Locked-in

di Serpentina
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Salve salvino!

Siamo vicini alla risoluzione del mistero, e mi chiedo quanti di voi avranno azzeccato l'identità del killer. Ormai di sospettati ne sono rimasti pochi! ;-)

Forza e coraggio, che il capitolo è lunghissimo! E ho pure tagliato un sacco di scene! In formato cartaceo, questa storia sarebbe poema! * facepalm * Vabbè, mi consolo pensando ai gialli/thriller da seicento e passa pagine.

Grazie, come sempre, a chi recensisce, a chi segue la storia e ai lettori silenziosi. Vi abbraccio virtualmente uno ad uno! * strizza con affetto *
 

One step closer

 

"Anche più dell’affinità delle loro anime, li univa l’abisso che li divideva dal resto del mondo".

Boris Pasternak

 

Affrontare il lunedì non è facile, specialmente se, come Faith, si è reduci da un fine settimana che definire movimentato è un eufemismo: non solo aveva dovuto recuperare Frida - la quale aveva sottratto di nascosto l'automobile del padre per perseguire un'indagine non autorizzata - da una stazione di polizia, era stata pure costretta a respirare la stessa aria di Cyril, l'uomo che l'aveva lasciata a pochi giorni dalle nozze, dato che i loro figli erano stati "pizzicati" insieme; infine, dulcis in fundo, aveva avuto una discussione parecchio animata con Franz. Certo, aver condiviso parte delle sue rimostranze con Frida le aveva dato un po' di sollievo, in virtù del classico principio "mal comune, mezzo gaudio"; tuttavia, l'essere stata rimproverata al pari della figlia diciassettene la inviperiva, impedendole di concentrarsi sul lavoro. Ciliegina sulla torta, aveva letto tra i necrologi (che spulciava al mattino per abitudine) il nome di Isobel Conworthy, e le si contorceva lo stomaco al pensiero che il cadavere non fosse stato sottoposto ad autopsia. Non che la ritenesse una morte omicidaria, ma da una donna piegata da così tante traversie - che quindi, con ogni probabilità, assumeva psicofarmaci - ci si poteva aspettare un atto anticonservativo, per i non addetti ai lavori: suicidio. Un esamino tossicologico non avrebbe guastato. Peccato che nessuno si fosse degnato di interpellarla.

Arresasi all'evidenza che senza un buon caffè e quattro chiacchiere non sarebbe riuscita a cavare un ragno dal buco, figurarsi terminare il referto dell'autopsia sul "Rifiuto Umano" numero quattro, si recò nell'ufficio dell'ispettore Serle Constable, moglie del fratello di Franz.

–Toc, toc! Si può?

–Tu puoi sempre- rispose la donna, invitandola ad entrare e chiudere la porta con un gesto eloquente. –A dirla tutta, stavo per chiamarti. Si tratta di...

Faith, stremata nel corpo e nello spirito, esalò –Non Frida, ti prego! Ne ho abbastanza!

Fortunatamente per la sua sanità mentale, non si trattava di Frida.

–Tranquilla, volevo semplicemente chiederti se ti va un caffè fuori da qui- dalla fugace strizzata d'occhio Faith intuì ci fosse sotto dell'altro, ma preferì non indagare: in certi ambienti, persino i muri avevano le orecchie. –Agente!- ruggì Serle nell'interfono all'indirizzo di un giovane poliziotto dal fisico muscoloso e i lineamenti duri, il quale nell'entrare rivolse un cenno di saluto e un mezzo sorriso a Faith, che ricambiò con calore. –La lascio a guardia del fortino. Disturbatemi soltanto in caso di vera urgenza, vorrei evitare che mi vada di traverso il caffé. Non ci metterò molto.

Jawohl, Mut... ehm, ispettore.

Serle lo fulminò con lo sguardo. Aveva proibito tassativamente di rivelare la loro parentela; certo, conoscendo la velocità a cui viaggiano i pettegolezzi, era probabile che tutti già sapessero, ma ciò non rendeva giustificabile alimentare eventuali malelingue pronte a gettare fango su di lei e Hans. Nulla avrebbe dovuto interferire con la sua promozione a ispettore capo, nè tantomeno con quella di suo figlio a detective.

Faith lo salutò con un entusiastico –Ciao, Hans. Non lavorare troppo, mi raccomando, o arriverai spompato al matrimonio!

Serle fu di tutt'altro avviso.

Deine Tante ist zu zärtlich. Non darle retta. Leg los, Schwächling1!

Sebbene consapevole che le parole di sua madre avessero il solo scopo di spronarlo a dare il meglio di sé, Hans non potè fare a meno di provare una punta di stizza: non sopportava di venire sminuito; conosceva il proprio valore, lottava ogni giorno con le unghie con i denti affinché fosse universalmente riconosciuto. Decise quindi di pregustare quello che, ne era sicuro, sarebbe stato il suo futuro: appurato che la via fosse sgombra, si accomodò sulla sedia girevole della madre; poi, per interpretare al meglio lo stereotipo del "capo", spinse indietro lo schienale e allungò i piedi sulla scrivania.

