Foundations

di CyberNeoAvatar
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-Nota dell’Autore-

One, two, three...

E salve a tutti, o voi che leggete questa nota, che non è che una piccola introduzione alla storia vera e propria. Mi presento, sono CyberNeoAvatar, per gli amici Cyber, piacere di avervi alla lettura di questo primo capitolo. È passato molto tempo da quando entrai in questa sezione con una storia chiamata ‘ Saga of the Emblems’, sicuramente quindi anche chi mi ha seguito prima difficilmente si ricorderà di me.

Ma veniamo al sodo, sarò breve in maniera da non portarvi via troppo tempo. Come avete letto da intro sulla lista delle storie, la storia si ambienta in un mondo fantastico, più per via di territori, animali e ‘ poteri’ presenti. Nelle avvertenze faccio anche consiglio di immaginarlo come una sorta di adattamento anime/manga, questo perché da buon appassionato del genere mi ispiro molto a combattimenti visti in quelle due categorie di trasposizione, e mi sembrava giusto raccomandare ciò.

Ma, dopotutto, un anime o un manga sono spesso buone serie TV o libri al pari di quelli veri e propri, non trovate?

Ok, credo di aver parlato anche troppo xD Ci ritroviamo a fine capitolo con un’altra Nota... nel frattempo, auguro a tutti voi che state per leggere una buona lettura!

 

Capitolo 1 – Proéyld

 

Camminava... camminava...

Mentre procedeva lungo la strada che gli si parava davanti, il tintinnio delle catene che aveva ai piedi lo accompagnava, trascinate sul freddo pavimento di pietra.

Da sotto il cappuccio del mantello che gli avevano dato prima di guidarlo fin alla destinazione che lo attendeva alzò gli occhi verso coloro che lo stavano accompagnando: erano due soldati con indosso un’armatura di un opaco color argenteo finemente lavorata e decorata, munita di punte ai coprispalle sporgenti, tenute attaccate al resto da strisce di cuoio nere e marroni e aventi una piccola punta all’estremità separata da una linea dal corpo principale, come se vi fosse incastrato l’affilato dente di una bestia ciascuno. Ai lati della placca a protezione delle parti basse si vedeva un tessuto nero appartenente a parte del vestiario al di sotto della corazza. Ancor più sotto, alla fine degli stivali facenti parti del vestiario, la punta di ciascuno era rialzata e incurvata verso l'alto. L’elmo, in parte arrotondato e che si allungava ad avvolgere grazie a parti appositamente incurvate una buona porzione delle guance del proprietario, aveva un pezzo con una punta identica a quella dei coprispalle di forma triangolare, sopra cui vi era una figura di metallo, presente anche sul petto: un pentagono rovesciato con un cerchietto dorato ad ogni angolo, i cui lati erano in rilievo, anch’essi dorati, mentre linee scure uscivano da quei cerchi a collegarli tra loro. L’elsa di una larga spada spuntava da un fodero sulla loro schiena.

I due accompagnatori non ricambiarono lo sguardo della bassa figura ammantata che stava tra di loro. Si limitavano a guardare avanti, apparentemente prestando attenzione solo al paesaggio, eppure era certo che al minimo segno di fuga da parte sua sarebbero scattati come Grifodermi sulla preda.

Il passaggio che attraversavano giunge al suo termine...

Sbucarono in un largo spiazzo, dove il cielo illuminava un terreno lastricato da pietre scrostate. Mentre procedevano, si guardò intorno. Non l’aveva mai visto quel posto fino a quel momento, ma certo, a giudicare dalle gradinate laterali che stava osservando, doveva essere qualcosa di simile ad un vecchio anfiteatro in rovina.

E ad attenderlo, al centro di quell’antico palcoscenico, in uno spazio libero dalle pietre e coperto solo da terriccio, vi erano altre persone. Il sole faceva capolino da una crepa degli spalti alle loro spalle, mettendo i suoi raggi sulla sua visuale e impedendogli di distinguere chiaramente i loro volti...

« Eccoci.».

Uno dei soldati che lo accompagnavano aveva finalmente aperto bocca per pronunciare quella parola, arrestandosi insieme ai suoi compagni di camminata. Entrambi sollevarono il corazzato avambraccio sinistro, da cui sporgeva un robusto, lungo pezzo metallico che partiva dal guanto alla mano condiviso anche dall’altro arto, disponendoselo di fronte al petto come se stessero per inchinarsi.

« Bene.» rispose la voce paziente di uno dei presenti. Un altro di loro si spostò di lato di alcuni passi, dicendo:« È meglio se mi allontano... preferisco non guardare. Fate in fretta.».

« Ti sta venendo il cuore tenero, per caso, nonostante fossi d’accordo con la decisione presa?» gli chiese l’uomo dalla voce paziente.« Ma sì... faremo in fretta.». Fece un cenno ai soldati che accompagnavano l’ammantato.

In meno di un attimo, questi portarono la figura al centro dell’anfiteatro antico, forzandola ad inginocchiarsi. Al suo fianco, un energumeno armato di un’ascia con un aculeo simile ad una spina sporgente esattamente dal centro della lama si protese al suo fianco, sollevando l’arma sopra la propria testa.

La piccola figura ammantata guardò lo strumento di morte. Nel farlo, i suoi occhi si socchiusero, abbassandosi. La lama scintillante, con pesantezza, scese verso il basso.

A quel gesto, si udì un grido.

 

Sei giorni più tardi...

« Popolo di Proéyld, gente di Koronikà!».

Era un pomeriggio afoso, quello. In una grande e sontuosa città, con grandi case di mattoni e tegole ai tetti, la piazza principale si era straripata di gente. Molta vestiva abiti di pelle, altri di tessuti più semplici, distribuiti tra camicie, maglie, giacche e pantaloni vari. Nonostante il numero, c’era un disciplinato silenzio, tra quella folla, perfino tra i bambini più piccoli che a stento trattenevano la loro voglia di svagarsi e giocare.

La grande piazza era affacciata davanti ad un sontuoso palazzo, sorretto da colonne marmoree all’ingresso, con varie torrette che spuntavano di qua e di là e altrettante balconate, segno di un gran numero di stanze. Un castello vero e proprio, con tanto dello stemma pentagonare presente sulle armature dei soldati notati poc’anzi a svettare sul tetto, avente come unica differenza il cerchio in fondo completamente dorato anziché essere colore grigio come quello degli altri.

Proprio un’altra coppia di quei soldati era presente all’imponente cancello principale. Puntavano gli occhi sulla folla, tenendo sotto controllo ogni più piccolo movimento delle singole persone senza muovere un muscolo.

« Popolo di Proéyld, gente di Koronikà!» ripeté ancora una volta qualcuno. La voce veniva dalla balconata centrale dell’edificio, ove si vedeva un altro di quegli stemmi, stavolta molto più in grande, attaccato ad essa: era stato un banditore vestito di una tunica scura e intento a leggere una pergamena che aveva tra le mani a parlare, fiancheggiato da altre guardie in armatura. Queste guardie portavano le proprie spade precedentemente sulle loro schiene appoggiate al pavimento, sorrette dalle proprie mani appoggiate alla loro rispettiva base in una posizione statuaria. Ad un’occhiata ravvicinata, si poteva notare come le due estremità della guardia terminassero con la forma di pinna caudale di delfino, e come l’impugnatura fosse avvolta da filamenti dorati fino al pomolo... e come soprattutto la lama non fosse unica, ma divisa in due parti parallele, con un pezzo di metallo appuntito che prendeva la forma di un triangolo in mezzo al filo esterno delle suddette lame.« Con la morte nel cuore, ho il dovere di ricordare la tragedia accaduta non più di tre giorni fa: il nostro amatissimo Re, l’onorevole Kion Xanow, è purtroppo passato nell’Altra Parte. Che le anime degli Stoinos abbiano cura della sua anima.».

