Il silenzio della campana

di lmpaoli94
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I miei ricordi presenti vengono mischiati dal calore dell’estate che mi lascia senza energie e senza cibo né acqua dinanzi a quel campanile di Sant’Anna di Stazzema che fino a poco tempo prima suonava a festa.
Quel tempo così breve ma allo stesso tempo infinito di dolore che la guerra aveva spazzato completamente via dalle nostre vite.
Non riuscivo più ad essere me stesso.
Non riuscivo più a pensare al mio stesso futuro.
Mi sentivo svenire, poi il buio dirompente del vuoto mentre sento le mie gambe cadere.


Apro gli occhi, non vedo che una luce piena di speranza.
Vedo il volto flebile della mia famiglia.
Di mio padre che lavora il legno e fa del bene alla nostra comunità.
Mia madre che fa di tutto per mandare avanti una casa sempre rumorosa e piena dei miei fratelli e delle mie sorelle che avevano sempre bisogno di cure.
Quello è il nostro volto felice, senza pensare ad un futuro incerto mentre il mondo andava sull’orlo del disastro.
Noi non sapevamo nemmeno che cosa potesse essere il fascismo, le leggi razziali, chi ci comandava e in quale luogo oscuro la nostra nazione sarebbe stata gettata.
Gli anni avversi che hanno scandito le nostre vite di operai e di poveri contadini si limitavano a lavorare come dei pazzi fino ad arrivare alla sera per rimanere tutti in compagnia.
Non avevamo niente per scaldarci nelle notti più fredde, solo il calore di chi ti rimane accanto e di chi ti vuole bene.
Cercando sempre di fare la propria parte, mi sentivo ripagato dall’amore dei miei genitori in una famiglia che non chiedeva mai aiuto ma che era rispettata da tutti.
Quei ricordi pieni di una speranza che il volto orribile della guerra aveva cancellato per sempre.
Ma io, giovane ragazzo ignorante di venti anni, che cosa mai poteva desiderare dalla vita? Niente.
Mi sarei dovuto sposare di lì a poco e la mia famiglia sarebbe stata fiera di me per come mi comportavo da bravo ragazzo e la loro fierezza di vedermi crescere e maturare ogni giorno che passava.
Ma perché tutto questo era stato cancellato?
Perché continuare a soffrire e sentire il rumore delle bombe e degli spari che squarciano il cielo?
Io non volevo continuare a vivere così.
Ero solo un poveraccio. Un poveraccio che era alla ricerca dei suoi genitori.
E mentre tutti questi ricordi andavano ad affiorarsi nella mia mente, ecco che vedo il volto dei miei genitori e la voglia di vivere mi si riempie di gioia.


Io non potevo credere che i miei desideri più recogniti sarebbero stati espressi.
Mia madre e mio padre mi stavano abbracciando e zittendo allo stesso tempo dicendomi di non fiatare mini9mamente se non volevamo essere scoperti.
L’ombra dei soldati nazisti era sempre vivido in quei luoghi ormai maledetti e la mia avventura non era che solo l’inizio di una nuova missione.
Mia madre continuava a stringermi sussurrandomi che presto sarà tutto finito e che saremmo tornati nella nostra casa.
Quella donna mia madre che mi trattava come un pargolo in fasce che aveva un assoluto bisogno d’aiuto.
Ma io riuscivo a capire.
Riuscivo a ricordare mentre i miei fratelli e le mie sorelle non erano accanto a noi a farci compagnia.
Non ebbi il coraggio di domandare di loro ma solo nel vedere la sofferenza dei miei genitori capii subito dopo che per loro non c’era stato niente da fare.
Eravamo nascosti all’interno di quel campanile mentre i poveri sopravvissuti a quell’eccidio ci sussurravano di non mollare e che la nostra via della speranza sarebbe stata presto disegnata dinanzi ai nostri occhi.
Ma l’arrivo della speranza si chiamavano americani e partigiani e chi non voleva credere in loro, sarebbe stato presto affossato in quella vita di dolore che non avrebbe mai ripagato un futuro incerto e pieno di insidie.





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