Le Lettere dell'Innocenza

di Milly_Sunshine
(/viewuser.php?uid=1237152)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Quando avevo quattordici anni, mi inventai dei personaggi che mi inseguono da tanto tempo, o forse sono io a inseguire loro. Avevo appena iniziato la prima superiore e mi capitava di parlare con la mia compagna di banco che avevo conosciuto da poco dei racconti che scrivevo, ai tempi su dei semplici quaderni. Gliene avevo fatti anche leggere alcuni e per qualche motivo venne fuori l'idea di scrivere un "racconto di Halloween".
Poi si persero un sacco di cose, nel corso degli anni. Non fu un breve racconto di Halloween. Fu un lungo racconto, divenuto una serie, che per puro caso iniziava a fine ottobre. La versione che intendo proporvi ha ben poco a che vedere con Halloween e anche poco a che vedere con la trama che avevo in mente ai tempi. Dopotutto era il 2002, adesso sono passati vent'anni.
I personaggi (introdotti nel "capitolo" precedente, avendolo aggiunto in seguito e spostato, è probabile che entrando veniate rimandati a questo e vi tocchi di cambiare il capitolo manualmente), però, sono ancora vividi nella mia mente, quindi ho deciso che voglio scrivere un racconto che sia degno della loro personalità. L'ambientazione - in cui si alternano due piani temporali - è una location immaginaria. Ai tempi mi piacevano i nomi inglesi, quindi ho deciso di lasciarli inalterati. Se pensate a Gran Bretagna, Commonwealth o Stati Uniti siete fuori strada. Goldtown non è un luogo realmente esistente, ma potrebbe esistere ovunque.





REQUIEM

[31.10.2002]
La partita era finita da poco più di cinque minuti, ma chi fosse entrato nel bar in quel momento avrebbe potuto tranquillamente pensare che nessuno l'avesse guardata. C'era un gruppetto di persone radunate intorno al televisore, in prevalenza uomini di mezza età oppure anziani, ma l'argomento di conversazione ormai non riguardava più né il calcio né tantomeno lo sport in generale. Quando i discorsi sulle tasse e sulla politica iniziarono a diventare dilaganti, Kevin comprese che era giunto il momento di andarsene.
«Andiamo a salutare Patricia?» propose a Danny.
Il suo amico parve non sentirlo. Stava leggendo qualcosa sul cellulare.
«Ehi, Danny» insisté Kevin. «Andiamo?»
L'altro alzò gli occhi.
«Sì, scusa, non ti stavo ascoltando.»
«Me n'ero accorto.»
Danny accennò un mezzo sorriso e, come a giustificarsi, gli confidò: «Sto aspettando un messaggio da una persona, però non mi risponde.»
«Forse ha finito il credito» azzardò Kevin, «O, se le hai scritto, non ha visto il tuo messaggio.»
«Lo spero, ma non sono sicuro che sia così. Probabilmente non le interessa rispondermi.»
«Prova a fare una telefonata.»
«No, non è il caso.»
Kevin iniziava ad avere dei sospetti sull'identità della persona dalla quale Danny sperava di essere contattato.
«Fammi indovinare, è molto carina, ha i capelli biondi e pratica pattinaggio artistico?»
Danny avvampò.
«Sì, è lei.»
«Mi fa piacere che tu abbia finalmente ricominciato a interessarti alle ragazze, ma non sono sicuro che tu possa concludere molto.»
«Lo so, dovrei puntare più in basso.»
«Se adesso ti piacciono le bionde, ne ho in mente una con cui potresti avere delle speranze.»
Danny rise.
«Dai, non scherzare, Jennifer è come una sorella per me. E poi non mi piacciono le bionde in generale. Cindy mi piacerebbe di qualunque colore avesse i capelli. Comunque avevi ragione tu, è meglio andare, si sta facendo tardi.»
«Andiamo a salutare Patricia, prima» disse Kevin, facendo per avvicinarsi al bancone del bar.
In quel momento il cellulare di Danny squillò.
«Mi ha scritto!»
Kevin si girò a guardare l'amico. Aveva un sorriso radioso, che tuttavia svanì in pochi istanti.
«Qualcosa non va?»
«Tutto a posto» lo rassicurò Danny. «Non è Cindy, è Jack. Mi chiede se non mi hai detto nulla, perché Steve ci sta aspettando a casa sua da oltre un'ora.»
«Steve ci sta aspettando? Per cosa? E perché avrei dovuto dirti qualcosa io?»
«Non saprei. Magari ti ha contattato?»
Kevin prese fuori il cellulare dalla tasca del giubbotto. Effettivamente si era dimenticato di avere tolto la suoneria e c'erano diversi SMS in entrata.
Il primo era da parte di Steve, che lo invitava a presentarsi sotto casa sua e lo pregava di estendere l'invito anche a Danny. I messaggi seguenti gli chiedevano dove fosse.
"Arriviamo subito" scrisse a Steve.
Aveva già inviato il messaggio quando si accorse di non avere domandato a Danny cosa ne pensasse.
«Ho detto a Steve che andiamo da lui, non è un problema, vero?»
