Congiunzione astrale

di paige95
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Ho spezzato il capitolo in più parti, quindi questa parte risulterà un po' più corta del solito.
Mi dispiace per la lunga assenza.
Grazie per essere di nuovo qui. ♡

 
 

Polvere di guerra

 



 
Base militare semidiroccata - Confine Nord/Est di Kabul, 5 novembre 2018
 
Lo sconforto era nascosto dietro a ogni oggetto, rimasto intatto per uno strano segno del destino o mutilato da mani sgraziate, la demoralizzazione dovuta all’inerzia si alzava insieme alla polvere; i detriti lasciati dai talebani dopo il loro ultimo attacco erano di poco conto rispetto ai pensieri dilanianti che vagavano nella mente e nell'animo del seal.
Il luogo era dominato dalla distruzione, la stessa in cui avevano vissuto e lavorato per settimane senza mai demordere - arrendersi a quella guerra non era nella loro indole. La frenesia che li aveva catturati nel raggiungimento dei loro obiettivi aveva reso impensabile anche solo fermarsi e riflettere sulla devastazione che aveva attraversato il quartier generale, come se l'uragano Katrina[1] fosse tornato e avesse sganciato tutto il suo potere distruttivo nello spazio fisico e morale. 
Vivere e svolgere il proprio dovere su un fronte di guerra era un'impresa tutt'altro che facile, il tenente non si era mai illuso che potesse diventarlo a distanza di anni dalla sua ultima missione sul suolo afghano; per sopportare con tenacia le difficoltà, il pensiero di casa si trovava in ogni oggetto che conservasse un frammento di vita vissuto tra le pacifiche lande americane, quel legame esigeva di non essere dimenticato e lottava affinché ciò non accadesse.
Christian aveva raccolto i cocci di uno specchio; era opaco, intriso di sporcizia, ma si potevano ancora distinguere le condizioni in cui riversava prima dell'attacco e ciò che ne restava: era un reperto di medie dimensioni e testimoniava ogni colpo subìto.
Era un luogo logorato dalla natura grigia del conflitto, eppure si aveva sempre la percezione che oltre quel filo spinato le bombe non sarebbero cadute e i kalashnikov non avrebbero mietuto vittime. Il seal credeva davvero nel profondo spirito di coesione conosciuto accanto a validi compagni d'armi, la sua carriera militare era costellata di buoni esempi; ognuno di loro aveva lasciato nel suo cuore un insegnamento e un evanescente senso di custodia, nessuno escluso, anche la recluta con cui lavorava da pochi mesi e che non perdeva occasione di ricordargli quanto fosse importante per lei la sua guida. Aveva imparato l'arte della collaborazione in accademia, alla Coronado High School invece era sempre stato stimato per il rendimento individuale; l'esperienza militare aveva sortito effetti benefici, ricordava con piacere gli anni dell'addestramento, li riportava alla memoria come se fossero acqua di fiume dispersa nel mare: ciò che era stato era parte del suo essere, il presente però doveva guardare verso l'orizzonte. Non avrebbe voluto rivivere quel passato, non avrebbe più voluto vivere quegli anni senza la sua Katherine.
L'occasione di rimettere mano ai ricordi era giunta con la stagione più fredda, come se il calore di un affetto ricevuto potesse allontanare il gelo dalle ossa. Gwendoline si offrì per svolgere i lavori più lievi, nonostante Christian le avesse raccomandato riposo, dalle ultime ferite non aveva trovato attimi di pace per rigenerare le forze.
