Palsgrave's Queen

di Diana924
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York, 1603:
 
Inghilterra. Erano infine giunti in Inghilterra e il cambiamento era palese. Pur essendo una bambina capiva perfettamente come quella terra fosse diversa dalla sua natia Scozia, pur appartenendo alla stessa isola le differenze erano sotto gli occhi di tutti.
Il paesaggio era più placido, l’aria sembrava migliore e la popolazione, oh che esseri curiosi erano gli inglesi. Fin dal loro arrivo Elizabeth aveva notato come si accalcassero intorno alla carrozza reale, volevano davvero vederli e si accontentavano di uno sguardo distratto, avevano sul serio a cuore il loro benessere.

Ad ogni sosta in qualche villaggio c’era sempre una delegazione ad attenderli con un sindaco ansioso di declamare il suo discorso di benvenuto e un curato in attesa di benedirli. I contadini interrompevano il loro lavoro per osservarli, si toglievano il cappello al loro passaggio ed erano realmente entusiasti di vederli, non era una recita. In Scozia non si poteva mai sapere se il laird che un istante prima si era inchinato poi avrebbe tirato fuori un coltello per ucciderti, la loro vita contava a malapena più di quella dei laird e non avevano mezzi, Annie che spesso si divertiva a fare sfoggio della propria abilità con i numeri l’aveva informata che i forzieri erano spesso vuoti e che suo padre non sapeva mai come pagare le tasse, i fittavoli non avevano niente e non aveva senso requisire il poco che aveva niente.

L’Inghilterra era un sogno, quella gente era ricca e stava buttando del denaro solamente per accoglierli una notte in casa propria. Vestivano tutti con abiti sfarzosi dai ricchi ricami, le loro dimore erano riccamente decorate e gli interni eleganti, il cibo era squisito e parlavano in maniera buffa, invero gli inglesi erano creature peculiari si era detta più volte.

Chi però aveva avuto più successo durante quella lenta discesa verso Londra era suo fratello, e ne capiva benissimo il motivo.

Henry era il prossimo principe di Galles, era il primogenito e un giorno sarebbe diventato re, gli inglesi volevano farsi notare da lui per poter poi essere ricordati. In quanto a lei conosceva benissimo il proprio destino. Venire venduta al miglior offerente ed era sicura che quell’offerente non sarebbe stato scozzese o inglese, non poteva essere così fortunata.

Sua madre aveva subito lo stesso destino ma sembrava felice e in quanto a Charlie… lui era troppo piccolo e le avevano ripetuto che non doveva affezionarsi troppo a lui perché poteva morire come gli altri bambini.

Rimase senza parole quando scesero dalla carrozza e videro York. Aveva visto città ben grandi tra cui Edimburgo ma York era diversa, aveva l’aria di una capitale, chissà come sarebbe stata Londra si disse.

Stranamente questa volta non c’era la solita delegazione e lei ed Henry si guardarono sorpresi prima di sentire le trombe squillare la marcia reale [1].

Erano trascorsi almeno due anni dall’ultima volta che aveva visto suo padre ma il re era sempre lo stesso. Alto, i capelli rossi che aveva trasmesso ad Henry, gli occhi indagatori e un aspetto che lo identificava subito come il re.

Si inchinò devotamente assieme a sua madre e a suo fratello come indicava il protocollo e attese. Non sapeva nemmeno lei cosa dovesse attendere, forse un sorriso, una carezza, una parola gentile, qualsiasi cosa, solitamente papà Alexander si comportava così con i suoi figli e aveva pensato che fosse normale.

Re James Stuart invece non la degnò di uno sguardo, sorrise appena ad Henry e baciò distrattamente sua moglie sulla guancia, come se quel piccolo gesto per lui richiedesse uno sforzo immenso.

Il re e la regina parlottarono per qualche istante e poi il re si allontanò seguito dai suoi cortigiani, prima che sparisse Elizabeth lo vide fare cenno ad un giovane di avvicinarsi e gli parve di vedere suo padre che baciava quel giovane sulla bocca.
Rimase senza parole mentre Henry abbassò lo sguardo come se le pietre di York fossero portatrici di chissà quale verità mentre sua madre cercò di guardare da un’altra parte, loro due sapevano qualcosa [2].

<< Chi è quel giovane inglese? >> domandò, aveva studiato assieme ad Annie e a sua madre i volti più importanti della corte per poterli poi riconoscere e le dame inglesi in questo erano state d’aiuto ma quel volto non lo riconosceva.
Giovane, capelli castani e un volto giovane ma dai tratti sconosciuti.

<< La nuova sgualdrina di nostro padre >> rispose suo fratello a voce bassa lasciandola con ancor più domande.

<< Come può essere una sgualdrina se è un uomo? >> domandò, solitamente le sgualdrine erano donne e allora perché suo fratello aveva definito quel giovane lord con quella parola in particolare?

<< Lo scoprirai Lizzie, gli inglesi non hanno idea di quello che dovranno sopportare >> si limitò a risponderle suo fratello prima che la regina facesse segno ad entrambi di seguirla.

Ne parlò quella sera con Annie nella speranza che lei ne sapesse di più. Probabilmente i suoi genitori sarebbero tornati in Scozia e lei avrebbe avuto nuovi tutori, tutori inglesi, ma non voleva rinunciare ad Annie. Annie era sua amica e aveva bisogno di averla al proprio fianco, su quello avrebbe insistito con particolare tenacia si ripromise.

<< Secondo te un uomo può essere una sgualdrina? >> le domandò mentre riposavano nello stesso letto, sebbene il clima fosse più mite non era indicato che dormisse da sola, solitamente erano le damigelle di sua madre a dormire con lei ma preferiva la compagnia di Annie.

<< No, le sgualdrine sono donne perdute, come può esserlo un uomo? >> replicò Annie, aveva ragione eppure la soluzione doveva essere a portata di mano, se lo sentiva.
<< Una sgualdrina è una donna che si vende per denaro, forse anche gli uomini lo fanno >> ponderò, era una soluzione.

<< E perché mai dovrebbero? Sono uomini, non sono esposti alle tentazioni come noi donne e sanno resistere meglio >> razionalizzò Annie. Aveva ragione ma non spiegava quello che aveva visto.
<< Ho visto mio padre baciare un giovane inglese. Lo ha baciato sulla bocca >> rivelò sperando che Annie sapesse spiegarglielo.

<< Le sgualdrine sono anche le amanti del re ma gli uomini non diventano amanti delle regine, nessuna regina sarebbe così scandalosa. Forse qui in Inghilterra è normale baciarsi sulla bocca >> propose Annie.