Stava godendo dell'inebriante sensazione di onnipotenza donatagli dalla esaltante prospettiva che un giorno quella sarebbe stata la sua sedia, quello il suo ufficio, e che la targhetta sulla porta avrebbe riportato il suo nome, quando bussarono alla porta. Dopo un iniziale spavento, Hans si ricompose, e intimò al misterioso qualcuno di entrare; fu sinceramente sorpreso di trovarsi davanti non uno dei galoppini della madre, bensì colei che a giugno, salvo imprevisti, sarebbe diventata sua moglie.

–Sonja!- esclamò mentre si precipitava a stringerla in una morsa affettuosa. –Was für eine tolle Überraschung2!

Sonja si lasciò travolgere dall'abbraccio, e posò un bacio delicato sul collo di Hans, sorridendo internamente nell'avvertire la cute piacevolmente calda e la pulsazione della carotide. Si scostò da lui quel tanto che bastava ad unire le loro labbra per un breve istante - troppo breve - prima di bearsi del sorriso smagliante che il suo Weil preferito riservava soltanto a lei (e pochi eletti, tra cui la cugina Frida; il che, di quando in quando, la rendeva preda del mostro dagli occhi verdi: il rapporto tra i due cugini, secondo lei, era ai limiti del morboso, ma si consolava pensando che non erano dei Targaryen e l'incesto, dopo un revival nella seconda metà degli anni '20 del ventunesimo secolo, non andava più di moda).

–La sorpresa l'hai fatta tu a me, futuro marito: non è l'ufficio di tua madre?

–Un giorno sarà mio- rispose lui con la consueta sfrontatezza. –Tanto vale che cominci ad ambientarmi. Per esempio, quel ficus lì nell'angolo... Raus!
Sonja eruppe nella risata argentina che Hans tanto amava, e sperava di udire ogni giorno fino all'ultimo dei suoi giorni. Come ogni Weil che si rispettava (escluso, per certi versi, suo padre Alexander) sotto uno spesso strato di ghiaccio (il "permafrost", per citare Faith) celava un cuoricino di morbida scioglievolezza, da rivelare esclusivamente a chi si fosse dimostrato degno: per suo padre, quella persona speciale era Serle; per Onkel Franz, Tante Faith; per lui, la sua Sonja, e per suo fratello Ernst (si sperava) Emma. Teneva le dita incrociate per il fratello di mezzo, Wilhelm - l'unico ad aver schivato, per quanto ne sapeva, le frecce di Cupido - e per Frida, affinché trovasse di meglio di quel Weichtier australiano.

–Pensa piuttosto a come arredare casa nostra!- lo redarguì scherzosamente (ma non troppo).

Jawohl, meine Führerin!- replicò Hans, mettendosi sull'attenti. –Ancora non mi hai detto di cosa devi parlare con mia madre.

La ragazza si passò distrattamente una mano sulla pancia, prima di rispondere –Oh, ehm... Niente di che. Cose da donne.

Lui, che subodorava bugie e mezze verità a un miglio di distanza, si accigliò per un istante, pronto a sottoporla ad un interrogatorio degno del KGB; tuttavia, prevalse l'istinto che gli suggeriva di non pressarla, perché avrebbe raggiunto l'unico risultato di farla chiudere a riccio.

–Intendi quella parte di preparativi in cui non voglio mettere becco?- non gli sfuggì l'evidente sollievo negli occhi di Sonja, e cambiò subito argomento. –A proposito di grandi eventi: dobbiamo uscire a festeggiare il tuo nuovo incarico! Stasera cena fuori, ho deciso!

Non ottenne l'effetto sperato: anziché rilassarsi ulteriormente, Sonja tornò a tendersi come una corda di violino, arretrò di qualche passo e, tenendo gli occhi fissi sul pavimento, borbottò –Oh, quello. Ecco, io... ho rinunciato.

Warum?- ruggì Hans, incredulo. –Eri così entusiasta! Non vedevi l'ora di partire!

Rossa in viso, con lo sguardo ostinatamente fisso sul pavimento a scacchiera, Sonja sospirò –Hong Kong non è dietro l'angolo, e l'idea di stare lontano da te per mesi... senza contare che dovresti accollarti il peso dell'organizzazione del matrimonio...

–Ehi! Così mi fai sembrare un fidanzato di merda! Credi mi piaccia l'idea di stare lontano da te? Ovviamente no! Però mi piace vederti felice, e poche volte ti ho vista più felice. Wenn du lächelst, lächle ich3. E poi non dirmi che hai riflettutto soltanto adesso su questi risvolti. Ti conosco, Sonja Dormer: non rinunceresti mai a un'occasione tanto ghiotta. Devono averti tolto l'incarico, immagino per assegnarlo all'ennesimo raccomandato immeritevole.

–C'è abbastanza marcio al mondo senza vederne dove non c'è, Hans. Ho chiesto io di venire esonerata- ribatté lei, passando di nuovo, inconsciamente, una mano sulla pancia. –Il Ministero degli Esteri potrà fare a meno di me per un po'. A volte bisogna scendere a patti con la realtà, e la realtà è che presto non sarò più in condizione di reggere trasferte tanto impegnative. Questione chiusa.

