Due Unni a cavallo si misero all’inseguimento di Arnobio e ciò lo portò a dare colpi di briglia al cavallo, aumentando la sua velocità.
Il destriero correva su un sentiero battuto e il sole si fece alto nel cielo.
Gli inseguitori diminuirono la loro distanza e sguainarono le spade, pronti a combattere.
A est della sua posizione vide un boschetto e capì che poteva essergli di aiuto; per quella ragione mosse le briglia verso destra e il cavallo sterzò di netto, saltò di due metri e si immise su un altro sentiero battuto.
Continuò a dare colpi di briglia fino a quando non entrò nella boscaglia ed era così fitta che in pochi punti entravano i raggi del sole.
Non si fermò e non si voltò nemmeno per vedere se gli inseguitori erano ancora alle calcagna.
All’improvviso urtò qualcosa con il petto e ciò lo portò a cadere all’indietro e battere la testa.
Arnobio sentì un rumore fortissimo nelle orecchie, come se stesse per perdere l’udito.
I suoi occhi non riuscivano a distinguere l’ambiente circostante ma notò due figure barbute sopra di lui: erano gli Unni, coloro che l’avevano inseguito.
Dissero qualcosa in una lingua sconosciuta, gesticolarono e risero di gusto.
I due presero le spade e le rivolsero verso il basso, pronti ad infilzare il senatore.
Le loro mani erano strette all’elsa quando la loro attenzione venne posta da qualcuno.
Rimasero fissi.
I due vennero trafitti da delle frecce e Arnobio poté sentire le frecce conficcarsi nella carne e le urla di dolore.
In un impeto si girò sul fianco sinistro e provò a guardare chi aveva attaccato gli Unni e vide dei guerrieri con elmi ostrogoti, scudi in legno e spade in ferro, oltre a tre arcieri e una figura lo colpì: aveva un mantello con pelle di animale, molto pregiata, armatura a protezione del petto, barba ben curata e capelli ricci.
Costui si avvicinò ad Arnobio; quest’ultimo lo riconobbe e disse:
-Teodorico! –
Il condottiero guardò i suoi uomini ed esclamò:
-Legategli le mani! -
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