Sans toi

di Brume
(/viewuser.php?uid=1140108)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Appurato che la situazione recensioni è ormai sfuggita di mano (leggi: il tempo libero è ciò che è ed io rimando sempre il momento in cui sedermi e con calma rispondere) vi prego, ancora una volta , di accettare le mie scuse.
Demoiselle An_ne, André grandier, Tetide, Lady Simone, Narcissa89 e, naturalmente, Dorabella27...GRAZIE! 
B.




19 dicembre 1788
 
Il suo profumo, una essenza di lavanda, limone e rosa…Quante volte, entrando nei suoi appartamenti con il vassoio sul quale erano posate tazze colme di cioccolata o, talvolta, di latte e miele, lo aveva potuto sentire?
Si trattava di una fragranza fresca e leggermente acidula, non eccessivamente femminile ma nemmeno del tutto maschile; lui  adorava quelle sfumature olfattive – fresche, eleganti, talvolta sensuali e carezzevoli - che si creavano non appena il liquido leggermente ambrato si posava sulla pelle di Oscar; ogni volta, rammentò, per alcuni istanti i propri sensi venivano avvolti da una sorta di malia e lui,  fermo sulla porta in attesa che la donna finisse di pettinarsi i capelli o di allacciarsi la giacca, di leggere un libro o semplicemente di osservare la vita al di là di un vetro, ne era irretito.Quante volte aveva pensato di raggiungerla e, anche inavvertitamente, sfiorare un lembo della sua pelle, accettandone le conseguenze; ma non lo aveva mai fatto, la ragione lo riportava nei ranghi ogni volta.

Se solo avesse saputo…
Se solo avesse anche solo immaginato come lo loro vite  sarebbero state stravolte , dopo un viaggio come tanti… se solo lo avesse saputo, altro che prudenza, controllo, educazione…Se lo avesse immaginato, non avrebbe lasciato passare istanti così preziosi , finendo per osservare i suoi occhi, parlando del più e del meno comodamente seduto in poltrona, annuendo alle sue elucubrazioni riguardo al tal libro o finendo per parlare di faccende lontane…

‘Oscar…!Se solo avessi saputo…Mi sarei avvicinato a te, posato il vassoio e allungato la mia mano verso la tua , sfiorandola appena…’




André era seduto sulla sabbia umida del terrapieno che, oltre le mura, costituiva l’ ennesima difesa dalle acque talvolta inquiete della Senna e,  dietro di lui, alti palazzi avvolti dalla luce giallastra di una pallida sera trattenevano voci, risate, a volte pianto e disperazione; per la strada, il vociare sconnesso della umanità più variegata si univa al lento sciabordio delle onde che, libere da impedimenti, arrivavano quasi a lambire i suoi stivali.
Li, ormai da due ore, André si era seduto e li, immobile con lo sguardo rivolto verso il cielo, cercava di dare un senso agli avvenimenti di quegli ultimi giorni.

Era stanco, molto stanco.
Non erano solo le ossa ed i muscoli a dolere ma soprattutto  il suo animo, che nemmeno avvolto dalla notte riusciva a riposare, a non pensare a nulla: aveva lasciato Oscar, l’ aveva lasciata - suo malgrado- proprio nel momento in cui ella aveva aperto gli occhi ed  avrebbe avuto più bisogno di lui…e la situazione, insieme al  senso di precarietà, incertezza ed al sempre presente senso di colpa lo stava lentamente divorando.

Che cosa farò, ora?
Gli occhi scesero dalla volta celeste e si posarono sull’ acqua lenta e scura.
Mi hanno cacciato, ti ho lasciata nel momento in cui…in cui avrei dovuto stare più vicino a te…
André allungò una mano verso il terriccio compatto, poi con  l’ indice della  mano destra prese a disegnare piccoli cerchi concentrici, senza un preciso scopo.
Adesso…ti giuro, non so quanto ci metterò…ma farò di tutto per rivederti. Non posso e non voglio lasciare perdere…adesso… adesso che conosco il sapore delle tue labbra, il tuo amore…
André fissò un punto non ben precisato davanti a sé.
Io… potrei cercarmi un lavoro e poi con la buonuscita, i soldi che la nonna ha messo da parte per anni potrei…potrei…

