La
luce di una lampada, posata sulla scrivania, illuminava la scrivania
e creava giochi d'ombra sulle carte ivi posate.
Guido,
con lentezza, sfogliava il registro contabile della cava, lo sguardo
apparentemente attento.
Ad
un tratto, con un gesto nervoso, chiuse il libro e lo allontanò
da sé. I numeri, in quel momento, gli sembravano privi di
significato, come macchie di inchiostro in un oceano bianco.
Il
suo pensiero non riusciva ad allontanarsi dalla tragica, terribile
morte di suo figlio Bruno.
Come
un pugno, il dolore lo colpì allo stomaco e il nobiluomo
boccheggiò. Pochi giorni erano trascorsi da quella tragedia.
Il
ricordo di quell'orrenda agonia si era impresso nella sua mente.
– Figlio
mio... Non sono riuscito a salvarti. – mormorò, gli
occhi lucidi di lacrime. In quel momento, sentiva gli spasmi dolorosi
di quel corpo così fragile, dilaniato dall'esplosione, stretto
tra le sue braccia.
Aveva
cercato di salvarlo, affidandolo alle cure di un medico, ma non era
servito a nulla.
Dopo
poche, strazianti ore, Bruno era spirato, sotto gli occhi suoi e di
Luisa.
Si
strinse la testa tra le mani, reprimendo un gemito di disperazione.
La morte del loro sfortunato bambino li aveva riuniti. Ma
quell'apparenza di famiglia, repentina, si era infranta e Luisa si
era rinchiusa nel convento.
Ad
un tratto, dei deboli colpi alla porta interruppero le sue
riflessioni.
–
Avanti...
– mormorò l'uomo, la voce flebile.
La
porta, con un debole fruscio, si aprì e sulla soglia apparve
Elena.
Guido
girò la testa e le lanciò uno sguardo scostante. Sua
moglie, che lui aveva creduto onesta, aveva portato a compimento il
piano crudele di sua madre.
Aveva
reso vano il suo pur nobile pentimento, che l'aveva condotta a
riscrivere il suo testamento, per dare a Bruno un'esistenza
confortevole.
E
la sola vista di lei, in quel momento, gli procurava un senso di
disgusto quasi fisico.
Qualsiasi
suo atto o parola era coperto dall'ombra del sospetto.
Come
un veleno, la diffidenza intossicava la sua mente e gli impediva di
capire la realtà.
Elena
scosse la testa, amareggiata. Suo marito era sempre stato cortese e
lei, col suo comportamento, aveva distrutto il loro matrimonio.
Guido
era un uomo onesto e l'amore per Bruno non gli avrebbe fatto
dimenticare la sua famiglia.
Lei,
però, pensando di proteggere il futuro di Anna, aveva impedito
a Guido di conoscere Bruno.
Rise
di sé. No, non lo aveva fatto solo per custodire il destino di
Anna.
Lei,
nonostante le sue origini aristocratiche, temeva Bruno, perché
era il frutto dell'amore tra Guido e Luisa.
Quella
popolana si era rinchiusa in un convento, ma il suo ricordo non era
svanito dal cuore di suo marito.
Ma
a cosa era servita questa sua manipolazione?
Gli
occhi di lui, prima gentili, erano vitrei d'odio e, implacabili, la
accusavano.
– Che
c'è? Hai bisogno di qualcosa? – chiese Guido, il tono
all'apparenza pacato. Perché doveva continuare una simile,
disgustosa farsa?
Elena
credeva di impietosirlo atteggiando il suo viso ad un'espressione da
Madonna addolorata?
No,
ormai non riusciva più a crederle.
–
Dovevamo
portare Anna al parco. – affermò Elena, la voce
enfaticamente calma.
Con
un cenno del capo, l'uomo annuì e si alzò dalla sedia.
Ormai, gli era rimasta solo sua figlia.
Lei,
pur non conoscendo nulla di Bruno, gli aveva dato affetto.
Per
lei, avrebbe continuato la finzione di un matrimonio ormai privo di
affetto e stima.
Chiuse
il registro contabile, prese il cappotto e lo indossò.
–
Vieni.
Non facciamo aspettare nostra figlia. Sei pronta? – chiese.
Elena
annuì e, poco dopo, i due uscirono.
|