« Che le anime degli Stoinos abbiano cura della sua anima!» ripeterono a gran voce i concittadini nella piazza. Parve udirsi anche un canto di morte, ma solo per pochi secondi, prima che il banditore continuasse a leggere la sua pergamena.

« Il funerale del nostro sovrano sarà officiato subito dopo questa riunione cittadina.» riprese questi.« Nel frattempo, pur con la tristezza che attanaglia me quanto tutti voi, devo annunciare altri importanti aggiornamenti.» fece scorrere la pergamena più in alto, per leggere le parti più basse del discorso che aveva preparato appositamente per il momento.« Re Kion, come saprete, non aveva alcun erede. Dunque, l’argomento affrontato in questi tre giorni è stato uno, ed uno soltanto: chi reggerà sulle proprie spalle il destino di Proéyld? Per lunghe ore i Governatori delle altre quattro Capitali Cardinali hanno affrontato questo problema, all’interno dello stesso Maniero di Koronikà, cercando di prendere una decisione veloce per la stabilità del regno.

« La decisione, unanime, infine, è stata la seguente: designare un unico sovrano senza avere un erede legittimo sarebbe motivo di gravi conflitti interni. Pertanto, con l’editto presente e il favore del consiglio degli anziani di Koronikà, si dichiara che in assenza di un successore della linea reale Xanow, i quattro Governatori di Arcteve, Tolriot, Soutis e Nawen prenderanno unitariamente il comando di Proéyld, sotto la nuova nomina di Governatori Reggenti.». Un brusio iniziò a correre tra le fila delle genti, un po’ dubbiose.

« Sarà come avere quattro sovrani, dunque?» si chiese un paesano.

« Mai successo prima d’ora... incredibile.» mormorò un altro, esprimendo il suo stupore.

« Sotto questa nomina, i Governatori Reggenti si sono impegnati a riunirsi nel Maniero di Arcteve per le decisioni di natura comune a tutte e cinque le Capitali Cardinali che formano il nostro regno e non unicamente le loro singole sfere di influenza per territorio e città minori qualora la situazione lo richieda, per il bene dell’impero.» proseguì ancora il banditore. Detto ciò, si spostò di lato, abbassando la pergamena.« È tutto da parte mia. Ora la parola passa al Governatore Reggente di Nawen, il quale ha ulteriori annunci da fare.».

Al di là dell’arco della balconata, una di quattro figure in ombra fuoriuscì all’aperto, venendo accolta immediatamente da un fragoroso ed unisono insieme di applausi. Il suo abbigliamento rifletteva subito il fatto che si trattasse di una persona importante: la giacca indossata era di un colore serale scuro, sopra ad una seconda chiara tenuta insieme da chiusure caratteristiche della regione, con fregi sulle spalle che scendevano sulle braccia con alcuni corti filamenti di tessuto pendenti, mentre il solito segno esagonale era presente sia al centro del suo petto, sia anche in forma di un distintivo all’altezza del cuore; in quest’ultimo caso lo stemma però non presentava le parti dorate di prima, in quanto stavolta erano di un colore bianco purissimo, mentre uno dei cerchietti alla sua sinistra era evidenziato in bianco.

Sotto i due stemmi descritti, poi, vi era un altro simbolo, che occupava tutto lo stomaco sotto un ricamo che lo separava dagli altri simboli in questione, da cui iniziavano alcune strisce grigie e nere che si allontanavano da esso fin dietro la schiena: stavolta era un’immagine divisa a metà, contenente una sorta di pinna posta verso il basso da un lato e una sorta di ala che spuntava dall’altro, connesse insieme in uno sfondo da una parte bianco, dall’altra color terra. Una cintura teneva il resto della giacca, che si divideva in due lembi decorati. I pantaloni erano invece meno sfarzosi, di colore argenteo, le scarpe erano anch’esse di un colore chiaro.

Per quanto riguardava il suo aspetto, invece, la persona possedeva un fisico asciutto, lunghi capelli biondi fluenti che gli andavano sulla schiena, con occhi verdi e sorriso emananti un’aura benevola.

Sollevò la mano con lentezza, salutando così il popolo che così festosamente lo accoglieva. Quando la abbassò, il frastuono si quietò.

« Sono lieto che la nostra nomina sia stata accolta con tale entusiasmo.» cominciò ad alta voce il Governatore di Nawen.« Purtroppo, non sono proprio queste le circostanze migliori per rallegrarsi di una nomina...» il suo sorriso venne contaminato da una notevole dose di tristezza. Passò oltre, dicendo:« Tuttavia, l’ultima cosa che il nostro Re vorrebbe è che il nostro destino sia ostacolato dalla sua scomparsa. Per questo, io e gli altri Governatori giuriamo solennemente di adempiere al nostro nuovo ruolo e di guidare Proéyld alla massima prosperità.».

Un altro insieme di applausi e cori festosi rispose alla sua ultima frase.

« Detto ciò, passerò all’ultima novità della nostra nomina.» disse il Governatore ad applausi finiti.« Una novità che riguarda le Foundations.».

Silenzio. La folla parve incuriosita.

« Non è una novità che le Foundations, i misteriosi poteri che apparvero moltissimi anni fa tra di noi e che assumono la loro forma attraverso i luoghi o ciò che li popola la prima volta che vengono liberate, si stiano facendo più numerose.» riprese.« Da prima ce n’erano molte poche, ma poi i nuovi nati che hanno manifestato in sé la presenza di una Foundation sono aumentati.

« Proéyld è una regione multi-ambientale, che presenta diverse opportunità per far assumere aspetti diversi alle Foundations in nostro possesso. Come popolo pacifico, coloro tra di noi che sono predisposti ad usare efficacemente quelle adatte al combattimento le impiegano al servizio della giustizia mantenuta dai nostri cavalieri, per difesa contro i barbari che cercano di penetrare nei nostri bei territori. Ciononostante, l’animo umano è imprevedibile: chi può sapere che tipi di Foundations avranno origine tra di noi in futuro? E se un giorno prendesse forma una Foundation in grado di dare le capacità per rovesciare il nostro governo, il nostro destino stesso, asservendolo ad una o più persone bramose di potere? Dopotutto l’avidità esiste talvolta anche tra di noi, seppur non a tal punto, e senza un Re questa cupa possibilità appena descrittavi può diventare ancora più concreta.

« Abbiamo dunque stabilito che si impone la necessità che il regno sappia chi abbia una Foundation e chi no, così da poter quantomeno avere un quadro completo di chi possieda tali abilità o chi potrebbe avercene. A partire da oggi, intorno ad ognuna delle città dei territori delle Capitali Cardinali verranno predisposti dei posti di blocco addetti al controllo di chi entra o esce dagli abitati, così come un controllo periodico di tre settimane dei residenti, per vedere chi ha un Sign evidente, o chi ne ha uno ‘ in arrivo’ grazie a ispezioni fisiche adeguate. Queste misure possono magari sembrare scarse, ma abbiamo fiducia nel nostro popolo, che certo ci aiuterà e sappiamo che l’idea che qualcuno possa rovesciare davvero il regno con delle Foundations è pur sempre minima. Siamo certi che non avremo bisogno di ulteriori precauzione per difenderci dall’interno, grazie a voi.».

Un ultimo coro di applausi si diffuse per la piazza. Da tutti... men che da un misterioso osservatore che, dall’ombra di una stretta stradina tra due edifici, aveva assistito al discorso in disparte, a braccia conserte.