A dispetto delle parole di Sonja, per Hans la questione era tutt'altro che chiusa; sfortunatamente, nel momento esatto in cui stava per mandare al diavolo i buoni propositi di poco prima ed estorcerle la verità, un ragazzo sulla ventina, pallido e magro, bussò sullo stipite della porta, per poi varcare la soglia con circospezione. Aveva un'aria familiare, sebbene Hans non riuscisse a ricordare dove potesse averlo visto.

Sonja, incredula di un tale colpo di fortuna, si dileguiò alla velocità della luce, informandolo che quella sera avrebbero cenato con hamburger e insalata.

Frustrato dalla miriade di domande senza risposta che si avvicendavano nella sua testa, Hans compì uno sforzo sovrumano per non mandare al diavolo l'inatteso visitatore.

Guten Tag. Posso aiutarla?

–Oh, ehm, spero di sì- rispose titubante il ragazzo. –Scusi, è solo... ecco, credevo che Serle fosse un nome da donna, e... non è un po' giovane per essere già ispettore?

–L'ispettore Constable è momentaneamente fuori sede. Può riferire a me, se vuole. Sono l'agente Weil. Hans Weil.

–Weil? Come Frida Weil?- esalò l'altro, sconcertato nell'apprendere il cognome dell'agente, a lui (tristemente, a suo parere) noto.

Hans, intrigato dalla piega che stava prendendo la situazione, curvò le labbra in un sorriso enigmatico da fare invidia alla Gioconda e lo invitò ad accomodarsi.

–Frida è mia cugina. Prego, siediti - posso darti del tu, vero? A occhio e croce, sei coetaneo di mio fratello, mi suona innaturale darti del lei - e raccontami tutto.

 

***

 

Seccata dalla combinazione letale di traffico cittadino e mutismo ostinato di Faith, Serle sbuffò –Stiamo giocando al gioco del silenzio a mia insaputa? Coraggio, cognata, non tenerti tutto dentro, sputa il rospo: l'ultimo che ho visto con un'espressione identica alla tua sta scontando una condanna a vita per omicidio!

La Irving distolse lo sguardo dalla strada e, dopo una fucage occhiata allo stato della manicure, si girò verso Serle e sospirò –Sono solo stanca. Sai, ieri è tornato Franz, e...

–Aha!- esclamò l'altra, trionfante. –Immaginavo c'entrasse lui col tuo malumore. Avanti, non farti pregare, confidati! Nessuno meglio di me sa cosa significa avere in casa un esemplare di maschio Weil... ne ho ben quattro!

Segretamente lieta di potersi sfogare con qualcuno in grado di comprenderla pienamente, Faith assunse una postura meno rigida e ridacchiò –Io soltanto uno, ma in compenso ho l'esemplare femmina. Che culo!- salvo poi pentirsenene. –Oddio! Cosa mi salta in mente! Così sembro una madre degenere che odia sua figlia!

–Non vergognarti- asserì Serle. –Abbraccia la tua natura e unisciti al club!

–Il club delle madri degeneri?

–Esatto!

–Non sono una madre degenere!- protestò Faith, indignata.

–Sì che lo sei! Come lo sono io- replicò Serle. –Per gli standard delle mammine perfettine siamo degli esseri indegni del grande dono che ci è stato concesso, perché non ci siamo sacrificate sull'altare della prole. E, crimine ancor più terribile... non siamo pentite. Ti sfido a contraddirmi!

–Ogni tanto mi faccio prendere dai sensi di colpa, a dire il vero- ammise Faith distogliendo lo sguardo. –Mi domando se e dove ho sbagliato con Frida; le altre mamme con le figlie condividono sedute di shopping e trattamenti estetici, io il mio lavoro. Che poi è il motivo per cui ho litigato con Franz. Secondo lui, sono eccessivamente "fuori dagli schemi" e a causa mia Frida è fuori controllo.

–No, guarda, meno male che non ce l'ho davanti, altrimenti l'avrei divorato vivo: come si permette di addossare ogni responsabilità a te? Ammesso, e non concesso, che Frida sia ingestibile come la dipinge: lui, in tutto ciò, dov'era? La figlia è anche sua, ha contribuito anche lui alla sua educazione, perciò ha poco da fare lo spiritoso! Senza contare che Frida non mi pare fuori controllo, solo estremamente vivace, un po' come Hans- obiettò Serle. –Ecco, se c'è qualcuno che potresti accusare di averla traviata, è mio figlio.

–Non l'ha traviata- rifletté Faith con un mezzo sorriso enigmatico che suscitò la perplessità dell'altra. –L'ha plasmata a sua immagine e somiglianza; un gioco da ragazzi: sono fatti della stessa pasta. Dico sul serio: non so di quale materia sia composto l'essere umano - sogni, come sosteneva Shakespeare, o meramente carne e sangue - ma ti assicuro che quei due sono fatti di una materia diversa.

–Poco ma sicuro. Capisco cosa stai passando perché ci sono passata. Io e Alexander siamo stati richiamati più volte per Hans che per gli altri due messi insieme! Non ricordo se te l'ho già raccontato - nel caso, mi scuserai - ma quando aveva sette anni - sottolineo, sette - Hans disse a un suo compagno di classe che l'aveva spintonato: "tua mamma porta scarpe col tacco, la mia una pistola. Chi credi sia più pericolosa?"

