With all my life
Titolo: With all my life
Autore: My Pride
Fandom:
Super Sons
Tipologia: One-shot
[ 2862 parole fiumidiparole ]
Personaggi: Jonathan Samuel
Kent, Talia Al Ghul, Thomas Wayne-Kent, Damian Wayne
Rating: Giallo
Genere: Generale, Azione,
Sentimentale
Avvertimenti: What if?, Slash,
Hurt/Comfort
Writeptember: 2. Non mi aspetto
che tu capisca || 4. X tenta di fare qualcosa di brutto
SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved.
Le
note di Jingle Bells risuonavano a ripetizione negli altoparlanti del
centro commerciale e diffondevano quell’aria natalizia che si respirava
in ogni punto della città di Gotham, dai piccoli magazzini, negozi di
alimentari e ristoranti ai vicoli che circondavano ogni quartiere.
Avevano deciso di passare le vacanze a Gotham –
facendo tremendamente felice Bruce – e di fermarsi quindi a villa Wayne
con enorme piacere di tutta la famiglia lì riunita, invitando persino i
Kent per la sera della vigilia; avevano riso e scherzato, lasciato i
bagagli in una delle stanze degli ospiti e lasciato a Tommy quella che
utilizzava ogni volta che andava da suo nonno e, contro ogni
aspettativa, Jon si era ritrovato a fare quelle ultime compere non solo
in compagnia di suo figlio Tommy… ma persino di Talia in via del tutto
eccezionale. Bruce aveva voluto fare le cose in grande e, spronato
anche da Selina, aveva deciso di invitare Talia per non lasciarla
esclusa da quelle festività in famiglia, per quanto Talia avesse finto
di non esserne interessata e che non fosse sicura di riuscire a
raggiungerli; si era presentata alla villa qualche giorno dopo con gran
gioia di Tommy, che non l’aveva lasciata nemmeno per un momento per
farle domande su domande riguardanti Raja, come fosse il Bialya e che
cosa stesse facendo negli ultimi tempi. Talia lo aveva lasciato fare e
risposto ad ogni domanda con strano entusiasmo, e Damian era stato
abbastanza sicuro di averla vista sorridere anche quando alla
conversazione si erano uniti Johnny e Lian. Quando era stato il momento
di andare a fare compere, Jon si era stupito del fatto che Talia avesse
voluto unirsi a loro ma, con Tommy così felice, non aveva potuto fare a
meno di sentirsi rallegrato a sua volta per la sua presenza.
In realtà era stato abbastanza piacevole vederla
sotto vesti diverse. Nonostante si fosse lamentata di tanto in tanto su
quanto le persone lì presenti fossero accecate dal mero consumismo e
che perdessero di vista il punto focale di una festa di cui avevano
fatto praticamente appropriazione culturale – per certi versi gli era
sembrato di sentire Damian e Jon aveva dovuto trattenersi per non
scoppiare istericamente a ridere –, Talia era stata di buona compagnia
e Jon aveva ammesso a se stesso che, tolta la brama di potere e la
maschera di ex-potente ecoterrorista, l’intelligenza della donna e i
suoi modi erano davvero capaci di catturare l’interlocutore con arguzia
e argomentazioni al di sopra della media. Non si era quindi stupito di
come fosse riuscita a catturare anni addietro l’attenzione di Bruce,
poiché di certo non ammaliava gli uomini solo e unicamente con la sua
bellezza. Lui stesso si era sorpreso di essersi ritrovato ad
intrattenere una conversazione di biologia insieme a lei e anche Tommy
aveva partecipato entusiasta – esclusa la matematica, era sicuramente
una delle sue materie preferite a scuola, e per essere un dodicenne ne
sapeva anche troppo – finché il negozio di giocattoli non aveva
catturato la sua attenzione di ragazzino. E tuttora si trovavano
lì, con Tommy che si mostrava molto interessato al piccolo
chimico e Talia che lo spronava a scegliere ogni cosa.
«Hai intenzione di viziarlo?» domandò Jon con un
pizzico di ironia all’ennesimo gioco che Talia mise sul proprio conto,
ricevendo dalla donna un’occhiata piuttosto scettica.