<< Mia nonna aveva un amante [3] >> mormorò lei. Ricordava bene i sussurri che avevano per oggetto la defunta regina di Scozia e tutto il male che ancora si diceva contro di lei pur essendo stata regina e madre di re.

<< La regina Maria era una papista ed era cresciuta in Francia, noi siamo persone per bene >> replicò Annie, e anche quello era vero. Sua nonna era una papista, una donna lussuriosa e che aveva perso il trono quando aveva deciso di governare da tiranna, così le avevano sempre detto.

<< Se lo dite voi Annie, se lo dite voi >> chiosò prima di spegnere il lume, c’era qualcosa di strano in tutto quello ma non sapeva esattamente cosa però percepiva che era sbagliato, era una sensazione fastidiosa che non voleva andarsene.
 
***
 
Non si era mai sentita così umiliata.

Lo sapevano, lo sapevano tutti, anche gli inglesi lo sapevano. Aveva sperato che si controllasse, che non fosse così sfacciato per quel che riguardava le sue preferenze ma era stata sciocca.

Lui era così e ora che aveva ottenuto al corona d’Inghilterra sarebbe stato ancora peggio. Lo aveva visto quel ragazzo, così giovane e già così vizioso. Il modo in cui sbatteva le ciglia, in cui gli permetteva di toccarlo e i sorrisi…e ra rivoltante, semplicemente rivoltante.

E i suoi figli avevano visto tutto.

Non la preoccupava Lizzie, era solamente una bambina e non poteva capire ma Henry… cosa avrebbe pensato suo figlio? Cosa avrebbe pensato di lei e di suo padre? Che impressione gli avevano dato?

La sua unica salvezza stava nello sperare che quando Henry fosse divenuto re lei fosse ancora viva, vedere suo figlio che si liberava di tutte quelle maledette sgualdrine sarebbe stato impagabile, quei maledetti giovanotti la offendevano semplicemente con la loro presenza.

Quasi non aveva ascoltato il discorso di lord Cecil [4] il quale si era sorprendentemente adeguato alla situazione, come tutti gli altri. Eccoli gli inglesi, sempre a lamentarsi ma poi al momento giusto chinavano il capo e permettevano di tutto, disgustosi ipocriti.

Quell’uomo non le piaceva, era un intrigante e il suo corpo era di rara bruttezza: non solo nano ma persino gobbo, se era vero che le azioni dell’anima si riverberavano nel corpo allora l’anima del signor Cecil doveva essere ben nera, esattamente come quella del padre che per anni aveva guidato la politica della vecchia.

Aveva domandato a Ludovic Lennox chi fosse quel ragazzo e la risposta non le era piaciuta per niente. Il fratello minore del conte di Pembroke, con legami con la precedente famiglia reale e anche una lontana parentela con suo marito, tutti elementi pericolosi. Se anche il ragazzo non era ambizioso nulla vietava che non lo fosse suo fratello e lei sapeva fin troppo bene come andavano a finire certe situazioni.

Quella però la sua occasione, poteva essere indipendente, tenere la propria corte e stare il meno possibile attorno a quell’uomo che le aveva rovinato la vita.

Era così bello le venne spontaneo pensare mentre si rigirava nel proprio letto. Ricordava ancora come fosse bello l’uomo che era giunto a Copenaghen per sposarla di persona, quell’uomo dello sguardo triste e dai capelli rossi come il fuoco, aveva creduto di amarlo in quei giorni. Era così gentile, così affabile e così intelligente che aveva pensato che sarebbero stati felici insieme. E invece la prima notte di nozze lui le aveva confessato la verità.

Non avrebbe mai potuto amarla non perché amava un’altra ma perché non riusciva ad amare le donne, lui era un uomo che amava gli uomini e l’avrebbe cercata solamente per avere figli e che non si azzardasse a comportarsi da puttana, sua madre era una puttana e lui voleva una donna per bene.

Mio caro signore, siete voi la puttana avrebbe voluto dirgli ma era sicura che lui non l’avrebbe capita, o meglio non avrebbe voluto capirla.

E ora anche in Inghilterra ma gliel’avrebbe mostrato lei, sarebbe stata la migliore delle regine e che il biasimo cadesse su di lui. In Inghilterra c’erano dei seguaci della Vera Fede e spettava a lei aiutarli, almeno qualcuno poteva esserle di conforto, il cattolicesimo l’aveva aiutata a sopportare tutto quello molto meglio del luteranesimo.

Pensò al bambino e sospirò. Avrebbe dovuto farlo seppellire, portarlo con sé era sciocco e futile ma odiava doversene separare [5], sarebbe stato come ammettere di aver fallito, una regina non aveva che uno scopo e lei quella volta aveva fallito, volontariamente.

Suo marito almeno la vedeva così e per quanto si sforzasse di non pensarci forse aveva ragione, si era arrabbiata così tanto quando si erano rifiutati di consegnarle Henry che si era colpita più volte e come conseguenza il bambino era nato morto. Il suo confessore l’aveva rassicurata che non era colpa sua ma la volontà di Dio atta a punire un re scostumato ed eretico ma se davvero Nostro Signore voleva punire suo marito perché servirsi di lei? C’erano altri sistemi, perché proprio lei?

Sapeva di aver sbagliato ma non era giusto che fosse punita così. In quanto ai figli rimasti i dottori erano stati chiari: baby Charles non sarebbe vissuto a lungo quindi era inutile affezionarsi inoltre il bambino non era solo fragile e malaticcio ma anche lento. Aveva imparato tardi a parlare, balbettava e camminava appena [6], se anche fosse sopravvissuto sarebbe stato un mediocre duca di York, di nessun’aiuto al fratello.

Lizzie era graziosa, educata e forse anche intelligente ma come futura regina la sua intelligenza poteva essere un ostacolo. Era il momento di riprendere il progetto di un matrimonio con la Spagna, sua figlia meritava il trono più prestigioso e se davvero si stava per firmare la pace cosa c’erano di meglio di un fidanzamento per suggellarla?

Ed Henry… oh lui. Henry era il suo orgoglio e la sua gioia, il figlio che l’avrebbe aiutata a risollevarsi ed era così bello, così atletico, che bel re aveva dato all’Inghilterra e alla Scozia pensò con un sorriso.
Un peccato che Ludovic fosse già sposato pensò un’ultima volta: potevano fargli sposare Arbella.

L’aveva finalmente vista, l’imprevedibile cugina di suo marito, era tra le tante dame venute ad omaggiarla in quei giorni.