–Sì, me lo avevi raccontato. Non male. Rilancio con: a otto anni - sottolineo, otto - mia figlia picchiò a sangue un ragazzino di dieci e, nonostante io e il padre l'avessimo costretta a chiedere scusa, non si pentì minimamente perché, e cito: "il mondo è un posto meraviglioso; chi tenta di rovinarlo merita una punizione".

–Non male neppure la tua, ma ho un asso nella manica: a dodici - sottolineo, dodici - anni Hans ruppe il naso e due denti a un ragazzo di sedici; poi, per il gusto di umiliarlo, mentre era a terra dolorante gli rubò il coltello.

–Oh, quello che ha dato a Frida dopo che a soli quattordici anni mise al tappeto da sola - sottolineo, da sola - quattro ragazzi maggiorenni! Roba di cui andare orgogliosi!

–Ehm- esalò Serle, che iniziava a sentirsi in imbarazzo. –E se ammettessimo di avere due figli "particolari" e la chiudessimo qui?

–Particolari quanto vuoi, ma devi ammettere che avevano delle ottime ragioni per fare quel che hanno fatto- obiettò Faith, ergendosi ad avvocato del diavolo. –Il sedicenne pestato da Hans aveva tirato fuori la lama per minacciarlo. Cos'avrebbe dovuto fare, lasciarsi affettare come un roast beef? Quanto alle testine di cazzo picchiate da Frida, al di là dell'essere testine di cazzo, erano dei bulli; e, sebbene a suo tempo abbia dovuto recitare la parte del genitore responsabile e pacifista, concordo con lei su una cosa: i bulli comprendono un solo linguaggio; malmenarne alcuni per educarli tutti non è poi così sbagliato. Qui lo dico e qui lo nego, naturalmente.

–Naturalmente- ripeté Serle, pensando tra sè e sè che adesso capiva cosa Franz avesse visto in quella donna tanto dolce e tranquilla... perlomeno all'apparenza.

–È questo che non riesco a far capire a Franz: quando Frida ha un piano - e, fidati, ha sempre un piano - va lasciata a briglia sciolta, libera di sbagliare e imparare dai propri errori. Non le si può strappare l'osso di bocca, una volta che l'ha addentato; lo mollerà spontaneamente se, e soltanto se, sbatterà di faccia contro la dura realtà. Prendi il caso Carter!

Serle emise un risolino poco rassicurante, prima di confessare –Ecco, a questo proposito... Frida potrebbe, ecco, non avere tutti i torti.

Faith strabuzzò gli occhi: non era possibile. Quel decesso era accidentale, punto! Non poteva essersi sbagliata, non in maniera così eclatante!

"Ho esaminato accuratamente la salma e la scena, cazzarola! No, no, no! Non posso essermi sbagliata. Mi rifiuto di crederlo!"

–Cosa ti ha fatto cambiare idea?- chiese.

–Non cosa. Chi- rispose sibillina Serle. –Ah-ah! Spiacente, voglio tenerti un po' sulle spine. Tanto so che non ti spiace: adori la suspance!

"Non se c'è in ballo la mia credibilità, testa di merda!"

–Se è uno scherzo, non è divertente.

–Rilassati, F! Pensa che, seppure venisse a galla che qualcuno ha effettivamente seccato la Carter, tu avresti più chance di me di uscirne pulita: il tuo compito è stabilire, nei limiti del possibile, epoca, causa e mezzi del decesso, che in quel particolare caso sembravano evidentissimi. Quale persona sana di mente penserebbe a un omicidio per precipitazione? È rarissimo! Senza contare le testimonianze delle "bizzarrie" della ragazza e la tradizione di quella famiglia di matti di non morire di vecchiaia. Se c'è qualcuno che in questa storia ha le spalle coperte, sei tu. Sono io a dovermi preoccupare: un passo falso, e addio promozione!- interruppe sul nascere l'ovvia richiesta di spiegazioni da parte di faith, e aggiunse –Ci siamo. Mentre cerco parcheggio, entra pure. Ah, ordinate quello che volete, offro io!

–Ordinate?- ripeté la Irving in un sussurro quasi impercettibile, per poi scrollare le spalle e mettere piede nel piccolo quanto accogliente baretto indicatole da Serle. I pochi avventori, per la maggior parte studenti, chini sui libri o affacendati con i propri dispositivi portatili, non fecero caso a lei; tranne uno, il quale, al contrario, agitò il braccio con entusiasmo, in un tacito invito a raggiungerlo.

–Bene, bene, bene- disse mentre prendeva posto. –Il mio nipote criminale informatico!

Komm schon, Tante4! Non ce l'avrai ancora con me per quella quisquilia dell'hacking!

–Ma no! Cosa vuoi che sia un attacco informatico al MIO computer? Spero almeno abbia trovato quel che cercava Frida.

–Sì. Oltre a roba che mi ha procurato nausea e incubi per una settimana. Ernsthaft, Tante5, come riesci a dormire la notte?

–Così impari a sbirciare tra i file di un medico legale- sibilò Faith, ancora risentita per "quell'indegno attacco alla privacy". –Spero almeno che mia figlia ti abbia pagato.

–Non abbastanza. La prossima volta le chiederò moneta sonante, altro che tacos!

