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I
Il vento freddo
di fine novembre batteva sui vetri, soffiando in sibili tra le fronde degli
alberi e rendendo tetra e misteriosa la notte. Una pallida mezza luna illuminava
il cielo stellato velata appena da qualche nube passeggera, che sospinta dal
vento si dirigeva verso il nord, abbandonando Londra. Shannen Bloom
raggomitolata nel suo letto, a orecchie tese ascoltava i sospiri del vento, era
quasi mezzanotte, la stanchezza la faceva sbadigliare frequentemente ma lei non
riusciva a dormire. Da soli due mesi si era trasferita nella casa degli zii e
non si era ancora abituata alla nuova vita. La zia del padre con cui aveva
vissuto fino a prima a Los Angeles aveva perso il lavoro e non era più riuscita
a prendersi cura di lei, dopo averlo fatto per quindici anni. E così era stata
mandata a malincuore in Inghilterra dai parenti della madre, il fratello con
precisione, che non aveva mai conosciuta in vita sua. Ne aveva visto qualche
foto da bambina, sua madre gliele aveva mostrate. Ma ora sia lei che suo padre
non c’erano più, partiti per un viaggio quando lei aveva solo tre anni, dopo
mesi di ricerche furono trovati morti. Ora Shannen non si sentiva più tanto
sola, aveva trovato una famiglia sostituta in casa degli zii. Ma in passato
aveva sofferto anche troppo…
Paul Jonson,
suo zio, le ricordava molto sua madre, anche se lei nella mente ne aveva un
ricordo sfocato. Ma da vecchie foto ne riusciva a intravedere lo stesso taglio
d’occhi, simile anche al suo, lungo e orientale. Ma per il resto tutta la
famiglia Jonson aveva poco di simile a lei, che aveva ereditato i geni del
padre. I suoi lunghi capelli erano neri e lisci, gli occhi chiari tra il celeste
e il verde e la carnagione chiara e luminosa. Invece i Jonson, compresi i due
figli Katie e Sean, andavano fieri della loro carnagione scura e degli occhi
nocciola. Paul Jonson aveva capelli biondo cenere in cui brillavano pennellate
di argento dovute all’età, invece la moglie Mary era castana. La famiglia aveva
accolto subito in casa loro Shannen e Paul era stato felice di poter vedere
finalmente la figlia della sua adorata sorellina ormai morta.
Shannen guardò
assonnata l’orologio che aveva sul comodino, era mezzanotte precisa e le era
sembrato di sentire un rumore provenire dalla finestra. Si rigirò nel letto poco
convinta dando così le spalle alla finestra e fissando il muro di fronte a lei.
Chiuse gli occhi e strinse il medaglione che aveva al collo, unico ricordo di
sua madre. TOC. Ed eccolo di nuovo il rumore, ora l’aveva sentito sul
serio, il cuore le batteva all’impazzata. Tremante accese la lampada sul
comodino e si alzò diretta alla finestra. Scostò appena le tende, fuori era buio
pesto, la luna era stata velata del tutto da un grosso nuvolone. Aprì di più le
tende, girò la maniglia per guardare fuori, quando una forte folata di vento la
invase in pieno viso, spalancando le ante di vetro che sbatterono fragorosamente
contro il muro, depositando sul pavimento foglie e cartacce. Shannen arretrò di
qualche passo coprendosi gli occhi per la luce accecante che proveniva da fuori,
attraverso le ciglia le parve di vedere una sagoma nera. Aprì la bocca per
urlare, ma una mano gliela tappò bloccandola in una stretta che non le
permetteva alcun movimento. Shannen era in preda al panico, si agitò
contorcendosi cercando di divincolarsi dall’aggressore, la luce continuava ad
accecarla, il batticuore e la mano stretta sulla bocca le impedivano di
respirare. Le sembrò di morire soffocata.
“Se ti agiti è
peggio, sta calma non voglio farti del male” sussurrò piano una voce al suo
orecchio, e lei ne poté sentire l’alito caldo sulla nuca. Così pian piano si
calmò sentendo la stretta allentarsi, anche la luce diminuì il suo bagliore
accecante che illuminava l’intera stanza, e Shannen poté finalmente aprire gli
occhi. Si voltò di scatto e dietro di lei si trovò un ragazzo vestito d’argento
che la fissava serio. Shannen sentiva i suoi occhi percorrerla da capo a piedi e
rimase pietrificata.
“Sei Shannen
vero?” domandò il ragazzo sempre serio.
“Tu chi sei?”
disse Shannen fissandolo di sbieco, lui rimanendo calmo rispose “Non ho tempo
per le domande inutili.. sei o non sei Shannen?”