Aveva i capelli rossi come tutti loro, la pelle delicata e l’aspetto di una regina ma era anche pigra e indolente per non dire viziata e arrogante, Arbella doveva essere sposata in fretta e soprattutto spedita il più lontano possibile dall’Inghilterra per evitare che causasse altri danni, era troppo vicina al trono e allo stesso tempo troppo lontano. Possibile che non ci fosse un principe tedesco disposto a prendersela come moglie? Se solo Hans non fosse morto e Ulrik non fosse stato un religioso… com’era possibile che la figlia di un usurpatore russo [7] fosse un partito migliore di una principessa inglese lei non lo capiva proprio. Sarebbe stato necessario abbassare l’arroganza di lady Arbella ma quello non le avrebbe tolto troppo tempo, no, la sua vera priorità era un’altra, lo sapeva fin troppo bene si disse prima di prendere sonno.

 
Praga 1619:
 
Aveva la sensazione che la situazione stesse cominciando a sfuggirle di mano, sebbene non capisse come.

Elizabeth Stuart non capiva come fosse possibile che nel giro di poche settimane la situazione avesse cominciato a farsi pericolosa per loro. Erano giunti a Praga su invito della Dieta boema perché il popolo voleva un re protestante e avevano chiamato suo marito, quindi perché ora li respingevano?

Erano stati incoronati e aveva udito lei stessa gli hurrà e le benedizioni della povera gente di Praga, allora perché non riuscivano a farsi obbedire? La loro era una crociata eppure i loro stessi sudditi avevano iniziato a detestarli. Avevano fatto rimuovere gli arredi dalle chiese e sequestrato i beni dei religiosi papisti ma avevano bisogno di denaro in vista della guerra, possibile che non capissero? Eppoi non avevano bisogno di simili orpelli papisti, stavano facendo loro un favore e loro non lo capivano, ingrati.

La loro causa era giusta altrimenti l’Ungheria non li avrebbe imitati eppure Federico aveva dei dubbi su Gabor, dubbi che lei non riusciva a spiegarsi. Il sostegno degli ungheresi era prezioso, l’imperatore non avrebbe potuto attaccarli tutti insieme ed era la prova che potevano realmente trionfare sull’imperatore e sul papismo.

Non seguiva le riunioni del consiglio, suo marito non glielo permetteva e lei si adeguava ma riusciva comunque a sapere di cosa si discutesse sebbene fosse cosciente che c’era qualcosa che le sfuggiva.

Suo marito appariva sempre più sfiduciato ma loro erano lì per disegno divino, era stato deciso che lei non sarebbe stata la moglie di un semplice Elettore ma una regina, una regina protestante e così sarebbe stato. I loro alleati dell’Unione Evangelica ancora non avevano risposto ma secondo lei era solo questione di tempo, Federico che nel sentirla parlare in quella maniera scuoteva la testa la indisponeva fin troppo, non era il momento di essere disfattisti.
La nascita del piccolo Rupert era stata una benedizione, aveva offerto ai boemi un principe e suo figlio un giorno avrebbe fatto grandi cose per il suo paese natale. In realtà non sapeva esattamente cosa farsene ma non era un suo problema, non quando a pensare a lui c’erano balie e nutrici boeme che lo cullavano e gli cantavano ninne nanne.

Avrebbe tanto voluto chiamarlo come suo padre ma il re d’Inghilterra si era dimostrato un ingrato e un padre irriconoscente. Lei era regina e lui aveva suggerito che restituissero la corona e trattassero con il kaiser proponendosi come mediatore, quella follia era?

Amalia di Solms aveva sempre notizie interessanti anche se non voleva sapere come le avesse ottenute, la sua dama di compagnia per quanto devota le appariva infida e fin troppo ambiziosa.

<< Il consiglio ha terminato di riunirsi? >> le domandò dopo aver vergato l’ultima lettera destinata a suo padre, se solo Charles fosse stato la metà di Henry sarebbe stato tutto più facile, se solo Henry fosse stato ancora in vita non avrebbero avuto tutti quei problemi.

<< Dovrebbero aver terminato, la delegazione ungherese partirà a breve >> le rispose Amalia, non sarebbero mai state amiche ma finché i loro interessi convergevano era meglio tenersela stretta. Sua madre le aveva insegnato che il miglior modo di gestire una corte era essere amica di tutti ma non avere mai un confidente e suo padre che bisognava temere tutti allo stesso modo e lasciare che le fazioni di corte si scontrassero tra di loro per poi approfittarne al momento giusto. Ad Heidelberg non c’era una corte numerosa o potente come a Londra o ad Edimburgo e nessuno aveva le giuste pretese ma lì era diverso. I nobili venuti con loro volevano essere ricompensati, i boemi non volevano perdere ei loro privilegi e lei non sapeva più chi doveva ascoltare per primo. Federico era un brav’uomo, un ottimo re e lo amava ma aveva la tendenza ad immalinconirsi e non se lo potevano permettere, non ora che erano vicini alla propria apoteosi.

<< Allora andiamo dal re, ho urgenza di conferire con mio marito >> annunciò. Amalia le fece subito ala e per fortuna la fecero passare, fece segno alla donna di attenderla fuori ed entrò, aveva la sensazione che a quella conversazione non dovessero esserci testimoni.

Federico la stava aspettando sebbene tutto indicasse che la situazione non fosse la migliore per entrambi. Suo marito era ancora un bell’uomo, il principe protestante di cui si era innamorata a prima vista eppure le sembrava invecchiato, da quando aveva cinto la corona sembrava invecchiare sempre di più sotto il peso delle preoccupazioni.

<< Di cosa ha discusso il consiglio, se posso domandare? >> chiese prima di sedersi accanto a lui, da soli era inutile servirsi di certi formalismi.

<< Siamo nei guai Lise, e più di quanto potessi immaginare >> le comunicò suo marito e lei iniziò a tremare. Non dovevano farsi abbattere dalle prime difficoltà ma Federico le appariva così scoraggiato da contagiarla.

<< Cosa è successo? Mio padre ci ha negato i volontari? >> domandò, non aveva ancora inviato la lettera, nel caso di una risposta affermativa l’avrebbe strappata e ne avrebbe scritta un’altra.

<< Non verranno, il re d’Inghilterra ha chiuso i porti ma non è questo che mi preoccupa >> le rispose suo marito.

<< E cosa può esserci di peggio marito mio? >> domandò lei, ora si che era preoccupata sul serio.

<< L’imperatore ci ha ufficialmente dichiarato guerra, la nomina di Rupert a principe di Lusazia è stata troppo per lui, siamo ufficialmente in guerra >> le rivelò suo marito. Era la fine, da soli non potevano farcela ma l’Unione Evangelica li avrebbe aiutati, doveva aiutarli si disse. Non immaginava che per una bagattella simile l’imperatore se la sarebbe presa così tanto, e ora cosa potevano fare nell’immediato?

