MARKET 24

di lolloshima
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In silenzio lasciarono l’ufficio e James chiuse a chiave la porta dietro di sé.

L’affare appena concluso con i giapponesi avrebbe portato altri miliardi all’azienda, oltre che un possibile ingresso in Borsa. Eppure lui non riusciva a sentire nessun entusiasmo. Quella notizia lo lasciava del tutto indifferente.

Sentiva solo un grande vuoto nel cuore. Ancora non aveva avuto alcuna risposta da Dylan. Dove era stato, con chi? Perchè era tornato, perché adesso? Ma soprattutto, era tornato per restare? Voleva sapere tutto, e lo voleva sapere adesso!

Dylan lo distolse dai suoi pensieri.

“Sei così serio! Direi che per oggi basta con il lavoro”. Gli afferrò la mano. “Vieni, andiamo in un posto tranquillo”.

Al tocco della sua pelle, James fu invaso da una sensazione di calore che si irradiò in tutto il corpo. Era da tanto tempo che non sentiva il suo tocco. Ma sembrava tutto così naturale che si lasciò trascinare verso l’ingresso principale del palazzo.

Quando entrarono nell’ampio androne, nessuno degli addetti alla sicurezza o degli impiegati alla reception fece loro domande. Avevano senza dubbio riconosciuto la persona che pagava il loro stipendio, e si limitarono a sorridere sull’attenti. Lui, invece non conosceva nessuno di loro. Non si occupava di certo lui delle assunzioni.

Fu tentato di sfilare la mano da quella di Dylan, guidato dall’abitudine ormai radicata di nascondere le sue vere inclinazioni. Ma scacciò subito quel pensiero, godendosi ancora un po’ il calore e la stretta di quella mano che tanto aveva desiderato.

In ascensore salirono fino all’ultimo piano, e fecero a piedi l’ultima rampa di scale, fino alla terrazza sul tetto. Si affacciarono ad ammirare la città che si stendeva sotto i loro occhi.

“C’è sempre pace qui. Questo posto mi è mancato, sai?” Dylan osservava estasiato il lento scorrere del fiume che attraversava la città, i riflessi dorati del sole sulla superficie dell’acqua, le mille sfumature che l’autunno regalava alle chiome degli alberi che si alternavano ai tetti della case basse. Sembrava davvero che ne sentisse la mancanza. O che lo vedesse per la prima volta.

“Anche se, devo ammetterlo, dove sono adesso di pace ce n’è anche troppa” aggiunse con un sorriso divertito.

Già. Il tuo minuscolo paesino greco...

“Sei qui di passaggio?” chiese finalmente James. “O intendi restare?”

“Questo dipende da te”.

“Non è mai dipeso da me. Se fosse stato per me , tu non te ne saresti neppure andato! E invece sei partito. Sei andato in Grecia a lavorare, a farti la tua famiglia, e chissà che altro. Mi hai lasciato qui, e io avevo tante cose da dirti, tante cose che volevo fare con te”.

“Non sempre le cose vanno come da programma, James. Ma adesso non ha più importanza, perché sono qui. Finalmente siamo insieme. E potremo fare tutte quelle cose, e anche di più”.

“Perdonami, ma sono confuso. Mi vuoi spiegare una buona volta? Quindi tu in Grecia non...”

“No, James, non mi sono sposato. A dirla tutta, non sono neanche diventato socio di mio cugino”.

James lo guardò sentendo la speranza farsi strada tra i mille pensieri negativi che ormai affollavano quotidianamente la sua testa.

“Quindi hai cambiato idea sulla Grecia? Non vorrei dire che te l’avevo detto, ma… te l’avevo detto” sbuffò ridacchiando.

“No, non è questo. Il fatto è che io non ci sono mai andato in Grecia”.

“Come?” sussurrò incredulo James, incapace di respirare.

“Non sono andato in Grecia. Non sono mai partito”.

James continuava a guardarlo incredulo. Non riusciva capire.

