LA GUERRA DEI BARBARI

di The Lone Soldier
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Ad Arnobio tremavano i denti; il sangue usciva copioso dalla ferita e ciò lo portava a non vedere nitidamente ciò che aveva attorno ma la scoperta che quel Cavaliere Imperiale era un suo compagno d’armi, quello era riuscito a realizzarlo e non si capacitava. -Non avrei mai voluto ferirti amico mio ma mi hai costretto! – disse Ambrosio. Pugnalò Arnobio al costato e, nel mentre, lo fissava e si sentiva a proprio agio nel farlo. Tirò fuori il coltello e gliene diede un’altra e un’altra ancora. -Faccio solo ciò che è necessario: hai scelto la parte sbagliata della storia da cui stare! – Successivo alla terza pugnalata Ambrosio Anatolio si alzò, rimise il coltello nel fodero e tese l’arco, pronto a scoccare una freccia. Arnobio, con la forza che gli restava si mise in ginocchio respirando affannosamente e il cui corpo era coperto di sangue. Allargò le braccia e chiuse gli occhi, pronto a morire … quando dei corni da battaglia risuonarono ad una certa distanza. Le urla concitate, poi, gli fecero aprire gli occhi. Si girò e vide dei fanti avanzare ma la vista non era delle migliori e non riuscì a capire. Strizzò gli occhi e vide arrivare dei guerrieri eruli e alcuni romani, insieme agli ostrogoti, avanzare con spade sguainate verso gli invasori Unni che, a loro volta, decisero di andare allo scontro frontale. Osservò Ambrosio camminargli a fianco e in quel frangente in Arnobio si palesò l’idea di intervenire e fece cadere il vecchio compagno d’armi che perse l’equilibrio. Vide il coltello alla cintura, posizionato dietro la schiena di Ambrosio e lo prese, conficcandolo nella mano sinistra appoggiata al terreno morbido. Le urla del Cavaliere Imperiale si fecero forti. Arnobio, a quel punto, prese anche due frecce dalla faretra e le conficcò nelle spalle. Ambrosio fu pervaso dal dolore e, a quel punto, non potendosi alzare Arnobio gli si avvicinò all’orecchio destro, per sussurrargli qualcosa. -La storia, ora, è cambiata! Io morirò ma almeno ho permesso ad Odoacre e a Teodorico di potersi alleare contro i tuoi padroni Unni. Che vengano pure! E ricordati due cose: tu verrai con me all’inferno ma io, da lì, tormenterò le loro anime! – Arnobio prese per i capelli Ambrosio e la sbatté diverse volte nel terreno. Il corpo del nemico era immobile e si rese conto di aver posto fine alla sua vita. A quel punto egli si alzò a fatica, con le lacrime agli occhi e una grande spossatezza. Osservò gli Unni fuggire: l’alleanza ostrogoto erula romana aveva vinto e vide avanzare verso di lui, a cavallo, Teodorico e Odoacre, con i suoi capelli lunghi e nero chiaro, il suo abito nero con mantello vecchio e logoro. Nel vederli sorrise e s’accasciò a terra, senza riprendersi. I due condottieri andarono al suo capezzale ma non poterono fare molto. Si guardarono, scambiandosi un cenno di assenso e stringendosi la mano, in segno di alleanza. La guerra contro Attila II era cominciata. Al campo Unno, situato in una località montana dopo le alpi trentine, arrivò la notizia della sconfitta. Fu Gunderigo in persona a portarla al sovrano Attila II che ne stava nella sua tenda privata, ampia cinque metri e in compagnia di concubine. Il Comandante entrò e vide il sovrano completamente nudo, intento a bere vino e a divertirsi con una donna dai capelli neri e formosa. S’inginocchiò e attese che il sovrano terminasse l’atto, consegnando il dispaccio. Attila II si toccò i baffi folti, per poi grattarsi la testa dove i capelli erano assenti e raggiunse Gunderigo. Prese in mano il dispaccio e lesse che Ambrosio Anatolio aveva fallito e la sua sconfitta aveva permesso l’alleanza tra Teodorico e Odoacre. Strinse i denti e sbuffò. -Preparate l’armata. Useremo i vecchi metodi! – disse un arrabbiato Attila II




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