ATypical

di ArielSixx
(/viewuser.php?uid=864526)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Un pizzicore intermittente mi solletica il fianco, provo quasi a scacciarlo via...una mano sopra la testa che ricade a peso morto. Mi bastano due secondi per saltare in aria, mi ero appisolata sul bancone. Non so come sono arrivata a questo punto, a sembrare un'ubriacona di mezz'età che non ha altro di meglio da fare se non girare per le taverne. Invece sono ancora una ragazzina. O lo ero, non lo so dire più nemmeno io. Riprendermi da quello stato di torpore non è poi così difficile, la testa mi duole a malapena e riesco a pensare lucidamente.

"Buongiorno principessa" , Niko ha la testa inclinata per guardarmi meglio.

"Che ore sono?" chiedo, saltando in aria per l'ennesima volta.

"Le due del mattino", mi risponde con un ghigno stampato sulla faccia.

Un sospiro di sollievo mi percuote, per fortuna non è già mattina. Mi butto letteralmente giù dallo sgabello, le scale come mio unico obiettivo. Stropicciarmi gli occhi mi aiuta ad acquistare maggiore lucidità, fortuna che il trucco non è mai stato un lusso che posso permettermi. Quando stavamo bene a casa nostra ero ancora troppo piccola per conoscere certe cose. Avrei iniziato utilizzando quelli di mia mamma, come la matita nera e il rossetto rosa opaco che teneva sempre sopra il comò. Me la ricordo ancora con quella linea perfetta sopra agli occhi grigi e i capelli corvini sempre attaccati in uno chignon. Non mi avrebbe mai permesso di bere prima dei diciott'anni, si sarebbe fatta prendere per pazza piuttosto... e non avrebbe mai lasciato Kyle in giro con questo tempo, gli avrebbe rimboccato le coperte e sarebbe rimasta con lui tutta la notte.

"Da quanto sei qua?" continua, mentre mi segue su per le scale.

"Non sono affari tuoi" dico, precedendolo di un paio di passi. Da quand'è che siamo diventati amici? Non ricordo questo passaggio.

"Bene, più scorbutica del solito. Io sono appena arrivato".

Discutere è l'ultimo dei miei pensieri stanotte, motivo per cui continuo beatamente a camminare per il corridoio in direzione della mia stanza. Nessuno lo ha invitato a seguirmi, ma poco importa. Roxy ci ha dato una tra le ultime camere, teoricamente le più tranquille e anche le più distanti. Arrivati davanti la porta mi blocco all'improvviso.

"Non entriamo?" mi chiede, con una convinzione che gli strapperei dal volto.

"Sssh", faccio segno. In un'altra occasione gli avrei ribadito che quello che è successo l'altra sera è stato un caso eccezionale, ma non è questo il momento. La porta della stanza è stranamente socchiusa, ed io sono sicura di averla chiusa e controllata più volte prima di dirigermi di sotto. Faccio un piccolo passo avanti, la mano che trama nell'afferrare la maniglia, solo un sospiro e poi...la stanza è completamente a soqquadro. Il letto disfatto, il contenuto del borsone ovunque, e i bambini spariti.

"Si può sapere cosa diavolo stai cercando?" chiede, mentre cammino avanti e indietro per la stanza in pieno panico.

"I bambini" rispondo, cercando di rimettere insieme tutti i pensieri che mi affollano la testa.

"Quali bambini?", adesso la sua espressione è palesemente confusa.

"Mio fratello e la sua amica" sospiro, accasciandomi a gambe incrociate sul pavimento.

"Hai portato dei bambini qua? Ma sei seria?", sembra quasi più in panico di me.

"Non sapevo cosa altro fare, dovevamo andare via e si era fatto tardi...non potevamo restare là fuori. Sono stata attenta a tutto e ho persino chiuso la porta più volte", devo trattenermi per non far sgorgare fuori tutte le lacrime che possiedo.

"Pensavo avessi capito che in questo posto non esistono porte".

È una verità che avevo appreso quel primo giorno, quando lo vidi rivestirsi in quella stanza. Ero stata io a curiosare quella volta, eppure non ricordavo quanto fosse effettivamente facile entrare nelle camere altrui; quanto questo posto ti porti a pensare di poter avere l'esclusiva sulle vite che ti circondano. Perché non me lo ricordavo? Come ho fatto a essere così ingenua per l'ennesima volta? Come sto riuscendo a spezzare le vite di tutti quelli che amo?

"Faremo in modo di ritrovarli" alza le spalle, guardandosi in giro per la stanza.

Se potessi guardarmi in questo momento mi vedrei con gli occhi di fuori per l'incredulità, e lui se ne accorge poiché si abbassa alla mia altezza per richiudermi la bocca che tengo ancora spalancata: "Non chiedermi perché lo faccio, non saprei risponderti...ma se posso darti un consiglio, accetta prima che sia troppo tardi". Avrei un milione di domande da fargli e le tengo tutte per me. Accetto il suo aiuto in modo silenzioso, senza controbattere a nulla di quello che ha detto. Semplicemente mi rialzo cercando qualsiasi cosa possa esserci d'aiuto. Le sue domande sono brevi e concise, tutto quello che può davvero aiutarci a trovare una causa. Come si chiamano, quanti anni  hanno, un paio di caratteristiche per poterli riconoscere.

"Umh, bene... quindi chi è che hai infastidito?", mi chiede infine.

"Non ho dato fastidio a nessuno", ribatto.

"O mi dici la verità o ti arrendi al fatto che non troveremo mai chi li ha presi". Si appoggia con le spalle alla scrivania e l'impermeabile nero lascia intravedere la camicia borgogna mezza sbottonata.

Sono esattamente dall'altro lato della stanza rispetto a lui quando mi arrendo all'idea di raccontare la verità: "Ho ucciso uno alla fossa di recente, ma è stato lui ad aggredirmi per primo".

"Non voglio sapere perché lo hai fatto, non m'interessa. Hai qualcosa che possa ricollegarci a lui?", non è minimamente sorpreso da quello che ho appena confessato.

"Ho nascosto il suo coltello".

"Ottimo, raccogli tutte le tue cose andiamo a prenderlo. Ti aspetto di sotto" annuncia, avviandosi nel corridoio.

"Come? Non possiamo uscire a quest'ora!", gli urlo dietro facendo capolino con la testa fuori dall'uscio.

"E perché no?"

"È pericoloso e il portone è chiuso".

"Oh, ma noi non usciremo dal portone" ghigna "muoviti, hai due minuti o vado da solo".

Raccolgo alla rinfusa tutto quello che riesco a trovare, non che importi più ormai. Ce la caveremo con quel che rimane. Prego solo che stiano bene, tutto il resto sono dettagli. Lascio gran parte dei vestiti e tengo solo il minimo necessario per un cambio e qualche ricordo, perderei troppo tempo a recuperare tutto. Mi fiondo sulle scale con la borsa ancora mezza aperta. Di sotto trovo Niko che parla con Roxy, le sta dicendo qualcosa che non riesco a sentire. Appena mi vedono si bloccano entrambi. Mi sto fidando per l'ennesima volta col rischio di finirci secca sul serio, ma non ho altro modo per riuscire a ritrovare Kyle e Mad.







Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4044848