Sola

di berta bertini
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Tic, tac,tic, tac. L’orologio non voleva smettere. Era un suono che ormai frastornava la mia testa. Se ci penso sono stata qui, in questo angoletto, forse…due giorni. Oh, il mio stomaco, che fame. Sentivo un brontolare continuo, la mia voce era un po’ affannata, come se mi fossi risvegliata da un lungo letargo. Volevo, volevo, sì insomma, alzarmi. Ma non capivo, non avevo forze, ero debole. I miei occhi lucidi, dopo un rumoroso sbadiglio in quel silenzio, piano piano si resero conto che non stavano guardando la solita parete della mia stanza. No, era come se mi fossi addormentata in un posto a me sconosciuto ma quell’orologio, perché continuava a ticchettare così rumorosamente? Credo proprio che il mal di testa mi abbia fatto avere delle allucinazioni. Sì, perché non credevo allo spettacolo più tremendo che io abbia mai visto in vita mia. Davanti a me, non c’era la il muro che vedevo ogni mattina prima di andare a scuola, ma il buio. Esatto, io anche se mi vesto di nero, se mi trucco di nero e mi piace tutto quello che abbia a che fare con il dark e il punk, odia il buio, odia la notte, odia l’oscurità. Io credo che mi comporti così perché, voglio attirare l’attenzione dei miei genitori, anche se ho poca probabilità. Non mi degnerebbero di uno sguardo neanche se mi facessi un tatuaggio. Mio padre, non viene mai a trovarmi, se ne frega di me, mi considera come una figlia, forse neanche una figlia, credo che mi consideri un’estranea. Se ne vergogna. Invece mia madre spera che io diventi un avvocato degno del suo nome. Non le interessa cosa faccio a scuola o se ho fatto un nuovo blog, lei rimane soltanto della sua idea, e considera il fatto di sperare per me un futuro migliore come una specie di ti voglio bene. Ma io non mi sento proprio una figlia amata. Mi sento sola al mondo. Ma in questo momento non c’era proprio da pensare a nulla, solo a come fare per distruggere quel buio perenne che mi avvolgeva. Mi sentivo impaurita, tremavo. Non capivo, come fossi finita lì, insomma, se fosse per me non sarei mai arrivata fino a quel punto. Lascio sempre una piccola luce che si fa avanti nel buio. In qualche modo mi sono fatta forza, mi sono alzata. Sono scivolata con le spalle al muro. Ad un certo punto stavo toccando qualcosa simile ad un pomello. Ma certo, la porta, ormai sapevo di essere libera, di correre verso la luce, il sole. Ma non si apriva. Ero sola e senza via d’uscita.




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