Venerdì venne e così
anche la mia voglia di uscire. Ray alla fine mi aveva scritto su
Instagram rivendicano quell’uscita e io non ce l’avevo
proprio fatta a dirgli di no. Anche se da una parte me la stavo
facendo sotto, non ero sicura di poter fare quella cosa. Potevo?
Insomma non ero mai uscita da sola con un ragazzo prima d’ora.
Non
avevo detto niente a nessuno, persino a Charlie lo avevo tenuto
nascosto e a lei ultimamente dicevo sempe tutto. Volevo tenere quella
cosa per me al momento, soprattutto dopo quello che era accaduto con
Derek. Minore era il numero delle persone che sapevano meglio era, in
quel caso la cosa migliore era che nessuno sapesse niente.
«Mamma,
papà io esco!»
«Dove
vai vestita così?»
E
indicarono il mio outfit per l’occasione. Mi ero detta di non
esagerare per non sembrare che stessi facendo qualcosa per lui ma
alla fine ero stata troppo tentata dal pantaloncino di jeans e dal
maglioncino nero attillato. Era la prima volta che i miei mi vedevano
con qualcosa addosso che non fosse più grande di qualche
misura. «Esco con le amiche. Ci vediamo dopo, non faccio tardi.
Ciao!» E chiusi la porta in fretta. Non volevo che mi facessero
altre domande.
Raggiunsi
la fermata dell’autobus ma non presi il mezzo pubblico.
Piuttosto aspettai, seduta in un angolo finché non lo vidi
arrivare a cavallo della sua moto. Era grande ed appariscente. Mi
guardai attorno, quello era comunque un quartiere frequentato da
persone che conoscevo quindi dovevo assicurarmi di non incrociare
nessuno prima di accettare la mano di Ray e salire. Lui non si era
tolto il casco, quindi non potei notare la sua espressione quando mi
vide. «Metti questo.» E mi indicò il casco di
riserva. Io feci come chiesto nervosa e poi mi aggrappai a lui.
«Tieniti
forte.» Si premurò di dirmi prima che il rombo del
motore sovrastasse tutto il resto. Allacciando le mie braccia minute
attorno alla sua vita potevo percepire un corpo duro e robusto. Ray
non era particolarmente muscoloso, ma doveva essere allenato.
Andare
in moto fu un’esperienza meravigliosa. Vedevo le macchine
passarci di fianco velocemente e la città meravigliosa che si
stagliava davanti a noi nella luce tenue e rosata di un tramonto
appena iniziato. Ci rimasi quasi male quando arrivammo davanti alla
sala da bowling e dovettimo scendere, avrei fatto volentieri un altro
giro. Ray parcheggiò la sua moto e poi smontò da essa,
aiutandomi a fare lo stesso in un gesto da vero e proprio gentiluomo
che mi sosprese. Quando fummo l’uno di fronte all’altra,
si tolse il casco e potei ammirarlo in tutta la sua sfolgorante
bellezza. Aveva i capelli in disordine eppure era più bello
così, pensai incantata ad osservarlo mentre se li sistemava.
Erano di un castano chiaro tendenti al biondo cenere e li portava
lunghi davanti, in uno stile da principe azzurro.
Gli
restituii il casco e cercai di distogliere lo sguardo per non
attirare troppo la sua attenzione. Non volevo che si accorgesse che
mi ero incantata. «Andiamo.» Feci ma prima che potessi
muovermi di un solo passo, Ray mi fermò. «Aspetta.»
Disse con un sorriso. «Aspettare cosa?»
«Voglio
guardarti un secondo.» E fece quella cosa che mi scombussolò.
I suoi occhi corsero lentamente sulla mia figura e infine si lasciò
andare ad un pesante sospiro. Odiavo quando mi guardava così,
mi faceva sentire… unica. Normalmente una ragazza avrebbe
apprezzato ma c’era ancora molto di lui che non mi convinceva.
Non volevo farmi abbindolare. «Smettila. Sono venuta qui solo
per la rivincita.» Suonavano abbastanza ridicole quelle parole
e infatti Ray rise. «Se lo dici tu.»
Ci
dirigemmo all’interno del locale. «Comunque» aprì
la porta e mi fece gesto di entrare per prima. Fu un grave errore
perché quando i nostri corpi si sfiorarono lui si calò
appena per sussurrarmi qualcosa. «Stasera sei uno schianto.»
Mi bloccai un solo istante, il tempo necessario per fargli cogliere
il rossore nelle mie guance poi affrettai il passo per mettere quanta
più distanza tra di noi.
Non
mi aspettavo che quella serata sarebbe filata liscia, anzi pensavo ci
sarebbero stati un sacco di momenti di imbarazzo che alla fine mi
avrebbero aiutata a realizzare che uno come Ray non era adatto a me.