Un rumore più forte, come quello di un tonfo, arrivò alle sue spalle, distraendolo.
L’ uomo voltò il viso giusto in tempo per vedere alcuni stracci rotolare via, lasciando scoperto il corpo o meglio le spoglie mortali di una donna di strada che mani crudeli avevano appena abbandonato quasi fosse la carcassa di un cane randagio…
E’ andata peggio a te, che a me pensò, alzandosi e camminando verso la donna. Le sue paturnie furono messe da parte per qualche istante.
Si, decisamente peggio aggiunse, constatando di persona che – come pensava – la vita l’ aveva ormai lasciata.
Il tempo di un requiem che la pietà cristiana gli aveva imposto e poi via, raccolse la sua sacca e si spostò, dall’ argine si recò all’ interno,  alla base della grossa muraglia - circa due, trecento metri dalla donna - ma non risalì verso la strada, verso il mondo: non era ancora pronto ad affrontare direttamente voci, rumori, persone e sguardi. Appoggiò le terga sul terreno. Ben presto, le solite riflessioni tornarono.
 Chissà cosa starai facendo, ora.
André, istintivamente, cercò il cadavere della donna che da poco aveva lasciato. Il gesto lo fece rabbrividire.

Ti sei ripresa? I tuoi occhi mi stanno cercando ? ti ricordi di me?
…e lui…
Lui...è li con te?

Andrè si prese il viso tra le mani.
Non…non posso pensarci…non voglio pensarci…il solo immaginare le sue mani su di te, anche solo il suo sguardo posato sulla tua pelle…mi fa impazzire…Girodel…Perché… perché?


Una rabbia forte si impossessò di lui, crescendo, senza controllo, improvvisa e forte; André si alzò in piedi, iniziando a tirare pugni sulla superficie irregolare e scabrosa a pochi passi di distanza.

No…lui non può…

Un pugno, un altro ancora.

Tu sei mia!

Le nocche, una volta rosee, forse un poco screpolate,  si tinsero di carminio.
Il sangue cominciò a scorrere sulle sue mani.

Provo dolore…si…ma nulla in confronto a quello che ho nel cuore…

Un ultimo colpo.
Più forte.

Le mani iniziarono a bruciare e solo allora André si fermò,  come se le fitte di dolore avessero riportato in lui la ragione; infine cadde in ginocchio, gli occhi rivolti al cielo.

Accidenti…fa male…
Le braccia caddero molli lungo i fianchi.
…Ed ora che ti sei ridotto così…cosa altro pensi di fare?
Lacrime spuntarono agli angoli degli occhi verdi come mare in tempesta.
…Oscar, lasciami tempo…
André si asciugò le lacrime,  con calma si rialzò.
Lasciami tempo, Oscar, perché non so da che parte iniziare….

L’ uomo provò a camminare, barcollando.
Lo stomaco emise un rumoroso borbottio.


Dalla riva, un uomo lo chiamò affinché lo aiutasse ad ormeggiare, tirando la barca sulla sabbia. André alzò una braccio come a dire ‘ti ho sentito’ e , anche se stanco, fece per raggiungerlo ma dopo pochi passi  finì faccia a terra; un malore improvviso  lo colse. Si sentì debole, gli mancò il fiato.

“Ehi, ragazzo!” provò ad urlare lo stesso uomo di prima: Andrè non riuscì tuttavia a percepirne la voce. Il buio aveva di già raggiunto i suoi occhi.

Il suo profumo, quella fragranza fresca, quasi sensuale.
Il profumo del talco.
 Quello della cioccolata.
Lui , che osservava lei, di spalle, mentre si pettinava i capelli prima di ritirarsi nella stanza da letto.
‘Questo è forse un sogno?’
Le mani di André si protesero verso quei riccioli biondi, provando a sfiorarli…ma non riuscì mai a carpirli, nemmeno con la punta delle dita, perché quella visione si spense, si dissolse , come nebbia mattutina.




Si risvegliò qualche ora dopo, quando tutti i suoi muscoli sembravano quasi impossibilitati a muoversi ed il freddo pungente era con forza penetrato fino alle ossa.
Nessuno lo aveva aiutato; non che lo avesse preteso. La sua era una constatazione.