«Ovviamente.
È mio nipote» affermò come se fosse indignata anche solo a causa della
domanda, ma Jon roteò gli occhi.
«Damian non approverebbe, sai?»
Talia lo osservò con entrambe le sopracciglia
sollevate. «Damian è cresciuto viziato, servito e riverito. Ogni cosa
che desiderava gli era dovuta. Quindi no, Jonathan, non sono d’accordo
sulla tua convinzione che non approverebbe».
«Chiederti di non esagerare sarebbe troppo?»
«Decisamente sì».
Jon sollevò le mani in segno di resa. «Che non si
dica che non ci abbia provato», ironizzò nel lasciarla fare, guardando
a sua volta qualcosa insieme a Tommy nel passargli un braccio intorno
alle spalle quando dei colpi di pistola risuonarono nell’aria e le urla
dei clienti sovrastarono tutto il resto.
Con un orribile déjà-vu nella testa, Jon si mosse
prima ancora che il suo cervello desse segnali ai nervi e afferrò
immediatamente il polso del figlio, forse con un po’ più di forza del
dovuto, e lo trascinò con sé dietro ad uno dei banconi di giocattoli,
con pupazzi e trenini ormai riversatisi sul pavimento; ignorò
l’esclamazione sorpresa del ragazzo e gettò una veloce occhiata oltre
il bordo, imprecando a denti stretti nel vedere che più di una persona
era stata ferita e che una donna anziana, colpita alla gamba da un
proiettile, tentava di strisciare nella loro direzione.
Jon si accovacciò di nuovo e afferrò il figlio per
le spalle, costringendolo a guardarlo negli occhi. Leggeva in essi
paura e sgomento, ma anche una strana determinazione che, in quel
momento, gli ricordò dolorosamente Damian. «Resta qui e non muoverti,
Tommy», ordinò, ma il ragazzo allargò le palpebre.
«Baba mi ha insegnato a combattere, posso--»
«Sono armati, Thomas». Era raro che Jon lo chiamasse
così, il che voleva significare che in quel momento non ammetteva
repliche. «Non rischierò che tu possa farti del male o peggio. Porto
quella signora qui al sicuro, aspettaci».
Tommy provò a guardare oltre il bancone, ma un altro
sparo risuonò in aria e abbassò immediatamente la testa per guardare il
padre con occhi ingigantiti dalla paura. «E jaddah?» domandò
preoccupato, ma Jon gli diede un bacio sul capo.
«Sa cavarsela. Ora sta, buono qui, campione», affermò, sporgendosi un
po’ di lato per poter guardare oltre e individuare la donna ferita e
cercare anche la madre di Damian.
Talia era dall’altro lato del negozio e, tenendo
fede alla sua fama, aveva messo al tappeto un paio di uomini e rotto
loro l’articolazione delle braccia per disarmarli senza nemmeno
pensarci due volte, volteggiando con la stessa leggiadria di un cigno
nonostante i proiettili vaganti; si ergeva fiera tra la folla che
scappava e aiutava chi si attardava, e Jon cercò di non essere da meno,
strisciando silenziosamente verso la donna per portarla al
sicuro. Le accennò di tacere con un dito premuto sulle labbra e cercò
di aiutarla a nascondersi dietro al bancone mentre lei lo ringraziava e
biascicava il suo nome, e Tommy stesso lo aiutò a farle poggiare la
schiena contro di esso e a rassicurarla che sarebbe andato tutto bene,
che sarebbe tornata a casa dai suoi nipotini e che avrebbe portato loro
tanti regali, guardando il padre con occhi preoccupati ma decisi.
Altri spari li costrinsero a stare giù e Jon imprecò
a denti stretti, cercando con lo sguardo un modo per poter volgere la
situazione a loro vantaggio; si gettò verso un carrello dei dolci per
spingerlo contro le gambe di uno degli uomini armati e coglierlo di
sorpresa, fermandolo poco prima che sparasse ad una coppia che si era
rannicchiata in un angolo dell’enorme negozio; seppur senza poteri,
aiutò Talia a sbarazzarsi di gran parte di quegli uomini e ne atterrò
un altro, osservando la pistola che soppesò per un istante con lo
sguardo prima di chinarsi per sfiorarla con due dita.