 

Quanto sopra avveniva otto anni prima.

Ma come si è evoluta la situazione, nel presente?

Non resta che scoprirlo.

 

« Cosa stai cercando?».

La figura di una bambina di non più di dieci anni, inginocchiata nei pressi della colonna di marmo di un edificio a controllare il terreno, accolse le parole pronunciate girandosi. Indossava una tunica di un rosso carminio, lunga fino ai piedi. A parlarle era stato un ragazzino della stessa età, che indossava a sua volta una tunica molto simile, ma decisamente meno lunga.

« La spilla. La spilla del tempio.» rispose agitata la bambina.« I miei genitori si arrabbieranno, se scoprono che l’ho persa.».

« Ah, hai perso la spilla.» disse lui con tono dispiaciuto, canzonando:« Dove sarà, questa spilla? Dove, dove sarà?».

« Dai, mi serve aiuto.».

« Va bene, va bene. Hai guardato ovunque?».

« Sì, dappertutto.».

« Anche dietro l’altare dove hai aiutato ieri con i riti propiziatori?».

« Sì, sì!».

« Anche qui?» una mano si tese in avanti, aprendosi.

« AH! LA SPILLA!» con quell’esclamazione, la bambina si riprese in fretta e furia la spilla.« Ce l’avevi tu! ».

« Ahahah, eccome se l’avevo!».

« Sei cattivooo!». La sua faccia imbronciata era impagabile, pensò il ragazzino.

« Dai, non è vero... ti chiedo scusa, su. Non voglio che mi tieni il muso lungo fino alla partenza di domani.».

L’atteggiamento della bambina si fece più triste.

« È vero... domani parti. Devi proprio?» gli chiese.

« Devo, lo sai. Ma te l’ho promesso, no? Tornerò appena possibile.» disse il giovanotto, posando una mano sulla sua spalla:« Ci vorrà qualche mese, ma ce la farò. Lo sai che torno sempre, no?».

« Sì, è vero!» annuì la bambina:« Allora ti aspetto... ma torna presto, ok?». Il giovanotto di fronte a lei ricambiò con un ampio sorriso.

« Ragazzo, ci sei? Sveglia!».

Un lieve mugolio, e due occhi grigio perla si schiusero.

« Stavo... dormendo...?» furono le prime parole di quest’ultimo. Stirò il corpo snello che la natura gli aveva donato con un sonoro « MMMMMH!» e si mise dritto sul grande cumulo di filamenti d’erba di un verde intenso trasportato dal carro su cui si era fatto dare un passaggio. Poi si toccò il bel visetto che si ritrovava, aggiustandosi da un lato un ciuffo dei capelli castano chiaro sparpagliati in più punte sopra le orecchie e adagiate lungo la sua testa, arrivandogli in parte poco sotto il viso da dietro e verso l’esterno all’altezza degli occhi davanti.

« Devi esserti lasciato cullare troppo dalla morbidezza dell’erba nutritiva lì dietro, se ti sei addormentato.» borbottò il conducente del carro, la cui testa spuntava appena dal cumulo. Si trattava di un uomo sui sessant’anni vestito di un abito con giacca di lana piuttosto spesso, che lo riparava parecchio dal freddo.

« E mi sa di sì.» ammise lui, un occhio chiuso e aggiustandosi la giacca che aveva addosso, una decisamente più leggera di quella del conducente del carro: di un intenso arancione scuro, chiuso da fermi metallici rettangolari poco sotto il petto e ai due angoli in fondo – sia davanti che dietro – in quanto parevano due metà assicurate insieme, con sopra a metà della spaccatura frontale una striscia di tessuto nero ad unirle ulteriormente. La spaccatura frontale citata mostrava anche una maglietta leggera a mezze maniche, bianca e con una coppia di decorazioni simili ai fermi di prima, un po’ più larga delle sue misure effettive, dato che un po’ ricadevano sulla cintura dei pantaloni con tasche scuri tra essa e i gli stivali da camminata che portava ai piedi. Una lunga striscia leggermente curva era anche posizionata in fondo a quella stessa maglietta, ulteriore elemento estetico.

« Comunque, siamo in vista di Fìdi.» alzò una mano sopra gli occhi il conducente, per vedere meglio. In mezzo l’immenso paesaggio dominato dalla prateria, una piana verde a perdita d’occhio immersa del caldo astro del mezzogiorno, diverse casette disposte parallelamente intorno ad una larga strada centrale faceva ora capolino tra la vegetazione ed alcune grandi montagne alle sue spalle, costeggiato da un ampio lago.

« Oh, è proprio Fìdi!» esclamò il ragazzo, spostandosi un po’ di lato e mettendosi anche lui il taglio della mano sulla fronte. Fìdi, a dispetto del nome strano, era una delle tante città piazzate nel territorio della Città Capitale Tolriot. Deriva da una delle due lingue di Proéyld, e significava ‘ serpente’: questo perché tutte le città minori avevano nomi presi da costellazioni celesti, e la Costellazione del Serpente era appunto quella relativa a Fìdi. « Ha fatto proprio bene a svegliarmi.».

« Sì, ma aspetta a ringraziarmi, non siamo mica ancora arrivati.» disse il conducente.« Forza bella, non poltrire. Ah-ha!» scioccò quindi le redini, portando l’animale che trainava il carro ad accelerare l’andatura. Ma l’animale in questione non era un cavallo... di fatti si trattava di un enorme essere grande anche più di un equino, dalle fattezze simil-rettiliane con una piccola gobba, dalla pelle liscia e per lo più scura, con macchie rotonde a allungate sul dorso e quattro dita per ognuna delle muscolose zampe, senza artigli. La sua testa aveva un muso leggermente allungato e una parte di cranio scura sporgente, con strane strisce carnose che fungevano da ‘ collegamento’ tra le due mascelle, nonché folti mucchi di pelo candido che le crescevano da sotto gli occhi dall’iride rotonda, da cui partivano bordi pelosi che arrivavano fino in fondo ad una lunga coda dalla piccola membrana brillante di tonalità accese.

Si trattava di una Salamandra-Lupo, un animale non troppo raro che vive soprattutto in aree boschive umide, reperibili in abbondanza all’interno di Proéyld. Vi sono differenze tra maschi e femmine: le seconde sono le più frequenti tra la popolazione locale, in quanto più robuste per il trasporto e più mansuete dei membri del sesso opposto; i primi, invece, nascondono una più sviluppata ferocia interiore. Tuttavia, in quest’ultimo caso, nonostante la loro dentatura più da carnivori, le Salamandre-Lupo posseggono le mascelle bloccate naturalmente da alcuni lacci carnosi che gli servono a regolare la temperatura con un processo misterioso, pertanto si sono adattate a nutrirsi di vegetali... gli stessi che il carro stava trasportando. Di conseguenza, non sono predisposte a cacciare uomini o altri animali, rendendole tecnicamente innocue.

Almeno finché non vengono minacciate. Perché in quel caso, se loro o le loro femmine vengono avvicinate con intenzioni poco raccomandabili, le Salamandre-Lupo possono sferrare colpi terribili con le loro calotte craniche rinforzate, che possono allineare con la colonna vertebrale per lanciare cariche degne di un ariete. Perciò, poiché i maschi sono i più predisposti al combattimento, in quanto serbano una natura più violenta delle femmine nei confronti del pericolo, solo ai combattenti dell’esercito di Proéyld è consentito cercare di addomesticare e tenere le Salamandre-lupo maschio; d’altro canto, se domate e addestrate a dovere, possono diventare alleati incredibili in battaglia. Il nome ‘ Lupo’ deriva dalla loro postura e dai comportamenti che hanno quando vengono aizzate.