Il tenente si occupò di recuperare legno di platano e di spaccare i ceppi in modo tale che entrassero nel vecchio camino situato nello spazio principale del capannone, l'unica fonte di calore su cui avrebbero potuto contare per diversi mesi. Era riuscito a prendere in tempo quei tronchi prima che si inumidissero; li rompeva con una tale potenza da spaventare la recluta, era incurante degli sforzi non indicati per un uomo rimasto leso nel fisico parecchie volte. Tra i colpi di tosse, Gwen si sforzava di rimuovere la polvere, anche quella alzata dal superiore; rendere accogliente quel luogo, per loro che lo abitavano, non era un'impresa semplice senza le basilari caratteristiche che distinguevano un magazzino da un alloggio per esseri umani. 
«Capitano, un ordigno crea meno confusione. Chi sta pensando di decapitare sotto quell'ascia?»
La ragazza scherzò con ingenuità, ma non lo contagió. Si ritrovò a pensare a quanto le mancasse un sorriso da parte del superiore; suo malgrado era stato spesso una forza nei momenti bui e senza il suo supporto una piccola parte di lei avvertiva il pavimento scricchiolare sotto i piedi. 
Christian non provò disinteresse nei confronti della collega, quando si sottrasse al suo sguardo confuso e demoralizzato, si limitò a passare un palmo sul ripiano di lavoro per agevolare entrambi nelle loro mansioni.
«Si sente bene?»
Il tenente le riservò solo un lieve cenno d'assenso, troppo poco convincente per qualcuno che lo frequentava nella quotidianità più di chiunque altro da mesi. Il marine riprese a spaccare tronchi con foga, nessuno lo avrebbe accusato di avere una mano pesante, era ciò che serviva in quel gioco di forza. La recluta non poté evitare di ritenere quanto fosse stupido a non confidare a lei i suoi tormenti, in fondo erano già diventati l'uno per l'altra buoni confidenti; valutò l'ipotesi di interpellare un padre confessore, ma non era sicura che ciò avrebbe fatto al caso di un uomo così riservato.
L'improvviso e leggero schianto di un bastone contro il suolo sterrato fece trasalire solo la giovane, l’altro militare era disperso nei suoi pensieri.
«Generale!»
Il viso di Gwendoline si illuminò di sincera gioia, la conversazione che il nuovo arrivato avrebbe voluto intraprendere con Richardson scivolò al secondo posto, l'entusiasmo della gioventù fu travolgente. Flores era comparso all'ingresso del capannone un po' malconcio, ma si reggeva sulle proprie gambe. La ragazza non lo accolse né salutò in modo formale, come si conveniva, la felicità di vederlo in piedi prevalse. Il generale le rivolse un'occhiata rapida e come di consueto impenetrabile, ma lei giurò di aver intravisto qualcosa di diverso nel suo sguardo: si abbandonò ad una frazione di dolcezza, come se la commozione del sottoposto avesse scalfito l'animo rigido che lo accompagnava da diversi decenni. Christian intuì l'arrivo dell'ufficiale solo scrutando l'espressione gioiosa della collega.
«Tenente Richardson. Mi segua in ufficio»
Flores iniziò ad avviarsi un po' sbilanciato verso la torre; esibiva un tono rassegnato e sofferente. I militari, che stavano assistendo alla scena, compresero che l'ufficio a cui il superiore faceva riferimento doveva essere tornato sotto il suo comando, quindi era di nuovo in pieno regime operativo. 
«Buona fortuna, capitano»
La convalescenza di Flores non aveva reso del tutto inaccessibili i suoi pensieri, le espressioni del volto esprimevano una certa eloquenza per la ragazza. 
Con sospetto, Christian posò sul ripiano lo strumento da lavoro che stava utilizzando. 
«Credo mi servirà tanta fortuna»
Non sapeva dove avesse sbagliato o forse nell’inconscio se ne rendeva conto. Non sfiorò lo sguardo preoccupato di Gwendoline, era concentrato sui passi dell'ufficiale che si stavano allontanando sempre di più da loro.
 
