Prologo
Non
aveva idea di dove si trovasse, né tantomeno di come fosse
sopravvissuto. La sola cosa che gli importava era quella di essere
sopravvissuto, nonostante tutto. Il colpo che i suoi nemici gli
avevano inferto era stato durissimo. Non era stato sufficiente ad
ucciderlo, ma quel colpo lo aveva frammentato in numerosissime parti,
che si erano sparse per tutto il mondo. Riusciva a percepire la loro
presenza, anche se non riusciva a raggiungerle. Per lui sembrava
impossibile persino muoversi. Era come se si trovasse in uno stato di
sonno profondo. Un sonno che sarebbe anche potuto durare in eterno. A
meno di venire interrotto.
Qualcosa
colpì il cavo di fibre ottiche in cui si trovava.
Non
poteva saperlo, ma la sua presenza stava causando dei problemi a quel
cavo, rallentando le comunicazioni da e verso il Giappone.
Proprio
a causa di questi problemi, da uno dei porti del Kanto, venne fatta
partire una delle navi costruite appositamente per riparare i cavi in
fibra ottica.
I
tecnici immaginavano che il cavo fosse stato danneggiato da qualche
Pokémon abissale, magari un Lanturn, e che quindi andasse
riparato
e, nella peggiore delle ipotesi, rinforzato.
Era
capitato altre volte che dei Pokémon abissali avessero
danneggiato
con i loro attacchi quei cavi, magri mentre cercavano di cacciare
alcune delle loro prede.
Non
si poteva dar loro colpa per questo. Vivevano negli abissi molto
tempo prima che quei cavi venissero posati. Quindi bisognava tenere
conto di quell’eventualità.
La
nave non era veloce. Avrebbe impiegato delle ore prima di raggiungere
il punto in cui si presumeva che il cavo fosse danneggiato. Per la
maggior parte del viaggio, la nave era governata dal pilota
automatico, in modo da permettere all’equipaggio di
concentrarsi
sul lavoro.
Appena
la nave raggiunse la zona in cui, presumibilmente il cavo era
danneggiato, gli addetti, sul ponte, calarono un sofisticato robot a
controllo remoto. Un robot costruito per poter sopportare le enormi
pressioni presenti a migliaia di metri di profondità, ma
anche per
poter lavorare precisamente. Delle caratteristiche che
collidevano e che avevano reso la progettazione e la costruzione del
dispositivo assai difficili.
Il
dispositivo, come del resto anche il cavo, era un oggetto estraneo
all’ecosistema, per questo poteva scatenare la
curiosità dei
Pokémon della zona.in funzione di questo, i progettisti lo
avevano
dotato di un sistema che produceva una frequenza radio in grado di
allontanare i Pokémon nel raggio di duecentocinquanta
metri.
Il
segnale si attivò in automatico appena il dispositivo
entrò in
contatto con l’acqua.
Lentamente,
il dispositivo proseguì la sua discesa. Sebbene non fosse un
essere
vivente, per questioni di sicurezza era meglio non affaticare il
metallo tutto in una volta.
Dopo
un po’ di tempo, finalmente raggiunse il fondale, a alcune
migliaia
di metri di profondità. A brevissima distanza dal cavo.
Gli
operatori di terra e a bordo della nave avevano una visuale garantita
dalle telecamere del dispositivo. Non erano in qualità
altissima, ma
erano sufficienti ad analizzare lo strato protettivo esterno del
cavo.
L’operatore
a bordo della nave, che stava comandando il robot, decise, per
scrupolo, di ispezionare anche zone più lontane rispetto a
quelle
indicate, non trovando dei danni visibili. Dopo aver svolto le sue
analisi, comunicò a terra quanto aveva visto. «La
protezione esterna non sembra abbia subito dei danni.»
La
risposta da terra non si fece attendere.
«Abbiamo
visto. Magari il problema è di un’altra natura.
Prosegui, sai
benissimo che non possiamo restare in questa situazione.»
L’uomo
che comandava il robot aveva attivato il braccio meccanico di
quest’ultimo, tramite un dispositivo di controllo, simile al
gamepad di una console. Era realizzato in robusta plastica grigia.
Appena
il braccio del robot entrò in contatto con il cavo accadde
qualcosa
che mai prima di allora era accaduto.
Il
robot non dava più alcun segnale. Come se fosse stato
colpito da una
potentissima scarica elettrica.
L’operatore
sulla nave si affrettò a comunicare a terra la situazione.
«Pare
che il robot sia fuori uso, si è preso una bella scossa.»
«Come?
È impossibile! Non dovrebbero accadere cose di questo
genere.
Rientrate immediatamente, dobbiamo analizzare il dispositivo.»
Dalla
nave non arrivarono risposte di alcun tipo, come se le comunicazioni
fossero state bloccate da qualcosa. Pertanto, l’operatore da
terra
fece una nuova comunicazione.
«Ora
tutto è tornato a funzionare come deve. Potete rientrare.»
«Ricevuto.»
Finalmente, dopo un’attesa apparentemente infinita,
l’addetto
sulla nave diede una risposta.
«Allora
tutto funziona come deve. Ci avete fatto preoccupare, pensavamo fosse
successo qualcosa. Ci avete fatto preoccupare!»
«Chiedo
scusa, ma sembrava che qualcosa avesse bloccato le nostre
comunicazioni. Non riuscivamo né a ricevere né a
trasmettere
alcunché»
Rispose
l’addetto sulla nave, ancora non completamente
calmo.
«Ricevuto.
Forse è un problema della zona. Anche se momentaneo. Ora
sembra che
anche il cavo abbia ripreso a funzionare, per cui potete tornare.
Sapete che questo genere di operazioni è molto costosa,
dobbiamo
evitare di stare fuori più del necessario»
«Ricevuto,
imposto la rotta di ritorno»
Rispose
dalla nave.
Quello
che né l’addetto sulla nave né il suo
collega a terra potevano
sapere era cosa il contatto tra il robot subacqueo e il cavo aveva
causato.
Il
contatto con quel qualcosa lo aveva svegliato in maniera brusca,
talmente tanto brusca che la sua prima reazione fu quella di
attaccare. Forse si trattò di una reazione esagerata, ma che
gli
aveva dato comunque la conferma di essere ancora in grado di
comandare l’elettricità. E quello per lui era
molto importante.
Era solo grazie a quest’ultima che era stato in grado di
avvicinarsi alla conquista del mondo… prima che i suoi
nemici lo
sconfiggessero.
Non
ricordava altro a parte di essere stato colpito da una grandissima
quantità di energia. Ma questo gli bastava. Desiderava
unicamente
una cosa. Vendicarsi.
In
una delle tante città del Kanto la vita scorreva nella sua
normale
frenesia. Quella era una delle zone più densamente popolate
e più
industrializzate del Giappone, e forse del mondo intero.
La
palestra della città, specializzata nel tipo
acciaio, era un
anonimo edificio in cemento in una delle tante trafficate vie della
città. Si trovava in un edificio talmente anonimo, che
avrebbe
potuto essere scambiato per uno dei tanti edifici di uffici del
quartiere.
L’interno
della palestra era un semplice campo lotta in terra battuta,
circondato da degli spalti che permettevano al pubblico di
assistere alla lotta. Anche se ultimamente gli spalti erano sempre
vuoti. Sembrava che a sempre meno persone importasse delle lotte in
palestra. E questo mandava in bestia la capopalestra. Dopotutto lei e
la sua squadra avevano fatto tanti sacrifici per giungere in quella
posizione.
Dopotutto
il lavoro da capopalestra non si limita unicamente al giudicare il
talento dei propri sfidanti e dei loro Pokémon, ma
è anche un ruolo
di responsabilità sulla città, forse persino
più importante di
quello del sindaco.
Nella
palestra erano presenti solo tre ragazze. La capopalestra era una
bella ragazza, giovane, dai capelli neri e dalla carnagione pallida,
questi cadaverica, ricordava, per certi versi Mercoledì
Addams.
Indossava una maglietta di una famosa band, un paio di jeans
strappati e delle scarpe da ginnastica. Aveva degli orecchini
d’oro.
La sua sfidante era una ragazza di un paio di anni più
grande di
lei, dai capelli castani e dalla carnagione scura. Indossava una
canadese grigia e una maglietta nera con disegnato un punto
interrogativo, realizzato in modo da sembrare la coda di un
Pachirisu. La terza ragazza era l'arbitro. Bionda e abbronzata che
indossava la divisa ufficiale da arbitro, gialla e verde con una
Pokéball stilizzata al centro della maglietta e nella parte
laterale
dei pantaloni della canadese. Lotta stava per incominciare. L'arbitro
stava annunciando le regole della sfida.
«Inizia
la sfida tra Mina, la capopalestra e Nuria, la sua sfidante. Entrambe
le allenatrici potranno usare tre Pokémon.»
Terminata
la frase, indicò la ragazza dalla parte destra del campo.
«Solo
alla sfidante è concesso di sostituire un Pokémon
prima che questi
non sia in grado di lottare. La prima mossa spetta alla sfidante. Che
la lotta abbia inizio!»
L’allenatrice
e la capopalestra schierarono i loro Pokémon
contemporaneamente.
«Metagross!
Tocca a te!»
«Heracross,
è il tuo momento!»
I
due Pokémon si trovavano agli estremi del campo, pronti a
ricevere
ordini dalle rispettive allenatrici. Si stavano studiando
l’un
l’altro, allo stesso modo delle loro allenatrici.
«Vai
Heracross, Megacorno!»
La
Heracross della ragazza iniziò a correre verso
l’avversario,
pronta a colpirlo con il suo possente corno.
«Metagross,
schiva!»
Il
possente Pokémon ferrato si spostò,
all’ultimo, quasi dando
l’impressione di esser stato colpito. La sua avversaria
rimase di
sasso. Era incredibilmente veloce.
Era
talmente sorpresa da non riuscire a muoversi.
«Metagross,
vai, usa Cozzata Zen.»
Il
Metagross della capopalestra, colpì a gran
velocità la Heracross
avversaria, facendola sbattere contro la parte inferiore degli
spalti, creando un grosso buco nel muro. Nonostante il colpo subito
la Heracross non si diede per vinta, facendo segno alla sua
allenatrice di essere ancora in grado di continuare. Entrambe le
ragazze erano sorprese.
«Te
la senti di continuare?»
La
Heracross della ragazza, nel frattempo, era tornata in piedi.
Dolorante ma ancora in grado di continuare.
«Molto
bene, Heracross, vai con Zuffa!»
La
Heracross della ragazza si avvicinò nuovamente al nemico,
pronta a
colpirlo con una raffica di pugni e calci.
«Metagross!
Ferroscudo!»
Ordinò la capopalestra.
Il
corpo del Metagross della giovane cambiò colore e
alterò la sua
struttura molecolare, diventando molto più resistente. E
potendo
facilmente sopportare i colpi inflitti dalla sua avversaria.
«Metagross,
ora, Meteorpugno!»
Il
Metagross della capopalestra sferrò un potente pugno alla
sua
avversaria, spedendola nuovamente contro la parete opposta della
gradinata.
«Heracross
non può più continuare. Il vincitore è
Metagross.»
Il
giudizio dell’arbitro era inappellabile, e la sfidante fu
costretta
alla sostituzione.
«Heracross,
ritorna, hai fatto del tuo meglio. Ora tocca a te, Umbreon!»
Un
Umbreon shiny uscì dalla Pokéball della ragazza.
La differenza
rispetto ad un esemplare normale, era il colore degli anelli sul
corpo. In un esemplare normale, gli anelli sul corpo erano gialli,
mentre negli esemplari shiny erano azzurri.
«In
caso di sostituzione, la prima mossa tocca alla capopalestra.»
Spiegò l’arbitro.
«Molto
bene, Metagross! Usa Martelpugno!»
Il
Metagross della capopalestra colpì l’Umbreon con
un potente pugno,
spedendolo, come la Heracross che ha sostituito, contro la parete
opposta della palestra.
Il
Pokémon emise un grido di dolore.
La
ragazza, dopo essersi assicurata che il suo Pokémon potesse
continuare, passò al contrattacco.
«Molto
bene, Palla Ombra!»
Davanti
alla bocca del Pokémon si formò una sfera di
colore viola scuro,
circondata da saette di energia, simili a fulmini, che poi
venne lanciata contro il Metagross nemico, che non fece in tempo a
difendersi, subendo un duro colpo. Che comunque non fu sufficiente a
sconfiggerlo.
«So
che ce la puoi fare. Usa di nuovo Martelpugno!»
Il
possente Pokémon obbedì, colpendo pesantemente
l’Umbreon nemico,
che barcollò, ma non si diede per vinto. Il suo sguardo era
quello
di chi era sicuro di poter ancora continuare.
La
sua allenatrice sembrò comprendere questa sua
volontà.
«Se
te la senti di continuare allora io sono con te. Vai con Neropulsar!»
Gli
anelli di energia oscura, generati dalla bocca del PK Lucelunare
colpirono in pieno il Metagross della capopalestra,
decretando
la sua sconfitta. La capopalestra si affrettò a
richiamarlo.
«Metagross
non è più in grado di lottare. Vince Umbreon!»
Decretò l'arbitro.
«Sei
stato fantastico. Ora riposati.»
Si complimentò la capopalestra.
«Ora
è il tuo momento Lucario!»
Un
Lucario uscì dalla Pokéball della ragazza. Pronto
a vendicare il
compagno appena sconfitto.
«La
prima mossa tocca alla sfidante.»
Decretò l’arbitro.
«Umbreon,
ritorna!»
La
ragazza richiamò il suo Pokémon, aveva subito
delle ferite e voleva
farlo riposare. E, dato che c’era, voleva tenerlo per la fase
finale della lotta. Aveva subito già dei danni e lottare
contro un
avversario appena entrato in campo non era l'ideale.
«Adesso
è il tuo turno Krookodile!»
«La
prima mossa va alla sfidante!»
Decretò nuovamente l’arbitro.
«Ok.
Krookodile, usa Fossa.»
Ordinò la sfidante.
Il
Coccodrillo Tarra/Buio, dalla pelle rossa, scavò una buca
nel
terreno. E scomparve sottoterra.
«Lucario,
usa il potere dell’aura per trovarlo e spostati.»
La
sfidante, comprendendo le intenzioni della capopalestra, e conoscendo
benissimo il potere del PK Aura, avendo in squadra un esemplare,
doveva correre ai ripari al più presto.
«Mi
senti? Muoviti il più possibile! Cerca di non farti trovare.»
Era
una situazione di stallo. Krookodile sarebbe dovuto uscire.
Il
più abile dei due avrebbe avuto un grosso vantaggio.
Il
Krookodile nemico sbucò dal terreno. Aspettandosi di colpire
l’avversario. Rimase alquanto deluso quando questi si trovava
da
tutt’altra parte.
«Lucario,
vai, usa Forzasfera!»
La
sfera di energia, dal colore azzurro, colpì il Krookodile
della
ragazza, facendolo cadere di schiena contro il terreno.
«Krookodile,
stai bene?»
Il
tono della sua allenatrice era visibilmente preoccupato. Il semplice
rimettersi in piedi del suo Krookodile, la rassicurò a
sufficienza.
«Benissimo,
attaccalo con Breccia!»
Il
Krookodile della ragazza si mise a correre contro il Lucario
dell’avversaria, per poi colpirlo. Il suo braccio si era
illuminato
di una luce biancastra.
