L'accidentale rivolta a Perugia del signor Mario

di Cladzky
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Il signor Mario era un uomo particolarmente tranquillo, per questo si trovava nel mezzo di una manifestazione in piazza. In realtà lui era sceso solo  per la pescheria all’angolo di suo cugino Francesco per comprare dei tonni, tanto freschi che se gli mettevi l’amo davanti quelli abboccavano ancora. Siccome abitavano a Perugia, dove il mare lo si era visto l’ultima volta nel triassico inferiore, il cugino era detto “Ciccio l’onesto”. Il signor Mario decise di verificare questa affermazione sospetta e scoprì che Ciccio gli aveva mentito: infatti, quando gli dondolò un amo davanti, il tonno scelse invece di mozzargli la punta del dito con un mozzico. Ridiede indietro il tonno difettoso in cambio di un altro ancora più fresco che infatti gli prese tutta la falange. Al terzo tentativo optò per un esemplare meno mordace prima di dover abbandonare la sua passione per il mandolino elettrico e per di più se ne aggiudicò uno grosso pressapoco due Andreotti e mezzo e con la stessa espressione. Concluso questo affare prodigioso si allontanò dalla pescheria con un tonno in più e una ridotta sensibilità alla mano sinistra. Per questa sua grande sagacia era chiamato da tutto il resto dell’Umbria “la persona più intelligente di Perugia”.

Una volta fuori non vide più una sega, a causa della quantità di fumogeni buttati in strada che pareva un sabato sera a San Siro. Avanzò alla cieca verso il primo gruppo di persone che vide, della gente vestita tutta di nero sventolante bandiere con aquile, lupi e tartarughe, che giudicò essere degli animalisti. Lo fermarono e gli chiesero:

“E tu con chi stai?”

“Al momento celibe.”

“Sei una zecca rossa?”

“Sarai bello tu.”

Gli altri si fecero ancora più scuri di quanto non fossero.

“Che prendi in giro?”

“Il gran pesce di mio cugino.”

Presto si trovò con un gruppo di ragazzi che lo inseguì per tutta piazza Duomo prendendolo a martellate coi loro cartelloni di aquile, lupi e tartarughe. Mario si diede dello sciocco. Ovviamente quegli animalisti si erano offesi a sapere che mangiava per cena. Per fortuna, in mezzo al fumo, vide il contorno di un reparto mobile schierato con gli scudi e chiese loro aiuto.

“Indietro, indietro!” Rispose il capo unità col megafono.

“Indietro dove?” Si chiese Mario col gruppo di pazzi alle calcagna.

La formazione avanzò e disperse a suon manganellate la manica di scalmanati e, siccome erano Guardie di Finanza, già che c’erano gli fecero la verifica fiscale. Mario, che in mezzo la calca si era nascosto sotto il suo tonno gigantesco, spuntò fuori a carica finita incolume e chiese spiegazioni agli agenti, che gli dissero di essere finito in mezzo a una manifestazione di fascisti che avrebbe fatto meglio a non provocare. Mario ringraziò e si allontanò verso casa sua. Lungo il tragitto incrociò un altro gruppo di ragazzi, anche loro con cartelloni pieni di animali vari, che lo fermarono per interrogarlo.

“E tu con chi stai?”

“Non sono del vostro gruppo. Io intendo solo andare a casa e mangiarmi questo bel tonno. Volete favorire?” Rispose tutto contento esibendo l’animale di cinquanta chili. 

Pure questi, però, presero a inseguirlo per fargli la pelle. Scoprì di essere finito in mezzo agli antagonisti della manifestazione e che quelli erano animalisti sul serio. Durante la fuga in senso inverso si ritrovò di nuovo in piazza a correre verso un altro squadrone antisommossa. Ripeté lo stesso trucco e tutti gli antagonisti furono presi a randellate dai Carabinieri. Visto che si faceva tardi, i militari caricarono tutti sulla camionetta per riprendere il lavoro in caserma. Uscito timidamente da sotto il tonno, ringraziò calorosamente i Carabinieri e chiese loro una buona via per evitare i due schieramenti. Si infilò per un vicolo, cercando di fare la strada lunga ed evitare altri incontri. Purtroppo per lui, si ritrovò davanti l’ennesimo gruppo di gentaglia brandente cartelloni.

“E tu con chi stai?” Gli chiesero.

“Io non sto con nessuno, né fascisti, né antagonisti!" Rispose esasperato il signor Mario e li minacciò “Entrambi, quando mi hanno incontrato, sono finiti male.”

