Prodigio

di Doctor Nowhere
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Il vento schiacciò Phileas contro il parapetto e gli rubò il cilindro, che balzò verso le prime stelle della sera… e poi giù nel vuoto.

Una torma di gentiluomini e signorine imbellettate lo superò come se neanche esistesse. Cinguettavano imperterriti in quel loro francese parigino, stretto e incomprensibile.

Phileas si avvinghiò al gelido corrimano della torre. "W-Wilkins!" boccheggiò, ma le parole scivolarono giù dalle labbra deboli e tremanti. Sollevò il piede e lo appoggiò su un gradino più alto. Perché, perché aveva accettato di salire? Aveva cose ben più importanti da fare!

Un’altra gelida folata fece sbatacchiare gli orli del cappotto. Si tappò le labbra con la mano per trattenere un grido. Puzzava di ferro.

"Forza, Relish" l’esile figura di Wilkins si sporse da dietro l’angolo "Ormai manca poco!"

Phileas sbuffò. La faceva facile, lui.

Si morse le unghie dal sapore metallico. Non doveva guardare di sotto, non doveva pensare a quanto era in alto. Meglio… meglio concentrarsi su qualcos’altro. La ricerca, la sua ricerca.

A ogni passo sulla scala risuonava un tintinnio metallico. Non poteva mancare molto, e una volta sceso nulla gli avrebbe impedito di andare all’esposizione etnografica. Il professor Ross sarebbe stato orgoglioso della sua intuizione.

Strascicò i piedi lungo la scalinata. Era davvero così sicura? Maledetta Parigi, maledetto Eiffel e maledetto Wilkins che lo aveva convinto. Ah, ma se fosse riuscito a rimettere i piedi per terra non gli avrebbe mai più dato retta, mai più!

Ancora un ultimo sforzo. Poi avrebbe potuto andare al padiglione Les Invalides. Se era ben curato come dicevano ci sarebbero state decine, macché, centinaia di individui in una perfetta ricostruzione del loro habitat naturale. Il terreno di studio perfetto per uno studente di antropologia!

Ecco la cima. Si issò sulla piattaforma. Il gruppetto di francesi gli bloccava il passaggio. Una signorina si sporse oltre il parapetto ed emise un gridolino deliziato. "Permesso" disse Phileas, scorbutico, e si fece spazio tra loro. Gli rivolsero contro qualche sbuffo e qualche commento in lingua d’Oltremanica.

Ecco Wilkins. Si sporgeva nel vuoto con i gomiti appoggiati alla ringhiera. Pazzo! Lo afferrò per la spalla e lo tirò indietro "Ma che fai? Così rischi di cadere!"

L’amico gli rivolse un sorriso radioso e scosse il capo "Oh, Relish. Non cambia mai. Guardi qui sotto, piuttosto, e mi dica se questo spettacolo non è cento volte meglio del suo zoo."

Phileas incrociò le braccia "In primo luogo, Wilkins, non le permetto di sminuire in questo modo la disciplina che studio. Il folklore dei popoli rappresenta la colonna portante del mondo contemporaneo, non se lo dimentichi. In secondo luogo..." le parole gli morirono sulle labbra.

Sotto di loro si stendeva l’intero parco dell’Esposizione Universale, anzi, tutta l’immensa distesa di tetti grigi della città. I lampioni illuminavano le vie come un secondo firmamento, ancora più luminoso di quello che si stagliava di sopra. La città era un cuore pulsante, ed ogni uomo al suo interno era una goccia di sangue pompato. Eccoli che gremivano il parco e le strade, formichine operose intente nelle loro faccende.

E lui, da quella torre, li sovrastava come un uccello in volo, e non poteva far altro che tremare di fronte alla magnificenza di quella celestiale visione, così potente, così diversa da tutto ciò che avevano potuto contemplare gli uomini del passato.

Si afferrò la camicia all’altezza del cuore. Quanto a lungo era rimasto cieco su tutto ciò che poteva offrire il presente perché la sua attenzione era rivolta ad un mondo che non esisteva più? Che senso aveva discutere ancora di popoli estinti e delle loro sciocche superstizioni quando il futuro era così radioso da spazzare via ognuna di quelle menzogne?

Wilkins gongolò "Allora? Che ne dice? Potrei sbagliare, ma direi che è piuttosto convinto. Vuole ancora che la accompagni al Les Invalides?"

Di solito Phileas avrebbe cercato un modo per strappargli via quel sorrisetto compiaciuto, ma… non stavolta. Alzò le mani "Travis, avevi ragione. Forse… forse ho sbagliato tutto. Tu studi per creare un futuro migliore, mentre io…"

"Su, su" Wilkins si strinse nelle spalle "Che razza di amico sarei se non ti dessi una mano ad aprirti gli occhi quando commetti un errore?"

Le mani di Phileas tremarono "È semplicemente incredibile. Il progresso… è davvero il più grande prodigio che possa esistere!"

Wilkins annuì "Quindi cosa conti di fare col tuo vecchio professore?"

Ross! La ricerca che gli aveva promesso. Di colpo alla sua mente erano prospettive insipide, insignificanti. Phileas si passò una mano fra i capelli "Io… non saprei"

Il suo amico estrasse dal panciotto un orologio d’argento. Si avvolse il dito nella catenina. "Vede, Relish… Phileas. C’è un filosofo francese, tale Comte, che ha detto una frase molto importante: Sono state le scienze a creare il mondo in cui viviamo. Prima hanno liberato la mente umana dalla teologia e dalla metafisica, da tutti i pensieri astratti di cui non c’era più bisogno." rise. Il suo parlare si fece più intenso "E nel futuro saranno la base su cui fondare tutto l’ordine sociale, finché perdurerà la nostra specie" rivolse l’orologio verso Phileas. Sul fronte era incisa una miniatura della Tour Eiffel. Un pregevole souvenir di quel sensazionale evento, senza dubbio.

"Quindi, Phileas, a cosa vuoi dedicare la tua vita? In quanto studiosi noi ci gettiamo nelle nostre discipline come…" alzò lo sguardo, a cercare un’ispirazione "Come degli scavatori, ecco. Solo che alcuni cercano di estrarre ossa e reliquie dal passato, altri si preparano a gettare le fondamenta del futuro. Tu da che parte vuoi stare?"

Aveva ragione. Phileas era salito sulla Tour Eiffel come un girino tardivo, che sguazzava nelle torbide acque della Storia con la sua coda di preconcetti, ma ne sarebbe disceso come un lucido ranocchio pronto a balzare fuori dalla palude. "Ross non può darmi quello di cui ho bisogno. Appena tornati in Inghilterra compilerò tutti i moduli necessari. Passerò anche io a Medicina. In questo modo sarò parte di…" distese il braccio ad abbracciare il panorama "Tutto questo!"

Wilkins gli diede una pacca sulla spalla "Questo è parlare!" lo trascinò verso la scalinata "Suvvia, Relish. Abbiamo ancora così tanto da vedere… il telefono, l’elettricità… oh, ho sentito dire meraviglie sul nuovo modello di fonografo!"

Il cuore di Phileas prese a battere all’impazzata: "Andiamo allora! Non credo di poter attendere oltre"

Iniziarono a scendere le scale, Phileas davanti e Wilkins dietro.

"A proposito, Relish… che fine ha fatto il suo cappello?"





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