Le Lettere dell'Innocenza

di Milly_Sunshine
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Steve riprese i sensi lentamente, faticando a ricordarsi cosa fosse accaduto. Si rese conto di essere immobilizzato, legato a una sedia, e chi l'aveva messo in quelle condizioni si era premunito di tappargli anche la bocca.
Aveva la vista ancora annebbiata, ma guardandosi intorno riconobbe di essere nell'appartamento in cui abitava Ellen.
Rammentò.
Era andato da lei, dopo essere stato contattato con un messaggio.
Gli aveva scritto che lo amava e a quel punto aveva perso ogni contatto con la realtà. Si era recato a casa sua senza farsi domande, senza la benché minima preoccupazione.
Aveva capito di avere commesso un grave errore solo quando era entrato, rendendosi conto di non avere sospettato nulla nemmeno nel momento in cui aveva suonato il campanello, quando Ellen gli aveva aperto il portone senza nemmeno preoccuparsi di accertare la sua identità.
Non c'era nessuno ad accoglierlo sulla porta, ma non si era tirato indietro. Aveva richiuso la porta alle proprie spalle e, vedendo una luce accesa in cucina, era entrato nella stanza.
Ellen non c'era, al suo posto l'uomo che doveva avergli scritto quei messaggi spacciandosi per lei, una volta che aveva trovato il suo secondo cellulare, che utilizzava soltanto per lavoro e aveva lasciato a casa.
Prima di essere colpito alla testa, Steve aveva fatto in tempo a riconoscerlo, e ancora una volta lo riconobbe, trovandoselo di fronte. Era l'uomo che qualche anno prima gli aveva venduto lo studio fotografico, con il quale aveva lavorato per breve periodo prima che si ritirasse dall'attività.
Roger Callahan lo fissava con aria quasi divertita, mentre osservava: «Finalmente sei tornato in te. Sono le undici e quaranta, non ho idea di quando tornerà a casa Ellen, ma spero che non decida di mandare in vacca i miei piani.»
Steve avrebbe voluto replicare, ma soprattutto avrebbe voluto chiedergli tante cose. Purtroppo non gliene era data la possibilità.
Il suo sguardo doveva apparire assente, dal momento che Callahan gli chiese: «Sei tornato in te? Capisci quello che sto dicendo?»
Steve annuì, sebbene si sentisse ancora troppo confuso e stordito per esserne certo.
«Meglio così» rispose Roger Callahan. «Sai, mi sei sempre stato simpatico, ci terrei a darti qualche spiegazione... e lo so cosa vorresti dire. Vorresti chiedermi cosa avrei fatto se invece non mi eri simpatico, ma ti assicuro che quello che sta succedendo non è qualcosa che succede contro di te nello specifico. A volte dobbiamo prendere delle decisioni difficili, perché sono l'unico modo che abbiamo per uscire da una situazione di impasse. È esattamente il tipo di situazione in cui mi trovo, in cui mi ha messo la tua amata Ellen. Dovresti iniziare a maledire te stesso. Se tu non avessi perso la testa per quella donna, adesso non saresti qui, e non penso che ne valesse la pena. Tutto quello che farà sarà andare avanti. Ha già un rimpiazzo a disposizione, sempre ammesso che il rimpiazzo sia tuo collega e non tu stesso. Al posto tuo mi sarei fatto qualche domanda, invece di accettare tutto così come se niente fosse, ma in fondo ti capisco. Accettare la fine di una relazione è la soluzione più semplice. Se l'avessi fatto anch'io, forse la mia vita sarebbe stata diversa. Invece no, non sopportavo l'idea che Melanie mi avesse lasciato. Non sapevo con esattezza cosa volessi, se farla tornare insieme a me oppure fargliela pagare. Non sapeva che eravamo nello stesso posto, non mi aveva visto. È stato semplice. È bastato buttarle una pastiglia nel bicchiere. Non ti racconterò i dettagli, ovviamente, perché non approveresti, ma sappi che sarebbe andato tutto bene, se Melanie si fosse limitata a dimenticare.»
Steve iniziava a sentirsi disgustato. Quell'uomo gli stava rivelando di avere stuprato la sua ex fidanzata priva di sensi e stava insinuando che la Miller avrebbe dovuto cancellare il proprio vago ricordo dell'accaduto?