Ma cos’era Proéyld di preciso? Cos’è questo luogo, che racchiude in sé animali come la Salamandra-Lupo?

Come accennato negli eventi di otto anni prima, Proéyld è una grande regione multi-ambientale, situata al grande centro del mondo, in un’estesa zona di chilometri e chilometri estremamente grande. Il popolo che lo abita vi vive ormai da moltissime generazioni. In base alla leggenda, inizialmente si era formato da due stirpi di diverse città che si unirono tra loro, scambiandosi conoscenze, ma che vennero anche perseguitate da un’alleanza di nazioni nemiche a tal punto da venir costrette a fuggire insieme per non essere distrutte, cercandosi nuove terre dove abitare in pace. Un giorno si imbatterono in Proéyld, dove ebbero un incontro con i figli del dio supremo che aveva creato gli elementi alla base del mondo: gli Stoinos, esseri divini che dimoravano sulle creazioni del loro padre, che ormai aveva cessato di esistere. Dopo una grande battaglia, Stoinos e umani di quel popolo trovarono un punto d’incontro grazie al primo grande Re di questi ultimi, che si diceva addirittura avesse ricevuto poteri divini dagli stessi per ottenere la pace che lui e il suo popolo anelavano. Impararono così a vivere in quella che allora era chiamata ‘ La Landa dell’Origine’ e, tra le altre cose, la loro lingua iniziò a dividersi in due ben distinte, seppur parte di quella originale si trovasse ancora, ad esempio, sulle Capitali Cardinali.

A Proéyld non c’era quasi nessun animale convenzionale dei territori che abitavano una volta, come cavalli o simili, seppur alcune loro varianti ‘ regionali’ potessero talvolta essere trovate in natura. In effetti, le generazioni attuali di Proéyld non avevano mai visto bestie totalmente originali dei loro vecchi territori, ma quantomeno le conoscevano grazie alle descrizioni riportate dai loro antenati o illustrate su antichi tomi – il che spiegava assegnazioni come ‘ serpente’ per Fìdi.

Essenzialmente, l’intera Proéyld era pacifica, come deciso dal suo primo Re come, sempre in base alla leggenda, accordo tra umani e Stoinos. Ciò però non significava che il loro fosse cresciuto come un regno debole, come potevano testimoniare i popoli venuti da lontano che cercavano di conquistare le loro terre, dal momento che le loro forze militari erano sempre state in grado di respingerli... pur non mancando alcuni aiuti da parte di certi poteri... quelli delle Foundations.

Le Foundations… grandi poteri scoperti decenni fa, manifestatisi tutto ad un tratto. Per alcuni erano generati da misteriose fonti mistiche della stessa Proéyld, divenute parte del popolo attraverso i secoli. Colui che aveva la fortuna di possedere le Foundations, di portare sulla pelle i Signs, tracce inconfutabili del loro possesso, poteva guadagnare abilità specifiche che nascevano dai luoghi in cui ne liberava la forza la prima volta, sia da elementi del paesaggio che come riflesso del paesaggio stesso. Se, per esempio, una Foundation si fosse liberata da un campo di fiori, l’utilizzatore avrebbe potuto guadagnare l’abilità di far crescere fiori dal terreno. Ciononostante, per qualche motivo, difficilmente le Foundations tendono ad essere uguali tra loro: forse a seconda della natura dell’individuo, forse per altri fattori, vengono spesso selezionati anche elementi connessi a quel posto, piuttosto che qualcosa che riflette il posto stesso. Prendendo di nuovo l’esempio poc’anzi esposto, potrebbe essere un’abilità basata solo sul polline prodotto dai fiori, piuttosto che sui fiori stessi.

Questo significa anche che ci sono abilità Foundations predisposte al combattimento ed altre che non lo sono; quelle che lo sono, però, spesso donavano una forza superiore a quella di più soldati messi insieme, il che le rendeva incredibilmente potenti e temute dai nemici, che spesso altro non potevano che arrendersi davanti a plotoni armati guidati da uno dei suoi incredibili portatori. Dunque, era uno strumento fondamentale per mantenere la pace.

Mentre la Salamandra-Lupo quasi trottava sempre più vicina alla città, il conducente sbuffò:« Ecco che arrivano.».

Come li avevano visti, alcuni i soldati in armatura che stavano presidiando l’ingresso di Fìdi rivolsero la loro attenzione su di loro, con uno degli stessi che si avvicinava con le redini di una Salamandra-Lupo in mano, la bestia che si lasciava guidare docilmente senza problemi. L’esemplare era un maschio, come tutti quelli che si potevano vedere al seguito dei soldati in questione, ed era un po’ più piccolo della femmina, ma con una membrana sulla coda più alta, più a forma di cresta; inoltre, era coperto in più punti da un’armatura recante su zampe anteriori e fronte l’emblema di Proéyld, nonché avente una comoda sella sul dorso. C’era da dire che stavolta l’emblema sia sull’armatura del cavaliere che sulla sua bestia avevano colori sulle strisce in rilievo sui lati non d’oro o bianche, bensì di un marrone color terra.

« OOOH!» fece di nuovo schioccare le briglie il conducente, e la propria Salamandra si arrestò con un sommesso brontolio.

« Ehi, Hart, ci si rivede presto.» lo salutò il cavaliere, facendo a sua volta arrestare la propria bestia.« Andata bene la raccolta?».

« Puoi vederlo da te: per un po’ le nostre Salamandre-Lupo non potranno lamentarsi della quantità.» rispose Hart.« Contento, Cavaliere Salamandra?». Quell’appellativo era dato talvolta ai soldati di Proéyld per l’ovvia abilità che avevano di farsi obbedire e di combattere sul dorso delle Salamandre-Lupo da battaglia quando provvisti delle stesse.

« Direi di sì, in effetti anche le nostre cavalcature aspettavano di mettere qualcosa sotto i denti, non vedono l’ora che le acquistiamo da te per sfamarle.».

« Immagino. Non mi dire però che devi farmi il solito controllo per il Sign: saranno passati tre giorni da allora.».

« Ovviamente no, lo sai che di solito aspettiamo un po’ di tempo tra un controllo e l’altro per singola persona.» lo rassicurò il Cavaliere.« Ma questo non vale per il giovanotto lì dietro.» dicendolo, il suo sguardo si soffermò sul ragazzo.« Dove l’hai pescato? Non mi pare di averlo mai visto a Fìdi.».

« Infatti è un viaggiatore.» confermò il conducente.« L’ho incrociato mentre tornavo dalla raccolta. Dato che andava in questa direzione, gli ho concesso uno strappo fin qui...».

« Viaggiatore?» ripeté il Cavaliere.« A occhio e croce avrà sui diciotto anni... Vabbè, non che sia il primo, ma mi stupisco sempre di vedere gente così giovane che se ne va a zonzo da sola.».

« Non è che sia l’unico ad esserti stupito, a dirla tutta.» ammise Hart.

« In ogni caso, dovrai sottoporti al controllo del Sign, ragazzo.» continuò il soldato, stavolta rivolgendosi al giovane.

« Aha, d’accordo!» acconsentì il giovane, scivolando giù con il suo metro e sessantanove dal carro. Scaricò poco dopo una sacca da viaggio che portava con sé e fece un mezzo inchino verso Hart:« La ringrazio del passaggio, signore.».

« Di nulla, è stato un piacere.» disse quest’ultimo, facendo poi procedere la propria Salamandra da traino. Il giovanotto, invece, seguì il Cavaliere Salamandra verso gli altri soldati in attesa.

Nel venirgli incontro nei pressi dell’ingresso della città, si rese conto che non doveva essere l’unico ad averla appena raggiunta: vi erano anche un paio di altre persone con loro, che di certo non facevano parte dell’esercito di Tolriot...

