Al di là della gelosia

di Fiore di Giada
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Il greve suono dell’organo risuona nella cappella del carcere, illuminata dalle luci elettriche delle lampade, e si mescola alle voci argentine delle suore.
Luisa, inginocchiata, stringe un rosario tra le lunghe dita.
Di tanto in tanto, il suo sguardo, fuggevole, si posa sull’altare, adorno di fiori, dai quali si spandono profumi policromi, e su Guido, ritto nel suo elegante pastrano.
L’uomo, ad un tratto, accortosi di un mancamento di Lina, si china e le stringe le mani sulle braccia.
L’amarezza, come una nebbia grigia su una palude, copre il cuore di Luisa. Quelle gentilezze, un tempo, sono appartenute a lei.
E ora Guido sta donando se stesso ad un’altra donna, che è il suo ritratto.
Vede le sue mani stringersi su quelle di lei, quasi ad offrirle un appiglio.
Serra con maggiore forza il rosario tra le dita. Non è giusto questo suo pensiero.
Tanto tempo fa, lei ha rinunciato al mondo e all’amore di Guido.
Non può rinnegare la luce di Dio per un sentimento umano e caduco.
Guido, inoltre, ha il diritto di cercare la felicità, dopo i lutti da lui patiti.
Felicità?, pensa. Quel matrimonio è destinato a finire prima di cominciare.
Lina è condannata a morte e Guido ha scelto di sposarla, pur di dare al bambino da lei avuto la sicurezza d’una famiglia.
No, non è così., riflette. Forse non prova per lei amore, ma le si è affezionato.
E, così provato dalle sofferenze, sarà costretto a sopportare un’ennesima perdita.
Come può lei, una suora, in una tale situazione, lasciarsi irretire dalla gelosia?
Un pensiero, ad un tratto, attraversa la sua mente, come un lampo. Il bambino di Lina è vivo e sano, nonostante le traversie.
Quella creatura innocente può riempire il cuore di un uomo così provato e solo.
Signore, dagli la forza di non cedere ai suoi demoni. Concedigli la felicità che merita., prega, mentre le parole del sacerdote, solenni, risuonano nella cappella.









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