendo domande sul suo curriculum comodamente
seduti sul divano. La piccola demone rispondeva intimidita. Era a
disagio soprattutto rispetto a Gabriel. Trovarsi di fronte
all'Arcangelo che riferiva al creato i messaggi del Padre era
abbastanza imbarazzante, per non parlare del fatto che indossava una
meravigliosa armatura argentata e la fissava con due bellissimi occhi
dorati che fortunatamente ogni tanto tendevano a vagare
distrattamente per la stanza, mentre Safet esaminava il suo
curriculum.
Il Supervisore posò
i fogli sul tavolo di fronte a sé e formulò la domanda
che Adel temeva di più. «Quindi recentemente sei stata
la segretaria di Akenet!»
Adel arrossì e
abbassò gli occhi. «Si, Signore, ma temo di non averlo
soddisfatto. Mi ha sostituito dopo pochissimo tempo!»
Safet alzò un
sopracciglio. «Nonostante questo sei stata assegnata ai "ritiri
esterni", un avanzamento rispetto al ruolo di segretaria. Come
mai, visto che non risulta abbia esperienza in questa mansione e
ritieni di non aver soddisfatto un tuo superiore?»
Gabriel riportò la
sua attenzione su Adel osservandola con quegli occhi dorati
penetranti e indagatori.
Adel impallidì
rendendosi conto che né lei, né Akenet avevano tenuto
conto di questo aspetto, esitò e poi rispose balbettando. «No…
Non lo so Signore. Non ci ho mai pensato!»
Safet e Gabriel si
scambiarono uno sguardo.
Adel cominciò a
tremare e gli occhi le diventarono lucidi.
Gabriel si intenerì
un po' nel vederla così spaventata e le venne in aiuto.
«Magari c'era necessità di personale?»
Aveva una voce profonda e
rassicurante, Adel si sentì leggermente confortata, trovò
il coraggio di guardare Safet e rispose. «Non lo so, Signore,
davvero. Lei sa che casino c'è giù da noi. Magari come
dice Lord Gabriel avevano bisogno di personale e mi hanno assegnato
senza neanche leggere il curriculum!»
«Va bene, tutto
sommato hai ragione, giù da noi tutto è possibile. Per
ora puoi restare. Ma devi impegnarti a non raccontare a nessuno
quello che succede in questa casa. È chiaro? Altrimenti te la
vedrai con me e soprattutto con Gabriel».
Adel annuì.
Gabriel si alzò in piedi e dall'alto del suo metro e
novantotto si rivolse alla piccola demone.
«Tanto per mettere
le cose in chiaro, Azaele è mio figlio». Adel spalancò
la bocca sbigottita. Gabriel continuò.
«Per cui mettere in
pericolo lui o la sua famiglia significa farmi incazzare. Hai idea di
come possa essere un Arcangelo incazzato, Adel?»
«Po… posso
immaginarlo, Signore!» rispose la demonietta pallida in volto.
«Bene. Puoi andare
a recuperare i tuoi bagagli!» Concluse Safet.
Adel tirò un
sospiro di sollievo, salutò e scappò fuori dalla
stanza.
Gabriel aspettò di
sentire il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva, fece un
giro dell'appartamento e dopo essersi assicurato che Adel fosse
davvero andata via tornò da Safet.
«Se tu fossi Akenet
e volessi mandare qualcuno a spiare Azaele e Alba, sceglieresti la
tua segretaria timidina e insospettabile o un guerriero scaltro e
scafato?» Domandò sorridendo.
Safet sogghignò.
«Non pensi sia
pericoloso tenerla qui?» Domandò ancora Gabriel.
«Faremo sapere ad
Akenet solo quello che vorremo che sappia. Lei non sa che abbiamo
capito e finché non se ne renderà conto, saremo in
vantaggio!» Rispose Safet.
«Credi che
Eowynziel sia sua complice?»
«No. È solo
molto ingenua e svampita. Al contrario di Adel che è molto
timida ma altrettanto sveglia, hai visto come si è ripresa
appena le hai offerto un piccolo aiuto?»
«Già! In
ogni modo, penso che sia meglio che Eowynziel e Sakmeel non siano del
tutto a conoscenza dei nostri piani, non credi?»
«Non ne sono sicuro
Gabriel, temo che potrebbero sentirsi messi da parte e ritenere di
non avere più alcun impegno nei nostri confronti. Forse è
meglio dare fiducia a Eowynziel, spiegandole i nostri timori e che
per ora Adel deve sapere solo quello che decidiamo io e te, magari
evitando di dirle apertamente che la riteniamo una spia di Akenet»
Gabriel sospirò.
«Peccato, Adel è una ragazzetta carina, magari sarebbe
potuta essere una buona amica per Alba!»
Safet si alzò e
poggiò una mano sulla spalla dell'amico. «A volte sei
troppo tenero, Gabriel. Però chissà, in fondo credo che
quella ragazzina si sia ritrovata invischiata suo malgrado in questa
situazione, può darsi che le cose cambino quando si ritroverà
a dover scegliere tra noi e Akenet!»