–Confido non ci sarà una prossima volta. Tua madre si è spesa a sufficienza per coprirti. Allora, di cosa si tratta, stavolta? L'ennesima malefatta digitale?

–Sto rigando dritto, Tante, giuro! Voti eccelsi e hacktivismo ridotto al minimo in cambio della fedina penale pulita; erano questi gli accordi. Ho fatto un'eccezione per Frida perché è della famiglia, e per un Weil la famiglia è tutto.

–Quanto vorrei crederti, Ernst! Ma, se fosse vero, a quest'ora dovresti essere a lezione.

Gut gesagt, Tante6: dovrei- replicò placidamente il ragazzo, passandosi le mani nella chioma. Faith non riuscì a trattenere un risolino nel vederlo faticare a districarle: a differenza dei fratelli, Ernst aveva ereditato i capelli del padre, un groviglio dorato refrattario al pettine, tanto che una volta gli aveva proposto ironicamente di provare con un rastrello. –E ci andrò, promesso; ma prima... ho un regalino per te e Mutti.

Memore della conversazione con Serle, la Irving sbuffò –Fammi indovinare: un indizio per il presunto caso Carter? Hai hackerato i computer della famiglia su richiesta di Frida, scoprendo i loro sporchi segreti?

–Sarebbe stato divertente, ma no- ammise candidamente Ernst, estraendo da una tasca del giubbotto la chiavetta USB consegnatagli da Hans pochi giorni prima. –La mia sveglissima cuginetta mi ha risparmiato la fatica. È davvero in gamba, Tante, dovresti esserne orgogliosa.

–Siete entrambi in gamba, ciascuno a suo modo- chiocciò Faith. –Il problema è come usate i vostri talenti.

Ernst, seppur lusingato, si protese in avanti, poggiò il mento sulle mani incrociate e disse –Vi cagate sotto al pensiero che possa avere ragione, eh? Fate bene. Ma non preoccupatevi, sono qui per questo.

 

***

 

"–Warum das traurige Gesicht, Cousinchen?

Nonostante la nuvola nera del malumore sopra la testa, a Frida scappò un mezzo sorriso. Wilhelm ed Ernst mettevano qua e là parole in tedesco nelle frasi per atteggiarsi a gran fighi; lei e Hans erano gli unici della nuova generazione a parlarlo correntemente. Le era sempre piaciuta questa cosa, rendeva il loro rapporto ancora più speciale.

Darf ich nicht traurig sein?

Voleva solo essere lasciata in pace a meditare su quanto fosse ingiusta la vita. Hans, invece, la sconvolse con un atto inconsulto: un abbraccio, affettuoso quanto saldo, tanto da farle temere che qualche costola non avrebbe retto.

Du bist zu jung, um traurig zu sein.

Gibt es ein Alter, um traurig zu sein?- replicò Frida, passata in un nanosecondo dalla misantropia alla ricerca di uno scontro, verbale o fisico che fosse, per sfogarsi.

Hans, che aveva intuito le sue intenzioni, rispose –Kinder sind normalerweise fröhlich und sorglos. Und vor allem hasse ich es, dich weinen zu sehen. Sag es niemandem: du bist mein Lieblingsmensch auf der ganzen Welt.

Und du meine- celiò Frida, serrando la presa con le sue braccine da seienne.

Lügnerin- la riombeccò Hans. –Sogar die Wände wissen, dass du eine Schwäche für Aidan hast!

Dovette sforzarsi fino allo stremo per non scoppiare a ridere: alla menzione del piccolo cartridge, Frida aveva gonfiato le guanciotte - già adorabilmente paffute - e si era colorata di rosso dalla testa ai piedi. Uno spettacolo impagabile.

Es ist anders!- esclamò, sbattendo i piedi, le mani chiuse a pugno. Ich liebe euch beide, aber anders. Du bist mein Cousin, er nicht.

Wenn ich also wirklich deine Lieblingsperson bin, musst du mir sagen, was falsch ist. Sofort!

Hast du dich je hilflos gefühlt? Ich fühle mich immer so, wenn diese Bastarde meinen Freund ins Visier nehmen. Ich möchte ihnen eine Lektion erteilen, aber kann nicht. Und jetzt redet er davon, die Schule zu wechseln.Ich kann es nicht ertragen, meinen besten Freund wegen dieser Idioten zu verlieren.

Soll ich ihnen eine Lektion erteilen?

Frida rifletté a lungo, prima di rispondere. Da un lato, la tentava chiedere aiuto ad Hans: era più grande, praticava arti marziali e aveva pochi scrupoli morali; non avrebbe avuto remore a pestare come sacchi da boxe i bulletti che tormentavano Nate per il solo fatto di essere allevato da una coppia omosessuale. Tuttavia, chiedergli aiuto avrebbe significato alzare bandiera bianca, e lei non era tipo da arrendersi tanto facilmente.

Danke, aber nein danke- asserì risoluta, lasciando di stucco il cugino, impressionato da cotanta determinazione. Das ist mein Kampf. Aber du könntest mir Waffen zu Kämpfen geben.

Inwiefern?