Come a leggergli nella mente, Callahan precisò: «Melanie aveva sporto denuncia contro ignoti, non sto dicendo che non avrebbe dovuto fare niente. Però, arrivata a un certo punto, deve avere iniziato a sospettare di me. Erano passati anni, ormai, e io non ci pensavo più. Me n'ero andato, avevo fatto credere a tutti di essermi fidanzato con un'altra donna, lasciando intendere che già stavo con lei quando ero ancora fidanzato con Melanie. Invece no, Melanie non ha mai dimenticato e ha iniziato a parlarne con quella sua nuova amica, una tizia che all'epoca lavorava come bibliotecaria e l'aveva aiutata per uno dei suoi progetti di scuola. Non era mai stata una persona che si apriva molto, poi è arrivata quella Lisa, appunto... e che cos'ha fatto? A un certo punto si è messa in testa di venirmi a cercare, voleva scoprire se fossi stato io, voleva che Melanie avesse delle risposte. Melanie non ne sapeva niente, era una sua iniziativa. Non pensavo di essere in grado di fare quello che ho fatto. Nessuno ha mai sospettato di me. Anzi, nessuno ha mai sospettato che quello di Lisa non fosse un suicidio. In un primo momento ero sconvolto, poi mi sono reso conto che avevo solo fatto quello che ritenevo necessario per proteggere i miei segreti, anche se, a pensarci bene, Lisa non aveva alcuna prova contro di me. Poi è arrivato John, l'ex fidanzato di Lisa. Non era risalito a me, ma sapeva che Lisa non poteva essersi uccisa. Quindi, invece di badare ai cazzi propri, si è messo in testa di cercare una verità che, per quanto ne sapeva, doveva esistere solo nella sua testa.»
John.
John Stewart.
L'uomo che Ellen da settimane bollava come assassino sicuro era un uomo alla ricerca della verità dopo l'omicidio della sua partner, il tutto mentre Roger Callahan era una persona rispettabile agli occhi del mondo.
Ancora una volta, Steve avrebbe voluto replicare, ma tutto ciò che gli era concesso era ascoltare i deliri dell'uomo che l'aveva sequestrato.
«Ho scoperto che, per puro caso, Melanie era diventata l'insegnante delle figlie di John. Erano passati ormai tre anni dalla morte di Lisa, ma quel tale non si dava pace. Allora ho pensato che gli servisse qualcosa che lo allontanasse da Lisa. Ho ucciso una delle sue bambine, facendo credere che il mio obiettivo fosse l'insegnante. È filato tutto liscio. John Stewart è diventato un uomo distrutto dalla perdita della sua amata figlia. L'ho messo fuori gioco, in un modo che poteva essere definitivo. Pensavo di potere vivere la mia vita con tranquillità, a quel punto, e in effetti per anni è stato così. Nessuno collegava la morte di Roberta Robinson a quella di Lisa Lynch, ero in una botte di ferro. O almeno lo ero finché Linda Miller non ha scoperto che, con tutta probabilità, ero suo padre. A me non importava niente di lei. Anzi, era un problema. Però le ho fatto giurare che non avrebbe detto niente a sua madre e che, se avesse usato la massima discrezione, sarei stato disposto a incontrarla.»
Ellen doveva averci visto giusto, realizzò Steve, a proposito di un uomo che, senza esitazione, aveva ucciso la propria figlia. Aveva solo sbagliato, oltre che la dinamica dei loro contatti, la sua identità: quell'uomo non era John Stewart, ma Roger Callahan. Probabilmente non sapeva che Linda fosse stata concepita ben prima dello stupro, in un rapporto consenziente avvenuto quando Melanie era ancora la sua fidanzata. Doveva essere stato spaventato dall'idea che il DNA di quella ragazzina potesse incastrarlo. Allora l'aveva uccisa, e l'aveva fatto deliberatamente, non perché l'avesse scambiata per la madre, come invece aveva proposto Ellen nella sua versione edulcorata della vicenda.