Devo alzarmi, devo muovermi. Non voglio morire congelato, abbandonato sulla riva della Senna, come un reietto…devo ancora fare molte cose pensò; dunque, più che con la forza fisica, André tornò in piedi  usando la propria forza di volontà,  perfino tentò qualche passo…
…la mia sacca! La mia sacca?
I suoi occhi la individuarono ad una breve distanza dal luogo in cui si trovata. Nessuno l’ aveva ancora toccata…
…non posso stare qui, devo trovare un posto dove dormire, riposare…pensare…

Brividi. Brividi violenti lo presero.
Allora, solo allora , rifletté sulla possibilità di tornare da sua nonna: in fondo, nessuno glie lo aveva vietato ed il Conte, il Generale Jarjayes, sarebbe stato occupato nel raggiungere la figlia e non avrebbe di sicuro pensato a lui piuttosto che ad Oscar.
Si, potrei farlo…riposare un po'… trovare la lucidità che mi serve per elaborare una idea, un piano, tornare da te…
Con molta fatica e sempre più violenti  brividi a scuoterlo quasi fosse uno straccio vecchio, brividi che di li a poco – ne era certo-  avrebbero sicuramente portato la febbre, iniziò a muoversi, arrivando alle scale in legno che poco distanti collegavano la riva con la strada;  ad ogni passo, tra una imprecazione e l’ altra, il pensiero era sempre rivolto…la. Non alla fatica, non ai dolori, ma ad Oscar. Salvo brevi e prevedibili momenti in cui tutto sembrava davvero troppo grande e complicato anche per lui – ed il pensiero di Girodel prendeva il sopravvento -  i suoi pensieri non era mai fermi, in una eterna lotta tra ragione e sentimento. Avrebbe lottato fino alla fine, niente e nessuno l’ avrebbe portata via da lui…

Forza, André: un altro passo si ripeteva ad ogni centimetro guadagnato.
Ce la devi fare…restisti…
Quando arrivò a livello della strada battuta,  notò che a pochi metri da sé vi era una locanda e, più in la, una vettura di piazza ferma in attesa di clientela. André affrettò il passo, trascinando i piedi rumorosamente.

“Perdoni, Monsieur, è libera la vettura? Può portarmi a Palazzo Jarjayes?” domandò, senza nemmeno salutarlo, al vetturino appoggiato al muro, stanco, un mantello lungo fino ai piedi come scudo al freddo. L’ altro, che probabilmente si era appisolato, si ridestò puntandogli addosso due occhietti scuri.
“Certo, Monsieur. Il pagamento è anticipato…” disse; André allora infilò le mani in tasca e ne trasse quanto richiesto, per poi salire.Quanti erano comodi quei sedili!... e poi…poi…pareva ci fosse anche qualche grado in più rispetto all’ esterno!

Resisti, André, tra non molto tempo sarai in una stanza calda…disse fra sé pensando all’ espressione che sua nonna avrebbe fatto nel vederlo …ti riposerai e poi, a mente serena…

André crollò. Dopo aver percorso nemmeno un chilometro, crollò.
Stanchezza, pensieri,  freddo, febbre lo spinsero a rannicchiarsi, chiudere gli occhi ed assopirsi, lasciandosi cullare dal dondolio della piccola carrozza;stava male, gli ultimi giorni erano stati un inferno. Pregò di raggiungere presto casa -  per lo meno quella che un tempo lo era -  dove sua nonna si sarebbe presa cura di lui.
Al dopo… ci avrebbe pensato. In quei momenti, faticò a ricordare anche solo il proprio nome.



Palazzo Jarjayes, più tardi.