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Flores era entrato spalancando la porta con noncuranza, ma in quel caso lasciar entrare uno spiraglio di luce in ufficio non era sintomo di buona accoglienza. Christian lo trovò dietro il bancone della scrivania, i palmi appoggiati sul ripiano reggevano tutto il suo sconforto. Il seal, impolverato e impresentabile davanti a un ufficiale del calibro del generale, non riuscì a comprendere se fosse sofferente: mantenere lo sguardo basso non era un’abitudine e nemmeno le palpebre socchiuse nel corso di un qualsiasi colloquio; il comandante aveva escluso qualunque formalità nel luogo più autorevole della base. 
L’atteggiamento silenzioso del superiore invitò il tenente a intercedere davanti a lui; non si lasciò intimorire, anche se ogni indizio avrebbe dovuto provocargli sensazioni sgradevoli.
«Generale Flores»
«Tenente»
La voce dell’uomo risuonava da lontano, come se fosse rimasto imbrigliato nei ricordi; aveva parlato evitando di sfiorare lo sguardo del sottoposto, il quale iniziò a percepire se stesso come una presenza scomoda. 
«È importante che lei sappia»
«Capitano, non mi anticipi»
La mano perentoria che alzò nella sua direzione non bastò per zittirlo, Christian non aveva alcuna intenzione di rispettare i gradi durante quel confronto, forse addirittura meno del solito; era evidente quanto il superiore fosse già stato messo al corrente di tutto ciò che era accaduto in sua assenza. 
«Non è stata colpa del comandante Reyes, solo mia. Posso giurarlo sulla bandiera americana, se lo crede necessario»
L’enfasi e l’impegno con cui il seal difendeva la donna che aveva indossato le vesti di comandante per un breve periodo costrinse il generale ad alzare lo sguardo verso il suo interlocutore; molti sospetti sull’affiatamento sbocciato tra i due vennero confermati, eppure il superiore avvertiva un sentimento più radicato tra loro, come un’antica amicizia, un affetto non nato di recente - egli si intendeva molto bene di sentimenti remoti e mai sfioriti.
«Ha rischiato il fallimento dell’operazione»
Christian si resse alla spalliera della sedia dedicata agli ospiti e abbassò il capo; poche parole gli puntarono contro il dito, non servì aggiungere altro, gli errori commessi agli occhi di un soldato esperto e intransigente erano palesi. Accettò i rimproveri come se fosse un figlio ubbidiente e Flores un padre pronto a mostrare la retta via; anche se non ne aveva accanto uno da tempo, riconobbe l'autorevolezza. 
«Sarò sincero con lei, così non va da alcuna parte. La guerra ci costringe a un compromesso con la nostra coscienza, non possiamo permetterci di farne anche con il nostro nemico»
A Christian il superiore era mancato davvero, aveva sentito persino il vuoto lasciato dalla durezza con cui gli sbatteva in faccia la verità. Il tono dell’ufficiale mutò dopo una breve pausa, il suo respiro diventò più difficoltoso e non era dovuto allo stato di convalescenza.
«Hanno ammazzato Isabel davanti ai miei occhi. Nessuno meglio di me conosce il sacrificio degli innocenti in guerra»
Il suo tono era dolce e malinconico, si addiceva più a un uomo innamorato che a un ufficiale al fronte. Flores ne era consapevole, era perciò irritato con se stesso. Christian non credeva che un giorno avrebbe mostrato il desiderio di condividere con lui un dolore che giungeva dal passato e che - secondo il colonnello Keller - non era mai sfumato. Il cerchio si chiudeva intorno all’immagine imperscrutabile del generale: provava ancora forti sensi di colpa per ciò che era stato, stava espiando con sofferenza le responsabilità che non avrebbero mai cessato di pesare sulle sue spalle. Non era dato sapere di preciso quali colpe si stesse attribuendo, il tenente non riusciva a immaginare, il vissuto del generale era per lui ancora troppo fumoso. Solo Dio da lassù poteva conoscere la tribolazione che lo accompagnava lungo i suoi giorni. A Christian furono più chiari i gesti e le parole; compatirlo sarebbe stata una mossa azzardata - proprio in nome del rinomato orgoglio di Flores -, così si limitò a dimostrare solidarietà; aveva già ricevuto la prova inconfutabile della bontà d’animo dell’uomo da cui riceveva gli ordini. 
«Abbiamo perso fin troppo tempo, domani entriamo»
«Generale!»
Il seal era certo che le intenzioni del superiore fossero nobili, ma non le trovò opportune. 
«Richardson, Reyes era più accomodante, ma quei giorni sono finiti»
 