«Lucario
schiva!»
Ordinò la capopalestra.
Il
PK, schivò all’ultimo. Talmente tanto da non far
immediatamente
capire alle due allenatrici se il contatto ci fosse stato
oppure no. La prima ad accorgersene fu la capopalestra.
«Lucario,
usa di nuovo Forzasfera!»
La
sfera di energia colpì il coccodrillo di tipo Terra Buio.
Sconfiggendolo.
«Krookodile
non può più continuare. Vince Lucario.»
Alla
sfidante restava solamente Umbreon, ancora provato dal precedente
scontro con Metagross.
Mostrava
dei segni di fatica sin da appena uscito dalla Pokéball. Era
consapevole del fatto che la sua allenatrice fosse alle strette. E
lui voleva dare il meglio di sé, per lei.
L'allenatrice,
capendo di avere la piena fiducia del suo Pokémon, ed
essendo di
mano, ordinò un attacco.
«Forza,
usa Psichico.»
L’attacco
di Umbreon sollevò in aria il Lucario della capopalestra,
cogliendo
di sorpresa tanto il Pokémon, quanto l’allenatrice.
«Lucario,
mantieni la calma. Impanicarsi non serve a nulla.»
Solo
quando la capopalestra ebbe la certezza del fatto che il suo
Pokémon
fosse perfettamente in controllo, gli ordinò di sferrare
l’attacco
definitivo.
«Molto
bene. Lucario usa Forzasfera!»
Il
Pokémon della ragazza, che ancora levitava in
aria,colpì
l’avversario con un potente attacco, sconfiggendolo.
«Umbreon
non è più in grado di lottare. La lotta
è vinta dalla
capopalestra.»
Decretò l’arbitro.
Le
due ragazze si strinsero la mano, in segno di rispetto.
«Sei
davvero forte, ma la prossima volta vincerò io, ci conto.»
«Non
pensare che saremo più teneri la prossima volta.»
Dopo
la lotta, la giovane capopalestra si era diretta in una stanza
separata della palestra, dove si sarebbe occupata di
registrare
i risultati delle ultime lotte disputate all’interno del
database
della Lega Pokémon locale, tra cui la sua vittoria di poco
prima. A
causa delle nuove disposizioni legislative, i capipalestra
non
solo dovevano consegnare la medaglia in caso di sconfitta, ma
dovevano anche registrare il risultato della lotta nel database della
lega.
Troppe
volte c’erano stati degli allenatori passati con medaglie
false.
La
stanza era piccola e non molto arredata. Solo una scrivania su cui
era poggiato un computer fisso e una sedia da ufficio, dove la
ragazza si era accomodata.
Quel
giorno il suo computer era particolarmente lento. Cosa che la
infastidiva particolarmente, lei non era esattamente una persona
paziente. Stava per tirare una manata al computer, nella vana
speranza che, con la violenza, questo diventasse più veloce.
Una
parte di lei era consapevole del fatto che il problema dipendesse
dalla rete e non dal suo computer. In ogni caso, qualcosa la
fermò
dallo scaricare la sua frustrazione sul computer.
Al
centro dello schermo del computer apparve uno strano simbolo. Per
certi versi ricordava un bersaglio delle freccette. Era formato da un
pallino circondato da due cerchi concentrici, tutti di colore rosso,
il tutto su uno sfondo nero. Contrariamente a un bersaglio, dalla
parte inferiore del cerchio più esterno partivano tre
stanghette, e,
dalla parte superiore ne partiva una.
La
ragazza, pensando a un attacco di qualche hacker o a un virus,
scattò
una foto dello schermo, con l’intenzione di
mandarla a un
amico, mago del computer.
Gli
scrisse “Ciao, scusa se ti disturbo, ma non ho idea di cosa
sia
successo al mio computer. È apparso questo strano simbolo e
non
posso fare nulla”.
Il
ragazzo le rispose poco dopo.
“Non
vedo nulla di strano. Mi sembra sia il normale programma per
registrare gli allenatori dopo le lotte in palestra.”
Nessuno
dei due poteva saperlo, ma entrambi avevano ragione.
Il
file, prima di raggiungere il telefono del ragazzo, aveva compiuto un
giro fra numerosi ripetitori, ma qualcosa nel processo
cambiò il
destino del messaggio.
Una
parte del codice che costituiva il file, intraprese un percorso
diverso. Per potersi unire ai suoi simili che avevano avuto lo stesso
destino. Tutte pronte a riunirsi in un’unica creatura con un
solo e
unico desiderio. Vendicarsi.
Proprio
in quel momento, fece capolino nella stanza una ragazza circa della
sua età, lunghi capelli rossi, occhi verdi, pelle pallida e
lentiggini.
Indossava
un abito disegnato e realizzato da lei stessa, di colore nero,
composto da una gonna ampia che le arrivava poco sopra le ginocchia.
Abito senza spalline. In vita indossava una fascia verde
chiaro.
A
completare l’outfit degli orecchini verdi.
«Certo
che ci tieni proprio al tuo lavoro! Potresti anche prenderti una
pausa!»
Commentò,
non appena entrata nella stanza.
«Certo
che potresti anche non pensare solo al tuo debutto nelle gare! Quello
sarà il decimo vestito che ti fai! Guarda che è
solo una gara!»
La
ragazza si sentì come ferita. Non era una semplice gara. Era
il suo
debutto e voleva che fosse perfetto.
«Non
sono venuta di sicuro qui per sentirmi dire questo!»
Ero
venuta per darti un biglietto per assistere alla gara, ma sembra che
non ti interessi affatto! Pensi solo alle tue lotte in palestra!»
«Ti
sbagli. È solo che penso che tu ti stia preoccupando troppo.
Vincere
un fiocco al debutto non è di certo facile. Lo sai!
«Dubiti
delle mie capacità?»
«No,
affatto. Semplicemente non voglio che tu ti illuda. Lo hai
già fatto
con le lotte in palestra. E sai com’è andata.»
«Sono
anche più matura da allora! In ogni caso prendi questo
biglietto.
Finita la gara ne riparleremo.»
«Come
vuoi!»
Mentre
le due parlavano, la ragazza al computer si accorse di come la rete
fosse tornata a funzionare regolarmente.
Per
cui poté completare rapidamente il suo compito.
Le
gare Pokémon sono tra gli eventi più seguiti a
livello nazionale.
Poco importa se si tratta di esibizioni a livello professionistico
oppure amatoriale.
Le
tribune dell’arena della città erano piene. Era
impossibile
trovare un posto libero. Questo nonostante nessun grande nome
partecipasse a quella gara.
Tutti
i coordinatori di alto livello si stavano preparando per la
prestigiosa Coppa Adriano e avevano deciso di non partecipare a
quella gara. Tutti sapevano che la Coppa Adriano stava alle Gare
Pokémon stava come il Gran Premio di Monaco alla Formula
Uno.
Per
i meno esperti, l’assenza di avversari di livello, era
un’occasione
d’oro e tutti avrebbero dato il massimo, e questo bastava per
attirare del pubblico.
Tra
tutti i coordinatori ne spiccava una, una ragazza di quindici anni al
suo debutto nelle gare. Dopo una non piacevole esperienza alla lega,
dove era stata eliminata nelle fasi iniziali, aveva deciso di provare
qualcosa di diverso. Non per forza più facile, anzi,
tutt’altro,
ma semplicemente qualcosa di diverso.
Era
tesa, come del resto chiunque alla sua prima esperienza. Anche se
faceva di tutto per non darlo a vedere. Sapeva che la prima fase era
fondamentale. Più della seconda. Nella seconda fase la sua
esperienza con le lotte sarebbe stata sicuramente di
aiuto.
Stava
iniziando la prima fase della gara, il saggio di recitazione, e lei
era la quarta a esibirsi. Aveva passato tutto il tempo prima della
sua esibizione a osservare le esibizioni dei suoi potenziali rivali.
E si era resa conto del fatto che emergere, non sarebbe stato affatto
facile.
Ora
era il suo momento. La presentatrice dell’evento la stava
annunciando.
«E
ora accogliete con un applauso di incoraggiamento per Brigit! Una
coordinatrice debuttante!»
Il
pubblico stava applaudendo fragorosamente.
Lei
ormai si trovava sul palco, davanti a migliaia di persone
nell’arena
e milioni in tutto il mondo. Doveva essere impeccabile. Tutti si
aspettavano tanto da lei.
«Jolteon,
tocca a te!»
Il
PK uscì dalla Pokéball della ragazza, con un
effetto di saette.
«Molto
bene! Lancia una palla ombra in alto!»
Il
Pokémon della ragazza eseguì il comando,
lanciando in aria una
sfera di energia dal colore viola scuro.
«Bene,
ora colpiscila con Missilspillo!»
Il
Pokémon eseguì, colpendo la sfera con una spilla
appuntita uscita
dal collare bianco. Le sfera esplose creando una polvere
luminosa.
«Bene,
ora lasciane quante ne vuoi!»
Il
Pokémon lanciò una decina di Palla Ombra verso il
cielo.
I
giudici erano perplessi, con quella tecnica, la ragazza rischiava di
offuscare il Pokémon con le sue stesse mosse, un errore
tipico dei
principianti.
«Ora
vai con Comete!»
Il
Pokémon creò un gran numero di stelle
scintillanti. Anch’esse
levitavano in aria. Nessuna delle stelle toccò le sfere di
energia
oscura. «Ora!
Usa Fulmine!»
Il
Pokémon lanciò una potente attacco elettrico, che
colpì e
distrusse le stelle e le sfere di energia. La loro distruzione
creò
una tempesta di polvere colorata.
La
ragazza fece un profondo inchino.
I
voti della giuria furono tutti alti. Era certa di esser passata alla
fase successiva, ma era anche in ansia.
Stava
guardando le esibizioni dei suoi avversari. Anche loro erano stati
bravi e avevano ottenuto delle ottime valutazioni da parte della
giuria.
Sapeva
benissimo che avere un posto nei primi otto, sarebbe stato
estremamente difficile. Sembrava che il tempo non passasse mai. Ogni
esibizione sembrava durasse ore.
«E
con questa abbiamo finito la prima fase! Ora i nostri giudici
decideranno chi passerà alla fase successiva e chi,
purtroppo dovrà
seguire il resto dell’esibizione dagli spalti. Ma non vi
preoccupate, non ci vorrà molto.»
Forse
quella frase era valida per il pubblico a casa o nell’arena,
ma non
di certo per i coordinatori e le coordinatrici.
Finalmente
sul grande televisore apparvero le foto degli otto che avrebbero
potuto partecipare alla fase seguente.
Brigit
era felicissima. Aveva passato la prima fase. Quella che temeva di
più. Ora non poteva di sicuro rilassarsi, ma era consapevole
di
avere un bagaglio di esperienza mica da ridere per quello che
riguardava le lotte. Anche se sapeva che in questo caso lo
sconfiggere l’avversario era in secondo piano. Mentre pensava
a
quelle cose, il sistema stava effettuando gli accoppiamenti. Aveva
scovato il suo primo avversario. Un ragazzo di un paio d’anni
più
grande di lei. Come lei, era un coordinatore alle prime armi, che
aveva da poco vinto il primo fiocco, e sperava di bissare il
successo.
Dopo
una breve attesa i due si trovarono una di fronte all’altro
nel
campo lotta. Si studiarono con lo sguardo.
Appena
venne data luce verde, entrambi schierarono i loro Pokémon.
Il
ragazzo schierò un Jolteon.
Lei
decise di «Iniziamo
in bellezza, Jolteon! Usa Palla Ombra!»
schierare
il suo Vaporeon.
Ordinò
il ragazzo.
Il
suo Pokémon eseguì, creando una palla di energia
oscura e
scagliandola contro l’avversario.
«Bene,
grazie dell’idea! Vaporeon, colpiscila con Geloraggio e poi
spediscila al mittente con la coda.»
Il
Pokémon acqua lanciò il potente attacco di
ghiaccio, che inglobò
la sfera di energia, che, nel processo, aveva rallentato la sua
corsa. Appena fu abbastanza vicina, spiccò un balzo e
colpì la
sfera con un movimento della coda.
Questa
venne rispedita al mittente, che venne colpito duramente. La palla si
frantumò creando delle scintille colorate. Il suo avversario
perse
un quinto dei punti.
«Passiamo
al contrattacco! Missilspillo!»
Dal
collare bianco del Jolteon del ragazzo si generarono numerosi aghi
luminosi, che si dirigevano a gran velocità contro
l'avversario.
«Vaporeon!
Usa idrovampata!»
Il
Pokémon Bollajet generò una coltre di acqua
bollente che sciolse
gli aghi.
Il
ragazzo non perse molti punti, ma a questo ritmo avrebbe perso, se
non si fosse dato una mossa.
«Forza!
Usa Palla Ombra!»
«Anche
te! Palla Ombra!»
I
due attacchi si scontrarono al centro del campo, annullandosi a
vicenda. Esplosero in una tempesta di scintille viola.
Entrambi
persero un quinto dei loro punti. Mancavano due minuti e Brigit aveva
un bel vantaggio sul rivale, anche se sapeva che non poteva di sicuro
adagiarsi sugli allori.
«Jolteon!
Chiudiamola qui! Usa Fulmine!»
«Su,
usa Acquanello per proteggerti!»
Il
Pokémon eseguì. La scarica elettrica venne
immagazzinata negli
anelli che roteavano attorno al corpo del Pokémon.
Il
suo avversario perse ulteriori punti.
«Bene
ora lanciali contro di lui!»
Il
Pokémon acquatico iniziò a eseguire
l’ordine, una sirena decretò
lo scadere del tempo. La presentatrice decretò la sua
vittoria.
Ora non doveva fare altro che aspettare che anche i suoi avversari
svolgessero la loro gara di lotta. Per conoscere il suo avversario o
la sua avversaria.
La
sua avversaria sarebbe stata una ragazza e, eventualmente, anche la
finalista.
In
ogni caso non poteva pensare alla finale prima di aver superato
quella fase.
Ora
si trovava davanti alla sua avversaria. Una giovane donna. Il suo
vestito e i suoi accessori le davano un aspetto simile a Mismagius.
che, non ironicamente era il suo Pokémon.
La
giovane coordinatrice aveva deciso di schierare di nuovo Vaporeon. E
di dare la prima mossa alla sua avversaria.
«Mismagius,
mostra la tua potenza! Palla Ombra!»
La
ragazza non ci pensò due volte. Usò la tecnica
usata in precedenza.
«Vai!
Colpiscila con Geloraggio e rispediscila al mittente con la coda!»
Il
Pokémon eseguì, facendo perdere dei punti
all’avversaria che, di
sicuro non si aspettava di vedere ripetuta una combinazione
precedentemente usata.
«Andiamo
al contrattacco! Usa Neropulasar!»
La
ragazza non ci pensò un attimo.
«Congela
il suo attacco!»
Il
Vaporeon eseguì. Gli anelli violacei erano ora ricoperti dal
ghiaccio. Altri punti guadagnati. Congelando anche Mismagius, che non
poteva muoversi.
Brigit
era quindi nuovamente di mano.
«Usa
idrovampata per sciogliere il ghiaccio!»
La
sua avversaria era stupita. Perché scongelare Mismagius?
Cosa aveva
in mente?