Se non era partito, dove era stato tutto quel tempo? Perchè non lo aveva cercato? Perchè non era tornato da lui? Troppe domande affollavano la sua mente, ed era difficile dare loro una priorità. E più ci pensava, più lo stupore lasciava il posto alla rabbia.

“E si può sapere dove sei stato in tutto questo tempo?”

Ma soprattutto, perché cazzo non mi hai chiamato!

Il vento si era fatto più insistente e faceva sventolare il bordo del lungo cappotto di James.

“Ti stai chiedendo perchè non mi sono fatto vivo con te, vero?” come al solito, Dylan era capace di leggergli dentro. Non rispose, non era necessario.

“La mattina che dovevo partire” continuò calmo Dylan, “proprio sulla strada che portava all’imbocco dell’aeroporto, è successo un incidente grave, tanto che il traffico è stato deviato e si è creato in ingorgo. E io non sono riuscito a prendere l’aereo”.

“Lo stesso incidente che mi ha impedito di arrivare da te in tempo...” quindi anche Dylan era rimasto imbottigliato, probabilmente era a poche decine di metri da lui! “Non ho mai saputo cosa fosse successo quel giorno”.

“Un taxi. E’ passato con il rosso, e ha tagliato la strada ad un furgone. Il tassista è morto sul colpo”.

“E passeggeri?” chiese distrattamente James, senza essere veramente interessato. Per lui era già sufficiente sapere a chi poter dare la colpa di averlo tenuto distante da Dylan.

“Sì, uno. Era in ritardo, aveva fretta, e ha insistito perché il tassista corresse più veloce possibile”.

“Ha ha, e tu come lo sai? Te lo ha detto lui? Lo conoscevi?” reagì James, sentendosi preso in giro.

“Era un cliente anonimo, di cui nessuno ha mai parlato. Il cliente ideale da far sparire: nessun parente negli Stati Uniti, nessun legame ufficiale, nessuno che si sia fatto avanti per rivendicare un risarcimento. Nè la compagnia dei Taxi, né l’assicurazione avevano alcun interesse ad andare a fondo con le ricerche di parenti o amici”.

“Quindi tu hai assistito all’incidente? Eri molto vicino?”

“Direi di sì. Ero nel taxi”.

James si sentì gelare.

Che significa? Anche lui era nel taxi? Ma allora...

“Sei rimasto ferito? Sei stato in ospedale? In coma?” James lo prese per le braccia, cercando con lo sguardo qualche segno di lesioni sul suo corpo, qualche cicatrice a testimonianza di tutto il tempo che lo aveva tenuto distante da lui.

“Niente coma. Niente ospedale”.

“Allora sei solo stronzo! Perché non mi hai chiamato? Perché sei sparito? E perché nessuno mi ha avvertito?”

“Te l’ho detto... Il mio telefono è andato distrutto nell’incidente, quindi niente contatti...”

“E quindi? Mi potevi chiamare tu, idiota!” lo interruppe rabbioso.

“...tutti i miei amici, te compreso, mi credevano in Grecia a rifarmi una vita” continuò imperterrito. “L’assicurazione ha attribuito tutta la colpa al guidatore, ha coperto per intero le spese dei funerali…”

Funerali?

“...e ha chiuso in fretta la pratica. E così ha fatto la polizia. Nessun dubbio sulla responsabilità, nessun conto in sospeso, nessuno insoddisfatto. Caso chiuso”.

Caso chiuso?

James era paralizzato “Ancora non capisco…”

“Eddai, James”. Dylan lo guardò con occhi dolci, dietro cui si leggeva tutta la shoccante verità.

Gli balenò davanti agli occhi l’immagine della lapide davanti alla quale si erano incontrati quella mattina.

Si concentrò al massimo. Cosa diavolo c’era scritto?

In memoria eterna…’

Strinse forte gli occhi per mettere a fuoco il suo ricordo.

..di Kristos Kanakis...’

Ma c’era dell’altro, ne era sicuro…

‘… e Dimitri Kanakis…’

“Ma tu sei… tu sei…”

...che il Signore ha voluto troppo presto con se’.

“Eh, sì James! Sono morto!”


 


 





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