Ich bin nicht stark genug, um mich ihnen zu stellen. Ich flehe dich an: trainiere mich! Mit deiner Hilfe werde ich nie wieder schwach sein.7"

Emise un lungo sospiro mentre giocherellava con la penna. Hans l'aveva illusa che temprare lo spirito e il corpo le avrebbe donato una corazza impenetrabile; i recenti avvenimenti avevano dimostrato che si sbagliava. Il mito di Achille insegna: nessuno è invulnerabile.

Il suo tallone aveva nome e cognome, e, in quel preciso momento, si stava appropinquando furtivamente alle spalle di Frida, assorta nel proprio personale flusso di coscienza; una volta certo che non si fosse accorta di lui, si chinò per sussurrarle all'orecchio –Chi è l'oggetto dei tuoi pensieri sconci, io o Aidan?

Frida sussultò sulla sedia e si girò di scatto, rossa come un pomodoro maturo, furente con lui, ma soprattutto con se stessa per avergli permesso di coglierla di sorpresa e di farla sentire costantemente insicura.

"Verdammter Scheiβkerl!8"

–Hans.

Pungolato da un'inspiegabile fastidio, William soffiò –Tuo cugino Hans?

–Siamo parenti? L'avevo dimenticato! Oh, e sta pure per sposarsi. Sono proprio una donna amorale!- rispose lei con gelido sarcasmo. –Senti: invece di sprecare energia e neuroni in una scenata di gelosia ai limiti del ridicolo, che ne diresti, già che siamo qui, di tirare le somme del caso Carter? Sempre che tu sia ancora interessato a qualcosa che non sia infilarsi nelle mie mutande.

Per il puro gusto di metterla a disagio, William si accomodò accanto a lei, premurandosi di poggiare una mano sul ginocchio mentre prendeva posto. Adorava vederla arrossire a causa sua.

–Le tue mutande sono un crimine contro l'umanità, Weil. Più che infilarmici, vorrei metterle al rogo!

–Allora ti farà piacere sapere che ho ordinato una caterva di lingerie frou frou, approvata da Kimmy. Non che tu abbia speranza di vederla, dopo quello che mi hai detto sabato.

Senza scomporsi, William replicò, malizioso –Mi permetto di dissentire. Non hai negato di avere fantasie sconce su di me in assoluto; ne deduco che non qui, non ora, ma ne hai. Meglio così: mi stuzzica l'idea di tenerti compagnia la notte; comincia a far freddo.

La rabbia che pervase Frida risvegliò Zelda, assetata di una violenta vendetta.

"Afferralo per il colletto di quella camicia spiegazzata e fallo volare dall'altro capo della stanza. Mostragli cosa accade a chi osa contrariare Frida Zelda Weil!"

"Non posso!", pensò Frida. "Violerei il codice di Hans, e... rischierei l'espulsione".

"Scheiß auf die Konsequenzen!9", ruggì Zelda. "Gewalt macht frei!"10

Sebbene titubante, Frida riuscì a reprimerla e asoltare la voce della coscienza. Rilassò le mani, strette a pugno, e scosse il capo, sorridendo: forse ci sarebbe stato un giorno in cui avrebbe ceduto agli impulsi violenti che squassavano il suo animo, ma non era quello il giorno.

–Non ti arrendi mai, eh? Apprezzo la tenacia, meno il ricatto ormonale.

–Fino a prova contraria sei tu a ricattarmi, Weil. Comunque, io non demordo: prima o poi comprenderai che per uno stupido capriccio mi e ti stai negando qualcosa che vogliamo entrambi. Noi due siamo come lo Yin e lo Yang di un taijitu: presi singolarmente siamo eccezionali, insieme … rasentiamo la perfezione. Ammettilo.

–Non l'ho mai negato- ribatté lei. –Presumo ti sia familiare la teoria di Gardner delle nove classi di intelligenza. Ho intuito ben presto di essere particolarmente dotata in cinque su nove; nelle altre sono, ahimè, terribilmente carente. Quando mi dicesti, quel giorno in metropolitana, che le relazioni interpersonali non sono il mio forte… detesto riconoscerlo, ma avevi ragione! Tu, invece, sai come rapportarti agli altri, sei dotato di un’empatia che io non avrò mai e che può tornarmi utile. Perché sceglierti come socio, altrimenti?

–Lo vedi che ci incastriamo alla perfezione, Weil? Allora perché ti ostini a condannarci all'ascetismo stile Jedi?- sospirò teatralmente William, esibendo un'aria mesta da manuale. –Prova a fare una volta la "bestia a due schiene" con me, non te ne pentirai- le propose, ridacchiando della sua reazione indignata. –Uh, la, la! Che faccia! Stai morendo dalla voglia di colpirmi, vero? Te lo leggo negli occhi.

–Vorrei, ma non posso- ammise la ragazza. –Che tu ci creda o no, ho anch'io un codice morale. La violenza è giustificata soltanto se finalizzata a difendere sé o altri.

–Fammi indovinare: un consiglio paterno?

Nein. Uno dei tanti insegnamenti di Hans.

A William tornò in mente come, alla stazione di polizia, Hans Weil avesse atterrato la cugina con una mossa degna delle migliori pellicole wuxia, ed era sul punto di rinfacciarle che quell'energumeno era il primo a disattendere i propri comandamenti, quando gli sovvenne che in quell'occasione era stata Frida ad attaccare per prima. Richiuse la bocca senza un suono, limitandosi a guardarla in cagnesco. Odiava essere nel torto.