<< Scrivi all’Unione Evangelica, mio padre si pentirà di non averci aiutato, abbiamo bisogno dei loro uomini >> replicò lei.

<< Non ci aiuteranno, manderanno solo parole e qualche moneta, niente che ci possa realmente aiutare e devo assoldare un comandante capace >> le comunicò Federico.

<< A chi possiamo rivolgerci, e chi ha assoldato l’imperatore? >> domandò lei. Sapeva che il genovese Spinola aveva un contratto con l’imperatore ma da solo non poteva fare molto. Il genovese non poteva affrontare l’esercito boemo e quello ungherese nello stesso momento e dovevano sfruttare la situazione a loro vantaggio anche se non sapeva come, ai piani strategici pensassero i generali.

<< Tilly, quel maledetto fiammingo. Comanda la lega dei cattolici guidata dal duca di Baviera il quale non esiterà a cederlo a suo cognato l’imperatore, altrimenti per quale motivo gli avrebbe fatto sposare sua sorella? >> le rivelò Federico facendola sbiancare. Come tutti conosceva la fama di Tilly e il suo zelo cattolico, se anche il duca di baviera non avesse voluto prestarlo al cognato Tilly avrebbe chiesto di poter agire da volontario.

<< Non hanno i soldi, l’imperatore non ha abbastanza denaro per armare due eserciti >> tentò di far ragionare il marito, potevano ancora farcela, dovevano agire prima degli altri e forse avrebbero potuto realmente vincere.
<< Lui no ma suo cugino il re di Spagna si. E il papa. Offriranno spontaneamente denaro e uomini contro di noi, è una crociata per loro come per noi >> ammise Federico.

<< Ma ci sarà pure qualcuno disposto a combattere per noi, qualcuno che possiamo pagare >> lo pregò lei. Aveva investito troppo in quel progetto per lasciarsi abbattere alla prima difficoltà, non se lo meritava, non ora che era divenuta una regina protestante. Non aveva sopportato tutto quello che era accaduto negli ultimi mesi per tornare ad Heidelberg sconfitta e con l’Europa intera che rideva di lei, non lo avrebbe permesso, affatto

<< Von Thurn, lui potrebbe aiutarci ma pochi altri, dovremmo scrivere di nuovo a vostro padre e a tutti i nostri alleati, il tempo delle parole è finito >> dichiarò Federico prima che lei gli buttasse le braccia al collo d’istinto. Si baciarono con passione, lo amava fin da quando aveva incrociato i suoi occhi la prima volta e non era stato solamente un nome di cui sentiva discutere ma il cavaliere che l’avrebbe portata via dall’Inghilterra e l’avrebbe amata per sempre. La tentazione di non perdere tempo era forte, di consegnarsi a lui in quell’istante tremenda ma sarebbe stato indegno di entrambi, lei era figlia di re, sorella di re e moglie di re e suo marito non era più un misero Elettore ma un re, meritavano di meglio.

<< Mio signore… qui no… non sarebbe appropriato >> mormorò, il respiro pesante e gli occhi gonfi di desiderio.

<< Come desiderate, ma ricordate che voi siete una regina, e tutto è appropriato quando si parla di voi >> replicò Federico prima di sollevarla da terra. Lo amava, lo amava alla follia e lo avrebbe sostenuto sempre si disse, lui aveva bisogno di lei e lei lo avrebbe aiutato.
 
***
Erano rovinati.

Le riunioni del consiglio si succedevano sempre più velocemente e ogni volta la situazione peggiorava. Il popolo delle campagne li detestava, aver tolto le immagini sacre alle chiese aveva esasperato i contadini e a differenza di quanto accadeva nel suo Palatinato natale non tutti si erano ancora convertiti alla Vera Fede. Avrebbero dovuto avvisarlo e invece lui si era fidato di quel predicatore, Abraham Scultetus, e ora avevano perso degli alleati preziosi, quando sarebbe stato il momento i contadini avrebbero benedetto l’arrivo degli imperiali.

Aveva pensato che potevano in qualche modo sopravvivere, con l’Ungheria indipendente il kaiser avrebbe sicuramente voluto punirli ma non ne aveva i mezzi aveva ragionato. Poi Christian gli aveva ricordato che l’imperatore era cugino del re di Spagna, il cui unico scopo era quello di annientarli. E il re di Spagna avrebbe offerto uomini e denaro al cugino, così come il papa e gli stati italiani mentre loro cosa avevano?

Nulla se non le vaghe parole degli altri stati dell’Unione Evangelica che erano tanto bravi a parlare e ad omaggiarlo ma al momento giusto, quando sarebbe stato decisivo il loro supporto non mandavano un uomo o scucivano i cordoni della borsa.

Gabor era pronto ad affrontarli, gran parte delle famiglie ungheresi era dalla sua parte ma cosa importavano un titolo antico di secoli e orgoglio smisurato come quello dei magiari quando la borsa era vuota e i soldati reclamavano la paga? Allearsi con lui sarebbe stato saggio ma era consapevole che né lui né Gabor volevano realmente un’alleanza, erano troppi diversi e avevano obbiettivi differenti.

Per questo non avevano mai siglato nulla limitandosi a brevi scambi epistolari ma Ferdinando era furbo, machiavellico come tutti quelli cresciuti dai gesuiti. La nascita di Rupert lo aveva riempito d’orgoglio, suo figlio era nato figlio di un re e non di un misero elettore come i suoi fratelli, e meritava un principato di cui gloriarsi. Non aveva pensato troppo quando gli aveva assegnato il principato di Lusazia, non sapeva nemmeno dove si trovasse quella regione ma gli piaceva come suonava. Eppure Ferdinando se l’era presa così male da aver individuato in quell’atto la causa ufficiale dell’entrata in guerra. Era consapevole che non fosse per il rango in sé o per la scelta del principato ma che al kaiser serviva solamente una scusa, e lui stupidamente gliel’aveva data.

Non avevano abbastanza denaro per un esercito ma potevano assoldare dei comandanti capaci, la Germania d’altronde era piena di mercenari di entrambe le fedi, i protestanti sarebbero stati fieri di combattere per lui.

Christian gli aveva ricordato che nessuno combatteva semplicemente per l’onore ma lui doveva pur trovare dei fondi da qualche parte, era per quel motivo che aveva dato ordine di fondere gli arredi sacri, pagare dei mercenari luterani con oro ricavato dalle chiese papiste boeme era quasi paradossale.

E poi gli avevano comunicato la notizia.