«Quel ragazzo è
sempre stato molto in gamba! Sarebbe potuto diventare un Arcangelo
eccezionale se non avesse scelto di stare con Lucifero!»
Commentò rabbiosamente Gabriel.
Safet sospirò.
«Temo che la sua scelta sia stata colpa nostra Gabriel. È
l'ennesima conseguenza disastrosa di una decisione presa con troppa
superficialità!»
«Già!»
«Convochiamo i
ragazzi, dobbiamo informarli di quanto abbiamo deciso in merito ad
Adel!»
«Anche Ariel?»
«Si, anche Ariel.
Ritengo che possiamo fidarci di lui».
Gabriel sorrise, amava la
totale mancanza di pregiudizi e la capacità di valutare
obiettivamente le persone che caratterizzavano il suo migliore amico.
Aveva perso molte cose importanti nella sua vita, ma almeno
l'amicizia con Safael non era mai stata messa in discussione.
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Jesebel, la nuova
segretaria di Akenet, una demone dall'aspetto professionale, alta,
slanciata, decisamente bella e elegantissima nel suo tailleur Pierre
Cardin, osservò senza scomporsi Adel da dietro l'ampia
scrivania di legno di mogano che impediva l'accesso all'entrata del
Nono Girone, uno stretto e freddo cunicolo. L'idea di scegliere una
scrivania così imponente era stata sua e ne era molto fiera
malgrado Akenet, quando gliel'aveva mostrata spiegando che avrebbe
aiutato a limitare l'accesso di eventuali seccatori, avesse fatto
spallucce e risposto con un sogghigno che non erano in molti ad avere
il coraggio di disturbarlo.
«Ti ripeto che Lord
Akenet al momento è impegnato e non può ricevere
nessuno!»
Adel sbuffò
nervosamente. «E io ti ripeto che ho necessità di
parlargli urgentemente! Fammi passare!»
La segretaria sfogliò
con studiata lentezza l'agenda aperta sulla scrivania e rispose.
«Qualunque possa essere la tua urgenza, sono certa che potrà
aspettare almeno fino a… dicembre!»
«Ma sei fuori?
Dicembre è tra nove mesi! Sarà troppo tardi»
«E tre anni!»
Specificò con un sorrisetto irritante la segretaria. «Nove
mesi e tre anni!»
«Cosa?»
domandò Adel esterrefatta.
«Mi dispiace ma non
vedo buchi nell'agenda di Lord Akenet prima di tre anni e nove mesi»
rispose Jesebel con un sorriso tanto beffardo quanto irritante.
Adel perse la pazienza.
«Non ho intenzione di perdere altro tempo con te! I casi sono
due o chiami Akenet e gli dici che ho bisogno di parlargli o ti
scavalco metaforicamente e praticamente e vado direttamente da lui!»
Jesebel si sporse verso
di lei. «Non oserai!»
Adel aprì le ali,
spiccò un balzo e si infilò nello stretto cunicolo che
portava al Nono Girone.
Jesebel dopo un primo
momento di sconcerto si gettò al suo inseguimento.
Adel, grazie alla sua
corporatura minuta, riuscì a mantenere il vantaggio finché
rimase nel cunicolo, ma non appena le due demoni si ritrovarono
all'aperto Jesebel, molto più alta e di conseguenza dotata di
ali più ampie non ci mise molto a raggiungerla e spintonarla.
«Piantala, idiota,
mi farai precipitare!» Si lamentò Adel.
Ma Jesebel non aveva
alcuna intenzione di permettere alla piccola demone di raggiungere
Akenet, ne andava del suo amor proprio.
Riuscì ad
afferrarle un'ala e torcerla fino a farle perdere l'assetto di volo,
mandandola in stallo. Adel precipitò rovinosamente sulle
rocce, rotolando poi sul lago ghiacciato che occupava l'intero Nono
Girone. Si alzò dolorante e provò immediatamente a
riprendere il volo, ma Jesebel la raggiunse e l'afferrò per i
capelli.
«Se credi che ti
permetterò di disturbare il mio capo ti sbagli, nanerottola
sovrappeso!» Urlò nelle orecchie di Adel.
«Mollami stangona,
o giuro che te la vedrai con Akenet!» replicò la
demonietta affondando gli artigli nella mano con cui Jesebel le tirava
i capelli.
Per tutta risposta la
segreteria le assestò un ceffone con la mano libera
spaccandole il labbro superiore. «Tu sei completamente matta!»
Urlò Adel sferrando un pugno sul naso di Jesebel
che gridò di dolore e le lascio andare i capelli portandosi
entrambe le mani sul naso sanguinante.
«Piccola
puttanella, se mi hai rotto il naso giuro che me la pagherai cara!»
ringhiò Jesebel furente sguainando gli artigli e guardando
Adel con due occhi rossi colmi di odio.
La voce di Akenet
interruppe lo scontro tra le due demoni. «Potrei stare a
guardarvi lottare per ore, peccato che non abbia tutto questo tempo
da perdere!»
«Signore,
stavo tentando di bloccare questa piccola puttanella che ha osato
scavalcare la mia scrivania nel tentativo di venire a disturbarla!»