«Io non lo farei se fossi in te».
Jon si voltò immediatamente verso il bancone dietro
cui aveva lasciato Tommy e quella donna di nome Janet, sgranando gli
occhi nel vedere che uno degli uomini che lui e Talia avevano creduto
fosse fuggito con la refurtiva, aveva stretto un braccio intorno al
collo di Tommy e gli aveva puntato una pistola alla tempia, tenendolo
stretto contro di sé. Seppur cercando di mantenere la calma, Tommy
respirava pesantemente dal naso e tentava di farsi lasciare affondando
le unghie nella carne del braccio dell’uomo, e Jon per un istante ebbe
paura che avrebbe potuto avere un attacco.
«È solo un ragazzo», cominciò nel sollevare le mani
davanti a sé, così da far capire all’uomo che si “arrendeva”. «Lascialo
stare».
«Invece credo proprio che lo userò come
lasciapassare per sfuggire agli sbirri».
Fu vergognoso ammetterlo, ma Jon rimpianse di non
avere più la vista calorifica per sciogliere quella fottuta pistola.
«Prendi me», propose e, per quanto Tommy stesse tremando da capo a
piedi, si irrigidì del tutto a quelle parole.
«Papà, no!»
«Va tutto bene, Tommy. Tranquillo».
«Non devi farlo! Non--»
«Sta’ zitto, ragazzino!» L’uomo si spazientì e lo
colpì alla tempia col calcio della pistola, stordendolo per un istante;
Jon fece subito un passo avanti, rabbioso, ma l’uomo spostò la
traiettoria e puntò la canna verso di lui, gli occhi assottigliati al
di sotto del passamontagna. «Prova a muovere un muscolo e faccio
saltare le cervella ad entrambi».
Furioso, Jon fu costretto ad abbandonare le braccia
lungo i fianchi e immobilizzarsi, lo sguardo fisso verso il volto
spaventato di suo figlio. Il calcio della pistola gli aveva provocato
un taglio sulla fronte e il sangue aveva cominciato a scivolare
copiosamente, e riusciva a vedere distintamente il modo in cui tentava
di non cedere e di non svenire; il fatto che Tommy fosse diabetico non
aiutava, e Jon in quel momento si sentiva assolutamente impotente. Se
non ci fosse stata in gioco la vita di Tommy avrebbe provato a schivare
e ad atterrare l’uomo… ma temeva una sua reazione e non voleva
rischiare che, in un moto di rabbia, potesse sparare a Tommy.
Il lampo verde che vide fu la sua occasione. Con le
spalle rigide e i pugni chiusi, Jon trattenne il respiro nel vedere il
profilo di Talia sbucare dietro uno degli scaffali, gli occhi verdi che
sembravano comunicargli le sue intenzioni e i movimenti silenziosi con
cui si avvicinò di soppiatto alla schiena dell’uomo, ma un grido mise
tutti in allerta e, nel trasalire, l’uomo si accorse dell’attacco e si
voltò per sparare in direzione di Talia, ferendola alla spalla;
approfittando del fatto che l’uomo avesse allentato la presa, Tommy lo
colpì allo stomaco con una gomitata e cadde a terra quando tentò di
divincolarsi, e Jon si mosse così in fretta che, per un lungo istante,
nemmeno si rese conto di essersi mosso e di aver disarmato l’uomo.
Quello che accadde dopo fu confuso persino per lui.
Cercando di liberarsi e di recuperare la pistola, l’uomo lo colpì al
viso con un pugno e Jon, in un gesto automatico, avvolse un braccio
intorno al suo collo e gonfiò il muscolo, stringendo e stringendo fino
a mozzargli il respiro; ebbe come la sensazione che quelle dita
affondassero nella carne, che le unghie cercassero di strappare e
artigliare la stoffa della sua giacca e che l’uomo tentasse di
biascicare qualcosa mentre la presa su quel collo si faceva sempre più
salda, e per un istante, un lungo terribile istante, con lo sguardo
spaventato di suo figlio davanti agli occhi e il terrore di perderlo,
Jon desiderò di spezzare il collo di quell’uomo.