« Mi occuperò io del tuo controllo.». Il ragazzo si voltò, trovandosi di fronte un Cavaliere senza elmo dai capelli un po’ ingrigiti:« Se per piacere potessi...».

« Coff coff... certo!» tossicchiò il giovane, come per darsi un tono, per poi cominciare a sfilarsi dagli avambracci delle coperture chiare di tessuto che gli arrivavano a metà di quelle parti dell’arto a cominciare dalle mani. I Signs che portava ciascun possessore di Foundations si manifestavano sempre sulle mani, sulle braccia o sul collo, il che significava rimuovere gli ostacoli per l’ispezione.

« Uhm...» fece il Cavaliere dai capelli ingrigiti, prendendogli le braccia ora scoperte e rigirandosele, alzandogli anche le mezze maniche per vedere meglio. Girò quindi intorno al ragazzo per guardargli anche il collo.« Bene... niente Signs visibili. Vediamo se invece ne avrai uno a breve...». Portò quindi davanti al suo occhio uno strumento simile ad una lente di ingrandimento, che però aveva una seconda e una terza lente più piccole attaccate davanti alla più grande tramite piccole asticelle connesse al bordo dell’oggetto e ripeté il controllo con cura. Chi aveva la Foundations ma ancora non aveva mai sprigionato i poteri prima non aveva alcun segno particolare visibile a occhio nudo, e potevano visti sotto la pelle solo con quello strumento, attraverso più lenti speciali.

Ci volle un altro minuto di accurati accertamenti corporali, che portò infine il Cavaliere a scuotere la testa.« Niente tracce di Foundations qui: è pulito.».

« Allora non c’è bisogno di registrazioni particolari.» commentò un altro soldato del gruppo d’ispezione.« Puoi andare, giovanotto.».

« Grazie.» disse il ragazzo, rimettendosi le coperture alle braccia, mentre i soldati si allontanavano con un gesto d’intesa per andare a continuare le loro mansioni.

« Bah, come se servissero a qualcosa, questo tipo di controlli.».

Il ragazzo spostò la sua attenzione di fianco a sé. Una delle due persone che aveva supposto venire da fuori città gli si era avvicinata: sicuramente era un ragazzo più grande di lui, presumibilmente di vent’anni totali, con capelli rosso vivo ordinati in grosse ciocche che gli scendevano sul viso, due delle quali più piccole incurvate quasi ad artiglio verso il naso. Dietro, però, i capelli erano decisamente più disordinati, un po’ andavano in alto, un po’ in basso, un po’ ai lati. Vestiva con una giacca accuratamente chiusa da più allacci attaccati a fermi, in parte di pelle, e di pelle erano anche i coprigomiti, i guanti e gli stivali che indossava. La sua cintura, con altri fermi, non era con fibbia come quelle solite, ma a fasce, mentre i pantaloni avevano due paia di lacci che passavano attraverso aperture apposite al di sopra dei suoi copriginocchia rotondi. Indossava anche un orecchino che pendeva con un’estremità triangolare verso il basso all’orecchio destro e – soprattutto – teneva sulla schiena una lunga lancia fatta di metallo attraversata da croci scure, dalla lunga lama finale larga e a rombo divisa in quattro sezioni.

« Voglio dire, dopo un po’ che i Governatori Reggenti hanno promulgato questa formalità, i possessori di Foundations hanno iniziato a sparire dalle nostre città, e un bel giorno per cause ignote la maggior parte se ne sono andati per conto proprio mentre continuavano queste scomparse, sia loro che di altre persone che attendevano i Signs.» si spiegò meglio l’interlocutore, con gli occhi blu in contrasto con i suoi capelli fiammanti puntati sul giovanotto.« Invece di pensare ad etichettare della gente sarebbe bene che il regno spendesse più energie nelle ricerche degli scomparsi, magari così le cose sì che migliorerebbero davvero per la popolazione. Non ho ragione?».

« Uhm... può darsi.» rispose il giovane, obiettando poi:« Cioè... queste precauzioni sono pur sempre per la nostra sicurezza, però. Per evitare che un potere troppo grande rovesci il regno...».

« Ha! Ma va là!» sbottò l’interlocutore, mettendosi una mano tra i capelli.« Qui a Proéyld tutti amano la pace, le uniche istanze in cui si usa la violenza sono contro le bestie feroci della regione e contro i barbari dell’estero. Secondo me i Governatori Reggenti si preoccupavano un po’ troppo giusto perché Re Kion era morto all’epoca. Figurati se qualcuno ambisce a tanto.».

« Sembri proprio convinto di quel che dici.».

« Ovvio, lo sono sempre.» chiuse un occhio lui:« Ah, mi sa che mi ci stiamo dimenticando le presentazioni. Come ti chiami?».

« Ah, io? Io mi chiamo Evret.» rispose in fretta il giovane.

« Nome carino, io invece sono-».

« Hai chiacchierato abbastanza, non credi, Sein?» lo interruppe una voce decisa.

A quanto pare anche l’altra persona alla fine si era avvicinata, portando con sé due femmine di Salamandra-Lupo per le briglie. La sua espressione però era ben più rude di quella di Sein, che invece era più rilassata: nel complesso, si trattava anche di una persona più massiccia e più alta, certamente ben più avanti con gli anni rispetto al suo giovane compagno. Aveva anch’egli dei capelli rossi, ma molto più scuri dell’altro, e curiosamente un paio di ciuffi ad artiglio più corti, eppure identici nella forma a quelli del compagno. Il resto dei capelli era disposto in più ciuffi sapientemente tirati indietro in modo da formare quasi un caschetto di capelli, con una parte dei ciuffi che gli scendeva a velo dietro. I suoi occhi erano neri come la pece, con il destro che era attraversato da una paurosa cicatrice iniziante dal fondo del suo viso che gli arrivava a tagliargli in due il sopracciglio. Diversamente dal primo, indossava una casacca di pelle a maniche lunghe con coprispalle rigidi a guscio che gli arrivava a spuntargli in parte sotto la cintura, dalla fibbia rotonda, e bordata di peluria – dettaglio per altro condiviso dagli stivali e dai guanti di Sein – in fondo e sulle coperture per le braccia attaccate alle maniche, sopra ad una maglia grigia da quel che si vedeva al di là del lungo colletto che gli arrivava al petto. Proprio al petto, poi, aveva due cinture incrociate che si univano alle spalle, dove si vedeva il fodero scuro di una grossa arma a forma di mezzaluna.

« Beh, sssssì, Cabel, ma...» cominciò Sein.

« Ti ricordi perché siamo qui, vero?» chiese Cabel, critico. Sein parve accusare il colpo, visto che non replicò oltre. Si limitò ad annuire:« Ottimo. Allora andiamo a rifornirci e a rifocillarci, cerchiamo le informazioni che ci servono e poi ripartiamo come da programma.». Detto ciò, si soffermò per un secondo su Evret, dicendogli:« Scusaci, ma abbiamo proprio da fare.».

« A-Ah... va bene.» rispose Evret, mentre il duetto si dirigette subito dopo verso l’interno di Fìdi con un affrettato saluto della mano di Sein, seguiti dalle loro cavalcature.

Quel Cabel... magari non sembrava l’anima della festa, ma il modo in cui si era congedato, seppur affrettato, non gli era parso detto celando sgarbo o fastidio. In quel momento, aveva avuto come l’impressione che ci sapesse fare, con le persone.

Chissà che cosa stavano cercando, loro: dalle parole che avevano detto, era chiaro come il sole che non fossero lì senza un preciso scopo. Comunque, non era per quello che si trovava lì, e gli conveniva anche da parte sua rifornirsi e riprendere quanto più fiato possibile.