Era a conoscenza del contratto di esclusività tra Ambrogio Spinola e il kaiser, i genovesi da anni davano all’imperatore i loro uomini migliori pur di mantenere la propria indipendenza ma aveva sperato che Spinola prima si dedicasse agli ungheresi che erano molo più bellicosi dei suoi nuovi sudditi. Poi aveva saputo che dai Paesi Bassi stava arrivando Tilly con l’esercito spagnolo messo a disposizione dalla governatrice Isabella Eugenia nata Infanta di Spagna che era la sorella del re di Spagna e la cognata dell’imperatore e aveva capito che i due eserciti si sarebbero chiusi su di lui e su Gabor fino a triturarli.

Aveva scritto a sua madre di fortificare Heidelberg e di tenere al sicuro i bambini, se Tilly era spietato anche solo la metà di altri condottieri papisti poteva tentare di rapire i suoi figli.

Heinrich, Karl e la piccola Lisi erano appena dei bambini ma erano già dei principi e per di più figli di un uomo che era stato dichiarato ufficialmente un ribelle, il loro rapimento sarebbe stato un grande affare per Tilly, specialmente il suo primogenito ed erede. Aveva chiesto a Christian se fosse opportuno farli venire a Praga ma l’uomo glielo aveva sconsigliato, troppe incognite durante il tragitto aveva obbiettato.

Sua moglie sembrava non curarsi dei bambini ma Lizzie era fatta così: sua moglie adorava il mestiere del letto ma molto meno i suoi prodotti: trovava i bambini incredibilmente noiosi e niente avrebbe cambiato quell’idea, ai suoi occhi una scimmietta ammaestrata avrebbe sempre avuto più valore dei propri figli.

Con quello che avevano non potevano sperare in chissà chi lo aveva avvisato Christian, pochi avrebbero accettato di combattere per paghe così basse.

<< Posso scrivere di nuovo al re di Danimarca parente della regina e al re di Svezia ma dubito che arriveranno in tempo, se arriveranno >> si era limitato a riferirgli il suo cancelliere.

<< Possibile che non si trovi nessuno bravo ma che costa poco? >> aveva domandato lui sconsolato.

<< Ci sarebbe qualcuno ma non ci aiuterà senza prima riceverne dei benefici >> rispose Christian.

<< Il conte Valssina >> disse lui. Il conte Heinrich von Thurn – Valvassina era un noto protestante, colui che aveva dato origine a tutto quello grazie a quella sciocca defenestrazione e soprattutto quello che più aveva da perderci in caso di loro sconfitto. Apparteneva ad una famiglia numerosa, molti suoi parenti erano cattolici e sparsi per l’Europa, se fosse riuscito a radunarli avrebbero potuto infliggere un colpo mortale all’imperatore.

<< Esatto, tuttavia le due incursioni del conte contro l’imperatore non hanno avuto esito favorevole. È giunto a Vienna, e lì si è fermato esattamente come il turco prima di lui >> lo informò Christian, era vero ma il conte era l’unico alleato su cui potevano seriamente confidare e grazie a lui potevano attirare uomini, armi e denaro.

<< Dobbiamo solo trovare il denaro per armare i nostri uomini, e farlo nel più breve tempo possibile >> dichiarò lui, ogni seduta del consiglio lo lasciava sfinito.

Sarebbe stato facile ammettere di aver sbagliato, che non era tagliato dello stesso legno da cui venivano i re, che si accontentava di Heidelberg ma non poteva. I boemi avevano chiamato lui, lo avevano eletto e lui aveva delle responsabilità nei loro confronti e non sarebbe venuto meno alla parola data quando aveva accettato di diventare re di Boemia.

Sua moglie credeva in lui e voleva che fosse orgogliosa del suo operato. Lizzie era nata figlia di re e sorella di re, meritava di essere regina e non poteva deluderla, non ora che le aveva offerto una corona. E suo suocero, che non aveva mai creduto in lui si sarebbe dovuto ricredere, gliel’avrebbe fatta vedere lui al Salomone del Nord che si circondava di efebi a passava le giornate a caccia e la notte impegnato a bere e in atti di orrenda sodomia.

Aveva fede in dio, avrebbe avuto denaro e sarebbe riuscito a vincere, i suoi figli non avrebbero ricevuto un nome disonorevole da lui e un giorno Heinrich sarebbe stato re di Boemia.

Christian nutriva dei dubbi, lo conosceva troppo bene per non intuirlo, ma l’altro si limitò ad un inchino di rito prima di allontanarsi lasciandolo solo. Doveva riflettere ma come poteva riflettere in pace se la situazione si faceva più drammatica di ora in ora?

Gli fu annunciata la regina e sorrise, aveva bisogno di Lizzie, della sua forza e del suo orgoglio, sua moglie non avrebbe mai accettato di dover rinunciare alla corona senza lottare.
E come previsto suo suocero stava agendo contro di loro, lui di una mediazione non se ne faceva nulla, non quando aveva un disperato bisogno di uomini e di denaro, davvero suo suocero credeva di fare la cosa giusta offrendosi come paciere?

Poteva capire che con l’età non si volessero più grandi avventure ma perché chiudere i porti? Per quale motivo impedire ai volontari di partire? La loro era una causa santa, lui stesso oltre ad essere re di Boemia era anche il capo della Lega Evangelica e ora suo suocero il re d’Inghilterra lo tradiva in quella maniera.

Doveva solo rivedere i propri piani, scrivere altre lettere e poi… poi non lo sapeva più.

<< Von Thurn, lui potrebbe aiutarci ma pochi altri, dovremmo scrivere di nuovo a vostro padre e a tutti i nostri alleati, il tempo delle parole è finito >> propose prima che sua moglie gli buttasse le braccia al collo.

Sentì il desiderio montare dentro di lei, sarebbe stato facile prenderla lì, sul tavolo dove fino a pochi minuti prima aveva discusso di faccende di governo e di guerra, rovesciarcela come una comune serva e perdersi in quell’abbraccio per ore ma sua moglie era una regina. Meritava un letto e non il tavolo come una qualsiasi cameriera.

<< Mio signore… qui no… non sarebbe appropriato >> lo bloccò sua moglie, come tutti gli Stuart prima ancora di essere donna era una regina e gli stava ricordando il loro rango. Aveva gli occhi liquidi di desiderio, il respiro pesante e il petto si alzava e si abbassava ma allo stesso tempo non dimenticava di essere figlia di un re e regina lei stessa. Sua moglie gli aveva dato quattro figli e non riusciva ad immaginare la sua vita senza lei al proprio fianco, inoltre aveva promesso al principe Henry che avrebbe avuto cura di lei e le promesse fatte ad un principe morente avevano doppio valore, così gli avevano sempre detto.