Il
potente getto di acqua bollente sciolse il ghiaccio e
frantumò gli
anelli, creando una combinazione d’effetto. E si,
scongelò
Mismagius, ma, nel farlo, la ferì. La sua allenatrice non se
ne
accorse.
«Bene
Mismagius; usa Palla Ombra!»
L’attacco
fu più debole del previsto. E si disintegrò prima
di arrivare
dall’avversario.
«Vaporeon,
usa Palla Ombra!»
L’attacco
arrivò a destinazione, sconfiggendo Mismagius.
«Mismagius
non è più in grado di lottare! Vince Vaporeon!»
Brigit
saltò di gioia e abbracciò il suo Vaporeon.
«Sei
stato mitico! Ora ti meriti un po’ di riposo!»
Era
riuscita ad accedere alla finale. E non aveva vinto, ma aveva
DOMINATO. Doveva comunque essere pronta per la finale.
Solo
una lotta, che, tra le altre cose, avrebbe svelato la sua avversaria,
la separava dalla finale e, forse dall’ambito fiocco.
E
in quella lotta, non sembrava che una coordinatrice prevalesse
sull’altra.
Una
aveva un Togekiss. L’altra una Lopunny.
Dopo
cinque minuti e con uno scarto minimo, vinse la prima.
Quella
ragazza e il suo Togekiss sarebbero stati i suoi avversari per la
finale.
Non
le importava, l’avrebbe sconfitta comunque. Forse avrebbe
preferito
lottare contro l’altra, ma non dipendeva da lei, dopotutto.
Era
finalmente il suo momento. Era pronta e lo stesso si poteva dire
della sua avversaria.
Lei
aveva schierato Vaporeon, la sua avversaria Togekiss.
Come
sempre diede la prima mossa alla sua avversaria. Per poi comportarsi
di conseguenza.
«Togekiss,
usa Forzasfera!»
Il
Pokémon della sua rivale generò una sfera di
energia azzurra, che
scagliò contro l’avversario.
«Vaporeon
usa Palla Ombra!»
I
due attacchi si scontrarono al centro del campo. In una spettacolare
esplosione di polvere scintillante. Entrambe le coordinatrici persero
la stessa quantità di punti.
«Togekiss
usa Aeoroattacco!»
Il
Togekiss della ragazza salì verso l’alto, per poi
scendere verso
il basso ad alta velocità.
«Vaporeon,
Geloraggio!»
Il
Vaporeon della ragazza attaccò con un potente geloraggio,
che colpì
il Togekiss in picchiata, facendolo sbilanciare e cadere a terra
prima del dovuto. Facendosi seriamente male. La sua allenatrice perse
una marea di punti. E Togekiss era parzialmente congelato e aveva
delle difficoltà a muoversi.
«Togekiss
anche se non puoi volare provaci comunque. Usa Forzasfera!»
Il
Togekiss caricò il suo attacco senza poter contare sul suo
maggior
punto di forza, il poter solcare i cieli.
«Vaporeon,
usa Palla Ombra!»
Vaporeon
generò una gigantesca sfera di energia oscura, che
inglobò la
Forzasfera nemica, senza distruggerla.
«E
ora congelala con Geloraggio e poi colpiscila!»
Il
Vaporeon eseguì. Colpendo Togekiss con un triplo
attacco.
«Togekiss
non è più in grado di lottare. Vince Vaporeon!»
Le
due coordinatrici ringraziarono i loro Pokémon e li
ricoverarono
nelle rispettive Pokéball, quindi si incontrarono al centro
del
campo e si strinsero la mano.
La
presentatrice donò il fiocco alla ragazza.
«Ecco
la vincitrice! Brigit. Complimenti, è il tuo primo fiocco!»
Da
lì in poi fu un susseguirsi di festeggiamenti, che
terminarono
diverso tempo dopo.
La
ragazza era poi tornata a casa, estremamente soddisfatta per la
vittoria. Sapeva di dovere tutto ai suoi Pokémon, a Jolteon
per la
prima fase e a Vaporeon per la seconda. Dopo aver ricevuto i
complimenti dai suoi famigliari, che avevano seguito la sua gara in
diretta televisiva, la ragazza decise di andare nella sua stanza.
Come i suoi Pokémon, che erano stati presi in cura
dall’infermiera,
aveva bisogno di riposarsi. O almeno così aveva detto ai
suoi. Il
motivo per cui era salita in camera sua era un altro.
Aveva
vinto ma non si sentiva soddisfatta. Voleva migliorare le performance
sue e della sua squadra.
E
a suo modo di vedere il solo modo per migliorarsi era studiare chi
era più esperto di lei.
Dopo
una rapidissima ricerca trovò un’esibizione di
Lucinda, una
coordinatrice del nord del Giappone.
Lucinda
aveva circa la sua età, dai capelli blu e gli occhi dello
stesso
colore.
Lucinda
era sempre accompagnata da un Piplup. Anche quando
quest’ultimo non
partecipava direttamente alle gare, faceva sempre il tifo per lei
dagli spalti vestito di rosso e con dei pon pon.
Durante
l'esibizione, la ragazza indossava un abito senza maniche. Che
passava gradualmente dal bianco della parte superiore a un blu scuro
mano a mano che si andava verso la parte inferiore. Vestito era
decorato con un colletto blu scuro, una cintura di perline bianche
trattenuta da un nastro blu scuro e balze bianche. Al colletto e alla
cintura erano attaccate alcune perline bianche e gialle, a forma di
mezzaluna, altre, più piccole, erano a forma di stella.
Indossava
dei guanti blu scuro e ai piedi, dei tacchi dello stesso colore. In
quella particolare gara aveva schierato una Buneary e un Pachirisu.
Due Pokémon di piccola taglia, ma non per questo da
sottovalutare.
La
ragazza stava prendendo appunti, sulle tecniche usate dalla ragazza e
dalla sua avversaria, a detta della presentatrice una storica rivale,
quando il filmato venne interrotto da un interferenza.
Brigit
era stupita. Queste cose non potevano accadere su internet. Al
massimo accadevano in televisione, quando qualche burlone si
divertiva a disturbare le trasmissioni.
Ma
sul suo computer…
Al
centro dello schermo si era creato lentamente uno strano simbolo.
Era
formato da un pallino circondato da due cerchi concentrici, tutti di
colore rosso, su sfondo nero. Contrariamente a un bersaglio,
dalla parte inferiore del cerchio più esterno partivano tre
stanghette, e, dalla parte superiore ne partiva una.
La
ragazza provò a cliccare sul simbolo. Ma non accadde nulla.
Pensò
che si trattasse di un qualche virus o simile. E che quindi, con
grande dispiacere, avrebbe dovuto buttare il computer. Ma,
così come
era apparso, quello strano simbolo, scomparve.
La
ragazza decise di non dare troppo peso alla cosa. Tutto si era
sistemato da sé, dopotutto, no?
A
lui non interessava della reazione delle sue vittime. Gli interessava
solamente recuperare i suoi frammenti.
Contemporaneamente,
dall’altra parte del mondo, precisamente in Francia, il
più
prestigioso collegio del Paese, il Kadic, era in fermento. Le vacanze
estive erano finite da poco e l’anno scolastico era iniziato.
Ma
tra gli anditi del collegio non si parlava di compiti e di lezioni,
ma di una notizia trapelata dalla segreteria e fulmineamente
riportata sul giornalino scolastico da Milly e Tamiya. Parrebbe
infatti che sarebbero dovuti arrivare due nuovi studenti, o meglio un
ragazzo e una ragazza. Non una novità eclatante, se non
fosse che i
due nuovi studenti sarebbero stati il monarca del torneo mondiale e
l’attuale performer numero uno. Conosciuti al grande pubblico
come
Ash e Serena.
In
molti stavano già sospettando che quell’articolo
fosse l’ennesima
storiella partorita dalle due per far parlare del giornalino.
Secondo
la loro versione dei fatti, sarebbero arrivati qualche giorno dopo
l’inizio effettivo delle lezioni e sarebbero dovuti essere
inseriti
nella seconda superiore.
Tanti
pensavano che avessero affermato che sarebbero arrivati a giorni era
un modo per pararsi qualora la notizia si fosse rivelata falsa.
Dopotutto, passato qualche giorno, nessuno ne avrebbe più
parlato.
Il
suono della campanella costrinse gli studenti a separarsi e a recarsi
nelle rispettive classi.
Gli
studenti della seconda superiore ricevettero un'accoglienza diversa
dal solito. Seduto sulla cattedra, infatti non c’era il
professor
Caggia, ma il preside, il signor Jean-Pierre Delmas. Un uomo non
molto alto, di corporatura robusta, dai capelli grigi, barba dello
sesso colore e baffi. Indossava un completo elegante marrone e scarpe
in pelle dello stesso colore.
Gli
studenti, in coro, gli diedero un cordiale saluto.
«Buongiorno
signor preside.»
Tutti
gli studenti restarono in piedi nei loro posti, finché il
preside
non fece loro cenno di accomodarsi. In quella scuola la figura del
preside era molto rispettata, quasi come una creatura mistica. Non un
minimo brusio in quella classe.
«Miei
cari studenti. Posso immaginare la vostra sorpresa nel vedermi qui,
accomodato sulla cattedra al posto del professor Caggia, ma non vi
preoccupate, arriverà presto.
Nel
frattempo ho da farvi un annuncio. Oggi accoglierete nella vostra
classe due nuovi studenti. Viste come sono andate le ultime volte,
non ritengo che per loro sarà un problema integrarsi con
voi.
Come
ben sapete, in questo prestigioso istituto è sempre stata
una
tradizione che in questo istituto sia il preside a presentare i nuovi
studenti. E questo caso non fa eccezione.
Altra
tradizione di questo istituto è la presenza di studenti e
studentesse provenienti da tutte le parti del mondo, tradizione che
anche in questo caso verrà rispettata.
I
due nuovi studenti, un ragazzo e una ragazza, provengono
rispettivamente dal Kanto, in Giappone e da un piccolo paese della
Normandia. E a parere mio e di tutto il consiglio scolastico,
contribuiranno ulteriormente a mantenere e alzare il prestigio di
questo istituto che, sin dalle sue origini, oltre centoventi anni fa,
ha sempre formato non solo allenatori e allenatrici, coordinatori e
coordinatrici, ma prima di tutto dei ragazzi e delle ragazze pronti
ad affrontare le sfide che il mondo reale riserva.
Come
voi anche loro hanno compiuto diverse sfide e come voi premono per
compierne di nuove. E siamo sicuri che saranno in grado di fornirvi
dei nuovi stimoli per migliorarvi e spero che voi facciate
altrettanto con loro. Come del resto avete dimostrato di saper fare
con tutti gli altri studenti.»
Poi,
guardando gli studenti, e notando i loro sguardi carichi di noia,
decise di tagliare corto.
«Jim,
falli entrare!»
Inizialmente
entrò un uomo di circa quarant'anni, alto circa uno e
settantacinque, di corporatura robusta, vestito con una maglietta di
un colore indefinibile, una canadese nera e delle scarpe da
ginnastica. I capelli, castano scuro, erano trattenuti da una
bandana bianca.
In
faccia aveva un cerotto, probabilmente messo lì per
nascondere un
taglio fatto con il rasoio.
Quell’uomo
era Jim Morales, professore di educazione fisica, coreografo
Pokémon e guardiano della scuola, e, come ordinatogli dal
preside,
aveva accompagnato all’interno della classe un ragazzo e una
ragazza.
Il
preside li presentò alla classe.
«Ecco,
loro sono Ash e Serena.»
I
due fecero un cenno di saluto.
Il
ragazzo aveva i capelli neri e gli occhi castani.
Indossava
una maglietta bianca con in mezzo una striscia rossa e un paio di
blue jeans. Aveva delle scarpe da ginnastica bianche di una nota
marca.
Alle
spalle un semplice zaino a zip blu. Sulla spalla un Pikachu maschio.
La
ragazza aveva capelli color miele e gli occhi azzurri. Indossava una
maglietta nera, una gonna rossa, delle lunghe calze nere e degli
stivaletti marroni.
Lei
non aveva uno zaino, ma una borsa, nera.
La
ragazza attirò come un magnete lo sguardo di Odd.
Cosa
che venne notata da Ash, che lo fulminò con lo
sguardo.
Il
biondo non ebbe pace nemmeno dal compagno di banco Ulrich, che gli
diede una gomitata nelle coste.
«Credo
che questa volta resterai a bocca asciutta!»
Odd
fece una smorfia di dolore. Sia per la gomitata sia per
l’infelice
battuta dell’amico. Era suo vanto di aver avuto almeno un
appuntamento con tutte le ragazze della classe, tranne Aelita, Sissi
e Heidi.
Non
era mai uscito con Aelita perché sarebbe stato sospetto che
un
ragazzo avesse quel tipo di appuntamenti con quella che doveva essere
sua cugina. Infatti, l'identità della ragazza era quella di
una sua
cugina proveniente dal Canada. In più ella aveva iniziato a
sviluppare dei sentimenti verso Jeremy.
Tanto
che i due si erano messi insieme.
Non
era mai uscito con Sissi, la figlia del preside, sotto consiglio
dell’amico e compagno di mille avventure Ulrich. La definiva
come
una ragazza vanitosa,
snob e viziata. Oltre che gelosa e incline a deridere o
rimproverare gli altri, come Milly o Tamiya ai suoi due leccapiedi
Nicholas e Hervé. L’ha descritta anche come molto
ficcanaso.
Nonostante
ciò, quantomeno inizialmente, la trovava carina.
Infine
non era mai uscito con Heidi, nonostante la stessa provasse dei
sentimenti verso di lui a causa di alcune incomprensioni dovute a un
attacco di Xana.
Gli
occhi della classe erano puntati tutti sui due. Sembravano quasi
degli alieni.
Ignorando
totalmente la reazione della classe, Jim si riferì ai due.
«Forse
è meglio che vi accompagni a sistemare le vostre cose. E che
vi
informi su alcune regolette.»
Il
tono del professore era quello di chi voleva essere autoritario, ma
proprio non ci riusciva.
I
due, in ogni caso, lo seguirono.
Dopo
un lungo percorso, i tre raggiunsero i dormitori. Il professore
iniziò a spiegare le regole.
«Il
piano inferiore del dormitorio è quello dove dormono i
ragazzi,
quello superiore dove dormono le ragazze. Alle dieci di notte, tutti
dovranno trovarsi nella propria stanza. Tranne ovviamente per andare
al bagno, ma non pensate di usarla come scusa. Conosco questo
edificio come le mie tasche.
Vi
ricordo che la colazione è alle sette e mezza, alle dieci e
mezza
c’è la ricreazione, quindi potete andare al bar o
alle
macchinette. Il pranzo è servito all'una e mezza, cena alle
otto e
mezza.
Dalle
otto del mattino alle quattro e mezza del pomeriggio è
vietato
entrare in camera. Tranne per dieci minuti prima e dopo pranzo per
prendere eventuali Pokémon.
L’uomo
si fermò. E i due fecero altrettanto.
«Ash…
ti chiami così?»
Il
ragazzo fece un piccolo cenno di approvazione.
«Questa
sarà la tua stanza. La condividerai con Jeremy Belpois. Dato
che ci
sei metti le tue cose qui e lascia anche il tuo Pikachu. I
Pokémon
fuori dalle Pokéball non sono ammessi nelle aule. E le lotte
e le
esercitazioni sono permesse solo in aree specifiche.»