«Papà!»
Jon risalì a fatica da quel pantano di rabbia e
vendetta in cui era sprofondato, annaspando alla ricerca d’aria come se
quello ad essere soffocato fosse stato lui; sgranando gli occhi, si
rese conto di ciò che stava facendo e allentò la presa finché
quell’uomo non si accasciò ai suoi piedi con le mani premute sul collo
e il respiro infranto, sibilando ad ogni boccata che riusciva a
prendere. Jon si guardò le mani tremanti e fissò di nuovo l’uomo,
barcollando un po’ all’indietro fino a sbattere con la schiena contro
il bancone e abbassare lo sguardo su Janet, svenuta al suo fianco.
Aveva quasi rischiato di uccidere quell’uomo. Aveva desiderato farlo,
ed era terrorizzato al pensiero che se non fosse stato per Tommy,
allora lui… i suoi pensieri furono interrotti proprio dal figlio che,
spaventato, gli gettò le braccia intorno al busto e lo strinse a sé,
abbracciando anche sua nonna Talia e chiedendole come si sentisse
quando quest’ultima, con una mano premuta sulla spalla, si avvicinò a
loro per accertarsi che fosse tutto a posto.
I poliziotti e i paramedici arrivarono solo quando
erano rimasti ormai solo cocci da raccogliere. Le persone che non ce
l’avevano fatta erano state portate via e quelli feriti assistiti il
più possibile prima del trasporto in ospedale, persino Tommy si era
beccato qualche punto e un controllo della sua glicemia per assicurarsi
che tutto lo stress accumulato non avesse alterato troppo i valori, e
Jon era rimasto tutto il tempo al suo fianco, rassicurando i familiari
che avevano saputo dai telegiornali dell’attacco al centro commerciale;
aveva dovuto mettere Damian in vivavoce e farlo parlare col figlio per
farvi capire che tutto sommato stava bene – anche se tremava ancora per
lo spavento e la coperta termica che gli avevano messo sulle spalle
sembrava servire a poco o niente – e che presto li avrebbero rispediti
a casa, ma non c’era stato verso di riuscire a curare la ferita di
Talia. Non aveva voluto farsi toccare e aveva affermato che ci
avrebbero pensato i suoi medici personali ad occuparsi di lei, e,
nonostante le insistenze, nessuno era riuscito a convincerla a farsi
prestare le dovute cure.
Quella stessa sera, ormai di ritorno al maniero e
con le braccia incrociate al petto, Jon non aveva fatto altro che
fissare il modo in cui, in piedi davanti all’albero di Natale, Damian
teneva stretto Tommy contro di sé come se non volesse lasciarlo andare,
sussurrando spasmodicamente qualche parola mentre gli faceva scorrere
le dita fra i capelli. Avevano parlato, pianto e si erano abbracciati
tutti insieme, Talia aveva pensato alla sua ferita e si era stranamente
unita a quel quadretto di famiglia, e si erano presi ore per cancellare
l’orrore che avevano vissuto e il trauma affrontato. Quell’ordinaria
amministrazione era uno dei motivi per cui lui e Damian preferivano non
passare troppo tempo a Gotham. Sapevano com’era la città, come i mesi
festivi risvegliassero lo spirito sopito dei criminali e come ogni cosa
rappresentasse un pericolo e, seppur consci di non poter proteggere
Tommy da tutto, potevano almeno tentare di tenerlo il più possibile
lontano da Gotham e dalla sua follia. Era terribile da pensare, ma ne
avevano già passate troppe nel corso di quei lunghi anni.
«Avresti dovuto finirlo. Lo meritava».
