Capitolo Cinque
Il giorno dopo Chiara aprì gli occhi cercando di ricordare
il suo nome e soprattutto dove diavolo si trovasse.
Oh Dio sono a Los Angeles, esclamò mentalmente mentre si
alzava dal letto con solo il perizoma addosso.
Dire che i ricordi della notte precedente fossero confusi era usare un
grande eufemismo.
Non ricordava di essersi spogliata prima di andare a dormire,
però evidentemente lo aveva fatto.
Indossò l'accappatoio e uscì a cercare Carlo.
Nulla.
Entrò nella sua stanza con la speranza di trovarlo ancora
addormentato, invece trovò solo un letto bianco disfatto e
vuoto.
Lui non c'era e un brivido di freddo la scosse.
Si sentì in colpa per aver esagerato la scorsa notte
Per fortuna ritrovò il cellulare nella borsetta nera e
avviò subito una chiamata.
"Pronto", rispose una voce distante anni luce.
"Ciao, dove sei?"
"Indovina?", chiese con un tono sarcastico che la lasciò
senza parole. "Sono al lavoro"
"Posso venire?"
"Come vuoi".
Avrebbe tanto voluto ricordarsi cosa avesse fatto di sbagliato, peccato
che la nebulosa nella sua testa continuasse a intensificarsi sempre di
più.
Devo assolutamente riprendermi e andare a controllare di persona,
pensò mentre apriva il getto d'acqua della doccia. Aveva un
disperato bisogno di caffeina, quindi chiamò un taxi e si
fece portare alla caffetteria più vicina.
Infatti, sorseggiando una strana bevanda al sapore di caffè,
piano piano i ricordi cominciarono a riaffiorare.
Carlo che roteava le bottiglie incredibilmente sexy e lei invidiosa
marcia della sua libertà.
Quelle puttanelle che se lo mangiavano con gli occhi e lui che stava al
gioco facendo di tutto per farle impazzire ancora di più.
Insomma più era attratta da lui, più beveva, e
più beveva e più lo desiderava con tutte le forze.
Come era possibile che in un solo giorno con Carlo avesse
già dimenticato gli anni trascorsi con Daniele?
Quel ragazzo gli era entrato dentro come un fulmine o forse era sempre
stato in un posto particolare del suo cuore e il rivederlo non aveva
fatto altro che far risvegliare tutto quello che era sopito.
Quando arrivò in studio, si avvicinò subito per
salutarlo, mentre lui mantenne le distanze fingendosi occupato e a
stento mormorando un ciao.
Caspita. La situazione doveva essere più grave di quanto
immaginasse.
Chiara si incamminò pensierosa verso l'uscita dello studio.
Non voleva girarsi verso la scrivania, non voleva sentire quel bisogno
assurdo di vederlo. Si mangiò nervosa l'unghia del pollice,
poi non ce la fece più e si voltò per guardarlo
storto.
Lo trovò con la testa appoggiata sulle braccia incrociate
sopra la scrivania. Stava fissando lei o lo skyline? Di sicuro aveva
un'espressione tutt'altro che felice e serena.
Ottimo. In un solo giorno era riuscita a trasformare la quintessenza
della solarità fatta uomo in un musone intrattabile. Quindi
non era colpa degli altri, era sempre e solo lei che rovinava tutto
quello che aveva tra le mani.
Sentì il bisogno impellente di piangere e si
precipitò fuori per non farsi vedere da nessuno. Carlo la
rincorse subito fuori, prendendola per le spalle gli diede un bacio
sulla fronte.
- Se ieri sera ho fatto qualcosa di male, mi dispiace, però
almeno dimmi cosa cavolo ho combinato perché io non mi
ricordo un tubo
- Certo, magari se avessi bevuto meno, ci avresti evitato un bel po' di
rogne anche se forse non avresti ballato sul bancone del bar.
-Cosa?"
Per poco Chiara non cadde sul marciapiede.
-Mi state veramente dicendo che ho ballato su quel bancone?
-Sì, fu la risposta laconica di Carlo che sembrava non
credere che lei non si ricordasse nulla.
-Scusa. Non mi dire che ti ho fatto perdere il lavoro perché
non me lo perdonerei mai.
-Grazie alla tua follia ho anche fatto mille dollari in più.
-Forse è meglio per tutti che io me ne vada da qui il prima
possibile
Concluse mortificata, maledicendo se stessa e il momento in cui aveva
deciso di mettere piede a Los Angeles.
A quelle parole Carlo sembrò scuotersi e si
infilò di nuovo gli occhiali da sole per guardarla.
Evidentemente non voleva che leggesse i sentimenti nei suoi occhi.
-tu non te ne va da nessuna parte che sia chiaro!!!
- no! ti ho stravolto la vita, come cazzo faccio a stare qui, se ti
creo casini!!
-tu non mi crei casini, sei solo la mia Apocalisse personale.
Carlo, l'abbracciò e la strinse sul suo petto, dandogli un
lieve bacio sulla tempia, e lei gli sussurrò leggermente
"Scusa"
E di rimando lui gli disse
"scusa, anche io ti voglio bene, anche io non riesco a stare lontana da
te."
Rientrarono a casa, pranzarono insieme.
Carlo, dopo quella nottata assurda, aveva combattuto all'ultimo sangue
con sé stesso per levarsela dalla testa, però a
quanto pareva, aveva perso miseramente.
Avrebbe voluto fingere indifferenza, peccato che non facesse che
ripensare a quella fantastica donna che si dimenava seducente sopra di
lui con la bocca aperta per farsi schizzare la vodka in gola.
La stessa donna che aveva cercato di sbottonargli i jeans e che lui
aveva rifiutato. Deficiente.
Continuava a pensare ai consigli che gli aveva dato Felix, venuto
appositamente a trovarlo al lavoro per dirgli: "Amico, fallo
e basta".
"Fai
cosa?", gli aveva chiesto con lo sguardo perso nel vuoto.
"Ti
sei visto? Da quando è arrivata stai andando fuori di testa.
Devi andare là e farla finita".
Lui stava cercando di farla finita con Chiara, però
evidentemente ignorarla non era il modo corretto per togliersela dalla
testa.
"Se
non assecondato, un desiderio può trasformarsi in un incubo",
furono le ultime parole di Felix e lui capì.
Solo se l'avesse posseduta, si sarebbe liberato da quell'ossessione
dalle gambe affusolate, dal viso dolce e dal seno prorompente.
Solo se avesse saccheggiato il suo corpo, prendendolo in tutti i modi
possibili, avrebbe riacquistato la sua razionalità
annebbiata da tonnellate di testosterone. Forse. anche lei lo voleva,
ne era sicuro.
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