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Christian tornò da Gwendoline con un'espressione scura in volto. Non ebbe paura di intimorire la ragazza, spinse sul pavimento cocci di legno intonsi e una sedia riposta lì accanto, a cui mancava già un bracciolo. La recluta non aveva ancora avuto modo di conoscere la via attraverso cui l'impotenza decideva di agire, ma lo sguardo del seal ne esprimeva tanta; mostrando perplessità raccolse la sedia, mentre il superiore aveva trovato rifugio in quel suo piccolo tavolo da lavoro improvvisato, aveva appoggiato i gomiti e soppesava la testa con i palmi, come se i pensieri riuscissero in quel modo a risultare più leggeri. 
«Capitano»
Il sussurro della giovane placò una rabbia che non gli apparteneva. Il seal la avvertì al suo fianco, gli teneva compagnia con un respiro lento, indecisa su ciò che le fosse consentito per portare sollievo al tenente. Gwendoline azzardò, gli posò una mano tra le scapole per infondergli calore umano: con quel gesto percepì il cuore dell'uomo accelerare. Christian non si sottrasse da lei, anzi, gli fu grato e si ritenne persino fortunato, era certo di non dover essere lei un punto saldo, quanto piuttosto il contrario.
«Vuole tentare un’irruzione domani»
«Domani? Non abbiamo idee migliori da quando lei è qui. È ancora troppo presto»
Presa dall'euforia si era sporta in cerca dello sguardo del superiore e aveva impiegato un fervore simile a un'accusa, ma era ben lontana dalle sue intenzioni; si accorse tardi di essere stata ambigua, non desiderava offenderlo.
«Esatto, Gwen. Sono stato inutile»
«Lei non è affatto inutile!»
Lo disse con irruenza, non si mosse dalla sua posizione, fece prevalere senza inibizione la sua opinione; l'uomo da cui prendeva ordini le insegnava cosa significasse essere un buon soldato, ma ancor più quanto le fragilità non fossero menomazioni, solo segni dell'anima che lo avevano reso unico. Era certa che lui non sarebbe stato d'accordo.
«Capitano, esistono pochi uomini come lei»
«Per fortuna, vorrai dire»
Christian si lasciò scivolare sulla stessa sedia che poc'anzi aveva buttato a terra, preso dallo sconforto. Si passò le dita fra i capelli, cresciuti troppo in lunghezza dopo averli accorciati appena prima della partenza.
Gwendoline restava a un passo da lui. Un'ombra di dispiacere si era allargata sul viso della ragazza; mostrò saggezza quando decise di lasciar cadere il discorso, aveva già le risposte necessarie per comprendere quanto una bassa stima di sé potesse essere frutto dell'assenza di due figure di riferimento scomparse prematuramente, due punti saldi che lo avevano potuto accompagnare soltanto fino alla maggiore età. 
«Troppe persone moriranno domani, sarà una carneficina» 
Il marine sussurrò fra i denti. La rassegnazione prese il sopravvento, l'ambiente che lo circondava era diventato il suo interlocutore, la figura slanciata della giovane recluta era stata oscurata da pensieri di morte. La guerra era il peggiore dei massacri, ma l’ospedale era l’unico angolo di quel conflitto su cui Christian avrebbe potuto avere un controllo, peccato lo stessero privando anche di quella opportunità.
L'intromissione di Beatriz in quel luogo non portò notizie migliori, anzi ricordò a tutti quanto il tempo di agire per preservare il salvabile fosse giunto al termine.
«Chris. Flores vuole la presenza di entrambi per organizzare le squadre d’assalto»
La donna lo attese sulla porta; colse uno sguardo affranto sul volto del compagno, ma si impose con coraggio di reggere l’amarezza, in parte condivisa.
«Allora ha preso una decisione definitiva»
«Non posso nulla contro la sua volontà. Mi dispiace, Christian» 
 
