Prodigio

di Doctor Nowhere
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Il monotono scalpiccio del cavallo fu interrotto da un tonfo secco delle ruote e al sobbalzo Phileas si svegliò di soprassalto.

Il giovane trasse un lungo respiro e si stropicciò gli occhi. Il finestrino gli rivelò una costa a strapiombo, proprio al fianco della strada. Una folata di vento fece traballare e scricchiolare la carrozza. Cristo, che colpo! Dovette mordersi le labbra per non imprecare.

Di fronte a lui il vecchio professor Chapman rimase imperterrito, perso com’era nell’enorme tomo che gli ballonzolava sulle ginocchia. Mormorava, immerso nella lettura, con la voce distorta dalla pipa spenta all’angolo della bocca e l’indice che strisciava lungo la pagina "Per primo l’ideale appare… di contro al reale, nella maturità della realtà, e poi esso costruisce… costruisce questo mondo medesimo, colto nella sostanza di esso, in forma di…"

Phileas si massaggiò la fronte e picchiettò con le dita sul ginocchio al ritmo della marsigliese. C’era puzza di chiuso, e restare troppo a lungo appoggiato di traverso gli aveva fatto venire mal di schiena. Quanto ancora sarebbe durata quella traversata infernalmente lunga? Consultò il suo orologio da taschino. Le quattro e un quarto? Non erano passate neanche due ore… Come diavolo era possibile?

"Quando la filosofia dipinge a chiaroscuro…"

Si massaggiò il collo sudato. Davvero un’ottima idea un lungo viaggio in un pomeriggio d’estate. Ed era inutile sperare in un po' di silenzio da parte del professore. Il suo ritmo lento e monotono si insinuava nella sua mente come uno spiffero, ed era in grado di andare avanti per ore.

"La civetta di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo..."

"Perché la carrozza?" chiese in un fiato. La sua mano si strinse sulla gamba. Si era già pentito di averlo interrotto. Che rovinosa perdita di aplomb.

Il vecchio sollevò gli occhi dal volume, due pallidi zaffiri filtrati dalle lenti rotonde. Inarcò le folte sopracciglia bianche, accentuando le rughe sulla fronte "Come ha detto, Relish?"

Phileas prese ad arricciarsi il baffo sinistro. Forse avrebbe potuto far finta di niente? No, il mastino di Oxford non lasciava mai una domanda senza risposta.

"Mi chiedevo" si schiarì la voce "Perché ha scelto di fare il viaggio in carrozza. Il dottor Praiseworth non si era offerto di mandarle un’automobile alla stazione di Falmouth?"

Chapman si tolse la pipa di bocca e se la rigirò davanti al viso, gli occhi stretti come se il pezzo di legno fosse la ferita di un paziente "Timeo Danaos et dona ferentes" disse, in un latino strascicato.

"Prego?"

Le narici di Chapman si dilatarono, e le sue labbra si piegarono all’ingiù "‘Temo i Greci anche quando portano doni’. Ma come, Relish, non conosce l’Eneide?" disse col tono aspro che usava quando scopriva uno studente impreparato.

La schiena di Phileas si drizzò come un’asse di legno. Il professore lo scrutò torvo per un istante, poi scoprì i denti ingialliti in un sorriso e scoppiò in una risata ritmica e sconnessa.

"Mi perdoni, Relish, a volte dimentico che non è più uno dei miei studenti ma il mio assistente" tese le braccia verso il sedile e si sistemò con uno sbuffo "Vede, io e il dottor Praiseworth non siamo proprio in buoni rapporti. Già aver ricevuto il suo invito a questa conferenza mi insospettisce non poco. E francamente non impazzisco per quei trabiccoli rumorosi e sputafumo."

Phileas si trovò a fissare il tetto di legno "Non crede che sarebbe stato più comodo e più rapido?"

Il professore arricciò il labbro "Più rapido senza dubbio. Sul più comodo… personalmente credo che la carrozza sia migliore.". Picchiettò la pipa contro lo sportello "Io ad esempio non riesco a leggere su quelle diavolerie. Mi si scombussola tutto lo stomaco. Preferisco metterci qualche ora in più ma godermi il viaggio."

Phileas si chinò in avanti "Capisco, professore, è solo che… l’invito parlava di un’incredibile invenzione, e io…" il suo pollice tremava, e batteva contro l’indice.

Chapman gonfiò il petto "Non si preoccupi, arriveremo a Wildprey prima del tramonto, e la conferenza è domattina. E poi se anche arrivassimo con un ritardo indegno per un gentiluomo…" ridacchiò "Praiseworth aspetterebbe. Ci scommetto gli occhiali che farebbe attendere tutti i dotti d’Inghilterra, se fosse necessario per sbattermi in faccia il suo nuovo marchingegno"

Phileas buttò fuori l’aria a piccoli sospiri ritmati.

Gli occhi caddero sul libro che Chapman teneva in grembo, un tomo rosso su cui troneggiava in lettere d’oro la scritta ‘W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto. Diritto naturale e scienza dello stato in compendio’.

Ammiccò al volume "Di cosa parla?"

"Non ho l’arroganza di dire di averlo capito" mormorò il professore "Un piccolo omaggio da parte del professor Roberts".

Ci sarebbe stato da chiedergli perché uno dei più grandi luminari di Medicina del Regno perdeva il suo tempo su dei testi di filosofia, ma Relish non si sarebbe certo spinto ad un’ennesima domanda troppo ardita.

"Ad ogni modo, Relish, se il mio leggere ad alta voce la infastidisce cercherò di tenere chiusa la mia boccaccia"

Phileas deglutì e scosse il capo con decisione "N-non c’è nessun problema, professore."

Gli si era addormentata una gamba. Fantastico. Scosse il piede per riattivare la circolazione.

Tutto quel discutere sulla lettura gli aveva fatto venire in mente una cosa. Si accarezzò la cravatta verde. "Lo sa che secondo la tradizione un tempo l’unico modo di leggere era ad alta voce? Si dice che sia stato Aristotele il primo a farlo in silenzio. I suoi allievi rimasero molto stupiti quando lo videro davanti a una pergamena senza muovere le labbra"

Era solo una storiella da quattro soldi. di quando frequentava le lezioni di antropologia, ma il professore sbarrò gli occhi come se Phileas gli avesse appena rivelato uno dei più grandi segreti del mondo: "Affascinante. Un aneddoto delizioso. Grazie per averlo condiviso, Relish."

Poi chinò gli occhi sul libro, e riprese a leggere con le labbra strette.

La carrozza proseguì il suo percorso, con il ritmico battito degli zoccoli in sottofondo.

Phileas tornò ad appoggiarsi allo schienale. I suoi occhi si chiusero.





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