Tecniche di colorazione e stili di vita

di Carla Marrone
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TECNICHE DI COLORAZIONE E STILI DI VITA

 

Mi sono sempre chiesta se esistesse un lavoro dal quale non si potesse trarre insegnamenti per la propria vita. Ho una grande passione per il disegno. Nel corso delle mie esperienze, mi sono imbattuta in diverse tecniche pittoriche. Mi hanno parlato. 

 

Per l’acquerello, ad esempio, serve poco colore. Quando lo usavo, dovevo comprare i materiali di riserva, di rado. Succedeva questo, però: essendo il pennello a goccia molto carico di acqua, nel tragitto dalla tavolozza, al punto del foglio di carta cotonata, in cui doveva essere posizionato, il liquido poteva cadere. 

Non andava messo lì.

E non era il colore giusto. 

L’acquerello ricorda, non perdona i tuoi errori. 

C’è chi dice che, in questa maniera, si creano i dipinti migliori. 

A volte mi sembra una scusa, altre no. 

Sta di fatto che, tutto ciò che puoi fare, quando questo accade, è fissare quella maledettissima macchia e desiderare di ricominciare d’accapo. Ma sei alla fine. Provi disperazione e vorresti riuscire a piangere, per aggiungere le tue lacrime a quella goccia di colore e farla sembrare più vera. 

A volte, immergi il cartoncino nell’acqua, in una tinozza, dentro la quale vedi svanire tutti i tuoi sogni e le tue aspirazioni. 

Un mio insegnante mi ha detto che ci sono casi in cui è giusto così. 

 

C’è, poi, la tempera. Anch’essa a base di acqua. A differenza della prima tecnica, non ti chiedi se le cose siano andate male, perché hai lesinato troppo sulla materia prima. Se ne usa, decisamente, di più, a seconda. Si può sovrapporre. 

Sopra un errore, se ne pone un altro e, poi, un altro ancora. Fino a quando, la tua esistenza non ti sembra bella. E’ così che, la gran parte delle persone, me compresa, vivono le proprie vite.

Il tratto buono e quello malvagio, mescolati. In perfetta armonia, se ci sai fare. 

 

Ed arriviamo all’acrilico. 

Per lui si usa l’isolante. Serve per dimenticare da dove sei venuto. 

Per concentrarti solo su dove stai andando. 

Ti rende orfano. 

Copri la base con una sostanza simile al cellophane liquido e ci dipingi sopra. Creerai, così, due strati, perfettamente separati. 

Ma, lei c’è ancora. E’ lì, ti tende la mano, ti serve per andare avanti. 

Perché se non ci fosse, non avrebbe senso continuare a colorare. 

 

Dall’acrilico ho imparato l’importanza di ricordare, mettendo dell’isolante sui pensieri molesti. 

 

E che dire dell’olio! Una tecnica “nobile”. Ti costringe a fare del tuo meglio. A dare di più, riducendo i tuoi spazi. 

Una volta, ho trascorso due ore, dipingendo un quadro realistico, per rendere l’idea di un mero centimetro di tela. 

Ma non lo rimpiango. Per me, è tempo passato bene. Non si spreca il proprio tempo con l’olio. Con quello che costa! 

L’olio è duro da scalfire, come i diamanti. Fluisce bene, solo quando si mescola con la trementina. Ti insegna la chimica delle affinità elettive tra pigmento e tela, mente e cuore, anima e arte. 

Ma, ti permette anche di correggere i tuoi errori. 

E’ saggio, ti capisce. 

Basta solo una goccia di trementina, intinta nell’ampolla magica, con il tuo sottilissimo pennello di martora. 

La magia si compie con molta cura ed attenzione. 

 

Ma, talvolta, tutto ciò che si desidera è sporcarsi le mani di carbone e sanguigna ed abbozzare il volto di chi amiamo, o, l’albero nel giardino, davanti casa. 

La mente si perde nella semplicità dei tratti, nel bi cromatismo. 

I polmoni respirano lentamente. 

Lo spirito è rilassato.

Le mani sudice. Perché i soggetti lo meritano. 

Eppure, vogliamo ricordare questi preziosi momenti, fatti di poco. Come a prolungarne il piacere. Averne la casa nel cuore, una volta ripartiti e lontani. 

 

Così, cospargiamo il cartoncino di fissativo e speriamo. 

 

Ed, improvvisamente, il foglio prende a luccicare. 

 

E voi, con quale tecnica colorate la vostra vita?

 





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