La folla di anarchici lo portò subito in trionfo per piazza Duomo. Erano tanto allegri da non notare un terzo schieramento, stavolta della Celere, contro cui si schiantò con risultati prevedibili. Messi in rotta tutti gli altri, i caschi blu si misero a inseguire chi reputavano il loro capo. Il signor Mario cercò rifugio correndo verso i Carabinieri ancora intenti a raccattare gli antagonisti. Investiti alle spalle dalla carica, i militari presero a difendersi ad armi pari contro la Polizia, scudo contro scudo e accusandosi l’un l’altro di tradimento. La Guardia di Finanza scese loro incontro per dividerli e presto fu assorbita nel tafferuglio di formazioni romane. Dispiaciuto per aver creato un tale disastro, il signor Mario si volse al primo telefono pubblico che trovò, ma si rese conto di non avere in tasca un centesimo. Sfilato il portafogli a uno dei caduti, inserì la monetina richiesta e fece uno squillo alla questura di Perugia. Non ancora abituato alla mancanza di un dito, sbagliò il numero e fece gli auguri per l'onomastico di suo cugino, che era sempre Ciccio e lo salutò dalla vetrina lì a fianco. Digitato poi quello giusto, prese parola col centralino. Purtroppo, siccome tutti i reparti utili erano già impegnati a pugnare in piazza, rimase la Penitenziaria e la Forestale da far scendere in campo, creando un rissone di cinque armate che neanche Bilbo Baggins aveva mai visto.

Alla fine della collettiva tenzone, i vari agenti malmessi riuscirono a chiarirsi e volsero lo sguardo verso il povero signor Mario ancora al telefono a chiedere se la Guardia Costiera non fosse troppo occupata per risalire il Tevere e dare una mano in piazza Duomo. Quello che seguì fu un riassunto delle sventole che i corpi di ordine pubblico si erano distribuiti fra loro poco prima, ma stavolta con un solo bersaglio. Il signor Mario provò a difendersi fendendo il suo tonno eccezionale, che risultò efficace ma non contro un’orda di centocinquanta pubblici ufficiali incazzati che volevano concludere il turno. Terminò la giornata, arrestato contemporaneamente da tutti i corpi di polizia italiani e pure dalla Municipale di Perugia. Fu portato davanti un giudice per direttissima, accusato di aver istigato tutte le sommosse della giornata, più una serie di reati fra i quali scippo, aggressione a pubblico ufficiale, mancanza di porto d’armi per il suo tonno, l’attraversamento fuori dalle strisce pedonali e tentato colpo di stato. Il giudice ebbe pietà di lui, riconoscendo gli accusanti come dei deficienti e aggiornando il caso alla settimana prossima, per non rovinarsi le ferie. 

Prima di sera, si ritrovò in custodia cautelare nella nuova casa circondariale di Perugia che aveva sostituito le “Capanne”. Il direttore fu in dubbio se un elemento tanto pericoloso quanto lui dovesse essere messo nel Braccio Nord o il Braccio Sud del carcere, dunque, dall'alto della sua professionalità, diede a mario una monetina per fare testa o croce.

La moneta finì nell'occhio al direttore e lui nel Braccio Violento della Legge, così chiamato per i suoi riti d’iniziazione. Appena entrato nella nuova area, infatti,  tutti i detenuti si sporsero per prenderlo a coppini dalle celle. Dato che l’architetto soffriva di agoraphobia, aveva avuto la bella idea di fare il corridoio largo appena mezzo metro, così, quelli della fila opposta, lo prendevano a schiaffi in faccia. Arrivato in fondo al corridoio dove stava la sua stanza, lo chiusero dentro e Mario stava lì per lì a contemplare di farla finita facendosi mozzare la testa dal tonno come i suoi simili avevano fatto col suo dito, quando tornò indietro il direttore, con una benda da pirata, per avvisarlo che aveva compagnia. 

Presto buttarono dentro la cella pure suo cugino Ciccio, arrestato per allevamento non autorizzato di tonni norvegesi nel lago Trasimeno e la mutilazione indiretta di svariate persone che avevano tentato di cucinare i vichingheschi pesci.

"Oh cugino" Gli si buttò ai piedi Ciccio "Sapessi che m'hanno fatto!"

"Troppo poco" Replicò Mario prendendolo a pesci in faccia. Ebbe un'idea.

In pochi giorni, per via del potere conferitogli dal suo enorme pesce che a malapena passava per i corridoi, riuscì a farsi rispettare nell'ambiente carcerario, portandoselo ovunque, specie nelle docce. Mario finì per realizzarsi nel Braccio Violento della Legge. Purtroppo una settimana dopo lo rilasciarono  quando la magistratura si rese conto che si trattava di un disguido e lo multarono solo per l'euro che aveva sottratto al manifestante svenuto, restituendo la stessa cifra. Non sapendo bene cosa pensare proseguì la sua vita, ma venendo fermato molto più spesso ai controlli stradali da agenti molto poco amichevoli.





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