A
passo lento, Guido entra nell’obitorio, accompagnato da un agente
di polizia.
Di
tanto in tanto, si ferma, si stringe il cappotto attorno al corpo,
scosso da lunghi brividi, poi riprende a camminare. Due forze
imponenti combattono nel suo cuore una dura battaglia.
Il
desiderio di vedere, per un’ultima volta, i corpi di sua moglie e
di sua figlia lotta contro la paura dell’ignoto.
Ignoto
di che cosa?, si chiede. Sa che
sono morte a causa sua e della sua sete di vendetta.
Con
la morte straziante di suo figlio Bruno, il suo cuore si è indurito
e lui, cieco, ha voluto punire sua moglie Elena.
Ha
desiderato infliggere a lei il medesimo strazio e le ha sottratto la
custodia della loro figlia.
Certo,
Elena ha tramato per impedirgli di conoscere la verità, ma Anna non
ha avuto colpe delle macchinazioni della madre.
Il
poliziotto, ad un tratto, posa la mano sul suo braccio e l’uomo,
sentendo quel tocco, si scuote dai suoi pensieri, come se il suo
corpo fosse percorso da una scarica elettrica.
‒ Che
succede? ‒ chiede, fissando sull’altro uno sguardo confuso, quasi
stralunato.
L’agente
scuote la testa, poi sospira.
‒ Sono
qui. Può riconoscerle? ‒ chiede, gentile.
L’uomo,
il cuore stretto in una morsa di gelo, abbassa la testa e il suo
sguardo si fissa sul tavolo operatorio.
I
corpi di Elena ed Anna ivi giacciono, a poca distanza l’uno
dall’altro, i volti bianchi di morte e le dita piegate ad artiglio.
Il
dolore colpisce Guido e l’uomo si piega e ansima, come fosse
colpito da un pugno. Sì, solo loro.
Il
colore rosso dei capelli di Elena spicca ancora, sul pallore mortale
del suo viso, come una macchia di sangue rappreso, mentre Anna ha
ancora il cappotto verde che lui le ha regalato per il suo ottavo
compleanno.
La
piccola si stringe attorno al petto della madre, cercando in lei una
protezione illusoria.
Le
lacrime bagnano il viso dell’uomo e un tremito violento scuote la
sua schiena. A che serve piangere sui loro corpi ormai morti?
Lui,
col suo odio, le ha uccise.
Ha
visto in Anna lo strumento della vendetta contro Elena e si è
dimenticato del suo benessere.
Ed
Elena, straziata nel suo amore materno, si è ribellata a
quell’ordine esecrabile e ha condannato a morte se stessa e la
bambina.
Il
loro sangue macchia le sue mani e nulla potrà emendarlo.
‒ Sono
loro, conte? ‒
chiede l’agente.
Le
mani dell’uomo, timorose, si posano sui loro volti, come se
stessero toccando un reperto fragile. Il suo inferno di rimorso e
dolore si è aperto nella sua anima, simile ad una voragine.
Ne
è sicuro, è appena iniziato un lungo cammino di giorni sempre più
cupi e amari.
Teme
una simile vita, ma non riesce nemmeno a porvi fine.
La
sua volontà è fiacca e il suo corpo gli pare pesante, come gravato
da lastre di piombo.
‒ Sì,
sono loro. ‒
mormora, mentre le sue lacrime, inarrestabili, cadono sui due corpi
ormai freddi.
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