<< Come desiderate, ma ricordate che voi siete una regina, e tutto è appropriato quando si parla di voi >> replicò lui prima di prenderle la mano e condurla fino alla loro stanza nuziale. Dopo quel pomeriggio così rovinoso per le sue speranze si meritava un premio e che quel premio fosse tra le cosce di sua moglie non lo turbava affatto, adorava perdersi in quegli abbracci, a che pro avere un’amante quando aveva a disposizione la migliore delle donne, una che amava prima ancora di averla effettivamente conosciuta?

 
Rotterdam, 1661:

 
Dopo tanti anni finalmente sarebbe tornata a casa.

Il ritorno di Charles l’aveva persuasa che era il momento di smettere di vivere della carità altrui in un paese che non fosse il suo. Aveva un unico desiderio: tornare in Inghilterra per trascorrervi i suoi ultimi anni e morire lì, in terra inglese. L’Inghilterra, era nata in Scozia ma se doveva pensare ad una patria il suo pensiero correva all’Inghilterra ed era lì che voleva tornare.

Aveva quindi salutato mr De Witte e i membri più importanti del governo delle Sette province Unite per poi dare ordine che ci si preparasse a salpare per Dover, era stata assente troppo a lungo.

Karl aveva fatto un tentativo per farla restare a L’Aia o peggio ancora farla tornare ad Heidelberg ma era stata categorica, finché quella situazione non si fosse sistemata lei non avrebbe messo piede nella terra natale di suo marito.
Sapeva benissimo per quale motivo suo figlio la rivoleva con sé, e non aveva nulla a che vedere con affetto filiare o il desiderio di farle occupare il posto che le spettava in quanto madre dell’Elettore. No, suo figlio voleva che lo aiutasse a far andare via Carlotta.

Sua nuora aveva acconsentito al divorzio ma sperando che un giorno Karl si potesse pentire aveva scelto di rimanere ad Heidelberg nell’attesa di quel giorno. Suo figlio era un bigamo con una moglie testarda e un’amante che trattava come una moglie e che gli aveva già dato due figli, quale immensa vergogna per la loro famiglia.

Non aveva mai approvato Carlotta ma mai si sarebbe aspettata un simile scandalo, sapeva che gli uomini avevano delle amanti ma aveva sperato che Karl fosse discreto, non che li rovinasse in quella maniera. Il figlio del re di Boemia era diventato lo zimbello d’Europa.

Gli dispiaceva per i suoi bambini, i suoi nipoti[8] , ma non aveva alcuna intenzione di recarsi in quel luogo finché quella situazione non si fosse sistemata. Se solo Carlotta fosse tornata a Kassel o quella fosse morta, invece come sempre nulla andava mai secondo i suoi desideri.

Aveva scritto che salutassero i bambini da parte sua non aveva intenzione di vederli, aveva sempre trovato tediosi i bambini, frutto inutile di un’attività che le era sempre piaciuta.

Sophia ed Elizabeth erano entrambe ben sistemate e quindi non sarebbero state un peso. Sophia aveva avuto un figlio e la vita ad Hannover doveva essere facile per lei, in quanto ad Elizabeth… era una donna di origine reale entrata come novizia ad Hertford, entro breve sarebbe sicuramente diventata badessa. Non capiva il significato di un convento di chiara ispirazione papista ma di regola protestante ma quello non era un suo problema, non ora che stava per ritornare a casa, finalmente.

In quanto a Louise non voleva saperne niente. Aveva rotto i legami con sua figlia e non l’avrebbe più cercata, nessuno dei suoi figli era mai stato perfetto ma Louise ed Edward l’avevano profondamente delusa. I figli del re di Boemia, del capo dell’Unione Evangelica ed Elettore Palatino… convertitosi entrambi al cattolicesimo, lui per sposarsi e lei per farsi suora, che vergogna. Non aveva mai voluto sapere dove si trovasse Louise per evitare di doverla incontrare un giorno e il solo pensarci la faceva vergognare.

Che i Gonzaga fossero una brutta famiglia lei lo aveva sempre saputo, da quando Maria Gonzaga pur di restare regina di Polonia aveva sposato due fratelli e non aveva saputo dare a nessuno dei due un figlio, per non parlare delle loro simpatie imperiali, ma che la sorella della regina di Polonia avesse osato sedurre suo figlio per poi traviarlo con il suo papismo era inaccettabile. Sapeva bene quale fosse l’obbiettivo di quella famiglia ma non gliel’avrebbe permesso, non avrebbero mai accampato diritto sul Palatinato o peggio ancora sull’Inghilterra, avrebbe fatto di tutto per impedirlo.

Era colpa loro se Louise si era convertita, loro l’avevano traviata e lei non aveva potuto fermarli, dagli italiani venivano solamente danni. Intriganti, avvelenatori e papisti, la genia peggiore, bastava pensare a sua cognata che era non solo per metà italiana ma anche fiorentina.

Sua cognata, erano anni che non vedeva Henriette ma era improbabile che restasse, aveva troppi brutti ricordi in Inghilterra per voler restare. Inoltre gli inglesi l’avevano sempre odiata perché francese e papista, sarebbe rimasta il tempo dell’incoronazione per poi tornare a seppellirsi da qualche parte in Francia ad ascoltare la messa in latino.

Aveva poco tempo e doveva sfruttarlo al meglio. Era consapevole che Charles non avrebbe apprezzato di averla a corte ma se fosse arrivata prima della comunicazione della sua partenza avrebbe dovuto accettarla. In tutto quello c’era una costante, la stessa costante presente fin dai tempi del regno di suo padre: le casse del regno erano vuote. Non capiva come fosse possibile eppure era sempre così, e dire che i puritani erano famosi per i loro costumi castigati, gli inglesi adoravano buttare denaro per cose sciocche salvo poi indignarsi con le persone sbagliate.

Rupert era già arrivato ed era giusto che almeno lui si divertisse e preparasse Charles al proprio arrivo, non era mai stato il migliore dei suoi figli ma era l’unico che ancora pensava a lei in maniera disinteressata.
Stava andando tutto bene pensò prima di conferire con il capitano per ordinargli di salpare, prima avessero lasciato Rotterdam e prima sarebbero sbarcati a Dover.

<< Aspettiamo ordini dal re, Maestà? >> le domandò l’uomo. Avrebbero potuto, avrebbero dovuto ma era meglio di no, Charles poteva negarle l’ingresso e lei doveva batterlo sul tempo, ad ogni costo.
<< Non sarà necessario, mio nipote il re d’Inghilterra sarà ansioso di vedermi >> rispose lei sperando di avere ragione.

<< Come desiderate, se volete raggiungere la vostra cabina uno dei miei uomini vi scorterà >> le propose il capitano.