«No, anche se non mi spiego cosa voglia. Cosa ci fa Jack da lui?»
«Non lo so nemmeno io, ma non ci vorrà molto per scoprirlo.»
«Potevano venire anche loro al bar a guardare la partita» azzardò Danny. «Va bene, a Steve non piace il calcio, gli interessano cose più da intellettuale, ma...»
Fu interrotto dalla voce di Patricia che, passando accanto a loro con un vassoio in mano, li salutò.
Kevin e Danny ricambiarono il saluto, prima di andarsene.
Abitavano entrambi in pieno centro e si erano entrambi recati a piedi al bar, ma Steve non viveva molto lontano. In meno di dieci minuti sarebbero riusciti a raggiungerlo.
Erano appena usciti dal bar, quando Kevin fu raggiunto da un nuovo messaggio.
«Dice di sbrigarci» riferì a Danny, «Perché ha una sorpresa per noi.»
«Per fortuna Steve ha gusti da intellettuale» ribatté Danny, «Altrimenti mi verrebbe da pensare che ha organizzato qualcosa di ridicolo per Halloween e vuole condividerlo con noi.»
«Figurati, Steve non saprà nemmeno quando viene Halloween.»
«Speriamo. Non voglio passare una serata in stile horror di bassa qualità. Cosa ci troverà poi la gente di interessante nel rappresentare e glorificare la morte? Quelli che si divertono a truccarsi con tanto di sangue finto, come reagirebbero se si trovassero di fronte a del vero sangue nella realtà?»
Kevin fu scosso da un brivido. Sapeva bene a cosa si stesse riferendo Danny. Non parlava mai apertamente di cosa fosse successo a Linda Miller qualche mese prima, ma era chiaro che fosse un chiodo fisso per lui.
Cercò di sviare il discorso: «Non preoccuparti, Steve avrà sicuramente in mente qualcosa di più interessante. Chissà, magari ha ricevuto un'offerta di lavoro interessante, oppure si è trovato una fidanzata e vuole comunicarci la notizia in anteprima.»
«Se anche Steve dovesse trovarsi una fidanzata, inizierei a pensare di avere sbagliato molte cose» replicò Danny. «Che cosa può raccontare di interessante a una ragazza per convincerla a uscire con lui?»
«Guarda che Steve ha sempre avuto successo con le ragazze» puntualizzò Kevin. «Ti dirò, non mi stupisce nemmeno.»
«Io non l'ho mai visto con una ragazza.»
«Evidentemente frequenta ragazze che non sono interessate a trascorrere le serate insieme ai suoi amici.»
«Essenzialmente mi stai dicendo che Steve fa molto più sesso di noi.»
«Sto dicendo che, solo perché Steve non ci racconta delle sue avventure, non significa che non ne abbia. D'altronde quello che riguarda la sfera privata è meglio che rimanga privato, a volte.»
«Per caso se la fa con qualcuna delle amiche di Lydia? Forse Meredith, oppure Janet?»
Kevin notò che non aveva citato Cindy, ma non glielo fece notare. D'altronde Steve non stava con nessuna di loro e, anzi, gli aveva parlato di una ragazza che gli piaceva, che abitava a Goldtown da poche settimane, e che sperava di riuscire a conoscere con una scusa.
«Dai, andiamo, invece di pensare a chi si porta a letto Steve.»
«Se sai qualcosa, dimmelo.»
«Non so nulla e, anche se lo sapessi, sarebbero comunque fatti suoi.»
Danny non insisté, evitando altre domande. Continuarono a camminare verso l'elegante abitazione nella quale Steve risiedeva insieme ai familiari. Era una porzione di una villetta, con ingresso indipendente e giardino. Proprio nel giardino, Steve era seduto insieme ad altre due persone: Jack e un altro ragazzo.
Il cancello era accostato. Kevin lo aprì ed entrò, seguito da Danny. Solo allora prestò attenzione all'identità di colui che non aveva ancora identificato.
«Mark?!» esclamò.
Ci aveva visto giusto, nonostante il loro comune amico fosse in penombra.
«Finalmente siete arrivati» esclamò Mark. «Ci avevo perso le speranze.»
«Ehi, Mark» lo salutò Danny, «Cosa ci fai qui a Goldtown?»
«Sedetevi» li invitò Steve.
«Mark è tornato in paese da poco e mi ha chiesto se potevamo incontrarci» li informò Jack. «Peccato che non siate arrivati prima.»
«Avreste potuto invitare anche Jennifer» osservò Danny. «Come mai non l'avete chiamata?»
«Jennifer ha solo sedici anni e viene da una famiglia strana» gli ricordò Jack. «Mark non era sicuro che sua nonna e sua zia le avrebbero permesso di uscire con noi la sera, specie se fosse stato Mark a farle una simile proposta.»
Doveva essere una scusa. Occasionalmente Jennifer usciva con loro e Kevin era certo che, se Danny si fosse offerto di accompagnarla a casa, le Robinson non avrebbero avuto niente da ridire. Era molto probabile che gli altri non fossero felici di averla intorno. Per quanto ne sapeva Kevin, né Mark né Steve provavano molta simpatia per quella ragazza, mentre non era ben chiaro che tipo di legame ci fosse tra lei e Jack.
