zegea
Tradimenti e cuori
spezzati
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Avevo
diciassette anni quando la
prima vera, cocente delusione fece piangere il mio cuore. Uscivo da una
storia
durata un anno: il primo amore. E con essa le prime volte e i primi
tradimenti…
Non ci misi molto a riprendermi, perché a
quell’età, una volta capito che non
sarebbe durato per sempre, ti rendi conto che hai tutta la vita davanti
e che
il mondo è ancora tutto da vivere.
Ed
è quello che feci. Nuove
amicizie, nuovi luoghi da frequentare, nuove esperienze, nuovi ragazzi.
Zegea
entrò nella mia vita con la forza di un uragano, esattamente
come quello che
era lui: non chiese permesso, non fece promesse, non parlò
mai d’amore ma,
soprattutto, non mi ingannò e non mentì mai. Non
a me.
Quando
arrivai alla compagnia
della casa rossa, tutti conoscevano Zegea: lui era uno di quelli che,
quando
c’era, mobilitava il gruppo. Stimato dai ragazzi e adocchiato
dalle ragazze,
era dotato di un grande carisma e ti convinceva a fare qualsiasi cosa
in nome del
divertimento.
Non
stavamo insieme perché, a
parte il fatto che non me lo aveva mai proposto, io non volevo
un’altra storia
seria, così i nostri incontri erano amichevoli e, a volte,
finivano in contatti
di pelle e labbra umide. Ma, appunto, senza impegno. Perché
io avevo perso la
testa, ma troppo orgogliosa per ammetterlo, feci finta di non volere di
più e
di non avere illusioni. Se non hai aspettative, non puoi avere
delusioni.
Sbagliato.
La
sera che incontrai la
famosissima Cry era un caldo e affollato mercoledì
d’estate, quando il viale
pedonale si riempiva dei ragazzi del quartiere e la gente dei piani
alti si
lamentava del rumore che facevamo sulla strada. La macchina scura che
parcheggiò proprio davanti al dissuasore stradale ci mise
tutti sull’attenti:
difficilmente chi aveva l’auto passava la serata con noi al
muretto, quindi
poteva trattarsi di un’auto civetta.
Invece,
da quell’auto scese lei,
insieme a un altro ragazzo. Qualcuno accanto a me, nominò
sottovoce il suo
nome: Cristina. E io, che non l’avevo mai vista, capii subito
chi fosse: la ex
di Zegea. E, insieme a lei, quella sera si presentò la
più grossa delusione
della mia vita. Quella vera, quella che ti riempie il cuore di
tristezza e non
di rabbia, che ti fa dubitare di tutto e di tutti e ti lascia in bocca
il gusto
amaro del tradimento.
Perché
quando lei chiese se avessimo
visto Zegea e tutti risposero negativamente, dal suo sguardo capii che
la Cry
non era la sua ex come raccontavano tutti, ma era proprio la sua
ragazza: loro
stavano insieme.
Ma
non fu questo a pesarmi sul
cuore e sulla mente.
Quando
la Cry disse al ragazzo
che era con lei che Zegea le aveva detto che avrebbe passato la serata
al
muretto, nessuno fiatò: non è che quel ragazzo si
vedesse spesso, soprattutto
da quando aveva la macchina. Così lei chiese se qualcuno di
noi potesse
chiamarlo. Molti si girarono verso di me. Non perché
sapevano che lo
frequentavo, ma perché ero una di quelle persone che avevano
sempre credito nel
telefono.
Mi
spaventai: se lei avesse
chiamato con il mio Nokia, cosa avrebbe risposto Zegea leggendo il mio
nome sul
display? Si sarebbe tradito? E io cosa avrei fatto? La Cry era famosa
per
menare le mani per molto meno, mentre io ero codarda e non avevo mai
fatto a
botte.
Con
uno stratagemma riuscii a
dare il numero di telefono a un altro ragazzo e mi tenni stretta il mio
cellulare in mano. Fortuna volle che il telefono di Zegea fosse
irraggiungibile, ma la sfortuna fu di essere contenta per qualcosa che
rattristava l’anima di un’altra persona.
Lessi
sul visto della ragazza
tutto lo struggimento che una delusione, un tradimento, la fiducia
malriposta
ti può dare.
Mi
sentii una merda. “È con lei”
disse la Cry, il viso triste, la voce bassa. Sapevo a chi si riferiva
con
‘lei’: Ada. Ada era più grande di noi,
forse più indipendente, di sicuro
automunita. In quel periodo Zegea bazzicava spesso con lei, lo avevo
notato
anch’io. Anch’io che non dicevo niente.
Così,
quella sera, rimasi lì, a
guardare la forte e cazzuta Cry piangere silenziosamente. Esattamente
come
avevo fatto io qualche mese prima per il mio primo amore. La paura e il
senso
di ipocrisia mi tenne ferma, mentre la voglia di consolarla mi spingeva
verso
di lei, per metterle una mano sulla spalla e prometterle che sarebbe
passata.
Quella
sera, quando tornai a
casa, mi sentii diversa: avevo contribuito, seppur inconsciamente, a
tradire la
fiducia di un’altra persona. Mi sentivo più male
di quando avevano tradito me.
Quando,
dopo due giorni, il nome
di Zegea lampeggiò sullo schermo del telefono, schiacciai la
cornetta rossa.
Che si fossero lasciati o no, che fosse single o no, non volevo
più correre il
rischio di sentirmi così male.
E
se non avevo nessun potere sul
fatto che qualcuno potesse tradirmi, almeno potevo non far del male a
nessuno.
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***Ogni
riferimento a persone, luoghi o fatti veramente accaduti è
puramente casuale, la storia è romanzata e frutto
dell'immaginazione dell'autrice
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