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Erano riuniti all’interno dei confini della base, segnati dal filo spinato; somigliava più a un centro detentivo che ad un campo per militari in servizio attivo. Erano ordinati come soldatini in resina; Christian ne possedeva un plotone intero risalente alla prima guerra mondiale, da bambino si divertiva a muoverli, ma simulare battaglie non era mai stato il suo gioco preferito; ironia della sorte, era diventato il mestiere di una vita.
Non rimase sorpreso dal senso di unione che si respirava tra le schiere dei militari, era tra i pochi vantaggi della divisa che portava sul petto. Christian aveva indossato il berretto in segno di rispetto e aveva preso posto accanto ai compagni, alla stessa loro altezza benché i gradi lo riconoscessero superiore; attendeva anch'egli ordini dal comandante di unità. 
Si respirava un'aria intrisa di aspettativa. I festeggiamenti per il ritorno di Flores si erano svolti in un breve lasso di tempo, presto la gioia era diventata una maschera di apprensione.
Il bastone con il quale il generale si reggeva non sembrava impedirgli di passeggiare a sguardo basso davanti ai suoi uomini. Era in cerca delle frasi più rassicuranti, lo stesso ufficiale era consapevole dell'avventatezza delle sue scelte, ma Richardson aveva ragione, civili innocenti non avrebbero dovuto più perire in una situazione di grave pericolo. Non si sarebbe tirato indietro, avrebbe preso parte all'operazione, non avrebbe rischiato la vita delle sue migliori forze in campo preservando la propria. Mark scrutava i loro volti, erano diretti verso di lui e attendevano ordini con cecante obbedienza. Erano poco più che ragazzi, l'esperienza con Campbell lo aveva reso più prudente nei riguardi della vita altrui; Alexander era sopravvissuto, la responsabilità sulla sua incolumità era sempre stata sua, lo era quella di ogni giovane soldato dell'unità. 
Flores si rivide nella gioventù che conduceva per le vie di Kabul, nelle trepidazioni malcelate, negli sguardi fiduciosi in attesa di ricevere ordini. Il bastone che lo accompagnava resse la sua anima prima del corpo malconcio. I ricordi lo riportarono in Vietnam, ai giorni distanti da Isabel - solo i primi del loro per sempre -, in una terra macchiata anche dalle sue mani. In giovane età la guerra era diventata per lui la scelta peggiore che un uomo potesse prendere, la sarebbe rimasta se Isabel fosse stata ancora al suo fianco. La guerra aveva strappato a lui il futuro, eppure come un folle non trovava altro senso alla sua esistenza. Vincere una battaglia sarebbe diventato per lui il riscatto a tutte le guerre perse.
Si accorse di non sapere nulla degli uomini con cui lavorava; aveva impedito a Richardson di mantenere un contatto assiduo con la sua famiglia perché era convinto che ciò avrebbe potuto distrarlo: guerra e affetti non potevano esistere senza che uno dei due prevaricasse. A pochi metri da Mark la donna che aveva preso decisioni in suo nome si rimetteva alle sue volontà e lui non considerava il fatto che potesse essere stata più giudiziosa. Scorse una delle reclute più giovani raggiungere i compagni; aveva un'aria malinconica, la gioia con cui lo aveva accolto era svanita, si mostrava pronta, ma trepidava all'idea di ciò che avrebbe potuto attenderla e la comprendeva.
Si avvicinò senza fretta a Christian, agganciando lo sguardo del seal che non aveva mai smesso di seguire i passi del superiore.
«Tenente Richardson. Ci guiderà lei all'interno del nosocomio, ha avuto modo di studiare la planimetria in questi mesi. Guiderà anche me. Mi fido delle sue capacità strategiche, non ne ho mai dubitato. Può salvare molte vite domani» 
Non era l'idea di salvezza che possedeva lui, buttarlo nell'arena con infinite variabili poteva essere una buona idea per il generale, ma non per il diretto interessato; Flores lo avrebbe affiancato benché si trovasse in uno stato precario, avrebbero condiviso lo stesso destino, era la prova che non fosse un uomo codardo e che si fidasse di lui senza riserve. Per Christian rifiutare equivaleva a un'insubordinazione: a testa alta fissò negli occhi il superiore e gli rivolse un saluto militare.
«Signorsì»
Flores non accolse quel gesto di rispetto, non lo ritenne adeguato al momento e ai loro gradi, così allungò la mano per trattarlo come suo pari. Il capitano indugiò, solo quando si riprese dalla sorpresa riuscì a ricambiare la cortesia; aveva ricevuto la dimostrazione di quanto nel suo comandante dominasse un sano senso di giustizia e di lealtà, insieme avrebbero dato un degno epilogo alla missione. In nome dello spirito di coesione accettò senza remore l'ordine di Flores, che sembrava più un fiducioso grido di aiuto, come d'altronde lo era stato dal primo istante in cui Christian mise piede in Afghanistan. 

 
Buongiorno, cari lettori e care lettrici!
Torno dopo tanto tempo con un capitolo più corto per motivi di trama. Avrei avuto bisogno di tanto spazio, ma sarebbe stato improponibile pubblicarlo, per cui il capitolo che avevo in mente sarà diviso in almeno tre parti.
Perdonate l'assenza, sono stati mesi molto difficili. 
Grazie di cuore a chi è giunto fin qui e non ha abbandonato questa storia. Vi auguro uno splendido 2023. ♡
A presto!
Un abbraccio 
Vale
 

[1] Uragano che ha colpito gli Stati Uniti d'America nel 2005 causando numerose vittime e ingenti danni. 




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