Si sedette, subito imitato da Danny, che riferì: «Siamo arrivati solo adesso perché Kevin non aveva visto i messaggi. Stavamo seguendo la partita al bar.»
Nessuno parve particolarmente interessato. Né Steve, né Mark né tantomeno Jack diedero il minimo segno di essere curiosi del risultato. Forse non sapevano nemmeno quali fossero i club scesi in campo.
«Non ci hai ancora spiegato» osservò Kevin, rivolgendosi a Mark, «Che cosa ci fai qui a Goldtown.» Guardò Steve e Jack, cercando delucidazioni da loro. «Allora, cosa vi ha raccontato di interessante?»
«Niente di che, in realtà» ammise Jack. «Più che altro ci ha fatto domande su di noi, sul corso che frequenta Steve, sul mio lavoro.» Rise. «Mi ha chiesto come funzionano le cose in officina da mio padre, come se fosse un argomento interessante.»
Mark obiettò: «Ti ho chiesto del tuo lavoro. Non ci vedo niente di strano. Hai sempre detto che non vedevi l'ora di finire la scuola perché la tua strada erano le auto e adesso che lavori con tuo padre pensavo ti interessasse raccontarci qualcosa.»
«Non c'è niente da raccontare, lavoro come meccanico e mi piace» mise in chiaro Jack. «Non ho niente di particolare da riferire. Non compaiono dal nulla donne bellissime, in officina, né qualsiasi altra cosa tu abbia in mente. Non...»
Si interruppe. Guardava un punto indistinto oltre il cancello. Kevin si girò in quella direzione. In lontananza, non troppo distante da un lampione, si stagliava una figura quasi spettrale. Una donna molto magra, fasciata in un abito bianco, si stava girando dalla parte opposta, pronta ad allontanarsi. I capelli chiarissimi, forse raccolti in una lunga treccia, ondeggiarono.
Anche Mark, realizzò Kevin, guardava in quella direzione. C'erano buone probabilità che anche Steve avesse visto quella persona, mentre Danny non si era mosso di un centimetro.
«A proposito di donne bellissime» riprese Mark, «Se mi fermerò qui a Goldtown è anche a causa di una ragazza. Non è del posto, ma è venuta a stare qui di recente. Ci siamo conosciuti un paio di mesi fa. Purtroppo mi sono dovuto sistemare in casa con i miei genitori, mentre lei sta da sua zia, che è abbastanza stretta di vedute e la controlla parecchio nonostante sia già maggiorenne da un pezzo. Ci è difficile incontrarci. O per meglio dire, ci è facilissimo incontrarci, ma solo in casa e mai da soli. Per fortuna è riuscita a inventarsi con la zia che stasera doveva partecipare a una festa di Halloween, quindi riusciremo a vederci più tardi, quando non ci sarà più nessuno in giro.»
«Una ragazza interessante che vive con la zia, che non le permette di rimanere da sola con il suo amato?» osservò Danny. «Sembra la trama di uno di quegli harmony che piacciono a mia sorella. Sei fortunato: negli harmony prima o poi i protagonisti finiscono a letto insieme.»
«Nel nostro caso è già accaduto, più di una volta. Prima che venisse a Goldtown, ci era molto più semplice incontrarci.»
«Allora, se non sono indiscreto, perché è venuta qui da sua zia?»
«Ellen è la nipote di Georgia Freeman, quella che presentava i servizi per il telegiornale locale. Anche lei sta studiando per diventare giornalista. È venuta a stare dalla Freeman perché pensa che potrebbe esserle utile per lo studio e, chissà, magari per un futuro lavoro.»
Kevin spostò lo sguardo su Steve, che non dava segno di alcun turbamento. Eppure, Kevin ne era certo, la ragazza di cui stava parlando Mark era proprio la tizia di cui Steve gli aveva parlato. Il mondo era davvero molto piccolo, se la nipote di Georgia Freeman era la fidanzata di Mark.
Mark guardò l'orologio: «A proposito, è meglio che vada. Ellen ha detto a sua zia che la festa sarà a mezzanotte. Dobbiamo incontrarci all'una.»
«E te ne vai già?» obiettò Kevin. «Sono appena le undici e un quarto.»
Mark fu piuttosto vago: «Prima ho un'altra cosa da fare.»
«Prima devi vederti con un'altra?» gli chiese Steve, a bruciapelo.
Mark spalancò gli occhi.
«Come dici?»
«Lo sappiamo tutti che salti da una ragazza all'altra, da sempre» puntualizzò Steve, con freddezza. «Adesso ci parli di questa Ellen, ma quanto durerà? Poco come tutte le altre, posso immaginare.»
Mark si alzò in piedi.
«Sinceramente non penso che questi siano affari tuoi. Comunque no, Ellen mi piace davvero, non frequento altre donne a sua insaputa.»
Steve non parve molto convinto, ma non disse più nulla. Mark salutò tutti e se ne andò. Fu l'ultima volta in cui lo videro.
 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4038549