<< Non ancora, voglio vedere le Sette Province Unite per l’ultima volta >> ammise lei. Aveva trascorso gran parte della sua vita a L’Aia, tornare in Inghilterra sarebbe stato strano ma era stanca di vivere da esiliata, specialmente dalla morte di suo marito e del nonno del piccolo Willem che li aveva accolti a braccia aperte e li aveva sempre trattati come amici e non come ospiti poveri.

Anche sua nonna la regina Maria si era trovata in una situazione simile le venne spontaneo pensare, anche lei aveva dovuto lasciare il luogo dove aveva vissuto gran parte della propria vita per tornare in patria, una corona l’attendeva. Solo che la regina Maria aveva amato ogni singolo secondo trascorso in Francia a differenza di lei, entrambe erano giunte alle loro destinazioni come regine ma sua nonna come una regina regnante e futura regina di Francia mentre lei era solamente una fuggiasca, la moglie di un re a cui non era rimasto più niente, solo l’onore.

Tutto sarebbe andato bene però. L’età delle grandi avventure era finita, non c’era più niente che il destino potesse toglierle e voleva trascorrere gli ultimi anni della propria vita nella stessa terra che un tempo l’aveva accolta con fiori e ghirlande. Non chiedeva altro, solamente la pace della campagna inglese, una residenza consona al suo rango e poter trascorrere una giornata senza doversi preoccupare di creditori in arrivo o scandali familiari. Sentiva di meritarlo, dopo tutto quello che le era accaduto e che aveva dovuto subire.
 
***

Conosceva fin troppo bene sua madre per non temere un colpo di testa da parte sua.

Rupert von del Platz era perfettamente consapevole del fatto che la propria madre avesse una volontà di ferro e i desideri di una bambina, quindi quando si metteva in testa qualcosa solitamente la spuntava.

Charles poteva anche pensare che restasse a l’Aia ma lui la conosceva bene, per quanto fosse riconoscente alle Province Unite sua madre odiava l’idea di dover vivere della loro carità. Ad Heidelberg non sarebbe tornata, non con quella situazione che la imbarazzava e la faceva infuriare. Lui la trovava divertente ma era anche sicuro che prima o poi Karl avrebbe dovuto agire, come non lo riguardava.

Aveva avvisato il re che da un momento all’altro potevano annunciargli che la regina di Boemia era sbarcata ma sia Charles che i suoi fratelli non gli avevano creduto, troppo presi dai festeggiamenti. Non poteva dar loro torto, avevano avuto la stessa fortuna di Karl ma decuplicata e volevano godersi tutto, erano giovani, avevano vissuto esperienze troppo grandi per la loro giovane età e che ora desiderassero solamente divertirsi era nei loro diritti. L’Inghilterra stessa sembrava aver dimenticato tutto e adorava il suo nuovo re e i suoi fratelli, al punto da aver votato per i due dei generosi appannaggi. E pensare che si trattava dello stesso Paese che aveva tagliato la testa al loro padre, gli stessi uomini che ora si inchinavano al loro passaggio avevano votato per giustiziare il re arrogandosi poteri che non avevano.

Henry, da poco ufficialmente reinvestito del titolo di duca di Gloucester, sapeva perfettamente chi fossero ma sia lui che i suoi fratelli avevano deciso di lasciar correre a meno che non ci fossero dei casi fin troppo compromettenti. Il piccolo Cromwell era sul continente e non era mai stato un vero avversario a differenza del padre, tutto sarebbe andato per il meglio, poteva quasi sentirlo.

L’incoronazione sarebbe stata un successo e tutti loro ne avrebbero beneficiato, che paese bizzarro era l’Inghilterra. Tutto però sarebbe andato per il meglio, ne era sicuro.

Incredibilmente ora il re d’Inghilterra era divenuto il miglior partito d’Europa. Amalia di Solms rimpiangeva di avergli negato la mano delle sue figlie, la sua stessa madre si era chiesta se non era stata troppo avventata a concedere Sophie all’Hannover per non parlare dei tanti piccoli principati tedeschi che sognavano di poter dare all’Inghilterra una regina.

Non doveva preoccuparsi di quello, erano tutti presenti e potevano divertirsi come una famiglia, come quella famiglia che il re non aveva più avuto dall’inizio della guerra. Mary era andata con loro per poter riavere i suoi soldi e a breve sarebbe arrivata la regina madre assieme alla piccola Henriette Anne e al bambino di Charles, non era da tutti inaugurare un regno a trent’anni con un bastardo di dodici anni.

Quando raggiunse il proprio scrittoio vide una lettera e si lasciò sfuggire un sospiro quando riconobbe il sigillo: sua madre.

Veloce cominciò a leggere e si lasciò sfuggire un secondo respiro: la regina di Boemia stava arrivando in Inghilterra.

Prese la lettera e si diresse verso gli appartamenti di suo cugino il re. Non fu un percorso lungo per sua fortuna, attese che lo annunciassero e poi entrò, e la situazione era invero bizzarra.

Suo cugino il duca di York e sua cugina la principessa Mary sembravano aver interrotto una litigata proprio in quel momento, suo cugino il re d’Inghilterra li stava osservando divertito mentre il vecchio John Parry, valletto personale nonché il più fedele alleato del re, osservava la situazione come se avesse a che fare con dei bambini un po’ troppo discoli e non con dei principi.

<< Sono arrivato al momento sbagliato? >> domandò curioso.

<< Nient’affatto cugino Rupert, non è colpa mia se ho un fratello idiota e una sorella impicciona >> replicò il re con un sorriso divertito prima che i fratelli gli lanciassero sguardi infuocati.

<< E avete anche una zia prepotente, Vostra maestà >> si limitò a dire lui prima di porgergli la lettera di sua madre. Charles la lesse per poi alzare gli occhi al cielo.

<< Parry, quanto ci costerebbe affondare la nave della regina di Boemia? >> domandò al valletto.

<< Più di quanto possiamo permetterci, Vostra Grazia, a meno di non attendere che la nave sbarchi per poi metterla in disarmo ma non risolveremo il vostro problema >> spiegò Parry, che conosceva il suo signore meglio di chiunque.

<< Mia zia quindi mi costerebbe comunque denaro, che arrivi o che giaccia nella Manica. E allora aspettiamola a terra >> replicò il re d’Inghilterra.

<< Saggia decisione Vostra Grazia >> disse Parry impassibile.

<< E una questione l’abbiamo risolta, in quanto alle altre due… sei pur sempre famiglia quindi dovresti sapere anche tu cosa è successo >> disse Charles prima di prenderlo sotto braccio, solo allora si accorse di Harry che aveva seguito la litigata come se fosse una partita di pallacorda.