Il
ragazzo ricevette dal professore una copia delle chiavi della stanza.
E aprì la porta.
Non
era una stanza enorme, ma nemmeno piccolissima. Due letti, due
piccoli armadi e una scrivania. La stanza era illuminata da un'ampia
finestra.
Dando
uno sguardo più approfondito alla stanza notò
sulla parete di
sinistra, sopra il letto, un poster di Albert Einstein, ritratto
mentre faceva la linguaccia. Questo gli bastò a capire che
quello
era il letto del suo compagno di stanza.
Aveva
anche notato come la scrivania fosse totalmente occupata da un
gigantesco computer fisso e di come il suo enorme peso la curvasse.Il
fatto che non si fosse spaccata, era un vero miracolo.
Aveva
notato come alla base del suo letto vi fosse una cuccetta per
Pokémon.
Posò
la sua valigia sul suo letto e si rivolse al suo Pikachu.
«Scusa
amico, ma dovrai restare qui, per ora. Poi verrò a
prenderti,
mi raccomando, fai da bravo!»
Il
ragazzo, per non far sentire Pikachu da solo, aveva fatto uscire
dalla Pokéball il suo Lycanroc.
Fatto
questo, il ragazzo uscì dalla stanza e chiuse la porta.
Sperava
che almeno Serena avesse la fortuna di avere una singola. Almeno
dalle quattro e mezza a poco prima delle dieci di notte avrebbero
potuto avere un po’ di intimità.
Il
professore gli fece cenno di aspettare. Avrebbe accompagnato la
ragazza e sarebbe tornato.
Ash
non poteva quindi saperlo subito, ma il suo desiderio si era
trasformato in realtà. La stanza della sua ragazza era una
singola.
Il professore consegnò alla ragazza le chiavi della stanza.
Come
quella del ragazzo non era enorme, ma era molto ben illuminata da
un'ampia finestra. L'arredamento era semplice. Un letto sul lato
sinistro, un armadio e una scrivania. Con un computer fornito dalla
scuola. Ai piedi del letto un tappeto rosa.
La
ragazza poggiò la valigia sul letto.
«Devi
ritenerti fortunata.»
Le
spiegò il professore.
«Questa
è la sola singola femminile rimasta.»
I
due tornarono al piano inferiore, a riprendere Ash. arrivati
lì, il
ragazzo li aspettava fuori dalla porta. Serena scambiò con
il
ragazzo uno sguardo d’intesa. Questo non venne notato dal
professore, troppo impegnato nel riaccompagnare i due in aula, dove
era in corso la lezione del professor Caggia. Fatto questo, il
professore tornò al suo lavoro.
Il
suo viaggio alla ricerca di frammenti continuava.
Kyushu,
città di Fukuoka, sud del Giappone.
Lucinda
era appena uscita dall’ospedale, dove si era recata per fare
visita
a Vera una sua carissima amica. La ragazza era imbruconata
durante una sessione di allenamento e aveva dovuto dare forfait per
quanto riguardava la Coppa Adriano.
Durante
la visita l’aveva bonariamente rimproverata per averle fatto
perdere del tempo, anche perché era consapevole che anche a
parti
invertite lei sarebbe andata a trovarla.
Il
giorno dopo avrebbe dovuto partecipare alla Coppa Adriano,
dall’altra
parte del Giappone.
Per
questo non si era potuta trattenere molto. Appena fuori
dall'ospedale, aveva preso un taxi per farsi accompagnare
all’aeroporto. Lì avrebbe preso un volo per casa
sua, l’Hokkaido.
Precisamente per la città di Sapporo. Da lì
avrebbe avrebbe preso
un treno per la città di Kushiro. Poco lontano da quella
città si
sarebbe svolta la competizione.
Il
breve viaggio in taxi, circa nove chilometri, le costò
duemila Yen.
Molto meno delle quattordicimila per il biglietto aereo. Il
più
economico che aveva trovato, compagnia low cost e classe economica.
Ma per un’amica questo e altro.
Finito
il viaggio in taxi, giunta alle partenze e superati i controlli,
salì
a bordo dell’aereo, un Airbus A320. Nonostante la frequenza
elevata
della tratta, l’aereo era stracolmo.
Lei
si trovava in un posto vicino al finestrino. Per questo si
poté
godere al meglio il viaggio. Che fu piuttosto tranquillo. Come anche
l’atterraggio. Non aveva bagagli, per cui avrebbe fatto in
fretta.
Dopo
un’altra corsa in taxi, costatale millesettecento Yen, era
giunta
alla stazione dei treni. Il che voleva dire altre diecimila Yen che
volavano. Almeno dalla stazione in poi e, per qualche giorno non
avrebbe dovuto preoccuparsi di spendere, dato che ci avrebbe pensato
l’organizzazione.
La
Coppa si sarebbe svolta alcuni chilometri fuori dalla città,
e
sarebbe iniziata il giorno dopo. Avrebbe passato la notte in uno
degli hotel della città, poi, durante la coppa, avrebbe
risieduto
nel villaggio messo a disposizione per i partecipanti.
Dopo
cena non riuscì ad addormentarsi, così decise di
fare una
videochiamata con Ash, il suo migliore amico. Sapeva che si era
trasferito in Francia, con la sua ragazza, ma nonostante si fosse
fidanzato, i due erano comunque rimasti in contatto. Sebbene non
avesse mai conosciuto Serena di persona, sapeva che, come lei, era
una coordinatrice, oltre a essere una famosa performer.
Dopo
non molto tempo Ash rispose alla sua chiamata. Erano le cinque del
pomeriggio in Francia e lui si trovava nella camera che avrebbe
condiviso con Jeremy. In quel momento era solo. Stava sistemando le
sue cose, in compagnia di Lycanroc e Pikachu. Non aveva la minima
idea di dove si trovasse il suo compagno di stanza. Ma gli importava
poco. L’aveva già visto a lezione. Tuttavia
qualcosa l’aveva
spinto a non dirgli che sarebbe stato il suo compagno di stanza. Ma
poco importava. Si era accorto del fatto che stava ricevendo una
videochiamata, proprio da parte di Lucinda, per cui
abbandonò
i suoi pensieri e rispose. Intanto Pikachu era salito sulla sua
spalla. Esplose di gioia non appena vide Lucinda.
«Ciao
Ash!»
«Ciao
Lucinda! Quanto tempo! Come va lì in Giappone?»
«Benissimo!
Sto per partecipare alla Coppa Adriano. Quest’anno
sarà vicino a
Kushiro.»
«Bene.
Immagino tu abbia studiato nuove combinazioni per la gara.»
«Non
ti sbagli! Spero che tu riesca a seguirla, vedrai, ti
stupirò. Ma…
dove sei? Ti hanno arrestato? Dico davvero, sembra che ti trovi in
carcere.»
«No,
no, niente carcere, ma non ci sei andata lontano, ci hanno dato una
borsa di studio per la scuola più prestigiosa di tutta la
Francia e
abbiamo deciso di accettare. Magari la prossima volta ti presento
anche il mio compagno di stanza.»
«Ah,
bene! Non so se hai sentito cosa è successo a Vera.»
«No,
dimmi, è da un po’ che non la sento.»
«Durante
una sessione di allenamento è caduta e, pare si sia rotta
una gamba.
Quindi ha dovuto dare forfait.»
«Spero
si rimetta presto.»
«Oh,
anche io.»
Intanto,
si sentiva qualcuno bussare nella stanza di Ash.
«Scusa,
ma ti devo lasciare. Ci sentiamo presto! Ah, giusto! Saluta Adriano
da parte mia.»
«Lo
farò! Ci vediamo!»
Poi
la ragazza chiuse la videochiamata.
Ash
si affrettò ad aprire la porta. Davanti a lui Jim Morales,
il
professore/coreografo/guardiano. Ash era intimidito. Pensava di aver
combinato qualche disastro o simili. E, farlo da appena arrivato
sarebbe stato un disastro. Ma, almeno in questo caso, le intenzioni
dell’uomo erano tutt’altro che cattive.
«Ti
aspettano ai campi lotta, vogliono che tu dia una dimostrazione.»
Ash
era contento, voleva mostrare di cosa era capace. E di cosa erano
capaci i suoi Pokémon.
«Lotterò
contro di lei?»
«Oh,
no. Niente affatto. Io sono stato un fortissimo allenatore, io e la
mia squadra abbiamo vinto decine e decine di lotte…»
«Scusi
se sono indiscreto, ma mi può dire perché non
lotta più?»
«Preferirei
non parlarne.»
Ash,
essendo lì da poche ore non lo poteva sapere, ma, per il
professore,
quelle tre parole erano una sorta di rifugio. Le aveva usate tante di
quelle volte che ormai aveva perso il conto.
I
due non parlarono per tutto il resto del tragitto, fino ai campi
lotta.
In
questo caso utilizzarono quelli all’aperto. Era una
bellissima
giornata di fine estate, tanto valeva approfittarne.
«Ulrich
Stern, sarai tu il suo sfidante.»
Il
ragazzo raggiunse l'estremità opposta del campo lotta, senza
dire
una parola. Nonostante sapesse di avere un avversario di alto
livello, voleva mostrare il suo valore. Era il campione delle lotte
in coppia, insieme a Yumi, la sua ragazza. E solo contro di lei aveva
perso il titolo delle singole.
Ash,
invece avrebbe voluto fare una bella figura con la sua ragazza. Anche
lei stava seguendo la lotta, sempre dagli spalti.
«Io
farò da arbitro. Sapete, una volta sono stato arbitro a
livello
professionistico, per le lotte del torneo della lega, ma…
preferirei non parlarne. Ad ogni modo… schierate i vostri
Pokémon
e cominciate. Sarà una lotta uno contro uno. Vince chi rende
non più
in grado di lottare il Pokémon avversario.
Si
affronteranno Ulrich e Ash. Schierate i vostri Pokémon.»
«Pikachu
ti va di lottare?»
Il
Pokémon scese dalla spalla del ragazzo e si
schierò in campo. In
attesa di sapere contro chi avrebbe lottato.
«Gallade,
tocca a te.»
Dalla
Pokéball del ragazzo uscì un Gallade. Appena
uscito si mise
immediatamente sulla difensiva.
«La
prima mossa spetta a Ash.»
«Pikachu,
su, usa Attacco Rapido!»
«Gallade
proteggiti con le braccia!»
Il
Pikachu corse a grande velocità contro
l’avversario, colpendolo in
pieno petto e facendolo sbilanciare, nonostante si fosse
protetto.
«Benissimo,
ora usa Psicotaglio!»
Le
braccia del Pokémon si estendettero e illuminarono di
azzurro. Da
esse uscirono delle lame di energia colorate. Che colpirono Pikachu,
facendolo allontanare.
«Pikachu,
usa Codacciaio per rallentare.»
Il
Pokémon eseguì, infilando la coda nel terreno e
fermandosi. Era
tornato sulle sue zampe.
«Gallade,
usa Zuffa!»
Il
Gallade del ragazzo corse verso la metà campo avversaria, e
iniziò
a tirare una serie di calci e pugni al Pikachu avversario.
«Pikachu,
non permettergli di colpirti. Usa Fulmine!»
Il
Pikachu, che si trovava in aria, eseguì, lanciando contro
l’avversario un potentissimo attacco elettrico.
«Gallade
usa Nottesferza!»
Le
braccia del Pokémon si illuminarono di azzurro, e vennero
circondate
da un’aura dello stesso colore.
«Usa
Codacciaio contro le sue braccia, prima che ti possa colpire!»
La
dura coda di Pikachu colpì le braccia del Pokémon
avversario,
annullando l’attacco e facendolo arretrare e curvare in una
posizione piuttosto scomoda.
«Gallade,
usa Psicotaglio per liberarti!»
La
coda del Pokémon pressava contro le braccia di Gallade.
Entrambi
erano in una posizione piuttosto scomoda. E l’attacco,
nonostante
la scomoda posizione del Pokémon, fu sufficiente a spedire
Pikachu
oltre i confini del campo, senza che questi potesse in alcun modo
attutire la caduta.
Tutte
le attenzioni erano puntate su di lui. Anche la telecamera di Tamiya
che, insieme all’inseparabile amica Milly stavano riprendendo
l’incontro.
Jim
si stava avvicinando al Pikachu, per comprendere se questi fosse o
meno in grado di continuare. Ma prima che potesse raggiungerlo, lo
vide rialzarsi.
«Pikachu
può ancora continuare!»
Dichiarò.
Ash
se lo aspettava. Quella lotta era niente in confronto a tante altre
che avevano affrontato. E lo avrebbe dimostrato.
«Pikachu,
usa codacciaio, mira al ginocchio.»
Il
Pikachu correva ad alta velocità contro il Gallade
avversario.
Pronto a colpirlo in un punto sensibile.
«Gallade,
tieniti pronto. Quando te lo dico devi saltare.»
Sembrava
che lo spazio tra i due Pokémon fosse infinito. Pikachu
correva,
Gallade restava fermo, sembrava che i due non si
raggiungessero
mai. «ORA!»
Gridò Ulrich.
Gallade
saltò in aria pochi istanti prima che il colpo arrivasse. La
coda di
Pikachu non lo sfiorò nemmeno. Ma nonostante questo, Ash non
era
minimamente preoccupato.
«Pikachu,
salta anche tu, e usa Attacco Rapido!»
Il
Pokémon, dandosi propulsione con la muscolatura delle zampe
posteriori, spiccò un balzo. Ora si trovava alla alla stessa
altezza
di Gallade. Pronto ad attaccare.
Nemmeno
il disperato tentativo di proteggersi con le braccia, poté
fermare
quell’attacco. Gallade era disteso a terra. Di schiena.
Dolorante.
Ma ancora in grado di lottare. Senza che il suo allenatore gli
dicesse nulla, si rimise in posizione eretta, non era tipo da
arrendersi facilmente. Come il suo avversario.
«Wow,
è tale e quale al suo allenatore! Non si arrende mai!»
Commentò
una Sissi, ancora innamorata di Ulrich, nonostante questi avesse, da
qualche tempo, una relazione stabile con Yumi. Il ragazzo era troppo
impegnato nella lotta per poterla sentire.
«Gallade,
usa di nuovo Zuffa!»
Gallade
corse di nuovo verso Pikachu, con l’intenzione di colpirlo
nuovamente con una serie di calci e colpi di lame, ma Ash non poteva
permettere che Pikachu subisse nuovamente una simile raffica di
colpi.
Questa
volta fu attendista. Gallade corse contro Pikachu. Che stava
aspettando. Per ora era tutto solo nella mente di Ash, ma presto si
sarebbe rivelato agli spettatori, che erano passati
dall’essere
poco più di una mezza dozzina, a essere oltre la
metà dei
collegiali. Data l’intensità dello scontro,
nessuno osava
proferire parola. Erano tutti in religioso silenzio, come in una
partita di tennis. In attesa di quella che, forse, sarebbe stata
l’ultima mossa, quella che avrebbe determinato l'esito
dell’incontro. Gallade correva a grande velocità,
Pikachu era
fermo. Immobile, in attesa del comando del suo allenatore.
Gallade
era in procinto di raggiungerlo. Appena due passi. Ora solo uno. Ora
era a una frazione di secondo dal colpirlo.
«ORA!
Pikachu! Codacciaio!»
La
coda del Pokémon si era indurita, diventando come una lama.
Simile a
quelle di Gallade.