Da parte sua, Callahan proseguì: «Tutto il resto, penso che la tua amata sia stata in grado di ricostruirlo. C'era gente sguinzagliata in giro per Goldtown che cercava di scoprire chi avesse ucciso Linda. Per fortuna nessuno era in grado di collegarmi a lei. La stessa Melanie non sospettava minimamente di me. Pensava fossi lontano, magari fidanzato o sposato con un'altra donna, che non avessi la più pallida idea dell'esistenza di Linda. Non le ho mai parlato, dopo. Non mi ha mai rivelato, in un secondo momento, che Linda era figlia mia. Sono stato io a scoprire che Linda era stata concepita quando eravamo ancora fidanzati, ma non ho mai incontrato Melanie dopo la sua morte, anzi, l'ho evitata come la peste. Ho pensato, comunque, che Ellen avrebbe creduto alla mia versione dei fatti: Melanie vive all'estero, adesso, e non ha profili riconducibili a lei sui social network, idem suo marito e l'altra sua figlia. La tua amica sarebbe andata fino in capo al mondo, forse, ma solo se non ci fosse stata una persona affidabile e attendibile che potesse darle le risposte che cercava. C'ero io. Potevo interpretare la parte del padre disperato. La foto di Linda che ha trovato quell'altra giornalista invadente l'ho messa di proposito per potere recitare meglio il ruolo che volevano cucirmi addosso. Se non avessero curiosato tra i miei effetti personali, avrei fatto in modo che comunque la trovassero, prima o poi. Non sarebbe stato così difficile per Ellen arrivare a me, ma avevo dalla mia parte la data del probabile concepimento di Linda. Ero solo un ex fidanzato con il quale Melanie non stava più insieme, ai tempi del misfatto, e tutti credevano che avessi tradito Melanie con un'altra donna che avevo preferito a lei. Ero al di sopra di ogni sospetto. Quando Melanie se n'è andata, sono anche venuto a Goldtown. Era un'idea un po' malata, lo ammetto, ma volevo una seconda possibilità. Goldtown non doveva più essere il paese dei delitti, ma quello della mia nuova vita. Mi ero ripromesso di non cascarci più, di non uccidere più nessuno. Poi, qualche anno fa, quella Meredith è venuta nel mio negozio insieme a Dylan Carter, il reporter. Li ho sentiti parlare di un'indagine giornalistica sui delitti del 2002 e ho temuto di essere in pericolo. Non è stato difficile manomettere la macchina. Il difficile era il risultato, nulla mi assicurava che sarebbero morti. Per fortuna è andato tutto bene. Me li sono levati di mezzo e per me erano solo due numeri in più.»
Lisa, Jennifer, Linda, Mark, Will, Cindy, poi anche Meredith e Dylan: Roger Callahan aveva ucciso otto persone e per lui era una faccenda da nulla. Steve non era ancora lucido abbastanza da sentirsi inorridito tanto quanto avrebbe dovuto, ma iniziava a comprendere che difficilmente avrebbe avuto scampo. La sua sopravvivenza era legata al ritorno di Ellen, ma dubitava che Ellen sarebbe tornata a casa. Chissà dov'era, forse al bar a tenere d'occhio John Stewart, forse già altrove, magari insieme a Kevin.
Se fosse morto, sarebbe riuscita a scoprire il colpevole, o avrebbe continuato a inseguire l'illusione che John Stewart fosse il killer di Goldtown? Steve se lo stava chiedendo, quando la voce di Callahan interruppe le sue domande.
«Forse ti chiederai cosa sia successo a Kimberly Richards e Maryanne Sherman e perché. Ti rispondo subito: il mio desiderio più grande era non avere più bisogno di uccidere. Avevo anche lasciato Goldtown per allontanarmi da quello che è accaduto ormai tanto anni fa. Poi, però, sono arrivate loro, Janice Petterson ed Ellen Jefferson. Non avrebbero portato a nulla di positivo. Nonostante la Petterson non mi piacesse, le ho affittato l'appartamento: era il modo migliore per tenerla sotto controllo e fare lo stesso con la sua collega. Frattanto facevo le mie ricerche. Ho pensato che, se mi fossi avvicinato a Kimberly, sarei riuscito a ingannarla e metterle in testa presunte responsabilità di Ellen. Non è stato difficile, anzi, più facile di quanto mi aspettassi. Doveva essere ancora sconvolta da quello che era successo al suo ex ragazzo vent'anni prima e credeva che la Jefferson avesse qualcosa a che vedere con la sua morte. Ne ho approfittato. Le ho assicurato che, se mi avesse raccontato tutto quello che sapeva e avesse fatto quello che le chiedevo, saremmo riusciti a incastrare Ellen. Purtroppo non è servito a molto: la tua cara giornalista di merda aveva un grande seguito, tutti le stavate intorno. Speravo di togliere di mezzo almeno Silver, l'ex fidanzato di Linda - scoprire dei suoi trascorsi con Maryanne Sherman non era stato difficile, dopotutto Ellen e Janice mi trattavano come un banale elemento di tappezzeria, quando capitavo qua, e non avevano problemi a parlare di fatti personali altrui di fronte a me, al punto che non sarebbe quasi stato necessario usare altri mezzi per spiarle - ma non ha funzionato. È stato un successo riuscire ad attirare la sua nemica giurata a Goldtown, ma è stata molto banale, come cosa: è bastato contattarla in modo anonimo e lasciarle intendere di avere delle prove contro Silver. Il tuo amico, però, a quanto pare voleva solo vivere senza problemi, non andare a caccia di criminali, e la sua assenza non ha migliorato le cose, ma le ha peggiorate. Ellen ha continuato le sue indagini di merda, Janice ha continuato ad aiutarla ed entrambe hanno continuato a comportarsi come se io fossi trasparente. Non so dire cosa mi infastidisse, se il fatto che volessero incastrarmi o quello che non mi prendessero nemmeno in considerazione. Allora ho manomesso la macchina di Ellen e per poco non ho ammazzato il tuo aiutante. Sono arrivato a un punto di non ritorno. Non sapevo più come comportarmi, se mettere fine a questa storia una volta per tutte o se assistere agli sviluppi. Di recente, so che Ellen pensava di avere ricostruito tutto.» Roger Callahan rise. «Vorrebbe incastrare John Stewart. Tutto ciò è meraviglioso. Il mondo è piccolo ed Ellen è arrivata a un passo da me, senza accorgersi di avere davanti l'uomo che cercava. Non...»
Il campanello suonò.
Callahan sembrò spiazzato per un attimo, poi si rivolse di nuovo a Steve: «Ora sai tutto e hai i minuti contati. Spera che, chiunque sia, se ne vada senza dare problemi, altrimenti stasera morirete in due.»

 

Roberta stava per suonare un'altra volta ma suo padre la trattenne.
«Non ci sarà nessuno in casa, torniamo un'altra volta.»
Roberta gli indicò la luce che si intravedeva dalla tapparella non sigillata.
«Invece c'è qualcuno, o quantomeno hanno lasciato acceso.»
John azzardò: «Forse Ellen è in dolce compagnia. Meglio non disturbarla in questo momento. Posso sempre cercare di parlarle domani. Ancora meglio sarebbe se riuscissi a fare da intermediaria tra di noi. Lo so, ti sto chiedendo tanto, ma...»
Roberta lo interruppe: «Prima sembrava una questione di vita o di morte, adesso pare che non te ne importi niente.»
«Me ne importa eccome, solo che non posso farci niente. Roger Callahan non è qui, forse nemmeno Ellen. Dovrò rimandare.»
«Rimandare cosa? Cosa nasconde questo Roger Callahan?»
John Stewart non rispose, ma quel silenzio valeva più di mille parole.
Roberta azzardò: «È stato lui a uccidere Mark e tutti gli altri?»
«E Jennifer» aggiunse John, «E Lisa.»
Per un attimo Roberta non seppe cosa dire. Poi, dal momento che il padre faceva per andarsene, lo seguì. Il loro allontanamento non durò molto: quando Roberta vide Kevin e Phyllis dirigersi verso il portone, senza averla notata, trattenne John afferrandolo per un braccio e facendogli segno di non dire nulla.
Kevin e Phyllis parlavano in tono concitato, menzionando chiavi rubate. Roberta non era sicura che si trattasse di un campanello d'allarme, ma ritenne opportuno considerarlo come tale.
Entrarono.
Il portone, richiudendosi, si limitò ad accostarsi.
Nessuno dei due se ne accorse, oppure non gli diedero peso. Senza esitare, Roberta si diresse verso l'ingresso, seguita da suo padre.
«Che cosa sta succedendo?» borbottò John.
«Non lo so» ammise Roberta, «Ma presto lo scopriremo.»
Una volta entrata, iniziò a salire le scale. Accadde tutto molto in fretta, senza lasciarle il tempo di realizzare.
Udì chiaramente le urla di una voce femminile - quella di Phyllis - poi una porta che sbatteva e i passi concitati di una persona che si sarebbe rivelata essere Roger Callahan, il vecchio proprietario dello studio fotografico.
Vide tutto, anche ciò che sarebbe stato opportuno non vedere e che, all'occorrenza, non solo negò di avere visto, ma addirittura dichiarò impossibile. L'incubo di Goldtown finì quella sera stessa, almeno sulla carta, ma Roberta era consapevole che per tutti loro sarebbe durato per tutta la vita.





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