<< Cosa è successo? >> domandò lui.

<< Non indovinerai mai quale dei nostri cugini ha chiesto la mano di nostra sorella Minette >> cominciò Charles divertito mentre i suoi fratelli si produssero in una serie di smorfie disgustate.

<< Il Savoia? È un buon partito, piccolo regno uguale pochi problemi >> domandò lui.

<< Fosse Carlo Emanuele [9] non sarei così preoccupato. No, il duca d’Orleans tramite il signor Mazzarini ha ufficialmente chiesto la mano della nostra Minette >> gli rivelò il re e lui alzò gli occhi al cielo. Aveva sentito delle chiacchere sul fratello del re di Francia e quel poco che aveva sentito non gli piaceva per nulla, non tanto per la questione dei suoi compagni di letto per cui non si era mai scandalizzato ma proprio per l’indole del giovane.
<< Il pervertito? Seriamente? >> domandò.


<< È quello che dicevo anch’io: per quanto ricco quell’uomo la renderà infelice e la piccola Minette merita un matrimonio con un uomo per bene, il cugino Savoia o il cugino de’Medici. È un po’ troppo bigotto ma non è mai stato un problema, o il giovane re del Portogallo, dicono sia un po’ matto ma è un re, almeno lei avrebbe un matrimonio felice >> intervenne James prima che Mary gli lanciasse qualcosa.

<< Dobbiamo pur ringraziare la Francia per quello che non ha fatto per nostra madre e siccome qualcuno si deve sacrificare quel qualcuno non sarò io >> replicò Charles.

<< Ma deve esserci una soluzione, migliore di quella che hai proposto per l’altra situazione >> suggerì Mary, vero, l’altra situazione.

<< Quella soluzione è perfetta, non fare la guastafeste >> la rimproverò bonariamente Charles.

<< E ora? Cosa è successo? >> domandò lui curioso.

<< Jemmie ha ingravidato la figlia di lord Hyde [10], il povero lord Edward ancora non lo sa. E vuole anche sposarla, l’idiota >> si intromise Harry ridacchiando divertito.

<< Sei un idiota, ne sei cosciente cugino York, vero? Hai ingravidato la ragazza, è grave ma non è necessario sposarla, concedile una rendita, di legittimare il bastardo e ognuno per la sua strada >> propose, possibile che ora ci si facesse dei castelli in aria?

<< Io voglio bene ad Anne, e glielo avevo promesso >> ribatté James, maledetto leale babbeo.

<< E allora? Tu eri un esule e lei una mia damigella, davvero sei convinto che una promessa simile abbia valore >> lo aggredì Mary.

<< Almeno lei non è una puttana >> replicò James, e tutti loro sapevano che stava facendo riferimento alle voci secondo cui Mary avesse un amante [11].

<< Non osare. Non osare dire una cosa simile! Io sono la figlia di un re e la sorella di un’altra, sono una vedova e una madre devota, come osi darmi della puttana? >> urlò Mary paonazza.

<< Come se non sapessi quel che si dice di te, ti sei persino risposata con quell’ometto da niente >> replicò subito James.

<< Non osare credere ai pettegolezzi, resta pure con la tua troia se ti va ma non sperare che qualcuno accetti come duchessa di York la figlia di un avvocato >> ribatté Mary, quella discussione sembrava non avere fine.

<< Ne abbiamo già parlato: si sposeranno, con una cerimonia privata ma si sposeranno >> dichiarò Charles, e la volontà del re era legge, almeno fuori da quella stanza.

<< Ti rendi conto che è una follia? E la successione? >> intervenne Mary.

<< Ci sono sempre io, ti prometto che non sarò così sciocco >> rispose Harry con la saggezza dei suoi diciannove anni prima di scoppiare a ridacchiare. Voleva bene a James, era un buon soldato e un fratello devoto ma spesso aveva avuto la sensazione che il duca di York non fosse così intelligente o perspicace come credevano tutti.

<< Tu stai zitto, attendo con ansia l’arrivo di nostra madre, quello si che sarà divertente… peccato che lei e la regina di Boemia non arrivino lo stesso giorno >> dichiarò Charles, aveva ogni diritto di divertirsi ma tutto quello stava diventando una farsa e lui non voleva averci niente a che fare. E doveva trovarsi anche lui una moglie, specialmente ora che il suo titolo di duca di Cumberland aveva un effettivo valore e soprattutto una rendita vera. Odiava dover cambiare le proprie abitudini ma era il momento di mettere la testa a partito, o almeno provarci aggiunse mentalmente quando un rassegnato Parry incrociò il suo sguardo.




[1] James rivide la sua famiglia a York ma l'incontro non andò afaftto bene
[2] James I non fu mai discreto nell'ostentare i suoi amanti, sebbene tenesse corte lontana dai genitori è molto probabile che Elizabeth sapesse che il padre era omosessuale, o almeno lo avesse scoperto col tempo
[3] James Hepbun conte di Botwell, terzo marito di Mary Stuart ma in precedenza accusato dai nemici della regina di esserne l'amante.
[4] a York Anne e i suoi figli furono effettivamente ricevuti da lord Cecil ossia Thomas cecil lord Burghley primo conte di Exter, primogenito del celebre William Cecil e fratello dell'ancor più famoso Robert Cecil lord Salisbury, il quale aveva preprato un discorso. Come il fratello anche Thomas non brillava per la belezza
[5] a seguito dell'aborto del 1603 Anne diede ordine che il feto, messo sotto spirito, viaggiasse con lei in quanto voleva farlo seppellire a Londra
[6] il futuro Carlo I imparò a camminare solamente a 3 anni, a 5 disse le sue prime parole ed era considerato un bambino debole... sorprendentemente quel bambino visse 49 anni e se non fosse stato per il boia ne avrebbe vissuti di più
[7] Irina Gudonova, figlia di Boris Gudonov, fu seriamente considerata come possibile moglie per uno dei fratelli di Anne, poi non se en fece niente ma le trattative furono comunque intavolate.
[8] Karl ed Elisabeth Charlotte, poi duchessa d'Orleans nota come Madame Palatine 
[9] Carlo Emanuele di savoia, figlio di Cristina di Borbone e quindi cugino di primo grado di Carlo II, fu realmente considerato come rpetendente di Enrichetta Anna, lui e Cosimo de'Medici erano in lizza fin dai primi giorni della Restaurazione
[10] Anne Hyde, poi duchessa di York, madre di Mary II e Anna I
[11] Henry Jermyn, primo barone Dover, curiosa coincidenza suo padre Thomas, morto nel 1659, fu accusato di essere l'amante della regina Enrichetta Maria




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