“Mio Dio, André… entra, entra… ma come sei ridotto? Credevo di avere visto uno spettro, quando i miei occhi si sono posati su di te…”
Da poco entrato in cucina dopo aver suonato la piccola campanella per minuti interminabili, si reggeva a malapena in piedi, il viso rosso, sudato, gli occhi lucidi e caldo…molto caldo…

“Scusami, nonna, per l’ ora. Posso spiegarti…”

Nanny, stanca e pallida, lo osservò dolcemente e andò lui incontro.
“Dopo, dopo! Ora devi assolutamente stenderti a letto… Vieni, ti accompagno” disse prendendo il nipote sottobraccio.
“Dimmi… il generale è qui?” domandò André mentre attraversavano il grande salone , oltre il quale vi era la porta che conduceva agli alloggi.
“Ma che ti viene in mente? Non ti reggi in piedi e pensi al Generale?…in ogni caso no, non c’è.
E’ partito stamane per Quimper” rispose.
 Lui sembrò quasi sollevato e, allo stesso tempo, triste.
“Non ti darò noie, non preoccuparti…”
Nanny allora si fermò, le mani appoggiate ai fianchi ed il viso severo.
“Smettila di blaterale, nipote!” lo redarguì con i suoi tipici modi spicci “ …e sbrigati, prima ti metti a letto meglio è! Ascolta, bambino mio: se riesci , prosegui da solo, poi ti raggiungerò…mancano solo alcuni metri.  Io nel mentre ti preparo qualcosa di caldo ma tu…tu cerca di rimanere sveglio!” André annuì ed entrò nel corridoio di servizio; dopo un paio di soste in cui dovette appoggiarsi al muro per restare in equilibrio ed in posizione eretta, raggiunse la porta.
Appena riuscì ad entrare si buttò sul letto, ancora vestito.
Non aveva alcuna voglia di pensare, non ne era in grado. Una volta seduto, scalciando in qualche maniera, riuscì a togliersi gli stivali  che con un tonfo sordo toccarono il pavimento di legno ma per il resto, le forze non lo aiutarono affatto. Si distese, le mani dietro la testa, la vista leggermente annebbiata.

Sono ancora qui…sono qui…dove tutto è iniziato. Oscar, Oscar…non faccio altro che ripetere il tuo nome, perché è tutto ciò che mi resta, l’ unica cosa che ho di te…un ricordo, un nome…i tuoi occhi che mi fissano, straniti, e poi…

Nanny entrò nella stanza.
“Ecco, André: c’è del latte caldo ed un po' di miele…ed una brocca di acqua fresca…”
La donna porse al nipote la tazza, aiutandolo prima a sedersi e poi  a bere.
“Ti farà bene….”
Lui la fissò,  sentendosi all’ improvviso come quel bambino spaurito che moltissimi anni prima era giunto, tremante, nella grande casa di quella nobile famiglia; dopo aver bevuto posò la tazza sul comodino con mani tremanti e tentò , di nuovo, di spogliarsi.
“Ti aiuto? ” domandò la nonna.
Lui, imbarazzato  nonostante la familiarità di quei gesti, anche se lontani nel tempo la lasciò fare e una volta libero, con le sole coulotte, si allungò ancora una volta sul letto.
Nanny sembrava la solita di sempre tuttavia il nipote, che chiaramente di lei conosceva ogni singolo gesto e sguardo, poteva immaginare che di li a poco la tenera vecchietta gli avrebbe chiesto lumi…quindi, in un certo senso, si preparò: cosa potrei dirle? Sa di me, del viaggio; è a conoscenza di ciò che sta accadendo, anche tra me è Oscar…
Sua nonna, sorprendendolo, invece non domandò nulla: era chiaro che fosse curiosa di eventuali novità, ma non domandò nulla.

 Forse lo avrebbe fatto l’ indomani?
André si girò e rigirò nel letto, inquieto.  

Di li a poco,  le sue palpebre calarono.



Il suo profumo, una essenza di lavanda, limone e rosa…

Non sposarlo, Oscar… torna in te, prima che sia troppo tardi…io, ora…non posso fare niente….

Tu, vestita da un abito leggero dal colore così simile ai tuoi occhi…

Non sposarlo, Oscar… torna in te, prima che sia troppo tardi…io, ora…non posso fare niente!




“André, André! Ti prego, torna da me, ragazzo! André…!”

La vecchia governante di casa Jarjayes era in piedi, in mezzo alla stanza, il viso tirato e gli occhi fissi sul nipote che da ore si agitava, preda e succube della febbre che non aveva mai accennato a scendere: da tre ore lo osservava comportarsi così e, in tutta onestà, si stava spaventando.