La
coda di Pikachu colpì una delle gambe di Gallade, nella
parte
interna, facendolo cadere di faccia contro il terreno.
Gallade
provò a rialzarsi, ma era troppo debole.
«Gallade
non è più in grado di lottare. Il vincitore
è Pikachu!»
DichiaroJim.
Ulrich
raggiunse il suo Pokémon, e, dopo averlo aiutato a
rialzarsi, lo
ricoverò nella Pokéball.
«Non
ti preoccupare, sei stato fantastico, ora ti puoi riposare, te lo
meriti.»
Quindi
raggiunse l’allenatore avversario, e gli porse la mano
destra. Ash
fece altrettanto. I due ragazzi si strinsero la mano.
Un
gesto di estrema sportività, che venne gradito dal pubblico.
Tutti i
collegiali fecero partire un applauso.
«Sei
davvero forte. Ma la prossima volta io e Gallade ti batteremo,
vedrai!»
«Non
contarci! Anche noi la prossima volta saremo più forti,
vedrai.»
«Questi
due ragazzi vi hanno dato una stupenda dimostrazione di una lotta,
ora tocca alle ragazze, che si esibiranno in una gara di lotta.
Serena e Aelita?»
Il
fatto di non essere chiamata, fece particolarmente irritare Sissi. Le
era stata preferita la sua acerrima rivale.
Per
questo decise di andare al suo posto.
Ash,
notando questa ingiustizia, si rivolse alla sua ragazza.
«Falle
vedere chi sei.»
La
ragazza fece un cenno d’intesa. Come a intendere che lo
avrebbe
fatto comunque. Dopotutto la sua avversaria si era autoimposta. In
ogni caso Jim, la professoressa Hertz e Yolanda, l’infermiera
della
scuola si erano accomodati nel pannello dei giudici. E il professore
di educazione fisica accese il monitor.
«E
va bene. Cominciate.»
«Delphox,
tocca a te!»
«
Ralts,
brilla per me!»
Serena
era stupita. Perché mandare contro una piccola Ralts contro
la sua
Delphox? Voleva davvero regalarle una vittoria così facile o
c’era
dell’altro? Dubitava del fatto che lei fosse una
coordinatrice di
alto livello? In ogni caso la sua intromissione non venne gradita dal
pubblico, eccezion fatta per i suoi due leccapiedi.
«La
prima mossa tocca a Serena.»
Dichiarò Jim.
«E
perché non inizio io?»
Si lamentò Sissi.
«Ralts!
Palla Ombra!»
«Delphox!
Usa introforza!»
Una
delle sfere di energia create dalla Delphox di Serena si
scontrò
contro la palla di energia oscura.
«Ralts,
usa psichico per rispedirle l’attacco!»
La
Ralts della ragazza concentrò i suoi poteri e spinse le
sfere di
energia contro Delphox.
«Delphox,
distruggile con Fuocobomba!»
La
Delphox lanciò un potentissimo attacco di fuoco, simile ad
una croce
di fiamme, che distrusse le sfere di energia. E che colpì la
Ralts
avversaria. Sconfiggendola.
«Ralts
non può più continuare! Vince Delphox. Di
conseguenza la vincitrice
è Serena.»
Sissi
si allontanò senza nemmeno stringere la mano alla sua
avversaria,
con tanto dispiacere di quest’ultima.
«Serena,
ti va una lotta?»
Alla
ragazza le ci volle un attimo per capire chi le aveva fatto la
proposta. Dopo uno sguardo più attento si accorse
che a
farle quella richiesta fosse una ragazza dai capelli rosa, tagliati
corti.
Era
forse lei Aelita, la ragazza che, inizialmente doveva essere la sua
avversaria?
«Con
piacere.»
I
professori e l’infermiera, dopo la brutta figura rimediata di
Sissi, si erano allontanati. Lasciando soli gli alunni.
«Se
non vi dispiace farò da arbitro.»
Si
offrì Ash.
Le
due ragazze accettarono, dopotutto un arbitro sarebbe servito, no?»
«Bene,
schierate i vostri Pokémon!»
«Delphox,
vuoi lottare?»
La
Delphox della ragazza accettò. Dopotutto la lotta contro
quella
Ralts, non era stata nemmeno un antipasto.
«Togekiss,
conto su di te!»
Dalla
Pokéball della ragazza uscì un esemplare di
Togekiss, che iniziò
immediatamente a svolazzare per il campo di lotta.
Ash
annunciò le regole.
«Sarà
una lotta uno contro uno. Vince chi riesce a sconfiggere il
Pokémon
avversario. Che la lotta cominci!»
«A
te l’onore!»
Serena
aveva la possibilità di fare la prima mossa. Voleva
approfittarne.
«Delphox!
Usa Introforza!»
La
Delphox della ragazza generò diverse sfere di energia di
colore
bianco. Lanciandole contro l’avversaria.
«Togekiss
difenditi con Eterelama!»
La
Togekiss della ragazza generò delle lame d’aria,
che distrussero
le sfere d’energia. E avvicinandosi pericolosamente a Delphox.
«Delphox,
schiva!»
Delphox
si spostò poco prima di venire colpita
dall’attacco avversario,
che colpì il campo lotta creando una nube di polvere.
Sebbene non
venne colpita dall'attacco, era stata parzialmente accecata.
«Delphox,
usa Magifiamma!»
Delphox
creò un cerchio di fuoco con il suo bastone. Dal centro di
quel
cerchio partì una grande fiammata.
«Togekiss,
schiva! Poi usa Palla Ombra!»
Il
Pokémon si spostò dal flusso della fiammata, per
poi lanciare
contro l’avversaria una sfera di energia oscura. Nonostante
la
coltre di polvere si fosse parzialmente diradata, la visuale di
Delphox era ancora parzialmente offuscata dalla polvere. Per questo
venne colpita duramente dall’attacco.
«Delphox
puoi rispondere, usa Psichico!»
I
poteri psichici della volpe di fuoco fecero schiantare al suolo la
Togekiss della ragazza.
«Togekiss,
stai bene? Puoi continuare?»
Nonostante
il duro colpo, Togekiss si alzò nuovamente in volo.
«Molto
bene Togekiss, usa Idropulsar!»
Dalla
bocca del Pokémon della ragazza si generò un
fortissimo getto
d’acqua, che colpì in pieno la Delphox avversaria,
facendola
cadere a terra. Facendo si che si trovasse nella stessa posizione in
cui poco prima si trovava Togekiss. Ergo in una posizione di enorme
svantaggio. Togekiss volava sopra di lei. Alzarsi poteva significare
perdere l’attimo.
«Delphox!
Fuocobomba!»
Dal
bastone della Pokémon, puntando verso l’alto venne
generata una
coltre di fuoco a forma di stella.
«Togekiss!
Lancia contro una Palla Ombra!»
Il
Pokémon della ragazza dai capelli rosa eseguì.
Lanciando verso il
basso il potente attacco di tipo spettro. Che, nel suo cadere verso
il basso, incrociò e dissolse l’attacco di fuoco,
per poi colpire
Delphox.
«Delphox
non è più in grado di continuare! Quindi vince
Togekiss: La
vincitrice dell'incontro è Aelita.»
La
ragazza dai capelli rosa si avvicinò alla sfidante. Le due
ragazze
si strinsero la mano.
«Vedo
che non tutte sono come lei.»
Commentò
Serena.
«Lei
è il caso unico. È Sissi, la figlia del preside.
Imparerai a
conoscerla. Molto spesso si comporta così. Dando il cattivo
esempio.
Il suo modo di approcciarsi con gli altri lo si rivede anche nella
sua squadra.
«Capisco.
Cercherò di starle alla larga.»
Dopo
essersi salutata con Ash, Lucinda aveva finalmente preso
sonno.
La
ragazza cercò di cliccarci, per farlo sparire, ma non
ottenne il
risultato sperato. Anzi. Sentì come una piccola scossa sulle
dita.
Poi il simbolo scomparve.
La
ragazza decise di spegnere il computer e di addormentarsi. Ne aveva
visto abbastanza quel giorno. E poi tra qualche ora ci sarebbero
stati i round preliminari della Coppa. Doveva essere riposata.
Intanto,
si era fatta praticamente ora di cena. L’enorme serpente di
ragazzi
e ragazze, dopo aver condotto i loro Pokémon nello spazio
appositamente dedicato a loro, si stava dirigendo al refettorio.
Non
si parlava d'altro se non che delle lotte che erano avvenute in
precedenza.
Nessuno
pensò particolarmente a cosa avrebbero mangiato quella sera,
dopotutto, a pranzo, per via dell’arrivo dei due era andata
anche
troppo bene.
Tutto
sommato la cena non fu male. Dopo aver mangiato, il serpente di
ragazzi guadagnò il dormitorio. Avevano un’oretta
prima di dover
restare nella propria stanza. Jeremy la trascorse con i suoi amici
nella stanza di Odd e Ulrich. Ash, invece la trascorse nella stanza
della sua ragazza, ovviamente in sua compagnia.
Pochi
istanti prima delle dieci, il ragazzo e il suo Pikachu erano scesi al
piano inferiore.Ash aveva accompagnato Pikachu in camera, prima di
andare al bagno. Jeremy si congedò con i suoi amici e si
diresse in
camera sua. Come anche Aelita, che nel salire le scale, aveva
incrociato Ash.
Jeremy
entrò nella sua stanza e accese la luce. Al centro della
stanza vide
un Pikachu. Gli ci volle un attimo per capire. Non poteva essere un
esemplare selvatico. I Pikachu sono dei PK notoriamente molto
schivi. Nel boschetto vicino alla scuola ne erano presenti diversi,
ma appena vedevano una persona, scappavano. Ergo quel Pikachu doveva
essere di un qualche allenatore. Solo in un secondo momento si rese
conto del fatto che avrebbe dovuto condividere la stanza con
qualcuno. Con tutta probabilità l’allenatore di
quel Pikachu.
E
non si era sbagliato. Ash entrò poco dopo.
«Piacere…
Jeremy? Io sono Ash. Sarò il tuo compagno di stanza.»
«Piacere.»
«Devo
ammettere che mi hai sorpreso con le tue tecniche di lotta.
Hai
davvero uno stile unico.»
«Dici?
Io semplicemente studio il modo di lottare del mio avversario, ne
comprendo i punti di forza e debolezza e gli sfrutto a mio
vantaggio.»
«E
se uno dovesse improvvisare? Che fai?»
«Quando
ti capiterà mai? Una, due volte?»
«Se
non ti dispiace domani ci sfideremo. E le vedrai queste una o due
volte.»
Intanto,
mentre in Francia stava scorrendo la notte, in Giappone un nuovo
giorno stava incominciando. Questo, per Lucinda voleva dire
prepararsi e anche alla svelta, se non voleva arrivare in ritardo
alle prove finali prima dell’esibizione. E lei non era tipo
da
prepararsi rapidamente, anzi.
Per
sua fortuna, però il pullman che avrebbe portato tutti i
coordinatori al villaggio allestito appositamente per la
manifestazione, ebbe un inconveniente e tardò non poco.
Almeno
poté prepararsi con la dovuta calma e riuscì a
essere pronta pochi
minuti prima dell’arrivo del mezzo.
Il
viaggio durò una mezz’ora abbondante. Poi il
pullman si fermò,
permettendo a tutti di scendere. Il villaggio era costituito da
alcuni edifici smontabili dove i coordinatori avrebbero dormito, da
un edificio adibito a ristorante per i coordinatori e da alcune
hospitality per il pubblico.
L’arena
dove si sarebbe svolta l’esibizione era direttamente
costruita
sull’acqua.
Quel
giorno erano unicamente in programma delle esercitazioni, ma sugli
spalti era comunque presente del pubblico.
Lucinda
aveva approfittato di quell’occasione per fare le ultime
prove.
Voleva continuare la sua striscia di vittorie consecutive alla coppa
e sarebbe dovuta essere impeccabile, e la sua squadra con lei.
Quel
turno extra le fu molto di aiuto. Aveva deciso chi utilizzare sia
durante la fase del saggio di recitazione, sia durante le gare. La
Coppa Adriano non era una gara come le altre. Era valida per tutte le
regioni del Giappone, pertanto il numero di concorrenti era molto
maggiore rispetto al solito. Lucinda era comunque sicura che avrebbe
passato la prima fase. Era una delle migliori coordinatrici del
Giappone, non si sarebbe fatta scoraggiare da questo. Anzi. era uno
stimolo per mostrare quanto valesse una super coordinatrice. E
l’assenza di due rivali quali Vera, in ospedale con una gamba
rotta
e di Zoey, che aveva deciso di ritirarsi dalle gare, non
l’avrebbe
influenzata.
Era
il primo dei tre giorni di gara. Il primo era dedicato alle
esibizioni. Il giorno seguente ci sarebbero stati gli ottavi e i
quarti di finale. Il terzo e ultimo giorno, invece ci sarebbero state
le semifinali e la finale.
Lucinda
sarebbe stata la terzultima a esibirsi, per cui avrebbe potuto
saggiare il livello dei suoi avversari, prima di esibirsi.
Ora
si trovava sul palco. Vestita con il suo classico abito da gara. Ma
poco importava. Non era lei la protagonista.
«Togekiss
sonoquì!»
La
Togekiss della ragazza uscì dalla Pokéball
contornata da dei cuori.
Che, immediatamente lanciò verso il pubblico, tra gli
applausi.
Quindi
fece un volo radente con un’ala che sollevava una coltre
d’acqua.
«Togekiss
usa Forzasfera, quindi colpiscila con Eterelama.»
Il
Pokémon eseguì, creando una sfera di energia di
colore azzurro, che
poi venne colpita dalla lama d’aria. Questo
polverizzò la sfera di
energia.
«Molto
Bene! Ora usa di nuovo Forzasfera, poi inglobala in Palla Ombra.»
Il
Pokémon eseguì, lanciando verso il cielo una
sfera di energia
azzurra, per poi fare lo stesso con una sfera di energia
oscura.
Poi,
prima che i due attacchi si incontrassero, impartì un altro
ordine.
«Benissimo,
appena si toccano,colpiscile con Aeroattacco!»
La
sfera oscura inglobò quella azzurra. Ora i due attacchi
erano una
sola cosa. La sfera oscura emanava anche dei bagliori di colore
azzurro.
Togekiss
la colpì creando polveri di vario colore.
«Chiudiamo
in bellezza! Usa di nuovo Palla Ombra e Forzasfera! Poi Eterelama!»
Togekiss
eseguì. Questa volta i due attacchi non si incontrarono, ma
rimasero
sospesi alla stessa altezza. I due Eterelama gli distrussero in
polvere colorata, prima di scontrarsi e fare altrettanto.
La
ragazza si prese i complimenti da parte della giuria e uno
scrosciante applauso dal pubblico. Il suo accesso alla fase seguente
fu una semplice formalità.
Nonostante
questo ebbe un piccolo brivido, mentre guardava il tabellone in cui
apparivano i coordinatori che avrebbero acceduto alla fase seguente.
Ovviamente lei era presente tra gli otto che avrebbero avuto accesso
alla fase successiva.
Il
giorno seguente la ragazza avrebbe affrontato la prima fase delle
gare di lotta.
Non
si era curata di scoprire chi sarebbe stato il suo avversario o la
sua avversaria. Aveva iniziato a farlo qualche tempo prima e da
allora non aveva più smesso. Era riuscita a passare i quarti
di
finale senza troppi inconvenienti, e si era messa in contatto con la
madre, per raccontarle di alcuni dubbi che la affliggevano.