Lei intimorita
fece un passo indietro ma continuò a non rispondere, guardandolo fisso in volto,
aveva dei profondi occhi grigi, gelidi. Rimasero in silenzio qualche minuto
continuando a scrutarsi battaglieri, lei fissava il suo strano abbigliamento,
lui le fissava… Shannen si domandò cosa diavolo le stesse guardando fisso in
petto. Subito ebbe la risposta poiché il ragazzo con un balzo le si avvicinò
infilandole una mano nello scollo della camicia da notte ed estraendone il
medaglione. Shannen si divincolò e ritrasse il ciondolo dalle sue mani.
“Se non vuoi
rispondermi non importa, ora lo so che sei tu!” sorride beffardamente lui e
Shannen aggrottò la fronte sempre più confusa e impaurita.
“Bene” proruppe
lui “Ora vieni con me!”
Shannen
indietreggiò urlando di lasciarla stare, urlò più che poteva sperando di
svegliare qualcuno della casa, ma sembrava che nessuno sentisse le sue urla
tranne lei. Alla fine si ritrovò con le spalle al muro: la finestra dietro di
lei e lo sconosciuto davanti. Questi le afferrò un braccio, la tirò verso di se
e stringendola per la vita esclamò “Si parte!”. La luce accecante invase di
nuovo la stanza e mentre Shannen urlava disperata lui come con un balzo la
trascinò nel bagliore. Le sembrò di vorticare tra mille venti contrari e sebbene
cercasse di aprire gli occhi, la forte luce le impediva di veder qualcosa.
Sempre imprigionata nella stretta del ragazzo, si lasciò trasportare da quelle
onde di energia, sentiva attorno a lei vibrare l’aria. Passarono minuti
indecifrabili, dieci o forse meno, quando si risvegliò come da un lungo torpore,
era tutta frastornata. La prima cosa che vide fu il cielo, di un intenso
turchese senza nuvole. L’aria era frizzante e docili cinguettii la rallegravano,
cercò di rialzarsi puntando le dita sotto di se e così sentì il fresco contatto
con l’erba umida. In piedi cercò di non vacillare, le girava un po’ la testa, e
si guardò intorno in cerca del ragazzo. Lo vide seduto qualche metrò più in là
sotto un albero, guardava un foglio forse una mappa. Shannen senza pensarci,
d’istinto, si voltò dall’altra parte e incominciò a camminare a passo svelto,
voleva scappare via.
“Dove credi di
andare?” le urlò dietro il ragazzo “Non sai dove siamo, ti perderesti e dovrei
rimettere tempo prezioso a cercarti” aggiunse con tono aspro. Shannen si fermò e
sbuffò, guardò dinanzi a se e c’erano solo alberi e alberi, forse il ragazzo
aveva ragione e così a testa bassa e con la coda tra le gambe tornò indietro
verso di lui. Quando gli fu vicino lui la fissò sorridente.
“Ti gira la
testa vero?” le domandò e lei annuì debolmente.
“Capita le
prime volte…”
“Prime volte di
cosa?” chiese lei stizzosa accasciandosi sull’erba alla sua sinistra, era così
stanca che le gambe le tremavano.
“Orbitare! Non
sei abituata, sei un’umana” rispose lui continuando a fissare la cartina e
usando strane parole come se fosse la cosa più normale del mondo. Shannen
deglutì a fatica sbattendo le palpebre più volte, non capiva o forse capiva, ma
era tutto troppo assurdo.
“Basta ora mi
sono davvero stancata! Dimmi chi sei, dove sono e cosa vuoi da me?!” esclamò in
una raffica di parole diventando rossa sulle guance, sembrava davvero furiosa.
Lui invece sembrava divertito, i suoi occhi ridevano sebbene la bocca rimanesse
in espressione seria. Le disse di calmarsi e aggiunse:
“Io sono Alex e
mi hanno inviato sulla Terra per prenderti e portarti qui a Kendar, una
dimensione parallela alla vostra ma… molto diversa!”
“Si come no!
Non dire idiozie!” rise senza allegria, ma poi vedendo il volto di Alex rimanere
serio e impassibile smise “Ma davvero? Non stai scherzando…” disse guardandolo
ad occhi sgranati e lui annuì deciso, Shannen si portò le mani alla bocca.
“Per favore
ditemi che sto impazzendo, che tutto questo è solo frutto della mia
immaginazione!! Ma che centro io?”
“Presto lo
scoprirai, io ho l’ordine di non rivelarti niente.”