Eppure non fu quello che successe. Ray parlava e molto e lo faceva in
maniera sciolta e in tono abbastanza amichevole. Riuscì a
mettermi a mio agio. Mi raccontò della sua passione per la
musica, di come avesse iniziato a suonare il basso e di quanto fosse
stato difficile farlo senza avere qualcuno che gli insegnasse.
«Hai
imparato da solo?!» Chiesi un po’ stupita mentre lui mi
mostrava i calli sulle dita. «Ormai ho perso la sensibilità
sui polpastrelli. Non sento più nulla.» E per provarlo
mi chiese di dargli un pizzicotto. Ray non diede l’impressione
di essersi fatto male. Feci per allontanare la mia mano dalla sua ma
lui fu più svelto di me e in un gesto naturale e carino,
approfittò per far combaciare i palmi delle nostre mani e per
far infine intrecciare le dita. La sua pelle era ruvida e un po’
dura ma era una sensazione per nulla spiacevole. Anzi avvampai e
dovetti combattere con tutte le mie forze per sottrarmi a quel
contatto. Ray accennò un piccolo sorriso, per nulla
scoraggiato dal mio rifiuto.
«Giochiamo.»
La
serata trascorse tranquilla. Io e Ray eravamo entrambi molto
competitivi, ad ogni strike dell’altro stavamo lì a
gufare o a vantarci quando invece uno di noi era in vantaggio. Alla
fine la rinvincita riuscì a prendersela sul serio ma solo
perché sbagliai l’ultimo tiro. Qualcuno mi aveva
sfiorato i fianchi e mi aveva distratta. La boccia non aveva buttato
giù neanche mezzo birillo.
«Non
vale! Hai barato.»
Ray
era soddisfatto e sghignazzava al mio fianco. «Non lo chiamerei
barare quello. Stavo solo cercando di aiutarti, non eri posizionata
bene.»
«Non
avevo chiesto il tuo aiuto. Se non mi avessi distratta…»
«Ah
quindi ti avrei distratta.»
Arrossii.
«Si è fatto tardi, devo tornare.» E gli passai
davanti un po’ presa a male. Ray intantò lanciò
uno sguardo all’ora. «È ancora presto…»
«I
miei pensano che sia uscita con le mie amiche e nessuno di loro
guida, pertanto credono che abbia preso l’autobus e in questi
casi non vogliono che faccia troppo tardi.»
«Potevi
dirgli che uscivi con un ragazzo.»
«No,
non potevo.»
«Perché
no?»
«Perché
quest’uscita è stato un errore.»
«È
questo quello che pensi?» Mi sbrigai ad uscire dal locale e Ray
accelerò il passo giusto per starmi dietro. «Emily.»
Odiavo quando mi chiamava per nome. Odiavo il modo in cui suonava
bene pronunciato da lui. «Non so cosa stai cercando di fare ma
con me non attacca.»
«Di
che cosa stai parlando?»
«Dei
tuoi sbalzi di umore, Ray. Di questo sto parlando.» Ci
arrestammo entrambi quando raggiungemmo la moto. «Prima mi
tratti male, vai da mio fratello solo per insultarmi e provocarlo,
poi cerchi di provarci con me, con Charlie e ora addirittura mi
inviti ad un appuntamento.»
«Non
ho mai detto che era un appuntamento.»
Ferita
da quelle parole distolsi lo sguardo dal suo. «Pensala come ti
pare.» Non avevo intenzione di tornare a casa con lui. Ray era
troppo assurdo in tutti i suoi gesti e riusciva totalmente a mettere
sottosopra tutto. In questo preciso instante non sapevo più
chi ero. Mi guardai riflessa nel vetro di una macchina e mi chiesi
quand’era stata l’ultima volta che avevo messo dei
pantaloncini e mi ero truccata così per qualcuno.
«Dove
vai?» Mi urlò da dietro vedendo che mi allontanavo. Ma
io allungai il passo e Ray dovette correre per raggiungermi. Alla
fine si parò davanti un po’ stufo di quel mio giochetto.
«Non
lo faccio di proposito.» Ammise in un sussurro. «Ma non
mentire… Anche tu non hai idea di quello che senti quando sei
con me.»
Non
ebbi il coraggio di rispondergli. «Forse sbagliamo a pensare
troppo…» mormorò mentre mi scostava i capelli e
mi prendeva il viso tra le mani. Ray fece per calarsi e per baciarmi…
tuttavia quando mi resi conto di ciò ripensai a come avevo
ricevuto il mio primo bacio. Si affacciò alla mia mente
l’immagine di Phineas.
«Ma
che fai?» Lo spinsi via in tempo. «Dovresti chiedere
prima all’altra persona se è d’accordo, sai?»