Aveva
chiuso la chiamata e stava per spegnere il suo portatile, ma qualcosa
la dissuase dal farlo. Al centro dello schermo del suo
portatile era apparso uno strano simbolo.
Per
certi versi ricordava un bersaglio delle freccette. Era formato da un
pallino circondato da due cerchi concentrici, tutti di colore rosso,
su sfondo nero. Dalla parte inferiore del cerchio più
esterno
partivano tre stanghette, e, dalla parte superiore ne partiva una. La
ragazza, pensando a uno scherzo, decise di cliccare sul simbolo. Una
piccola scintilla uscì dal touchpad del suo portatile. La
ragazza
non si accorse di nulla. Spense il computer e decise di dedicarsi ad
altro.
Era
giunta alla finale. E sapeva di avere tanti occhi addosso. La sua
avversaria era una super coordinatrice, come lei. E aveva schierato
un Umbreon. Lucinda aveva, invece, schierato Piplup. il
Pokémon
pinguino era avvantaggiato dal fatto di trovarsi nel suo ambiente
naturale, l’acqua. E si aspettava che Lucinda sfruttasse
questo a
suo vantaggio.
«Umbreon,
usa Neropulsar!»
Il
Pokémon Lucelunare lanciò una serie di anelli di
energia di colore
viola scuro, tendente al nero.
«Piplup,
assorbilo con Mulinello!»
Il
Pokémon della ragazza generò un gigantesco
vortice d’acqua, che
venne circondato dall’attacco avversario e che si dirigeva a
gran
velocità contro l’Umbreon nemico.
La
sua coordinatrice perse diversi punti, per questo. Ma non si diede
per vinta. Era anche lei una super coordinatrice, dopotutto.
«Umbreon
usa Psichico!»
I
poteri psichici di Umbreon sollevarono in aria il piccolo Piplup, per
poi farlo cadere in acqua. Lucinda perse una buona quantità
di
punti.
«Non
facciamoci scoraggiare, Piplup! Mulinello!»
Il
piccolo Pokémon pinguino generò un gigantesco
vortice d’acqua,
che intrappolò l’avversario. Umbreon sarebbe
affogato se il suo
allenatore non avesse reagito.
«Umbreon,
liberati! Usa palla ombra!»
Il
Pokémon lanciò il potente attacco di tipo
spettro. Le intenzioni
del suo coordinatore erano quelle di bucare la coltre
d’acqua. Cosa
che riuscì solo parzialmente. L’attacco venne
deviato verso l’alto
dalla rotazione dell’acqua, non colpendo nessuno, ma
esplodendo
semplicemente. Facendo perdere pochissimi punti alla sua avversaria.
Lucinda, capendo le intenzioni avversarie, decise di rendere la vita
difficile al suo avversario.
«Piplup,Perforbecco!»
Il
piccolo Pokémon si lanciò a gran
velocità contro il nemico, mentre
il suo becco roteava. Superò agilmente la coltre
d’acqua e colpì
l’Umbreon nemico. Facendolo cadere in acqua. Il suo
coordinatore
perse diversi punti.
Se
voleva vincere, doveva reagire. Solo che non aveva la minima idea di
come fare. Sembrava che qualsiasi mossa facesse, la sua avversaria
avesse la risposta pronta. Forse doveva improvvisare? Il tempo
scorreva. Inesorabile. Ed era il suo turno. Altri cinque secondi e
avrebbe perso metà dei suoi punti.
«Umbreon
usa…»
Prima
che potesse impartire l’ordine, il tempo massimo consentito
per
ordinare un attacco era trascorso. E il coordinatore si era preso un
cartellino giallo. Ora non aveva praticamente alcuna speranza di
vittoria. In più, avendo perso il turno, ora toccava alla
sua
avversaria.
«Piplup,
forza, usa Bollaraggio!»
Una
coltre di bolle si stava giungendo contro l’Umbreon nemico.
Il suo
coordinatore doveva reagire. O avrebbe perso.
«Umbreon
Psichico. Sulle Bolle!»
Il
Pokémon di tipo buio concentrò i suoi poteri
psichici sulle bolle,
cercando di rispedirle al mittente.
«Piplup,
difenditi con Mulinello!»
Il
piccolo Pokémon pinguino generò nuovamente un
grosso vortice
d’acqua, che, non solo lo aveva protetto dalle bolle, ma
aveva
anche colpito l’Umbreon nemico. Facendo perdere gli ultimi
punti al
suo coordinatore.
«La
vincitrice della Coppa Adriano, per la sesta volta consecutiva,
è
Lucinda!»
Al
centro dello schermo, segnapunti, per un attimo, non apparve il suo
volto, ma quello strano simbolo rosso a forma di occhio. Nessuno
sembrò notarlo. Ma tutti si accorsero del fatto che Lucinda
era
svenuta.
Quando
la ragazza riaprì gli occhi si trovava in un ospedale, nella
vicina
città di Kushiro.
La prima cosa che vide, a dir il vero, fu il soffitto della
stanza.
Un
soffitto bianco con una lampada al neon al centro. Sentì la
voce di
una donna.
«Lucinda?
Cosa ti è successo? Ricordi qualcosa?»
La
ragazza non rispose.
«In
ogni caso, per precauzione, passerai la notte qui.»
Appena
Lucinda si accorse che la donna se n’era andata, scese dal
letto e
prese il suo computer portatile. Le dita delle sue mani si mossero
come indemoniate. In quel momento non era la ragazza a
controllarle.
Aveva
fatto tutto quello che doveva. Rimise il suo computer nella borsa e
la prese. Doveva uscire da quel posto, ma non poteva di sicuro farlo
da una tradizionale porta. La sola via di fuga era la finestra. Con
tutti i rischi del caso. La ragazza si alzò dal letto e si
avvicinò
alla finestra. Guardando verso il basso si accorse di come non fosse
poi così in alto. Era al secondo piano e, poco lontano dalla
finestra c’era il tubo di scarico dell’acqua
piovana. La strada
su cui dava quella finestra era poco trafficata. Per cui aveva ottime
probabilità di successo.
Aprì
la finestra e si aggrappò al tubo. Lentamente era scesa fino
a
terra. Ora avrebbe dovuto raggiungere la stazione dei treni. Cosa che
sicuramente non poteva fare a piedi. Farlo avrebbe significato
perdere troppo tempo. E per lui il tempo era prezioso. Ogni secondo
poteva fare la differenza.
Al
Kadic era l’ultima terminata l’ultima ora di
lezione della
settimana. Per il lunedì, gli studenti di seconda superiore
avevano
un compito assegnato dalla professoressa Hertz. Fare delle ricerche
su un Pokémon selvatico incontrato. A propria scelta.
Volendo era
possibile fare un lavoro di gruppo, anche se in quel caso la
professoressa si era raccomandata di non far fare il lavoro solo a
una persona.
Jeremy,
Odd, Aelita e Ulrich avevano fatto gruppo, ovviamente, ma ancora non
avevano deciso su che specie concentrarsi. A separare il collegio dal
mondo esterno c’era un boschetto, popolato da diverse specie
di
Pokémon. Sceglierne solo una era davvero difficile. Gli
amici
stavano discutendo su chi scegliere, quando qualcosa attrasse
l’attenzione di Aelita.
La
vide appena di sfuggita, dirigersi verso il boschetto.
«Avete
visto?»
Davanti
al gruppo qualcosa passò molto rapidamente. Talmente
rapidamente da
risultare quasi invisibile.
«Cosa?»
Le
risposero i tre.
«Non
so, penso sia un Pokémon, ma non credo di averlo mai visto
prima.»
Rispose la ragazza.
«Credo
che potrebbe essere il soggetto ideale per la ricerca.»
Le
rispose Jeremy.
«Me
lo sapresti descrivere? Così posso iniziare a fare uno
schizzo.»
«Pensi
che abbia un modo particolare di lottare?»
A
chiederlo Odd e Ulrich.
«Non
ne ho la più pallida idea. Ma direi di iniziare a seguirla.
Qualsiasi cosa sia.»
I
quattro si alzarono e si diressero verso il boschetto. Non si
accorsero in alcun modo di essere seguiti.
Fecero
in modo di essere il più silenziosi possibile. Non volevano
di
sicuro spaventare quella misteriosa creatura. Qualsiasi cosa fosse.
Erano talmente presi dal non accorgersi di essere seguiti. Ash era
riuscito a convincere la sua ragazza di aver visto una strana
creatura e di volerla esaminare. La ragazza, sebbene riluttante,
aveva accettato. La sua convinzione era aumentata quando si era
accorta di come Ash non fosse stato il solo ad accorgersene.
Si
erano fermati al confine di una radura. Al centro della quale vi era
un tombino. Uguale in tutto e per tutto a quelli che si trovano nelle
strade. Solo che si trovava totalmente fuori luogo. O almeno lo era
per Ash e Serena. Per gli altri quattro quel tombino voleva dire
solamente una cosa. Doversi difendere da uno degli attacchi di Xana.
Quel tombino era solo uno dei possibili accessi alla vecchia fabbrica
in cui si trovava il Supercomputer. Ma, tra tutti, era quello che
avevano usato di più.
La
creatura, guardandosi intorno non si accorse di nessuno e aveva
ripreso il suo aspetto. Quello di una
creatura del corpo chiaro e snello, nero dal collo alla vita. Questo
dava l'impressione che la creatura indossasse un abito, raccolto in
vita con una fascia. I lunghi capelli, che erano raccolti da un
fermaglio nero, ricordavano uno spartito, mentre le braccia avevano
la forma di note musicali. Indossava un piccolo diadema sulla fronte,
portava i capelli sciolti e aveva gli occhi azzurri. E in mano aveva
un mazzo di fiori.
La
creatura, utilizzando i suoi poteri psichici sollevò il
tombino e si
infilò nelle fognature. Poi lo richiuse. I quattro
aspettarono
qualche istante, poi si calarono anche loro nelle fognature.
«Oh,
proprio come ai vecchi tempi.»
Commentò
Odd, in tono ironico.
«Avrei
preferito non averci più a che fare.»
Gli
rispose Ulrich, tappandosi il naso, per difendersi dal terribile
odore delle fognature. Jeremy e Aelita non dissero nulla. Nonostante
non si calassero nella fognatura da tempo immemore, avevano lasciato
lì monopattini e skateboard. Portarli fuori sarebbe stato
inutile.
Erano ormai vecchi, e non avrebbe avuto senso tirarli fuori.
Nonostante questo, riuscivano ancora nel loro scopo. Velocizzare la
traversata delle fognature.
Dopo
aver percorso la tratta, che nel corso degli anni precedenti, avevano
imparato a conoscere a memoria, giunsero finalmente
all’esterno. Il vecchio edificio, una ex fabbrica della
Renault,
abbandonata da anni, non era cambiata di una virgola dalla loro
ultima visita. I quattro attraversarono il ponte e giunsero
all’ingresso dell’edificio. Come da tradizione si
appesero alle
corde come se fossero liane e giunsero al piano terra. Percorsero la
breve strada che li separava dal montacarichi e appena vi furono
dentro, Aelita premette il bottone. La porta meccanica si chiuse e,
lentamente, il montacarichi scese. Erano giunti nella sala
del
terminale del supercomputer. Senza trovare tracce della creatura.
Ripresero il montacarichi e scesero fino alla sala scanner.
Qui
la videro, mentre stava depositando il mazzo di fiori di fronte allo
scanner centrale.
Appena
si accorse della loro presenza, cambiò totalmente aspetto.
La
capigliatura passò dall’essere sciolta e verde a
raccolta e
arancio. Dello stesso colore gli occhi, il diadema e la fascia in
vita, il vestito si era trasformato, ricordando un tutu. Voleva
essere pronta a lottare, tuttavia nessuno dei quattro, sembrava
avesse intenzioni bellicose. Come se tutti tenessero particolarmente
a quel luogo.
Poco
dopo l’allontanamento dei quattro ragazzi, Ash e Serena
stavano
discutendo sul da farsi.
«Cosa
ne pensi? Gli seguiamo?»
«Come
vuoi. Ma almeno siamo sicuri di non esserci presi una cantonata?»
«Sicuro.
Ti assicuro che è davvero Meloetta. È un
Pokémon molto raro. Tempo
fa ne ho incontrato un esemplare negli Stati Uniti. Che sia lei?»
Ash
aveva raggiunto il tombino al centro della radura e si era
inginocchiato, per sollevarlo.
«Sicuro
che siano entrati qui dentro?»
«Non
possono essersi teletrasportati.»
Ash
sollevò, con fatica, la lastra di ferro, e venne accolto da
un odore
pestilenziale. Dopotutto erano sempre le fogne.
«E
tu vuoi entrare la dentro? Sei folle.»
«Vuoi
farti sfuggire un’occasione del genere?»
Il
ragazzo aveva percorso l'intera scaletta, e si trovava sul
marciapiede laterale. Guardando attentamente si era accorto di come,
poggiato alla parete, ci fosse uno skateboard.
Serena
si sentì costretta a seguirlo. E anche lei aveva notato lo
skate.
Aveva anche notato che, sul legno della tavola, erano dipinte due
lettere. “Y I”. La ragazza pensò che
fossero le iniziali del
proprietario o della proprietaria dello skate.
Non
ci fece più di tanto caso.
«E
ora dove andiamo?»
Ash
si guardò attorno. E notò, nella parete
dov’era poggiato lo skate
una freccia dipinta con una bomboletta spray, che puntava proprio
davanti a loro. Sul marciapiede erano visibili le tracce degli skate
e dei monopattini.
«Seguiamo
quella freccia. Male che vada torniamo indietro.»
La
ragazza, riluttante, lo seguì. Ok che stavano insieme, ma a
volte
Ash aveva delle idee alquanto strane.
I
due proseguirono nella camminata, fino a raggiungere la fine della
fognatura. Sulla parete erano poggiati due monopattini e due skate.
Su uno degli skate, in maniera simile a quello trovato
all’ingresso
della fognatura, solo che in questo vi erano scritte le lettere
“U
S”. La fognatura terminava con una griglia che
separava la
fognatura dalla Senna. Il fiume che attraversava Parigi. Lì
stesso
doveva esserci un tombino aperto, che permetteva di risalire.
Contrariamente a quella precedente, in questa i gradini partivano da
più in alto. Ash si offrì di fare da scaletta per
permettere alla
sua ragazza di salire e di tornare a respirare aria pulita. Poi
salì
anche lui.
Si
trovavano poco davanti a un ponte di ferro che conuceva a una
fabbrica abbandonata. La scritta Renault, in nero era scolorita.
Quell’edificio doveva essere abbandonato da molti anni.
Guardandosi
attorno i due si accorsero di quanto lontano si trovassero dal
collegio. Da quel ponte erano appena visibili i tetti dell'edificio.
Si erano avviati all’interno della fabbrica. La scala che un
tempo
permetteva un facile accesso al piano inferiore era caduta
chissà
quanti anni prima. Ash notò delle corde di metallo
dall’aria
robusta.
«Che
ne pensi? Vuoi provare emozioni forti?»
Le
propose Ash, cercando di non ridere.
«Sicuro
che reggano? Sono più vecchie di Matusalemme!»
Gli
rispose la sua ragazza, che, come spesso accadeva, faceva la voce
della ragione.
