(Not yet) my boy
Titolo: (Not yet) my boy
Autore: My Pride
Fandom: Batman
Tipologia: One-shot [ 1045 parole fiumidiparole
]
Personaggi: Buce Wayne, Thomas
Kent, Martha Kent, Sorpresa
Rating: Giallo
Genere: Generale, Malinconico
Avvertimenti: What if?,
Hurt/Comfort
Writeptember: 1. Legami ||
Immagine. X abbraccia un bambin*
BATMAN
© 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.
Risate,
schiamazzi, bambini che giocavano al parco e lui mano nella mano con
suo padre e sua madre, a condividere un momento che credeva non sarebbe
arrivato mai.
Bruce non aveva mai sorriso tanto in vita sua. I
suoi genitori erano sempre impegnati ed era raro riuscire a ritagliare
un attimo di tempo in loro compagnia ma, quando ci riusciva, per lui
erano le giornate migliori del mondo. Lo avevano portato al parco per
una passeggiata, avevano persino preso un gelato e lui aveva giocato
praticamente per ore insieme a suo padre sulla nave pirata allestita
per l’annuale fiera che si svolgeva a Gotham, e Bruce era rimasto
colpito dall’idea di sua madre di andare al circo che si era fermato in
città per quell’occasione; l’aveva guardata stranito, ma aveva subito
sorriso e li aveva trascinati verso il tendone non appena erano
arrivati, insistendo di volere i posti migliori per potersi godere lo
spettacolo. Ed era stato fantastico.
I giocolieri, i clown, la donna barbuta che aveva
sollevato un peso enorme e lo aveva lasciato nelle mani di un uomo
nerboruto che lo aveva fatto oscillare sulle spalle come un bastoncino,
il domatore di leoni che aveva portato a spasso quel felino come fosse
un cucciolo di gatto e lo spettacolo equestre, e poi c’erano stati i
trapezisti, il loro volteggiare in aria come se stessero volando, i
salti mortali che compivano e la leggiadria dei loro movimenti ad ogni
salto… Bruce era rimasto estasiato e aveva guardato con occhi
splendenti il ragazzino che aveva cominciato a gettarsi da un lato
all’altro del tendone insieme agli adulti, afferrando le loro mani e
roteando con abilità e grazia tali da lasciare incantato Bruce.
Alla fine della serata, una volta fuori dal tendone,
Bruce aveva gettato le braccia al collo di sua madre e poi a quello di
suo padre, abbracciandolo stretto e ringraziandoli entrambi per quella
serata che avevano passato insieme. Il lavoro da chirurgo di suo padre
non gli permetteva sempre di essere presente e Bruce soffriva di quella
mancanza, ma quei momenti quegli attimi, erano per lui più di quanto in
realtà volesse apertamente ammettere. E a casa passarono altro tempo
insieme, ridendo e scherzando davanti al camino, finché la mano
delicata di sua madre non si posò sulla sua spalla e lui sollevò una
palpebra, rendendosi conto di essersi appisolato sulla poltrona dinanzi
al fuoco.
«Bruce?» chiamò sua madre sottovoce, risvegliandolo
lentamente dal suo torpore. «Bruce, tesoro, è ora di andare».
«Mhn… non posso restare ancora un po’ con voi?»
«Mi dispiace, amore mio… non è ancora il momento».
Il sorriso di sua madre era triste, Bruce lo notò
attraverso l’orlo delle ciglia e sollevò un po’ il capo, senza capire
il perché di quelle parole. «Mamma?»
«Ti stanno aspettando, figliolo», soggiunse suo
padre nel poggiare una mano sull’altra spalla e stringere un po’, e
stavolta Bruce si voltò verso di lui, stranito.
«Papà?»
«Torna da loro, Bruce… hanno bisogno di te».