Talia comparve dietro di lui come un’ombra, un
fantasma dalle splendide fattezze avvolto in una vestaglia verde e oro;
si fermò in punta di piedi accanto a lui, poggiata contro l’altro lato
della porta, e fissò a sua volta Damian e Thomas, gli occhi verdi
vibranti di qualcosa a cui Jon faticava a dare un nome. Ma sospirò,
inspirando rumorosamente dal naso prima di scuotere la testa.
«Non mentirò dicendo di non averci pensato»,
rimbeccò, volendo essere sincero in onore del fatto che, in quegli
ultimi anni, avessero stipulato una sorta di tregua anche per il bene
di Damian.
«Allora perché non lo hai ucciso?»
Jon tacque per un lungo istante, consapevole che
ogni risposta data sarebbe stata comunque troppo complicata persino per
lui. Aveva avuto per tutto il tempo l’immagine di Tommy con una pistola
puntata alla tempia e la sua testa aveva avuto un unico pensiero,
quello di proteggere suo figlio… ma era stata proprio la voce
terrorizzata di suo figlio a fermarlo. «Non potevo, non davanti a
Tommy. Io… non me lo sarei mai perdonato».
«Sei incomprensibile, Jonathan Samuel».
«Non mi aspetto che tu mi capisca». Jon si umettò le
labbra. «Ma ti ringrazio per aver cercato di aiutarmi. Mi spiace che tu
sia rimasta ferita», aggiunse nel guardare di sottecchi la spalla, ma
Talia, con uno schiocco di lingua così tipico di Damian, fece un rapido
gesto con la mano destra.
«È solo un colpo di striscio», affermò schietta,
come se la cosa non le pesasse affatto, e lanciò un’ultima rapida
occhiata verso i volti di Damian e Thomas illuminati dalle luci
dell’albero. «Ciò che conta è che mio nipote sia vivo e che mio figlio
non stia soffrendo la sua perdita», sussurrò e, sotto lo sguardo
incredulo di Jon, Talia gli afferrò il viso per poggiare un bacio su
entrambe le sue guance, sollevandosi sulle punte dei piedi nel poggiare
la fronte contro la sua. «E che non lo stia facendo neanche tu.
Prenditi sempre cura di loro, Jonathan Samuel».
Jon la guardò negli occhi e lesse in essi una strana
gentilezza e benevolenza che non si sarebbe mai aspettato, allargando
un po’ le palpebre mentre continuavano a fissarsi. Talia era in parte
cambiata nel corso del tempo, ma Jon non si sarebbe mai aspettato gesti
simili da parte sua. «Con la mia stessa vita, Talia»,sussurrò solo, e
dirlo gli parve giusto, il pezzo perduto di puzzle messo ormai al
proprio posto, poiché Talia, con una grazia che Jon non aveva mai
visto… sorrise. Un sorriso sincero, luminoso, che lasciò Jon senza
fiato anche quando la donna alla fine se ne andò. E si riscosse solo
quando furono Damian e Tommy a richiamarlo, raggiungendoli nel salone
per stringerli forte contro di sé.
Se c’era una cosa di cui era grato quel giorno, era
il poter tenere ancora gli uomini della propria vita stretti fra le
proprie braccia.
_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per il
diciannovesimo giorno del #writeptember sul
gruppo facebook Hurt/comfort
Italia
Non esattamente
la shot natalizia che volevo postare oggi (eh, purtroppo quella
natalizia non è ancora uscita nel Calendario dell'Avvento, quindi non
posso ancora farla spuntare fuori), ma comunque una shot in cui si
respira un'atmosfera natalizia almeno finché la scena non si trasforma
in Die Hard (che, qui lo dico e qui lo ripeto, è un perfetto film
natalizio! Non voglio sentire ragioni!)
Abbiamo Jon che fa uscire tutta la sua furia paterna e che per
proteggere Tommy per poco non ha ucciso, ma in quel momento ha pensato
solo a suo figlio, a quant'era successo alla fiera anni addietro e alla
pistola e... niente, lui e Talia ne hanno date di santa ragione a quei
poveri menteccati. E questo ha fatto anche sì che Talia si avvicinasse
un po' di più a Jon e capisse anche le sue motivazioni
Commenti
e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥
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