Poco dopo, Evret si trovò a camminare sulla via principale. La tranquillità della gente che passava passando del più e del meno, dei pescivendoli e degli altri commercianti che cercavano di richiamare i passanti come potevano per strappar loro qualche soldo, gli strappava un sorriso. Sarebbe stato un bel soggiorno lì, immaginava, peccato che si sentisse stanco. Si vede che il tempo passato sul carro non era stato sufficiente a farlo riprendere dalla traversata compiuta per giungere fino a quella città.

“ La prima cosa da fare...” cominciò a riflettere Evret, “ … è dirigersi allo spaccio o all’emporio più vicino per comprare un po’ di provviste. E magari farsi dire da dov’è meglio passare per...”. Si interruppe un momento: c’era un gruppo di ragazze all’ombra di una casetta che lo additavano, vicino al suo cammino con fare piuttosto quasi malizioso.

« Che carino, quel giovane...» sentì sussurrare una di loro all’orecchio di un’amica nel passarci a fianco.

Lui cercò di ignorare quelle attenzioni, agitando un po’ nervosamente le labbra ed infilandosi nel primo locale che gli interessava, facendo tra l’altro suonare un campanello nel momento in cui aprì la porta.

Il nuovo ambiente che gli si parò davanti era quello di un negozietto pieno di scaffali. Generi alimentari di vario tipo – prosciutti, gallette ed altro – contornavano lo spazio, riposti in bella vista insieme a merce già confezionata.

Si diresse subito al bancone, dove trovò ad attenderlo un uomo con gli occhiali appoggiati sul naso e un gilet con camicia. Questi lo accolse con calore.« Buongiorno, viandante. Come posso aiutarti?».

« Oh!» esclamò Evret, sorpreso.« Come faceva a sapere che sono un viandante?».

« Io vivo qui, conosco bene la gente del posto. E questa è la prima volta che ti vedo, ci sono arrivato facilmente.» sorrise il commerciante.

« Ah... coff coff...» chiuse gli occhi Evret nel tossire, incrociando le braccia.« In effetti, avrei dovuto arrivarci da solo, ahahah...». Era così elementare... doveva smettere di sorprendersi così tanto per certe cose. Non voleva apparire ingenuo.

« Comunque... cosa ti serve?» domandò l’uomo.« Qui puoi trovare le migliori carni degli allevamenti di Fìdi e i migliori prodotti adatti per i pasti dei viaggiatori. Fermo restando, ovviamente, che tu abbia il denaro necessario a pagarlo.».

« Non si fida di me, eh?».

« Diciamo che a Fìdi i negozianti preferiscono vedere il colore dei soldi prima di cedere la propria mercanzia. E poi, sei pur sempre un ragazzo, non è detto che tu abbia quanto necessario.».

« Davvero?» sorrise Evret, tirando fuori da una tasca un piccolo oggetto che lasciò cadere sul bancone.« Magari non è denaro, ma secondo me questo basta e avanza.».

Il commerciante aprì la bocca, sorpreso: davanti a sé era presente una piccola gemma, grande poco meno del palmo di una mano, pulsante di una fioca luce rossa dalla sua struttura arrotondata. In cima aveva un segno nero strano, come lasciato da qualcosa precedentemente staccatovisi.

« Il gioiello di una Gemmolucciola!» esclamò questi, rimirando da vicino la gemma.« Dove l’hai trovata?».

« Me l’ha data un amico.» sorrise Evret. Le Gemmolucciole erano insetti molto rari a Proéyld, i quali a differenza delle loro ‘ cugine’ normali portavano all’addome uno di quei minerali per far luce. Quando morivano la gemma si staccava dal loro corpo, indurendosi e conservando parte della luce, e la rarità degli insetti che le producevano rendeva tali gemme di grande valore.

« E questo tuo amico non ti ha detto se ne ha trovato un nido e dove sia, eh?» gli chiese con fare abbastanza avido lui.

« No, no, no.» scosse tre volte la testa con diniego il giovane.

« Peccato, accidenti...».

« Ma non è per questo che stavamo contrattando, no? Allora, posso acquistare qualche cosa?».

« Beh, la gemma non è molto grande, ma è sicuramente preziosa... direi che posso darti quel che ti occorre, cosa ti interessava?» domandò il venditore. Evret chiese rapidamente quanto gli serviva, e il venditore non ebbe problemi ad accontentarlo, tale era il rapporto con il prezzo della gemma, chiudendo tutto in pacchetti che il giovane infilò un po’ nella sua sacca, un po’ in un sacchetto che attaccò ad essa.

« … ah, vorrei anche farle una domanda.» disse Evret una volta messo tutto in ordine.« Qual è la strada migliore per arrivare ad Arcteve?».

« Vai ad Arcteve dunque?» comprese il commerciante.« Strano che tu voglia andare così lontano.».

« Diciamo che ho le mie ragioni per andarci.» rispose in tono garbato all’affermazione.

« Immagino che non siano comunque affari miei... Comunque, hai visto le montagne rocciose qua dietro? Procedendo sempre dritto a partire da qui e raggiunte quelle montagne, troverai alla destra della base, un sentiero: se lo percorri fino in fondo taglierai una delle zone agibili, quella che passa sopra al canyon della zona, e ti ritroverai dall’altra parte. Non dovrebbero occorrere troppe ore per superarlo. Dovresti trovare qualche altra cittadina poco dopo... chiedi a loro per altri dettagli sul tratto di strada successivo.».

« Montagne... sentiero... villaggi... ok.» si mise un dito sulla tempia il ragazzo, nel memorizzare i dettagli.« Mi ricorderò di queste indicazioni. Spero di rivederla presto, ciao.».

« Aspetta, dimentichi il tuo resto.» gli ricordò lui, appoggiandogli sul bancone alcune monete di metallo, le cosiddette ‘ stoike’, la valuta in uso nella regione.

« Giusto, che sbadato...» disse nel prendersi le monete.

« Ah, comunque... bella maglia.» osservò l’interlocutore, alludendo alla maglia che gli sbucava da sotto alla giacca.« Quella striscia nera ricamata verso il fondo che fa il giro dell’abito è un tocco di classe. Non ricordo di averne viste in giro, con una striscia così.».

« Già.» disse Evret, con uno strano sorriso soddisfatto al complimento. Poi finalmente uscì dal negozio.

Finito lì, il ragazzo si concesse una piccola pausa pranzo: i giorni scorsi aveva finito prima le scorte e si era arrangiato cercando di cacciare qualche animale da preda che trovava sul suo cammino, quindi l’idea di un pasto decente a Fìdi era allettante. Uscito dalla locanda, poi, dopo aver superato un secondo controllo del Sign dei soldati per chi se ne andava, si appostò poco fuori città, da dove si vedeva qualcuno di quei Cavalieri Salamandra girare di tanto in tanto intorno all’abitato per accogliere gli stranieri da controllare.

Si adagiò sull’erba della prateria, le braccia piegate sotto la testa a mo’ di cuscino. Non aveva senso prendere una camera per riposare, non aveva intenzione di trattenersi. Si sarebbe riposato un po’ sul quel prato, giusto qualche minuto, e poi sarebbe nuovamente partito.

Un vento lieve e gradevole spirò su di lui, muovendo l’erba piano. Certo che era proprio gradevole, stare lì.

Era così conciliante... faceva quasi venir voglia di addormentars...

« Che facciamo, allora?».

« Beh... quello che siamo comunque venuti a fare, no?».

Grida di agonia echeggiarono tutt’intorno...

« AH!» scattò in alto con la schiena Evret.