In
realtà non funzionava così e ne ero consapevole
anch’io. Eppure dopo l’ultima volta che ero stata baciata
non volevo essere colta di nuovo di sorpresa. «Scusami.»
Ray
però sembrava più scazzato che dispiaciuto. Forse stava
pensando che ero solo una ragazzina ma poco mi importava. Mi guardai
attorno nervosa, sperando solo che si allontanasse e mi lasciasse
andare. Invece addolcendo il tono di voce mi disse: «fatti
almeno riaccompagnare a casa.»
Il
giorno dopo fu un giorno come tanti e il giorno dopo lo stesso e fu
così per le restanti due settimane. Io e Ray non parlammo più
di quanto era accaduto e a scuola ormai erano rare le volte che ci
incontravamo nei corridoi e se accadeva nessuno dei due diceva nulla.
In verità non facevo che pensare a lui, a quel bacio mancato e
a come sarebbe stato tutto diverso se invece glielo avessi permesso.
Era tutto così monotono… Avevo bisogno di svagarmi e
per fortuna la proposta arrivò proprio da Rue. La nostra amica
ci raggiunse mentre eravamo a mensa. Ormai non pranzavamo quasi mai
assieme. Rue era sempre con il suo nuovo fidanzato e Nisha e Derek
erano diventati una cosa sola.
«Ragazze
voi venite giusto?» Ci passò un volantino. Si trattava
di una festa in spiaggia. Una specie di falò in riva al mare.
Rue ci promise musica rock e superalcolici. «Non fa troppo
freddo per andare in spiaggia?»
«Sei
davanti ad un fuocherello Emily! Che cosa ti importa se fa freddo o
meno. Andiamo venite anche voi, del resto è da un po’
che non usciamo tutte insieme.»
Io
e Charlie ci scambiammo un’occhiata. «Se troviamo un
passaggio veniamo.»
«Valentina
tu?»
«Se
viene anche Jane perché no.»
«Certo
che vengo!»
Ci
mettemmo d’accordo su come organizzarci per i passaggi e
sull’orario. Doveva essere un evento al quale avrebbero
partecipato molti ragazzi della nostra età, perciò non
mi feci troppi problemi al riguardo.
«Adesso
devo proprio andare. Ci sentiamo più tardi.» Rue si
alzò, ci salutò con un bacio volante e poi raggiunse il
tavolo delle coppiette. Lei e Nisha ormai erano diventate amiche
strette e questo perché avevano in comune una cosa. Buffo,
pensai, come possono cambiare le cose in un anno. Rue era stata una
volta la mia migliore amica ma nell’ultimo periodo ci sentivamo
poco e le cose che avevamo da raccontare io le dicevo a Charlie e lei
le diceva a Nisha. Probabilmente un pensiero del genere qualche mese
fa mi avrebbe dato fastidio, adesso non più.
Infondo
ero consapevole che si trattava solo di un passo importante della
crescita. Cambiavano le abitudini e gli interessi e di conseguenza
anche le amicizie. Valentina però non poté trattenersi,
le indicò e pensò ad alta voce: «quelle due ormai
si sono dimenticate di noi.»
«Non
pensavo che fossero quel tipo di persona…» aggiunse Jane
con un’espressione severa. «Che tipo di persona?»
Chiese Charlie ingenuamente. Lei che era arrivata da poco in realtà
non aveva avuto modo di conoscere Rue e Nisha, non credevo le
considerasse nemmeno sue amiche visto che non sapevano nulla l’una
dell’altra. «Quel tipo di amica che non appena ha il
ragazzo scompare.» Precisai.
«E
poi quando si lasciano tornano.» Aggiunse Valentina. «Che
pena.» Continuò senza freni. Quella mattina la mia amica
alta e bella non sembrava affatto di buon umore. Mi chiedevo che cosa
le fosse successo. Rachel giunse in quel momento trafelata e
scusandosi del ritardo prese posto accanto a noi.
«Di
cosa stavate parlando?» Le indicai il volantino. «Ce lo
ha portato Rue. Ci ha chiesto se volevamo venire.»
«Sembra
figo. Voi ci andate?» Annuimmo perciò Rachel ci confermò
che era anche lei dei nostri. «Sono stanchissima.» Disse
dopo aver appoggiato la borsa sulla panca e essersi un po’
sgranchita le braccia. «Ultimamente non faccio che provare.»
«Come
mai?»
«Abbiamo
trovato un nuovo ingaggio e suoniamo proprio questa settimana.»
Sentendo quelle parole ebbi quasi il timore che ci facesse la
proposta di andare a vederla. Non me la sentivo di incontrare Ray ma
stranamente Rachel non ci disse niente.