La voce di sua madre divenne un brusio sconnesso, la
sua figura cominciò a dissolversi davanti ai suoi occhi e quella di suo
padre tremolò come una fiammella che cercava di restare viva ma, quando
Bruce aprì improvvisamente gli occhi e si portò automaticamente una
mano al petto, si rese conto di star osservando il soffitto bianco di
una stanza di ospedale. Confuso, si guardò intorno con estrema
attenzione e cercò di tirarsi su a sedere, ma sentiva i muscoli deboli
e il braccio era collegato ad un macchinario alla sua destra; sentiva
una strana sensazione fredda sul torace e solo in un secondo momento si
rese conto di avere degli elettrodi su di esso, sbattendo le palpebre
sempre più stranito dalla situazione che stava vivendo. Perché era lì?
Chi ce lo aveva portato? Più si sforzava di ricordare più la testa gli
faceva male, e storse il naso quando provò a muovere una gamba ma una
fitta di dolore si disperse in tutto il suo corpo.
«Padre!»
Bruce annaspò per un secondo, voltandosi verso la
porta nello stesso istante in cui un lampo verde e nero gli si gettò
addosso, seguito da voci concitate che si accavallarono le une alle
altre e si mescolavano nelle sue orecchie, facendo vorticare i pensieri
nella sua testa. Immagini su immagini, la serata di beneficenza e le
chiacchiere in famiglia, il piccolo malore al petto che aveva ignorato
per tutta la notte e il sorriso che si era sforzato di rivolgere al
figlio minore nonostante il dolore, poi l’accenno che sarebbe andato a
prendere un po’ d’aria e… da quel punto in poi, i ricordi faticavano a
tornare, frammenti diventavano scalini di pietra che si avvicinavano
sempre di più, le grida nelle sue orecchie si trasformavano in un
pavimento e il malore in una fitta all’altezza del cuore, il respiro
mozzato e poi l’oblio. La voce di Jason che gridava di chiamare
un’ambulanza, quella di Tim che discuteva animatamente con Dick mentre
gli teneva alzata la testa, e poi Damian, Cassandra, Duke e tutti gli
altri che cercavano di allontanare gente e farlo respirare… tutto
assunse un senso in quell’istante e Bruce ne rimase sconvolto.
Il dolore, l’affanno, il senso di nausea e
vertigine, l’improvvisa debolezza che si era impossessata dei suoi arti
superiori e la leggera ansia che aveva provato, i sudori freddi che lo
avevano costretto a cercare aria e il momento in cui era svenuto e
scivolato giù per le scale… aveva volutamente ignorato i segni di un
infarto e aveva rischiato di morire, di lasciare soli i suoi ragazzi, i
suoi splendidi figli. Solo adesso capiva il perché del sogno onirico in
cui si era ritrovato, quel fantasma di un passato vissuto con i suoi
genitori e le parole che gli avevano rivolto, e non poteva fare a meno
di credere che, un quel momento, lo avessero davvero aiutato a tornare.
Al pensiero, Bruce strinse a sé ognuno dei suoi
figli, affondando il viso nell’incavo della spalla di Dick mentre li
sentiva sussurrare il suo nome e cercare al contempo di stringerlo a
loro volta, tremanti e spaventati per il timore di aver rischiato di
perderlo.
A volte i legami potevano fare miracoli.
_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per il ventitreesimo giorno del #writeptember sul
gruppo facebook Hurt/comfort
Italia
In realtà
ammetto che la storia non sarebbe dovuta essere così, ma si sa come
vanno queste cose: i personaggi fanno tutto da soli e quindi niente,
una volta tanto faccio soffrire Bruce invece dei soliti ignoti.
Abbiamo quindi Bruce che sperimenta l'aldilà, che crede ancora di
essere un bambino e si gode quel momento con i suoi genitori... salvo
rendersi poi conto che in realtà è tutta un'illusione creata dalla sua
mente e dal momento che sta vivendo, quell'esperienza di pre-morte che
lo ha reso incorporeo e che ha fatto sì che il suo cervello creasse
quelle immagini che aveva visto. Niente, io amo fare ste cose assurde
che ruotano intorno a questo argomento, perdonatemi
Commenti
e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥
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