Shannen sospirò
disperata rannicchiandosi su di se e poggiando la fronte sulle ginocchia, le
lacrime cominciarono a bruciarle agli angoli degli occhi, tutte quelle emozioni
e la sensazione ormai che tutto era vero le ribollivano dentro, aveva voglia di
urlare e mandare tutto al diavolo. Ma lì in quell’assurda situazione e con
quello sconosciuto al suo fianco, non voleva dimostrare le sua debolezza voleva
sembrare forte e pronta a tutto. Cercò di inghiottire le lacrime ma le uscì un
flebile singhiozzo dalle labbra e visto che lui non poteva vederla in volto,
poiché era nascosto tra le braccia, cominciò a piangere piano e sommessamente.
Forse presto si sarebbe svegliata da quel brutto sogno e avrebbe riso di tutto,
pensò.
“Non è un
sogno… mi dispiace” sussurrò lui, lei rizzò il capo sorpresa e lo guardò ad
occhi spalancati. “Come sai che io… cioè tu.. Io lo stavo pensando!” balbettò
confusa asciugandosi le lacrime, gli occhi di lui risero di nuovo di lei.
“Se voglio
posso riuscirci”
“Ma leggi nel
pensiero?”
“Si posso
leggere la mente, ho dei poteri, cioè qualche potere.. sono solo un cavaliere di
II ordine non sono poi così formidabile!” scoppiò a ridere Alex “Poi capirai
meglio e.. anche tu saprai fare qualcosa di simile.. anzi.. di molto meglio!”
terminò la frase ridiventando serio.
“Io?? Wow!”
esclamò esterrefatta Shannen, la situazione sembrava cominciare a piacerle.
“Ora dobbiamo
andare però” disse lui alzandosi in piedi di scatto.
“Dove?”
“Devo portarti
al Castello è lì che ti aspettano. Purtroppo per la nostra sicurezza non posso
orbitare e ci tocca andare a piedi” spiegò lui indicando un sentiero che si
tuffava nel folto bosco alla loro destra. Si incamminarono nel bosco, lui avanti
e lei qualche passo indietro, evidentemente Alex si fidava di Shannen dato che
non riteneva necessario tenerla d’occhio, o forse sapeva che lei non si sarebbe
allontanata poiché non era pericoloso star con lui ma stare lontano da lui.
Appena entrarono nella folta boscaglia Shannen rabbrividì per il freddo, lì il
sole a stento filtrava tra i fitti rami degli alberi ed inoltre il terreno umido
sembrava ghiaccio sotto i suoi piedi nudi. Camminando lei lo osservava, si
accorse che alla vita aveva appeso tre o quattro sacchetti e la guaina di una
spada, sulla corazza dietro le spalle era disegnato uno stemma, una stella
circoscritta e vari piccoli simboli al suo interno. Fissò i suoi capelli neri e
lucenti come il velluto dalle striature blu, ripensò al suo sguardo alle volte
così gelido e scostante e così diverso dalla sua inaspettata gentilezza. Si
chiese quanti altri segreti le nascondesse e quante altre cose avrebbe presto
scoperto. Per un attimo trattenne il respiro domandandosi se lui le stesse
ascoltando i pensieri, spaventata incominciò a canticchiare nella mente una
canzone sperando di confonderlo. Camminarono per circa un’ora, quasi sempre in
silenzio, Alex sembrava un tipo abbastanza schivo, poi ad un tratto lui si fermò
e si avvicinò ad un rigoglioso cespuglio.
“Se hai fame
mangia queste, non so se troveremo altro” disse inginocchiandosi e raccogliendo
dei frutti vermigli simili a more. Shannen ne assaggiò uno era aspro e dolce
insieme, succoso. Ne mangiarono a sazietà cercando di non incrociare i loro
sguardi, c’era una strana aria di tensione. Un fruscio alle spalle la fece
sobbalzare e guardò impaurita Alex, anche lui aveva sentito e alzandosi in piedi
si preparò a sguainare la spada. Il fruscio si spostò verso destra e il cuore di
Shannen ebbe un sussulto.
“Non
preoccuparti” bisbigliò lui e Shannen si nascose alle sue spalle, aspettarono
qualche minuto fermi così, immobili senza che accadesse più nulla. Alex
riabbassò le braccia e si voltò verso lei.
“Forse era
qualche animale, comunque stiamo allerta” disse serio con sguardo penetrante,
lei annuì.
Camminarono
fino a quando il sole tramontò e il cielo si tinse di blu scuro puntellato di
stelle luminose. Alex decise di fermarsi per la notte, raccolse qualche ramo
secco e foglie e li riunì tutti in un cerchio di pietre. Poi schioccò le dita
dalle quali ne uscì una fiammella e accese il piccolo falò. Shannen lo guardò
esterrefatta e lui sorrise divertito. Si sederono vicini accanto al fuoco, lei
tremava per il freddo, era scalza e in camicia da notte, psicologicamente
turbata e sconvolta. Alex allora aprì uno dei sacchetti che aveva in vita e dal
quale ne uscì, in uno sfavillante luccichio celeste, un lungo mantello nero.