«Hai
ragione, meglio cercare un’alternativa.»
I
due percorsero il ballatoio, alla ricerca di una seconda scala.
Intanto poterono osservare l’interno della fabbrica. Che, per
certi
versi ricordava una discarica. Carcasse di auto, lattine e bottiglie
di birra, pneumatici, rifiuti elettronici, materassi, lastre di
eternit e quant’altro.
«Possibile
che un Pokémon raffinato ed elegante come lei faccia visita
a un
posto così rosso e sporco?»
«Hai
detto che aveva un mazzo di fiori? Magari ha perso un amico o
un’amica qui e, avendo assimilato dagli esseri umani la
tradizione
di portare dei fiori. Sai, potrebbe essere interessante per la nostra
relazione.»
Ash
fece un semplice cenno di approvazione. La sua attenzione era
focalizzata sulla scala che conduceva al piano terra. Sembrava
abbastanza solida. I due scesero al piano terra. Dando uno sguardo
generale, non trovarono alcuna traccia di Meloetta. Erano giunti
davanti alla struttura del montacarichi. Poiché
quest’ultimo si
trovava a un piano inferiore, era possibile guardare
all’interno
della tromba. Erano ben visibili i cavi che reggevano il montacarichi
e sembravano ben tesi. Ash si stava sporgendo all’interno
della
tromba.
«Ash,
cosa fai? Sei matto?»
Ash
non le rispose.
«Sembra
che l’ascensore non sia precipitato.»
Aggiunse
la ragazza.
«E
allora chiamiamolo.»
Ash
premette il pulsante per chiamarlo. Certamente non si aspettava che
funzionasse. Quella fabbrica era abbandonata da moltissimi anni. Non
c’erano motivi per cui doveva esserci la corrente.
Il
rumore di un vecchio motore elettrico ruppe il silenzio
dell’edificio.
I
quattro al secondo piano interrato si accorsero del rumore.
«Che
succede?»
Si
chiese retoricamente Odd. tutti avevano sentito il rumore
dell’ascensore.
«Sarà
Yumi. Magari non trovandoci a scuola o all’Hermitage,
avrà pensato
di cercarci alla vecchia fabbrica.»
Gli
rispose Jeremy. Con il suo solito fare razionale.
«Si,
può essere.»
Il
montacarichi era salito al piano terra. Ash e Serena ci salirono
dentro. Quindi il ragazzo premette il pulsante per scendere. Una
serranda di metallo si abbassò e, molto lentamente
l’ascensore
giunse al primo piano interrato. La serranda si alzò,
facendo spazio
a una porta meccanica, che si aprì. Balzò agli
occhi di entrambi
come quella porta stonasse con l’edificio. Era troppo
moderna. Ma
quel pensiero durò ben poco. La stanza in cui erano entrati
ricordava un film di fantascienza. Era illuminata da delle deboli
luci al neon di colore verde e interamente rivestita di pannelli
metallici.
Al
centro della stanza si trovava una strana apparecchiatura. Il suo
aspetto intimoriva. Ricordava un braccio meccanico. Con le travi di
metallo a fare da scheletro e i cavi a fare da muscoli.
Accanto
a questa apparecchiatura, sul pavimento vi era una sorta di
pedana.
Poco
lontano dallo schermo si trovava una poltrona. Era posata su una
piattaforma girevole, a sua volta posata su una sorta di monorotaia
che portava la poltrona fino al monitor.
Ash
guardava quell’attrezzatura con occhi sognanti. Avrebbe
potuto
esaminare quelle attrezzature per ore. Ma non poteva dimenticare il
motivo per cui erano lì.
I
ragazzi, al piano inferiore, si accorsero di come il montacarichi non
era giunto nella sala degli scanner, ma si era arrestato
prima.
«Non
credo che sia Yumi. Se fosse stata lei, sarebbe scesa subito qui,
qualora non ci avesse trovati nella sala del supercomputer.»
Tutti
guardano Aelita. Aveva effettivamente ragione. Non poteva essere la
loro amica. Ma se non era lei, allora chi era?
Al
piano di sopra, dopo le notevoli insistenze della ragazza, Ash aveva
accettato di continuare a cercare Meloetta. I due erano saliti nel
montacarichi. Diretti al piano inferiore. Ash aveva alte aspettative
su quello che avrebbe potuto trovare al piano inferiore.
Il
montacarichi ci mise diverso tempo per scendere al piano inferiore.
La serranda si sollevò e un’altra porta meccanica,
simile a quella
precedente, si aprì.
Ash
non si accorse della presenza dei quattro ragazzi e di Meloetta, che
era passata alla forma Danza. Il suo sguardo era posato tre
dispositivi metallici che ricordavano dei sarcofagi. O delle cabine
doccia. Erano aperte e realizzate in metallo dorato. Dalla parte
superiore dei dispositivi partivano degli enormi fasci di cavi che
andavano verso l’alto. Verso la stanza dove si trovava quello
strano dispositivo.
Ash
sentì una mano fermarlo. Era la mano di Serena.
«Non
ti sei accorto di nulla?»
Gli
disse sottovoce. Per non farsi sentire. Tutti e quattro i ragazzi si
erano girati verso Ash e Serena.
«Posso
spiegare…»
Ash
cercò di difendersi. Ma come poteva? Era entrato in una
proprietà
privata, e di sicuro nessuno gli aveva dato il permesso di farlo.
La
sua ragazza prese le redini della situazione.
«Abbiamo
visto Meloetta e l’abbiamo seguita. Immagino come voi. Quindi
siamo
sulla stessa barca. O almeno credo. Solo che…»
«Solo
che?»
Le
chiese Aelita.
Meloetta,
sentendosi chiamata in causa, era diventata invisibile.
«Solo
che sembra che voi conosciate questo posto. Abbiamo visto dei
monopattini e degli skate poggiati contro la parete. E abbiamo visto
delle tracce per terra.»
Ash
non aveva mai visto quel lato da investigatrice della sua
ragazza.
«Ok.
Ci avete scoperto.»
Jeremy
rispose alla ragazza.
I
quattro amici si scambiarono uno sguardo d’intesa. Ash e
Serena non
si accorsero di nulla.
«Venite
con noi.»
Gli
invitò Aelita.
I
sei salirono sull’ascensore. Diretti a un piano ancora
più
interrato. Dopo un tempo che pareva infinito, i sei si trovavano nel
terzo piano interrato della fabbrica.
Appena
la porta di protezione si aprì, dal terreno uscì
una sorta di
struttura costituita da una piattaforma circolare alta una sessantina
di centimetri e da un cilindro alto circa due metri al centro di
esso.
Il
tutto era di colore verde scuro e rivestito da svariate placche in
oro. Appena uscito dal pavimento, del liquido di raffreddamento
colò
dal dispositivo.
«A
te l’onore.»
Jeremy
si riferiva ad Aelita, che, come gli altri, era scesa dal
montacarichi, e si era, quasi istintivamente, avvicinata allo
strano dispositivo verde e oro. Permette un pulsante sul corpo del
dispositivo. Lo sportellino si aprì e ne uscì un
interruttore a
leva. Aelita chiuse gli occhi e abbassò la leva.
Dopo
qualche istante il rivestimento dorato iniziò a brillare,
quindi il
dispositivo tornò nelle profondità della fabbrica.
Ash
e Serena si scambiarono uno sguardo che valeva più di mille
parole.
Quello che stavano vedendo era la realtà o un sogno?
Cos’erano
tutti quei dispositivi? Come potevano quei quattro conoscere tutti
quei segreti?
I
quattro risalirono sul montacarichi. Ulrich fece segno ai due di
seguirli. Il montacarichi risalì fino al primo piano
interrato. Ora
la stanza era illuminata dagli schermi della postazione di controllo.
Il dispositivo aveva appena terminato di caricare il sistema
operativo del Supercomputer.
Jeremy
si accomodò sulla poltroncina, che percorse la distanza fino
alla
postazione di controllo. Gli altri cinque lo seguirono. Il ragazzo
fece girare la poltroncina nella loro direzione. Quindi
iniziò a
spiegare.
«In
questa vecchia fabbrica si trova un supercomputer che al suo interno
cela un mondo virtuale chiamato Lyoko, al quale si accede tramite
quei dispositivi che si trovano al piano di sotto.
All’interno
del supercomputer e poi nella rete risiedeva una pericolosa
intelligenza artificiale chiamata Xana. Aveva il potere di
controllare qualsiasi cosa riguardasse
l’elettricità e il
suo obiettivo era ucciderci per poter conquistare il mondo. Attaccava
sulla Terra attraverso degli spettri polimorfi…»
«Hai
detto spettri?»
Il
tono di Serena era spaventato. Poteva accettare mondi virtuali,
intelligenze artificiali con istinti omicidi, supercomputer
all’interno di fabbriche abbandonate, ma non che ci fossero
nel
mezzo degli spettri.
«Certo,
come no! E voi pensate che me la beva?»
«Non
ci credi? E allora te lo dimostreremo.»
Il
tono di Odd intendeva lanciare una sfida. Aveva preso le parole del
ragazzo assai sul personale. Tanto da offrirsi per il viaggio nel
mondo virtuale.
«E
va bene. Andate pure alla sala scanner.»
Odd,
Ash e Serena scesero al piano inferiore. La sala degli
scanner.
Il
biondo entrò in uno di essi. Appena Jeremy ebbe la conferma
che il
ragazzo fosse entrato all’interno del dispositivo,
iniziò la
procedura. Una procedura che aveva imparato a conoscere a memoria.
Dagli altoparlanti della stanza era chiaramente udibile la voce del
ragazzo.
«Scanner
Odd.»
Nella
stanza si iniziava a sentire un rumore simile a quello di un
ventilatore. All’interno dello scanner, Odd era stato
sollevato e
scannerizzato da una luce verde. Il supercomputer lo aveva
riconosciuto.
«Virtualizzazione!»
«Si,
come no!»
Commentò
Ash. Non era un tipo avvezzo a queste cose, ma, nel corso del tempo
era diventato un minimo furbo. Anche se, vedendo il dispositivo
riaprirsi, in una nuvola di vapore, dovette ricredersi. Il ragazzo
era scomparso. Provò anche a infilare una mano. Ma niente.
Il
dispositivo era vuoto.
«Se
volete potete anche salire.»
Gli
esortò Jeremy.
I
due seguirono il consiglio del ragazzo e giunsero al piano superiore.
Rimasero entrambi stupiti nel vedere, sullo schermo del dispositivo,
quello stesso ragazzo. Si trovava nel bel mezzo di una foresta. Una
foresta che era palesemente finta. Sembrava fosse uscita da un
videogioco. Il ragazzo, che ora indossava una tuta aderente
principalmente viola e gialla, con diverse caratteristiche che gli
davano un aspetto felino, come la mani, che ricordavano zampe, e la
lunga coda, si trovava nei pressi di una costruzione che,
agli
occhi di Ash e Serena appariva come una gigantesca candela, collegata
al terreno con delle radici scure. In cima, come una fiamma,
risplendeva un alone bianco.
«Quella
è una torre con ripetitore. Se vuoi puoi farti un giro negli
altri
settori di Lyoko.»
Odd
non rispose. Si era già messo in moto, per percorrere la
breve
distanza che lo separava dalla Torre.
«Certo
che senza i mostri di Xana, questo posto è davvero un
mortorio!»
«Dobbiamo
ricordarti il sacrificio per ucciderlo?»
Odd
si stette zitto.
Era
entrato nella torre. Le pareti erano costruite da continui flussi di
dati di colore azzurro. Sul pavimento quello che i quattro avevano
imparato a conoscere come “Occhio di Xana” ma che a
Ash e Serena
appariva semplicemente come un pallino circondato da due
cerchi
concentrici, di un colore tra il bianco e l'azzurrino, dalla cui
parte inferiore del cerchio più esterno partivano tre
stanghette, e,
dalla parte superiore ne partiva una.
Il
ragazzo si era buttato dal bordo della piattaforma e, con un agile
atterraggio, aveva raggiunto la torre successiva.
Vi
uscì e ora si trovava in mezzo al deserto. Anche questo
appariva
innaturale. Ampi spazi colorati di un arancio-rosso, qualche arbusto
secco e delle pietre.
Dopo
qualche passo, il ragazzo entrò nuovamente nella Torre.
Percorrendo
un percorso simile e ritrovandosi ora in mezzo ai ghiacci. I colori
dominanti erano l’azzurro, il bianco e il blu scuro.
Alcune
lastre di ghiaccio virtuale ondeggiavano su dell’acqua
virtuale. Il
ragazzo rientrò di nuovo nella Torre, per l’ultima
volta quel
giorno. E ora si trovava nel settore delle montagne. A dominarlo un
colore violaceo e delle nuvole. Il tutto appariva chiaramente
irrealistico.
Sulla
terra Ash e Serena erano ancora più stupiti. Quei quattro
non
mentivano.
«Bene,
ora, se volete accoglierlo, io avvio le procedure di rientro.»
Ulrich,
Ash e Serena presero il montacarichi, diretti al piano inferiore.
Appena smise di sentire il rumore dell’ascensore
avviò le
procedure di rientro. Il corpo virtuale del ragazzo si stava
lentamente disgregando. Lo scanner centrale si era chiuso. E si
iniziavano a sentire rumori simili a quelli precedentemente
uditi.
Le
porte del dispositivo si aprirono e Odd ne uscì. In una
nuvola di
vapore.
«Avevo
quasi dimenticato che i viaggi virtuali fossero così tanto
traumatici.»
Commentò,
in tono ironico.
Aspettato
qualche istante per farlo riprendere, i quattro salirono di nuovo
nella stanza della postazione del supercomputer.
Jeremy
stava pigiando rapidamente una serie di tasti della tastiera. Le sue
dita danzavano sull’ampia tastiera, ingiallita dal tempo.
«Cosa
stai facendo?»
Gli
chiese Ash.
«Molto
semplice. Farò in modo da farvi dimenticare ogni cosa
riguardo
Lyoko, riguardo la fabbrica, ma anche riguardo a Meloetta.»
«Credo
che questo non lo dimenticherai facilmente.»
Serena
diede un bacio in bocca a Ash, che rimase alquanto stupito.
«Ad
ogni modo.»
Il
tono di Jeremy si fece serio.
«Ritorno
al Passato! Ora!»
Dalla
piattaforma accanto allo schermo uscì una luce bianca
accecante, che
prima avvolse l’intera fabbrica, poi l’intera
Parigi, quindi
tutta la Francia, l’Europa, il pianeta Terra, il Sistema
Solare, la
Via Lattea. L’universo intero.
Per
lui non era un problema. Aveva già trovato la sua vittima e
l’aveva
già posseduta. Avrebbe solo dovuto ripetere
l’esibizione e evitare
di svenire.
Lucinda
aveva vinto la sua sesta Coppa Adriano. O meglio Xana aveva permesso
al suo burattinaio di vincerla. Ma ora doveva essere lui a prendere
le redini della situazione. E doveva farlo nel modo meno traumatico
possibile. La fuga dall’ospedale era stata problematica. Per
raggiungere Sapporo aveva dovuto picchiare una poliziotta e guidare
la sua auto fino alla stazione dei treni. Quella volta avrebbe fatto
le cose più progressivamente. Ma le cose non andarono poi
diversamente. Come se lo svenimento della ragazza non dipendesse da
lui. La ragazza venne caricata in un'ambulanza e portarla in uno
degli ospedali della vicina città di Kushiro.