–Posso farti una domanda?

–Tecnicamente, l'hai appena fatta- rispose Frida. –Ma te ne concedo un'altra. Spara!

–Kevin mi ha detto che al primo anno hai messo al tappeto quattro ragazzi dell'ultimo. È una balla, vero? Come la voce che ti ha reclutata l'MI-6!

Frida soffiò, le palpebre semichiuse in un'espressione di puro sdegno –Non mi reputi abbastanza in gamba?

William, resosi conto della gaffe, mise le mani avanti, sia figurativamente che letteralmente, ignaro di star precipitando dalla proverbiale padella nella brace.

–Certo che no! So che sei forte; però... ecco... sei comunque una ragazza. E che una tredici o quattordicenne abbia avuto la meglio in un quattro - maschi - contro uno... francamente, mi sembra poco credibile.

La secca replica della Weil lo lasciò basito.

–Tecnicamente, non era quattro contro uno.

–Ah, ecco! Lo sapevo che le tue gesta erano esagerate! Quanti erano in realtà? Uno? Due?

–No, no. Erano quattro di numero- si affrettò a precisare Frida, indignata come se avessero offeso sua madre. –Ma mi hanno attaccata uno alla volta; perciò, a voler essere pignoli, ho combattuto quattro incontri singoli, dai quali sono emersa vincitrice con qualche livido... e due giorni di sospensione- ridacchiò dell'espressione basita di William, e aggiunse –Ora, se hai finito con le domande inutili, passerei alla disamina dei fatti e dei potenziali sospettati con relativi moventi. Mi sono permessa di stilare uno schema dettagliato.

–Ecco cosa stavi scribacchiando a lezione!

–Precisamente. Nella prima colonna ho inserito i nomi dei sospettati, nella seconda eventuali moventi e nella terza gli alibi; in un riquadro a parte ho riportato un sunto degli eventi: Aisling Carter è stata ritrovata morta alle ore otto del mattino del 26 settembre. L'autopsia ha collocato l'epoca del decesso a sette-otto ore prima. Grazie a Lauren abbiamo avuto conferma che la sera prima è andata in Pronto Soccorso...

–La sua amica Nita l'ha portata in Pronto Soccorso- precisò William, fulminato sul posto da un'occhiataccia.

–Questo lo dice lei- rispose Frida, seccata per l'interruzione. –Adesso stiamo ripercorrendo i dati certi in nostro possesso, e le uniche certezze che abbiamo sono desumibili dal referto autoptico e quello di PS.

–Sì, beh, se ci basiamo sui soli fatti, non abbiamo granché su cui lavorare- obiettò William a voce un po' troppo alta, guadagnandosi svariati inviti a tacere.

–Hai ragione- acconsentì infine Frida, sollevata che il loro parlottare non avesse ancora procurato loro un biglietto di sola uscita dalla biblioteca. –Includiamo nell'analisi anche le dichiarazioni che abbiamo racimolato. Il teorema di Belzebù ci permetterà di valutare l'attendibilità della fonte- rimase sorpresa, e altrettanto delusa, nel constatare che il suo socio ignorava di cosa stesse parlando. –Il teorema di Belzebù, Liam! Non posso credere che tu non lo conosca!

–Illuminami.

–Per valutare l'attendibilità di un dato, bisogna sempre accertarsi se la fonte abbia qualcosa da guadagnarci o da perderci. Esempio classico: crederesti a un religioso o a un ateo, se ti dicessero di aver visto Belzebù?

–Consiglierei a entrambi un giretto in psichiatria.

–E' un discorso ipotetico, Liam! Il concetto è: dovresti credere all'ateo, perché ammettere di aver visto un demone andrebbe contro il suo... non credo, diciamo così; avendo da perderci, si può ragionevolmente supporre che, prima di parlare, abbia vagliato ed escluso altre ipotesi.

–Ok. Peccato che nel gran casino che è la morte di Aisling nessuno, a conti fatti, avesse da perderci: Andrew e i vecchi si sono liberati della sua ingombrante presenza, Nita di una pretendente non corrisposta e Alex di una stronza che la manipolava per illudersi di aver coronato il suo sogno d'amore con la sorella di lei. Ergo, tutti possono aver mentito. Prendiamo Nita: mica l'ha detto alla polizia che Andrew era alla villa quella notte! Potrebbe aver mentito sulla sua presenza lì per assicurare a entrambi un alibi, perché lo ama.

–Andrew ha confermato di averla vista, ammettendo di essersi recato lì per eutanasizzare - si dice così? - Aurora. Chi mentirebbe su una cosa del genere?

–Qualcuno molto furbo e senza scrupoli.

–Furbo e senza scrupoli: il ritratto di Andrew Carter!- scherzò Frida. –Senza offesa, eh! Avrà altre doti. Ad ogni modo, è l'unico che mi sento di escludere... al 90%. In tutta sincerità, dal memoriale ho puntato i riflettori sui nonnini; non sono innocenti come vorrebbero apparire. Mr. Conworthy si è comportato in modo molto strano: frugava in camera della defunta nipote e, quando Andrew l'ha beccato, ha provato a giocare la carta della senilità; peccato fosse lampante che la vecchiaia non ha ancora avuto la meglio sul suo cervello. Col senno di poi, mi sono convinta stesse cercando ciò che io ho trovato.