«La conosci così
bene?» domandò freddamente Akenet. Era poggiato contro
una roccia con le braccia conserte e l'aria irritata.
Jesebel non capì
l'ironia e rispose. «No, signore! Perché?»
Akenet si sporse
leggermente verso la Segretaria e sibilò. «Allora come
fai a sapere che è una puttanella?»
Jesebel si rese conto che
la situazione stava prendendo una piega inaspettata e corse ai
ripari. «Chiedo scusa per la scarsa professionalità
della mia reazione Signore. Volevo evitare che venisse importunato
nell'espletamento delle sue funzioni di Responsabile del Nono
Girone!»
«Mi sembrava di
averti detto che se fosse venuta a cercarmi la mia collaboratrice
esterna avresti dovuto darle priorità assoluta su qualsiasi
mio impegno!» Rispose l'Arcidiavolo con gli occhi rossi.
«Le chiedo ancora
scusa, non immaginavo che la sua collaboratrice esterna fosse…
questa!» rispose Jesebel indicando tremante Adel.
Gli occhi di Akenet si
strinsero fino a diventare due linee rosse. Adel si rese conto che
stava per superare il limite e per quanto Jesebel fosse stata
arrogante e aggressiva non desiderava vederla carbonizzata.
«È stata
anche colpa mia, Signore. Ero così presa dalla fretta che non
mi sono presentata adeguatamente!»
Akenet si girò
verso di lei, osservò il labbro spaccato, i capelli arruffati
e il vestito spiegazzato. Con due passi si avvicinò alla
piccola demone, le prese il mento tra le dita della mano sinistra e
le passò delicatamente il pollice sulle labbra.
Adel fu attraversata da
un brivido, si toccò il labbro superiore e si rese conto che
Akenet le aveva appena guarito il taglio provocato dallo schiaffo d Jesebel. L'Arcidiavolo la lasciò andare e si rivolse a
Jesebel. «Torna al tuo posto!»
«Si, Signore!»
rispose la demone sospirando di sollievo è volando via.
Akenet tornò a
rivolgere l'attenzione su Adel che si stava passando distrattamente
la lingua sulle labbra nel tentativo di eliminare le ultime tracce di
sangue rimaste dallo scontro con Jesebel. L'Arcidiavolo dovette
ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non lasciarsi sopraffare
dal desiderio di afferrarla, sbatterla contro le rocce e provvedere
lui stesso a leccarle via il sangue dalle labbra. Non che non potesse
farlo, volendo. Gli Arcidiavoli potevano fare tutto quello che pareva
loro, dopotutto comandavano l'Inferno mica il Paradiso. Ma per
qualche motivo che lui stesso faticava a comprendere, non gli
sembrava opportuno approfittare della sua forza per prendersi quello
che voleva dalla piccola segretaria.
«Fai con calma,
Palletta, tanto non ho un cazzo da fare!» disse con voce bassa
e leggermente roca.
Adel si mise
immediatamente sull'attenti. «Mi, scusi. Vuole che le faccia
subito la mia relazione?»
«Esatto, muoviti!»
rispose l'Arcidiavolo più sgarbatamente di quanto avrebbe
voluto.
«Volevo confermarle
che andrò ad abitare con Azaele e Alba e informarla che ho
dovuto superare un colloquio con Safet e Gabriel!»
«Gabriel? Ho sempre
saputo che si tratta del migliore amico di Safet, ma che cosa c'entra
in questa storia?» domandò l'Arcidiavolo perplesso.
«Azaele è
suo figlio Signore, me lo ha detto lo stesso Gabriel!»
Akenet la guardò
sbalordito. «Merda, questa è davvero una pessima
notizia! Sapevo che Gabriel e Galadriel avevano avuto un piccolo, ma
non immaginavo che fosse proprio Azaele. Per quanto in effetti…!»
L'Arcidiavolo ridacchiò,
poi tornò serio. «La presenza di Gabriel crea un
problema imprevisto, dovrò riflettere su come aggirarlo!»
«Ha ordini per me
signore?»
«Per ora tieni un
profilo basso e le orecchie aperte. Non è escluso che Safet
sospetti di te, è un demone molto acuto, quindi sta bene
attenta a non commettere passi falsi. Safet non è crudele ma
qui c'è in gioco il nipote del suo migliore amico, capisci
cosa significa vero?»
«Si, signore.
Perfettamente!»
«Bene, torna sulla
terra e continua a tenermi informato!» Adel aprì le ali.
«Adel!»
«Si, Signore?»
«Non fare cazzate,
chiaro?»
«Non si preoccupi,
Signore. So badare a me stessa!» rispose Adel sorridendo.
«Non mi stavo
preoccupando per te, ma per la tua missione!» rispose lui
freddamente.
«Oh, certo
Signore!» rispose Adel arrossendo e volando via senza voltarsi
indietro.
Akenet capì di
averla ferita. Si strinse nelle spalle e si diresse verso i suoi
impegni infernali fingendo di non sentirsi uno stronzo ingrato.
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