Doveva
trovare un modo di scappare. O il suo piano sarebbe fallito. Per sua
fortuna, le persone che avevano soccorso la ragazza, avevano portato
i suoi effetti personali. La borsa con i vestiti, il computer
portatile e una stampante portatile.
Durante
la breve permanenza in ospedale, aveva già provveduto a
comprare il
biglietto per il treno diretto a Sapporo e per l’aereo, da
quella
città a Parigi. E a stamparli. Per far fronte a quelle spese
e alle
altissime spese della retta dell’istituto, avrebbe preso il
denaro
dai conti di una multinazionale, coprendoli come spese di gestione e
mantenimento. Per far sì che il suo burattino si trovasse
nelle
migliori condizioni possibili, aveva prenotato i viaggi in aereo in
prima classe. Solo per i voli avrebbe estratto dai conti
dell’azienda
oltre ventisettemila euro. Certo, era in Giappone. La valuta locale
era lo Yen, ma Xana era abituato alla Francia, per cui ragionava con
quella valuta.
Per
non parlare poi delle migliaia di euro mensili per la retta del
collegio. Ma non era un suo problema. Il giorno dopo il suo arrivo,
il preside, il signor Jean-Pierre Delmas avrebbe accolto Lucinda a
braccia aperte.
Ora
però doveva fuggire. E di sicuro non poteva farlo dalla
porta di
ingresso. Saeva che, come in precedenza, la sola via di fuga era la
finestra. Dal momento in cui tutti gli eventi mondiali erano andati
esattamente come prima, si trovava nella stessa stanza. Al secondo
piano. Poco lontano dal tubo di scarico della grondaia. La ragazza
ricoverò Piplup nella Pokéball. Per non avere un
peso morto. La
ragazza, controllata da Xana, usò quel tubo come via di
fuga. E si
trovò nella strada su cui dava il retro
dell’ospedale.
La
notizia dello svenimento della coordinatrice alla Coppa Adriano era
già stata diffusa, tanto dalla televisione quanto dalle
radio.
Percorse una buona distanza a piedi. Osservando attentamente
l’ambiente circostante. Xana, attraverso gli occhi della
ragazza,
aveva notato come una signora di una certa età parlasse con
una
donna dentro una strana berlina. Nera nella parte inferiore, fino a
circa l’altezza della cintura, e da allora bianca. Sul tetto
delle
strane luci.
Aveva
sentito l’anziana ringraziare la donna a bordo
dell’auto. Per cui
aveva deciso di emularla.
Si
avvicinò all’auto bianca e nera.
«Scusi.
Dove Treno?»
«Tu
sei Lucinda? Non dovresti essere ricoverata dopo il tuo svenimento?
Sali che ti riaccompagno.»
La
ragazza, meccanicamente, salì a bordo.
«Dove
Treno?»
«Ti
porto all’ospedale. Domani potrai partire. Oggi è
meglio che tu
stia lì per la notte.»
L’auto
guidata dalla donna iniziò a muoversi. Xana stava osservando
ogni
singolo movimento. Condurre quel mezzo non doveva poi essere
così
complicato. Certo. Per farlo prima doveva liberarsi della persona che
lo stava conducendo. Toccò una spalla della poliziotta, che
cadde
come in un sonno profondo. Ora era al comando delle
operazioni.
Per
prima cosa prese la radio dell’auto. Per comunicare con la
stazione
di polizia. Imitando alla perfezione la voce della donna. In modo
così fedele da non far sospettare nulla alla sua
interlocutrice.
«Dove
treno?»
«Mi
hanno detto che ti dovevi occupare di quella ragazza. Poi, in che
modo parli? Ma lo hai fatto il turno di riposo?»
«Sistemata.
Dove treno?»
«Segui
le indicazioni stradali. E la troverai. Poi, mi raccomando,
riposati.»
La
ragazza seguì le indicazioni. La strada in cui si trovava
sbucava
sulla strada principale. E su quest’ultima si trovavano le
indicazioni per la stazione dei treni. Con qualche scossone,
riuscì
a raggiungerla e a salire a bordo.
Il
viaggio in treno fu tutto sommato tranquillo. Il suo burattino era
arrivato a Sapporo sano e salvo. Con i suoi bagagli.
Approfittò di
un bancomat per prelevare del denaro. Sarebbe servito per pagare il
taxi. Nulla di più facile. Gli bastò toccare il
dispositivo per far
si che vomitasse una grossa quantità di denaro.
La
ragazza raccolse sino all’ultima banconota.
Ora
era fuori dalla stazione. Trovare un taxi nei paraggi non fu
difficile. Anzi. Aveva semplicemente l’imbarazzo della
scelta. Ne
scelse uno tra i tanti. Il tassista, un uomo sui
quarant’anni,
prese la sua borsa e la mise nel cosano. Quindi aprì la
porta alla
ragazza. E la chiuse non appena ella e il suo Piplup
entrarono.
«Oh,
ma lo sai, una giovane coordinatrice con un piccolo Piplup hanno da
poco trionfato alla Coppa Adriano! Deve essere stato emozionante.»
La
ragazza non rispose. Piplup fece un cenno di orgoglio.
«In
ogni caso… dove la porto?»
«Aeroporto.»
La
laconica risposta della ragazza bastò all’uomo,
che l’accompagnò
fino all’aeroporto. Ricevendo un compenso ben
maggiore di
quello necessario.
La
ragazza riprese la borsa. Al suo interno anche il biglietto aereo per
la lunghissima tratta Sapporo Parigi.
Aveva
ancora del tempo. Si guardò attorno e si accorse di come
ogni
persona avesse dei vestiti diversi. Anche persone di età
sovrapponibili, mentre il suo burattino aveva ben pochi cambi.
Visitò
diversi negozi dell’aeroporto. Comprò diversi
pantaloni, svariate
gonne, biancheria, magliette, giacche, accessori. Oltre che delle
valigie. Con il biglietto pagato aveva diritto a trentadue
chilogrammi di bagaglio. E voleva sfruttare fino all’ultimo
grammo.
Cosa che riuscì alla perfezione.
Aveva
superato tutti i controlli del caso ed era salita a bordo del Boeing
777. In prima classe. Ovviamente. La prima classe era occupata da
uomini e donne d’affari, con delle voluminose
ventiquattr'ore.
Accorgendosi del fatto che era la sola ad avere un Pokémon e
che
questo avrebbe potuto causare dei problemi, decise di ricoverare
Piplup nella Pokéball. Lo avrebbe fatto uscire solo
all’aeroporto
di Tokyo, dopo poco più di un’ora e mezza di volo.
Qui avrebbe
dovuto attendere circa due ore e mezza. Recuperato il bagaglio,
decise di far uscire Piplup dalla Pokéball. Per permettergli
di
sgranchirsi. Secondo i suoi calcoli era altamente improbabile che in
prima classe vi fossero dei Pokémon. Tuttavia decise di
aspettare
prima di ricoverarlo. Vi era una remota possibilità che
altri
allenatori lasciassero i loro Pokémon fuori dalla
Pokéball.
Questa
remota possibilità si avverò. Altri allenatori,
nella prima classe
di quel Boeing 747 avevano lasciato i loro Pokémon
liberi.
Potè
così lasciare Piplup libero, senza doverlo far entrare nella
Pokéball. Il viaggio era lunghissimo, quasi
quindici ore.
Per fortuna, nel costoso biglietto, il cibo, sia per gli allenatori
che per i Pokémon, era compreso. Xana doveva assicurarsi che
il suo
burattino stesse bene. E nutrirsi era un buon modo per farlo.
Passò
una buona parte del viaggio dormendo. Si svegliò giusto
prima
dell’atterraggio. In Germania, a Francoforte sul
Meno.
Anche
qui avrebbe dovuto attendere poco più di due ore. Ma ehi!
Era
arrivato in Europa! E il suo burattino era in perfetta salute.
La
gente, in Germania, non aveva riconosciuto la famosa coordinatrice
giapponese. Il che era un bene, per Xana. la ragazza si diresse a un
bancomat, dove, come aveva fatto in precedenza, fece sì che
erogasse
una grossa quantità di denaro. E
Euro.
Una valuta che ben conosceva.
Si
accorse di come molte persone si stavano dirigendo verso un locale,
dove servivano del cibo. Così Xana decise di fare lo stesso.
Aveva
ancora del tempo. E se tutte quelle persone andavano a mangiare,
voleva dire che era ora di farlo.
Dopo
aver mangiato era finalmente il momento di prendere il terzo e ultimo
volo di giornata. Questa volta in classe business, su un Airbus A321.
Poco male. Il volo sarebbe durato poco. Meno di un'ora e
venti.
Arrivata
nella capitale francese, ora la sua preoccupazione era trovare un
alloggio. Preoccupazione che durò poco.
Nell’aeroporto, un
servizio navetta poteva portare i passeggeri dei voli a un alloggio
notturno. Una sorta di bed and Breakfast. Per sua fortuna servivano
la colazione sin dalla mattina presto, per cui avrebbe potuto
raggiungere il collegio in un orario decente. E permettere alla
ragazza di essere accolta simbolicamente tra le braccia del signor
Jean Pierre Delmas. E poi tra quelle dei suoi nemici.
Il
viaggio temporale si era sentito anche in Francia. Il tempo si era
riavvolto fino alla ricreazione. Poco prima dell’inizio della
lezione della professoressa Hertz.
Aelita,
Odd, Jeremy, Ulrich e Yumi si trovavano ai distributori automatici.
Stavano approfittando della pausa per bersi un cappuccino.
«Pensate
che non me ne sarei accorta?»
Il
tono di Yumi era arrabbiato.
«Credimi,
Yumi, era fondamentale. Avevano scoperto la vecchia fabbrica. E
dovevamo proteggere il nostro segreto.»
Le
rispose Jeremy.
«Chi
vi ha scoperto?»
«Ash
e Serena. I due nuovi arrivati. La Hertz ci assegnerà un
compito,
una ricerca su un Pokémon selvatico a nostra scelta. Presto
apparirà
un Pokémon molto raro, e noi lo seguiremo. Tuttavia Ash e
Serena ci
seguiranno.»
Le
spiegò Jeremy.
«Quindi
vuoi che li distragga?»
«Lo
faremo insieme. Proporremo loro una lotta in doppio, così
Jeremy,
Odd e Aelita potranno occuparsi di quel Pokémon.»
«Accetto,
soprattutto perché voglio vedere se Ash è
così forte come dicono.
Ma fate attenzione. Passate dall’Hermitage e non dal bosco.»
«Certo.»
La
lezione della professoressa Hertz si era svolta. Esattamente identica
a com’era avvenuta in precedenza. La professoressa aveva
assegnato
esattamente lo stesso compito. Con le stesse identiche
modalità.
Puntuale
con un orologio svizzero Meloetta apparve. Con lo stesso mazzo di
fiori.
Jeremy,
Odd e Aelita avevano raggiunto l’Hermitage. La casa dove
Aelita
aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita precedente. La villa
presentava un collegamento con la fognatura che portava alla
fabbrica.
Ulrich
e Yumi avevano visto Ash e Serena vicino a loro.
Il
ragazzo, che aveva un minimo di confidenza con Ash, si
avvicinò a
quest’ultimo. Era seduto su una panchina accanto a Serena.
«Ciao
Ash. Che ne dici di una lotta?»
«Perché
no?»
«Non
ti dispiacerebbe una doppia? Sai io e Yumi siamo i campioni
scolastici di lotte in doppio.»
«Si,
cosa ne pensi?»
«Ash,
ti devo ricordare del compito?»
«Anche
io lo devo fare. Eppure sono qui. Vi ricordo che è solo
venerdì,
abbiamo tempo fino a domenica sera.»
Il
ragazzo fu abbastanza convincente.
Le
due coppie si trovavano in uno dei campi lotta della scuola. Pronti a
schierare i loro Pokémon.
Intanto
i quattro avevano raggiunto la villa abbandonata. Avrebbero
attraversato a piedi la fognatura e raggiunto la vecchia fabbrica.
Come
in precedenza giunsero al piano terra con le corde metalliche e
scesero direttamente nella sala scanner. Dove Meloetta aveva
depositato il mazzo di fiori. Come prima di fronte allo scanner
centrale.
Aelita
la guardò, mentre depositava quei fiori. E, nella sua mente
riaffiorarono dei ricordi. Ricordi degli ultimi anni della sua vita
precedente. Quando il Darkrai, amico di suo padre, molto spesso era
in compagnia di un Pokémon simile a Meloetta. Per via di
tutto
quello che era accaduto nella precedente linea temporale, non aveva
avuto occasione di dirlo.
«Ho
avuto come una visione.»
Spiegò
ai due ragazzi. Entrambi erano stupiti. A cosa si riferiva?
«Vedete.
Mi sono come ricordata di come, nella mia vecchia vita…
Darkrai era
spesso in compagnia di un Pokémon simile a lei. Sono passati
degli
anni, sono successe tante cose.»
Meloetta
fece un segno di approvazione. La ragazza aveva capito perfettamente
ciò che cercava.
«Capisco
benissimo come ci si sente a perdere qualcuno che ti sta vicino. Mio
padre è morto qualche mese fa e mia madre è
scomparsa.»
La
ragazza era in lacrime.
Tutti
cercarono di consolarla. Jeremy e Odd le avevano promesso che
avrebbero fatto il possibile per trovare sua madre. E ovviamente lo
stesso si poteva dire di Ulrich e Yumi. Non erano lì con
loro, ma
era chiaro come il Sole che per un’amica avrebbero fatto di
tutto.
Qualche
ora dopo, i ragazzi si trovavano in mensa, per la cena.
«Non
hai una bella cera.»
Ulrich
si stava rivolgendo da Aelita. La ragazza aveva uno sguardo triste e
puntato verso il basso.
«Hai
presente Meloetta?»
«Si?»
«Ecco.
Il motivo per cui si trovava alla vecchia fabbrica mi ha fatto
pensare. Mi sono rivista molto in lei.»
«Puoi
spiegarti?»
«Mi
sono ricordata di come avesse un rapporto molto speciale con un
Darkrai che viveva nei pressi dell’Hermitage. E ora crede che
sia
scomparso. Vederla mi ha fatto pensare a quanto anche a me manchi
qualcuno.»
«Per
te, faremo qualsiasi cosa.»
Trattenendo
a fatica le lacrime, la ragazza abbozzò alcune parole.
«Sono
felice di poter contare su di voi.»
Angolino
dell’autore:
Volevo
fare solo tre precisazioni per chi di lavoro mette i puntini sulle
“i” degli altri, perché anche io so
essere fastidiosamente
preciso:
1)
Per praticità, userò, come hanno del resto fatto
nel doppiaggio
italiano di Code Lyoko, i gradi della scuola italiana.
2)
Ho scelto di usare l’universo narrativo di Code Lyoko per due
motivi. Banalmente lo conosco meglio (essendo letteralmente il mondo
reale) e in secondo luogo perché è più
facile giustificare
l’esistenza dei Pokémon in questo universo,
piuttosto che
giustificare due guerre mondiali e la Guerra Fredda nel mondo
Pokémon.
3)
Ci saranno dei piccoli compromessi sulla provenienza di alcuni
personaggi (Serena sarà francese, Ash e Lucinda
giapponesi).
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