–La USB?

–Esatto. Anche se, per nostra fortuna, credo non sapesse bene cosa cercare: mia onesta opinione, pensava si trattasse di un oggetto analogico. Resta da scoprire se vuole coprire le sue tracce o quelle della moglie.

–Si accettano scommesse!- ironizzò William in un maldestro tentativo di stemperare la tensione; gli bastava lo stufato a pesargli sullo stomaco. –Uh, c'è qualcosa che vibra, qui. Weil birichina!

–E' il cellulare, Dummkopf!- sibilò lei, avvampando, prima di correre fuori dalla biblioteca.

Al suo ritorno era ancora rossa in viso, ma non per l'imbarazzo: ardeva di eccitazione. Sentendosi particolarmente ispirato, William estrasse dalla borsa l'album da disegno e modificò l'ultimo ritratto della Weil in versione guerriera fantasy, aggiungendo fiamme stilizzate nelle iridi e un paio di nere ali da drago.

Toll!- commentò Frida, materializzatasi al suo fianco, facendolo sobbalzare. –Du hast wirklich Talent!

–Se non sbaglio, dicesti lo stesso quando ci parlammo per la prima volta. Traduzione?

–Il disegno è figo e tu hai del vero talento.

Vielen Dank- la ringraziò William, che a furia di frequentarla aveva appreso qualche parola in tedesco. –Stavolta, però, lo tengo io- ignorò il broncio di lei e chiese –Allora, quale dei tuoi ammiratori ha osato disturbarti?

–Hans- rispose Frida. –Prima che spari einen Schwachsinn11 delle tue: siamo ancora cugini. Se non hai altro da obiettare, ti annuncio una notizia che definire bomba è poco: poco prima di trapassare, Isobel Conworthy ha telefonato al nipote e... rullo di tamburi... gli ha rivelato che Aisling non si è suicidata!

–Vuoi dire che...

–Per tutto questo tempo io ho avuto ragione e la polizia torto. Beccatevi questo, Mutti und Tante!

Presi da incauto entusiasmo, i due eruppero in manifestazioni di giubilo eccessivamente rumorose, suscitando l'ira funesta dell'implacabile bibliotecaria, che li afferrò per il bavero della giacca e li trascinò fuori al grido di –Sparite, disturbatori!

–Ehi! Non si trattano così gli studenti!- le ringhiò dietro Frida, oltraggiata per l'assoluta mancanza di riguardo; nessuno, prima d'ora, le aveva sbattuto una porta in faccia. –Nur zur Info12, Fräulein Rottermeier: saremmo andati via tra poco. Abbiamo del lavoro da fare.

 

Note dell'autrice

La risoluzione del mistero si fa sempre più vicina; in teoria si sarebbero dovuti scoprire il colpevole e il movente in questo capitolo, ma come al solito mi sono lasciata prendere la mano e ho assecondato i miei personaggi. Quando mi sono accorta di essere arrivata a venticinque pagine, ho deciso di mettere il punto e tranciare di netto il capitolo, spostando nel prossimo la "missione sotto copertura" di Kevin e le conseguenze del tradimento di Ernst.

Spero di non avervi annoiato, ma nel dubbiodi riuscire o meno a scrivere l'extra sull'infanzia di Frida, ho pensato di inserire qualche flashback qua e là, in modo da chiarire quanto siano legati lei e Hans.

Info tecnica: i film wuxia sono, banalmente, i film di arti marziali.

1Tua zia è troppo tenera. Datti da fare, smidollato!

2Che bella sorpresa!

3Quando tu sorridi, io sorrido.

4Andiamo, zia!

5Seriamente, zia

6Ben detto, zia

7–Come mai quella faccia lunga, cuginetta?

Non posso essere triste?

Sei troppo giovane per essere triste.

C'è un'età giusta per essere tristi?

Beh, i bambini di solito sono allegri e spensierati. Ma, soprattutto... detesto vederti triste. Non dirlo a nessuno: sei la persona che preferisco al mondo.

E tu la mia.

Bugiarda. Persino i muri sanno che hai un debole per Aidan!

E' diverso! Voglio bene a entrambi, ma in modo diverso. Tu sei mio cugino, lui no.

Allora, se davvero sono la tua persona preferita, devi dirmi cosa c'è che non va. Subito!

Ti sei mai sentito impotente? Io ogni volta che dei bastardi prendono di mira il mio amico Nate. Vorrei dare loro una lezione, ma non ci riesco. E adesso Nate parla di cambiare scuola. Non sopporto di perdere il mio migliore amico per colpa di quei deficienti.

Vuoi che dia loro una lezione?

Grazie, ma no grazie. Questa è la mia battaglia. Tu, però, potresti darmi le armi per combatterla.

Per esempio?

Non sono abbastanza forte per affrontarli. Ti supplico: allenami! Con il tuo aiuto non sarò mai più inerme.

8Dannato figlio di puttana!

9Al diavolo le conseguenze!

10La forza bruta rende liberi.

11Cazzata

12Per la cronaca

 





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