«Dovrei
organizzare un pigiama party.» Annunciai così senza
nessun preavviso. Le altre si voltarono per guardami. «Non
siamo un po’ troppo cresciute per i pigiama party?» La
domanda di Jane fu abbastanza ironica ma Charlie al contrario si
mostrò interessata. «Non sono mai stata ad uno!»
Ammise con occhi sognanti.
«Allora
in questo caso sono obbligata ad organizzarne uno. Voi venite?»
«Contami.»
Disse Rachel e seppur non molto convinta alla fine anche Jane
accettò. Mancava solo Valentina. «Ci sarà anche
tuo fratello?» Mi chiese come se la cosa le pesasse.
«Credo
di si.»
Era
anche casa sua quella perciò era un po’ assurdo che mi
facesse quella domanda. «Non te la prendere Emily ma devo
essere sincera con te. Non sopporto più Will, a volte mi manda
dei messaggi, altre volte cerca di attaccare bottone a scuola. Non
puoi semplicemente dirgli che non sono interessata?»
Spalancai
la bocca sorpresa a sentire quelle parole. Mio fratello mi aveva
avvisato che non avrebbe buttato la spugna facilmente ma non pensavo
che diventasse così invadente. Se Valentina chiedeva aiuto a
me che non mi piaceva affatto immischiarmi nelle faccende di Will
significava che quel coglione aveva superato il limite. «Non ti
preoccupare, ci parlo io. Però tu al pigiama party vieni, mi
dispiacerebbe che per colpa di Will mancassi…» Fui così
capace di convincerla.
«Dopo
proverò a chiedere anche a Rue e Nisha. Magari è la
volta buona che torniamo a stare tutte insieme.»
«Papà,
sto entrando!»
Entrai
come una furia nel suo studio perfettamente conscia che davanti alla
porta c’era un cartello con scritto “bussare prima di
entrare”. L’uomo di casa si tolse gli occhiali da
lettura, mi guardò con aria stanca ma sorrise e mi invitò
ad accomodarmi. «Che succede?»
«Tuo
figlio.» Sbottai mentre incrociavo braccia e gambe. Lui vide
che avevo uno sguardo di fuoco perciò decise di lasciar cadere
i suoi appunti e si distese contro lo schienale della sedia.
«Va
in giro ad importunare le mie amiche e come se non bastasse queste
poi vengono da me chiedendomi di farlo smettere. Non lo sopporto più,
papà!»
«Tutte
le tue amiche?» Tutti sapevamo che mio fratello era un latin
lover ma detta così
lo stavo facendo passare per un poco di buono e per mio padre fu un
colpo sentire dire ciò. Will e papà erano completamente
l’opposto l’uno dell’altro. John Haines era infatti
dolce, romantico e soprattutto aveva avuto occhi per una sola donna
in tutta la sua vita. Spesso mi aveva parlato delle cose che aveva
fatto per mia madre. Will era invece… Will era Will.
«Non
tutte.» Chiarii. «Valentina.»
A
volte mi dava l’impressione che stuzzicasse anche Charlie ma
quest’ultima non si era mai lamentata e perciò non
potevo tirarla in ballo. «Digli qualcosa, papà. Non può
continuare così, lo sa quanto ci tengo alle mie amiche e
l’ultima cosa che voglio è litigare con loro a causa
sua.»
«Adesso
non esagerare. Perché le tue amiche dovrebbero prendersela con
te? Non è tua la colpa.»
«Lo
so ma Valentina non voleva venire al mio pigiama party all’inizio
per via di Will. Non vuole vederlo.»
Mio
padre non disse nulla ma si prese del tempo per riflettere. Erano
situazioni a cui era abituato infondo; di solito quando avevo un
problema andavo sempre da lui. E di solito i problemi me li creava
William Haines. «Fai venire tuo fratello qui.»
Improvvisamente
il broncio sparì dal mio viso e raggiante scattai dalla sedia.
Mio padre si era fatto d’un tratto serio e quando John Haines
si faceva serio… si salvi chi può!
Senza
farmelo ripetere nuovamente andai alla ricerca di mio fratello finché
non lo trovai in cucina che stava aiutando mamma. «Will!»
Lo chiamai con allegra cattiveria. «Che vuoi?»
«Papà
ti vuole parlare. Ti aspetta nel suo studio.» Lui alzò
di scatto la testa e guardò subito mamma. «Non ho fatto
niente!» Ma mia madre non gli credeva affatto. «Che è
successo Emily?» Mi chiese lei mentre guardava il primogenito
con occhi severi. «Succede che Will deve imparare a stare al
posto suo.»
«Che
cosa gli hai detto?» Ringhiò in risposta. «Vedrai...»
La voce di nostro padre risuonò per tutta la casa facendoci
sobbalzare tutti.
«Me
la pagherai…»
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