“André, nipote mio…” sussurrò, cadendo in ginocchio sulle ossa esili e consumate “ André…”
Ma lui, nulla.
Nell’ animo dell’ uomo, il respiro affannoso, non vi era posto per la voce che percepiva arrivare da fuori …ma solo per quel pensiero. Lei.

Non sposarlo, Oscar…
Non sposarlo!


Nanny infilò la mano nella tasca della gonna, ne prese un rosario. Andrè era sempre più inquieto…
Laddove non erano bastate cure amorevoli ed i soliti rimedi sarebbe arrivata, forse, la preghiera ed una richiesta muta ,silenziosa, sentita: André aveva ancora così tanto tempo da poter vivere, non come lei il cui orologio oramai segnava velocemente gli istanti di una vita giunta alle porte di una nuova dimensione…André doveva…doveva vivere!!!



Fu una lunga, infinita notte: quando l’ uomo riaprì gli occhi, la mattina seguente, casa era avvolta dal silenzio. L’ orologio da parete, una piccola pendola appartenuta ai Grandier ed intagliata dal padre di André, segnava le cinque e tre quarti. Nanny, ora seduta su di una poltrona, dormiva profondamente con la testa china sul petto.
…Che dolore…pensò, non appena ebbe coscienza del proprio corpo disteso sembra che mi abbia travolto una mandria di cavalli al galoppo… ma…cosa …chi? Nonna! Mi hai vegliato tutta la notte?
Provò ad alzarsi. Nulla, le forze erano al lumicino… ma il fruscio delle lenzuola e di movimenti sconnessi  riuscì comunque a svegliare Nanny, che a quanto pare aveva con l’ età acquisto un sonno ancora più leggero del solito.

“Nipote mio, mi hai fatto penare. Come stai?” domandò quest’ ultima, ancora assonnata, sistemando la cuffietta bianca che tratteneva capelli dello stesso colore.

“Meglio” rispose prontamente lui, mentendo.

L’ anziana donna si alzò ,lo raggiunse; gli tastò la fronte, spostò i capelli dal viso ed osservò le mani, coperte dal sangue secco.

“Dovrò fare qualcosa anche per questo” disse, indicandole con un cenno del capo.
André annuì.
“Nipote, ti prego, dimmi la verità. Da meno di un mese tutto è cambiato, questa casa non è più la stessa…nessuno è più sé stesso… “
Una voce rotta dal dolore lo travolse.
“Pensi che …potrà tornare tutto come prima?”

André, ancora stravolto, negò.

“Nonna, ora io non posso dirti cosa accadrà, ma ciò di cui sono certo  è che amo Oscar, lei mi ama e…non lascerò che il Generale e Girodel dispongano della sua vita.” disse.

La nonna, ora vicino al nipote, accarezzò il volto del ragazzo.

“Ma André, tu…”

Lui , seduto, picchiò con forza  il palmo delle mani sul giaciglio. Sua nonna arretrò, spaventata.

“Io…Io sono un uomo libero! Lei mi ama!” le urlò addosso André con la poca energia che aveva in corpo, quasi la povera donna potesse avere colpe. Nella stanza semibuia, appena colorata dalla luce delle candele e dal riverbero del fuoco, scese il silenzio per qualche secondo; poi, il rumore di alcuni passi iniziò a diffondersi all’ esterno.
“Scusa…non volevo…” disse, infine, resosi conto del gesto.
Nanny , in piedi, fissò il pavimento mentre le mani lisciavano la gonna dell’ abito scuro.

“Ora devo  andare, ho una casa da tirare avanti…” disse la donna, una espressione cupa in volto.

André non rispose: era tornato a sdraiarsi, la mente ed il cuore rivolti alla donna che amava, dimentico di chi gli stava intorno.

…e se tutto…se tutto si mettesse contro di noi?Se tu diventassi davvero la moglie di Girodel?
Come farò…cosa farò, senza te? Ti prego, Signore…dammi la forza per non impazzire…!
pensò.

E chiuse gli occhi, di nuovo.

Come farò…senza te?




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4046054