Tremava ancora, la fronte tutta sudata.

Quel sogno... fosse stato soltanto un sogno sarebbe certo stato più tollerabile, ma...

La sua attenzione si mosse verso il sole. Aveva mutato parecchio posizione da quando...

“ Aspetta... se ho sognato...” cominciò a realizzare, per poi tirarsi un piccolo schiaffo e sbottando:« … MI SONO DI NUOVO ADDORMENTATOOO?!». Balzò subito in piedi. Accidenti, non voleva dormire... solo recuperare un po’ le energie. A giudicare da dove si era piazzato l’astro solare, sarà passata almeno un’ora... forse pure due? Forse una e mezza, siamo generosi...

Si controllò frettolosamente la sacca e le tasche, casomai qualcuno avesse approfittato del suo sonno per rubargli qualcosa – non si sa mai. Poi, appurato che fosse tutto a posto, si caricò in spalla il suo bagaglio e si incamminò in fretta e furia in direzione delle montagne. si incamminò in fretta e furia in direzione delle montagne.

Pur non avendo appuntamenti precisi, ritardare la marcia un po’ lo irritava. Ma al contempo... era anche un peccato rinunciare a quel momento di quiete. Seppur fossero stati rovinati dall’incombenza di quell’incubo che di tanto in tanto veniva a bussare alla sua mente.

Camminando, Fìdi diventava sempre più piccola alle sue spalle, mentre davanti a sé l’erba della prateria si faceva più rarefatta. In men che non si dica il paesaggio si fece arido, quasi senza vita, con giusto qualche pianta affine ai cactus nei dintorni.

Presto l’alta muraglia naturale di rocce si stagliò davanti a lui. Una parte dell’insieme roccioso era più bassa, costituita dalle pareti in cui probabilmente doveva celarsi il canyon che, da quel punto, non mostravano entrate apparenti, mentre altre erano molto più alte, finendo nelle punte delle montagne vere e proprie, le quali con catene notevoli dividevano a vista d’occhio la zona circostante.

Seguendo le indicazioni del commerciante, si diresse alla propria destra. Non ebbe difficoltà a trovare il sentiero che gli era stato descritto: era pendente e conduceva verso l’alto, al di sopra delle muraglie più basse.

« E questa è fatta.» disse allegramente Evret, iniziando a salire per il pendio.

C’era più caldo che nella prateria, in quella zona, questa era certo, ma niente di spaventoso. Di tanto in tanto vedeva qualche piccolo rettile a più code nativo della zona fuggire ed infilarsi in fenditure nella piccola montagna che fiancheggiava il sentiero dal lato destro, ma nessuna belva particolare. Si vede che non era l’habitat più adatto per le bestie feroci, si disse Evret... Considerata l’aridità, magari ci viveva solo qualche piccolo animale inoffensivo.

Continuò a camminare per un po’. Tutto procedeva senza intoppi, a parte per qualche pezzo di strada franato giù che comunque non rendeva impraticabile il passaggio, in quanto facilmente scavalcabile.

“ L’importante è che il passaggio non mi frani mentre passo.” si disse mentalmente Evret nel procedere.

Non l’avesse mai pensato...

Proprio al termine della sua considerazione, un consistente pezzo della rocciosa strada si sbriciolò sotto i suoi piedi nel passare per un tratto un po’ più stretto, trascinandolo con sé.

« AAAH-!» lanciò un breve grido lui, grido che si interruppe quando le dita della sua mano destra riuscirono a fare presa sul cigli laterali ancora intatti del sentiero. La sacca che aveva sulla schiena cadde inevitabilmente di sotto insieme alle rocce franate.

“ P-Per un pelo.” pensò Evret, sinceramente sollevato di non essere caduto egli stesso, data l’elevata altezza. Si aggrappò alla parete di roccia anche con l’altra mano. “ Solo che ora il mio bagaglio è la sotto: non posso semplicemente tornare sul sentiero. Mi tocca scendere a recuperarlo e poi fare di nuovo tutto il giro, accidentaccio.”. Si guardò intorno, valutando il modo migliore per scendere.

I suoi occhi grigio perla incontrarono una sporgenza rocciosa poco più in basso. E guardando un po’ più in basso – per fortuna aveva un’ottima vista – si accorse che ce n’erano un bel po’ da altre a vari livelli di altezza. Se si dondolava appena, poteva appoggiarci alla prima il piede, e poi cercare di arrivare alle altre per una sicura discesa.

Procedette, arrivandoci. Quindi staccò cautamente dal lato del sentiero la mano e si appoggiò alla nuda roccia. Con una mossa staccò il piede e si aggrappò con le mani a quella stessa sporgenza, quindi riprese a dondolarsi verso la seguente.

In poco più di un paio di minuti arrivò in fondo alla parete, ritrovandosi ufficialmente dentro al canyon. La sacca, dopo essere caduta, era rotolata contro un’altra parete sul lato opposto rispetto a quella appena scesa, essendo piuttosto vicina.

“ Me l’hai fatta un po’ sudare, ma adesso possiamo riunirci.” pensò Evret, avvicinandosi al bagaglio e chinandosi per raccoglierlo.

Proprio mentre lo fece, udì le seguenti parole:« No, ne siamo sicuri.».

« Eh?» si chiese il giovane, arrestandosi. La voce pronunciatasi non era suonata lontana... veniva da dietro lo sbocco di quel tratto di canyon verso un altro corridoio naturale della vallata, ad una decina di passi dalla sua posizione.

Si avvicinò cautamente all’angolo di roccia della parete sullo sbocco, lasciando momentaneamente la sacca dov’era, e si sporse quanto bastava per vedere chi era stato a parlare.

Dall’altra parte dell’ultima parete citata, vi erano cinque soldati di Proéyld che davano le spalle al suo sguardo. C’era anche una singola Salamandra-Lupo corazzata a breve distanza da loro, accovacciata come un grosso cane a terra, intenta ad agitare distrattamente la coda con membrana, in compagnia di un sesto soldato girato di spalle, intento a sorvegliare una abbastanza rudimentale caffettiera poggiata su un rogo di rami secchi piazzato a terra – rami che probabilmente si erano portati da loro, vista la totale assenza di vegetali da cui ricavarli nell’area.

« Sicuri? Eppure le tracce portano in questa direzione.». Un momento, quel tono era familiare...

Guardando meglio, si rese conto che a parlare con i Cavalieri Salamandra era Cabel, il tizio incontrato poche ore fa. C’erano sia lui che Sein, con le loro Salamandre-Lupo femmina al seguito. Evret si chiese quando fossero partiti, con un paio di bestie di cui occuparsi e ciò che aveva sentito loro di dover fare non dubitava che sarebbero partiti dopo di lui.

“ Magari perché qualcuno si è messo a dormire...” si rispose in automatico il ragazzo. Già, dovevano essere partiti mentre lui era a riposo, forse facendosi pure una risata per il fatto che si fosse addormentato sull’erba nel superarlo. Di certo però dovevano aver fatto un bel giro per addentrarsi nel canyon rispetto a lui, visto che non si erano incrociati finora.

Comunque neanche Cabel e Sein si accorsero della sua presenza, concentrati com’erano a conversare con le guardie del regno.

« Mi dispiace, ma voi siete le sole anime vive che abbiamo incontrato da quando ci siamo messi a marciare tutti insieme.» sorrise con evidente dispiacere uno di questi ultimi. Attualmente sia lui che i suoi compagni non indossavano i loro elmi, che giacevano vicino al piccolo punto di sosta allestito, rivelando i corti capelli biondi del giovane soldato che stava conversando in quel momento con i due estranei.« Dico bene, amici?».

« Sì.» annuì uno.