Glielo porse gentilmente coprendole le spalle e lei sorrise imbarazzata,
pensando che dietro quegli occhi di ghiaccio si nascondeva un animo gentile.
“Sono crudele
solo con chi mi fa arrabbiare!” ammiccò lui e sorrise, Shannen invece sbuffò
inviperita dal fatto che lui ascoltasse i suoi pensieri. Non era più libera
nemmeno nella sua mente e avrebbe dovuto fare attenzione a ciò che le passava
per il cervello, nel caso fosse stato qualcosa di intimo e segreto.
“Mi dispiace…”
sussurrò lui con uno sguardo dolce.
“Di cosa?”
“Di.. entrarti
nella mente, di impicciarmi. Ma.. sono curioso, curioso di sapere cosa pensa
un’umana, una terrestre..” ammise Alex arrossendo leggermente, Shannen sorrise
poi tornando seria gli disse
“Sai.. io non
so perché mi sto fidando di te e perché non stia urlando via spaventata da tutto
questo. E’ tutto assurdo per me, i poteri, la dimensione parallela, e tu.. Cioè
voglio dire, nulla mi assicura che tu non voglia farmi del male! Ma io mi sto
fidando lo stesso di te…”
Alex la guardò
per un attimo negli occhi poi fissò le fiamme del fuoco dinanzi a loro.
“Tu devi
pensare che se ora sei qui è solo per un buon motivo che presto ti verrà
svelato, inoltre se avessi voluto farti del male, l’avrei già fatto senza
nemmeno perdere tempo a portarti qui. Io ho il compito di proteggerti!” disse
fermamente Alex “E poi l’hai detto stesso tu.. dentro sono una persona buona, e
non ti farei mai del male…” aggiunse puntandole addosso i suoi occhi grigi,
Shannen sorrise un po’ imbarazzata e chinò il capo. Alex con le dita sottili le
scostò una ciocca di capelli dal viso, lei sussultò e sentì uno strano fervore
invaderla e il cuore palpitarle velocemente. Percepiva un’energia, una forza che
l’attraeva, la spingeva verso il ragazzo. Erano come scariche elettriche che
passavano da quegli occhi glaciali ai suoi e le invadevano poi il corpo, il
sangue, la mente. Alex provò quella stessa energia e si abbandonò ad essa anche
se non riusciva a capire cosa stesse accadendo, quell’energia gli sembrava la
stessa che sentiva quando usava la magia. Chiuse gli occhi e la sua mano si
mosse da sola ad accarezzare i lunghi capelli neri di Shannen, lei sospirò e si
sporse verso di lui socchiudendo le palpebre.
Ma qualcosa la
tirò indietro, si ritrovò distesa sulla schiena con le braccia immobilizzate.
Scalciò a più non posso urlando ma solo dopo qualche secondo si accorse
dell’essere che la teneva bloccata con le sue lunghe braccia squamose e di un
cupo colore blu. Provò a guardargli il viso, ma era completamente ombrato dal
cappuccio scuro del mantello che lo copriva. Shannen allungò lo sguardo verso
Alex, era in piedi a pochi centimetri dal fuoco e aveva una lama puntata alla
gola. Gridò il suo nome, lui si voltò appena a guardarla, era serio e i suoi
occhi grigi sembravano due iceberg. Aveva una spada puntata contro pronto a
colpirlo al minimo passo falso, lo sconosciuto che la impugnava era nascosto dal
mantello, ma il simbolo che portava ricamato sulla spalla Alex lo sapeva bene a
chi apparteneva. Alex lo sapeva cosa volevano quei due mostri, volevano lei.
Erano riusciti a trovarli nonostante non avesse orbitato proprio per non farsi
intercettare. L’altro mostro dalle squame blu con una corda legò i polsi e le
caviglie di Shannen, anche se non con poca difficoltà visto che lei si agitava
come un’ossessa. Alex rimase immobile, pensava, non sapeva cosa fare, doveva
salvarla a tutti i costi. Si concentrò, strinse i denti e i pugni forte,
accumulò in se le energie del fuoco vicino, della terra sotto i suoi piedi e
dell’aria intorno a lui, chiuse gli occhi e orbitò. Il più veloce che poté,
riapparendo alle spalle del suo nemico con la spada stretta in mano. Il mostro
si voltò infuriato ma Alex prontamente lo trafisse diritto in petto, estraendo
poi la lama grondante di un viscido liquame nero. Il mostro si abbatté a terra
senza vita, Alex trionfante si voltò per riprendersi la ragazza, ma di lei
rimaneva solo il mantello nero.
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