A&A: Strane Indagini – “IN MORTE DI EDITH MAYER”

di Orso Scrive
(/viewuser.php?uid=1210654)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Epilogo

 

 

Sotto un cielo tinto di cobalto e solcato da qualche nuvoletta sfilacciata e vaporosa, il prato punteggiato di fiori dai mille colori ondeggiava placido nella brezza profumata. I raggi del dolce sole di primavera coloravano quella bellezza, esaltandola. Rondini in festa si inseguivano nell’aria, e farfalle variopinte danzavano di petalo in petalo, sulla scia delle api ronzanti e delle coccinelle volteggianti. Ai margini del campo verdeggiavano gli alberi secolari di un bosco senza fine, dal quale giungeva il misterioso stormire delle fronde, simile alla voce di mille creature fatate. Al di là del bosco, lontani sull’orizzonte si stagliavano monti altissimi e frastagliati, che racchiudevano segreti millenari e raccontavano storie meravigliose con le loro bocche di pietra.

Seduta sull’erba a gambe incrociate, il vestito di cotone leggero e dai colori tenui che si gonfiava nell’arietta tiepida che giocava con i suoi lunghi capelli neri, Edith faceva scivolare le dita tra i petali delle pratoline, delle primavere e delle violette. Gli steli morbidi le solleticavano i palmi, facendole nascere delicati sorrisi sulle labbra. La delicata fragranza dei fiori saliva alle sue narici, solleticandole e riempiendole della vaga estasi di una primavera indefinita, senza fine. Attorno a lei, occhieggiavano favagelli d’oro e veroniche azzurre, quei piccoli fiori che la tradizione popolare aveva sempre indicato come gli occhi della Madonna.

Un guizzo ramato attrasse la sua attenzione. Sollevò gli occhi nel riverbero della luce.

Marta era in piedi, ferma a pochi metri da lei. In una mano stringeva il fiore purpureo del trifoglio dei prati, e con l’altra ne staccava i piccoli petali per portarseli alle labbra e succhiarne il nettare che aveva il sapore del miele. Sorrideva. Il più bel sorriso che Edith ricordasse di aver mai visto.

Un sorriso contagioso. Anche le sue labbra, già solleticate da tutto questo, si dischiusero, facendola apparire ancora più bella di quanto già non fosse.

«Marta…» sussurrò. «Ti amo, Marta…»

La ragazza venne verso di lei, coprendo con i suoi piedi nudi i pochi metri che le separavano. Si abbassò, accoccolandosi al suo fianco. Profumava di fiori, di miele, di legno e di vaniglia. Un profumo che accelerò i battiti del cuore di Edith.

«Anche io ti amo, Edith», rispose. «E ti amerò per sempre.»

I loro corpi si allacciarono, le bocche si incontrarono nel più bello e più profondo dei baci. Si lasciarono andare sull’erba, e di nuovo furono soltanto loro.

Edith e Marta, per sempre.

I fiori danzarono nella brezza e le farfalle insieme a loro.



___

Questa storia è qui, se mai qualcuno avrà voglia di leggerla.

 

Potrei dire tante cose. Però mi limito a questa: riconosco di essere un brutto Orso che arraffa qua e là dalle meravigliose storie scritte da un bellissimo Topino biondo, come se avesse trovato un barattolino di miele dolcissimo in cui infilare le sue zampacce.
Scusami <3 <3 <3

 

 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4045204