« Parola di Cavaliere, non un’anima.» confermò un secondo. « Vero, Eief?». Il soldato vicino al fuoco si limitò ad annuire, senza rivolgere loro lo sguardo per controllare lo stato della caffettiera. I suoi capelli erano molto corti, piuttosto ispidi, e anche se Evret non lo vedeva aveva un naso aquilino.

« Che sfortuna...» si posò una mano sul viso Sein, avvilito.

« Sono spiacente che parlare con noi non vi sia stato d’aiuto, ma non la definirei esattamente una sfortuna.» disse il soldato.

« Che intende dire?» si mise le mani sui fianchi Cabel.

« È semplice, potremmo darvi una mano noi.» rispose il Cavaliere.« D’altronde capisco perfettamente la situazione di cui mi avete appena parlato: il rapimento di vostra sorella è qualcosa che non si può certo ignorare, e in quanto soldati saremo felicissimi di aiutarvi.».

Il rapimento della loro sorella?

« Aiuto dai Cavalieri Salamandra?!» esclamò Sein, con un luccichio emozionato al sol pensiero.« Suona proprio come una gran bella mano, Cabel!».

« Uhm...» fece con fare pensieroso Cabel.

« Ehi, Lector, tu e il tuo amico avevate altri impegni o sbaglio?» chiese un commilitone dalla chioma bruna del soldato.

« E anche noi altri avremmo cose importanti a cui pensare. I nostri superiori potrebbero non gradire che agiamo di testa nostra.» aggiunse uno dalla cicatrice sotto l’orecchio.

« Non temete, se non volete unirvi a noi vi chiederemo soltanto di lasciarci la Salamandra-Lupo in prestito e di recarvi dove di dovere.» li rassicurò Lector.« Ma io e Juine avevamo soltanto un messaggio da consegnare da parte del nostro squadrone stanziato a Lìnkas, niente di troppo urgente. Non potremmo fare onore ai soldati di Proéyld se non ci occupassimo dei problemi dei civili. Giusto, Juine?». »«

« Non saprei... ma di certo mi fido di te, Lector, e se questo aiutasse i signori qui presenti...» rispose Juine, un soldato dai capelli neri. Gli altri soldati, invece, si scambiarono occhiate incerte.

« Immagino che alla fine ci toccherà seguire questi scavezzacolli, per evitare che si facciano del male.» sospirò Eief, tirando via dal fuoco la caffettiera e versandosi un po’ del liquido contenuto in una tazza di rame, per poi avvicinarsi agli altri.« In ogni caso mi seccherebbe rinunciare ad un buon caffè appena fatto, quindi prima di decidere ne berrò un po’, brindando ad un sicuro ritorno a casa per la vostra Lira.».

« Giusto, il caffè non si butta mai.» concordò Juine.

« Ah, vostra sorella si chiama Lira?» domandò Lector, rivolto a Cabel e Sein.« Strano, non mi pareva di aver sentito da voi il suo nome, prima.».

« In verità, mi sembra che non ve l’avessimo proprio detto.» si grattò la fronte Sein.

« Ma no, sicuramente l’avrà fatto tuo fratello...» disse il bruno.

« Non ho mai pronunciato il nome di mia sorella davanti a voi.» affermò Cabel. Dalla decisione con cui aveva pronunciato quelle parole, si capiva che era assolutamente sicuro di quanto stesse dicendo.« Quindi... Eief, giusto? Come facevi a conoscerlo?».

« Come? Beh, è... semplice...» cominciò a dire il soldato in questione, tenendo la tazza di caffè vicina a sé. Evret notò che era un po’ più incerto, ora.« … ho... tirato a indovinare. Ne ho conosciute, di ragazze con quel nome...».

« Ma davvero?» socchiuse gli occhi Cabel, la cui cicatrice sul destro gli conferiva un’aria più minacciosa, nel suo comportamento inquisitorio.« Sai una cosa? Non suoni granché convincente.».

« Mica c’è un’altra spiegazione, accidenti. Che volete che vi dica?».

« La verità, magari.».

« Ehm, Cabel?» gli tirò cautamente la veste Sein, preoccupato.« Non starai mica accusando un soldato di Proéyld di qualcosa, vero?».

« Su, Sein, non sei uno stupido: non puoi non vedere che c’è qualcosa che non va nelle sue parole.» affermò senza guardarlo Cabel.« Davvero credi possa aver fatto proprio il nome di nostra sorella per puro caso?».

« No, però...».

« Dai, signori, non scherziamo, a me non sembra che quanto dice sia qualcosa di così incredibile.» difese il compagno uno del gruppetto.

« No, invece io la penso come Cabel.» lo contraddisse Lector, fissando con sospetto Eief.« A parte il fatto che Lira non è un nome poi così tanto comune a Proéyld, è davvero troppo strano che di tutti quelli possibili abbia pronunciato proprio quello di una persona rapita da poco, proprio quando guarda caso si è ritrovato sulla strada seguita da persone che la stanno cercando. Se non ha nulla da nascondere, dovrà fornirci una spiegazione molto più plausibile per questa serie di coincidenze.».

« Ben detto, Lector.» disse Juine, evidentemente anch’egli del suo parere.

« Ma siete impazziti, Lector, Juine?» domandò Eief, incredulo.« Non si può neanche azzeccare un nome senza-?».

« Smettila di girarci intorno!» lo interruppe bruscamente Cabel, spazientito.« Sarai anche un Cavaliere Salamandra, ma non per questo mi farò trattare come un idiota da te, non in questa situazione comunque: mentre parliamo Lira è prigioniera di qualcuno, e se tu sai qualcosa che non sappiamo sulla vicenda farai bene a dircela in fretta, adesso!».

Eief fece per aprire la bocca, solo per richiuderla poco dopo. Ci fu una pausa, in cui gli occhi degli altri soldati, di Cabel, di Sein e del nascosto Evret furono tutti in attesa di vedere la sua prossima mossa. Infine, il soldato si mise una mano sulla fronte.

« Non avrei proprio dovuto pronunciarlo, eh?» scosse il capo Eief.« E va bene... dato che ormai siete diventati così sospettosi nei miei confronti, risponderò alla vostra domanda.». Alzò lo sguardo, e un sorriso astuto occupò la sua bocca.« Come faccio a sapere il suo nome? Semplice... perché mi sono occupato personalmente del suo rapimento.».

 

-Nota dell’Autore (parte 2)-

Eeee siamo di nuovo qua. Come vi è sembrato questo primo capitolo? Quali sono state le vostre impressioni? Sono curioso di scoprire ciò dalle visite che arriveranno a questo e ai prossimi capitoli, o dai commenti di chi avrà il tempo e la voglia di inserire eventualmente una piccola recensione per questa piccola storia neonata * inchino*

Per quanto riguarda questa Nota, volevo anche fare una domanda generale. Come avete letto nell’intro (chi l’ha letta), si parlava anche di possibili disegni dei personaggi. Premesso che servirebbero giusto allo scopo di dare un aspetto per l’immaginazione, e quindi non sarebbero proprio opere d’arte incredibili – ma penso sempre meglio dei vecchi disegni precedenti – vi andrebbe che li postassi nei capitoli successivi al fondo dei vari capitoli? Mi rimetto a voi per cotanta decisione (anche se ovviamente non ci saranno disegni ad ogni capitolo, e meditavo di piazzarli soprattutto all’introduzione di vari characters, a parte forse all’inizio).

Bene, direi che è tutto. Ringrazio chi è stato tanto coraggioso da arrivare fin qui (?) e chi mi ha seguito in questo nuovo inizio di storia, e ci vediamo al prossimo capitolo. Buon proseguimento, a presto!





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