Challenge: “Spring Bingo” organizzata dal
gruppo Facebook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”
Prompt:
1. La casa non era più la stessa per
lui di Musa07
2. Odori familiari e magliette sudate di
Jeremy Marsh
3. “Nessuno te lo ha chiesto” di Gi
Weasley
4. A che gioco stai giocando? di Elena Altamura
5. Una storia importante di Chiara
Tiozzo
Genere: drammatico
Tipo: one shot
Raccolta: Sping Bingo!
Personaggi: Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Coppia: yaoi
Rating: PG-17, arancione
Avvertimenti: death-fic, angst
PoV: terza persona
Spoiler: sì, post time skip
Disclaimers: i personaggi non sono
miei, ma di Haruichi Furudate.
I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
Senza di te
Era un tiepido pomeriggio di primavera, il
sole splendeva e scaldava il viso dell’uomo che con un sospiro si avvicinò alla
villetta, inserì la chiave nella toppa della porta d’ingresso e fece scattare
la serratura. La casa era avvolta nel silenzio e nell’oscurità: un paio di
scarpe ed un trolley rivelavano che c’era qualcuno, ma null’altro.
Si tolse in fretta le scarpe e con il cuore
in gola perlustrò l’appartamento tirando un sospiro di sollievo quando lo trovò
nella stanza da letto.
Le tende erano tirate e nella penombra vide
solo la sagoma semi seduta sul letto, con uno strattone aprì le tende e la luce
del sole inondò la stanza.
“Tooru…” lo chiamò approssimandosi al letto,
dove l’altro uomo si era mosso un poco infastidito dalla luce, a Ushijima si
strinse il cuore nel vederlo in quello stato.
Quello era solo lo spettro di Tooru Oikawa.
Erano passati due giorni dal funerale, altri
due da quando Oikawa era rimpatriato, altri due dall’incidente.
Era stato Ushijima a chiamarlo, prima che l’alzatore
lo venisse a sapere dai social o dai media. Era stato lui a dargli la notizia
al telefono, qualche ora dopo l’incidente che aveva coinvolto il pullman della
nazionale giapponese al ritorno dal ritiro; lui che gli aveva raccontato del
camion che aveva invaso la loro corsia, del tentativo inutile dell’autista di
schivarlo, l’impatto, le grida, il sangue, i soccorsi che non arrivavano mai.
I giocatori della nazionale erano pressoché
tutti illesi, o avevano riportato ferite lievi, l’allenatore e il medico della
squadra erano in gravi condizioni, di vittime ce ne erano state solo due: l’autista
e…
“Tooru…” lo chiamò sedendosi sul bordo del
letto, da quanto si trovava in quello stato? Avrebbe dovuto insistere per
accompagnarlo a casa e restare con lui, dopo tutto aveva fatto una promessa.
L’alzatore non di mosse, stringeva tra le braccia
la maglietta nera, che Iwaizumi indossava come preparatore atletico della
nazionale, aveva cercato l’odore familiare del compagno e non gli importava se
aveva dovuto cercare tra le magliette sudate, non voleva dimenticare nulla di
lui, non il suo viso, non il suo profumo, non la sua voce.
“Tooru” un altro richiamo più urgente da
parte di Ushijima, allungò una mano posandola sulla guancia irta di barba incolta,
Tooru indossava gli stessi vestiti di due giorni prima, non lo aveva mai visto
così trascurato.
“Da quanto non mangi?” chiese anche se era
evidente, ma doveva spezzare quel silenzio opprimente, Oikawa si ritrasse dal
suo tocco.
“Vattene Ushijima” bisbigliò, così esausto che
sembrava che quelle parole lo avessero prosciugato.
“Da quanto non dormi?”
“Per favore va via…” lo pregò debolmente.
“No… resto, fino a quando ce ne sarà bisogno”
“Nessuno te lo ha chiesto” asserì, la voce un
flebile sussurro.
“Sì, invece, è stato proprio Hajime” rispose
e per la prima volta da quando era entrato in quella casa e in quella stanza,
Tooru lo guardò, i suoi occhi castani cerchiati di scuro e stanchi si
spalancano, mentre scuoteva appena la testa.
“No… non è possibile… hanno detto che è…” si
bloccò, non riusciva a pronunciare quella parola, perché tutto quello era
accaduto in quei giorni sarebbe diventato reale. Si umettò le labbra cercando
una risposta negli occhi verdi di Wakatoshi che attendeva in silenzio “Sul
colpo” concluse stringendosi nelle spalle.
“No… non è così… ho mentito ai soccorritori…”
Oikawa sbatté le palpebre: Ushijima che dichiarava
il falso, se non fosse stato tutto così tragico, gli sarebbe scoppiato a ridere
in faccia, ma lo schiacciatore era mortalmente serio, non lo aveva mai visto così
pallido e tirato, le sue labbra tremavano leggermente.
“Ho pensato che sarebbe stato meno penoso per
tutti… per te…” spiegò parlando lentamente sondando ogni singola
reazione dell’alzatore.
“Mi ha chiesto di starti accanto, di non
permetterti di lasciarti andare…”
“A che gioco stai giocando, Ushijima?”
sussurrò tenendo lo sguardo fisso sulle proprie mani strette attorno al tessuto
scuro, non voleva sentire oltre, stava troppo male.
“Non sto giocando e lo sai bene, non scherzo
con i sentimenti delle persone, con tuoi meno che meno” affermò cercando i suoi
occhi.
“Le sue ultime parole sono state per te,
Tooru…”
Il giocatore argentino si premette le mani
sulle orecchie “Basta” lo pregò stringendo forte gli occhi, Wakatoshi si sporse
in avanti afferrandolo per i polsi dolcemente.
“È morto con il tuo nome sulle labbra”
Gli occhi di Tooru si riempirono di lacrime
ed un singhiozzo lasciò le sue labbra e poi un altro ed un altro ancora.
Da quando aveva appreso la notizia ed era rimpatriato,
non aveva versato una lacrima, lui che esternava sempre le sue emozioni, non ci
era riuscito nemmeno durante il funerale, nemmeno quando i suoi amici, ex compagni
di scuola, ed ex compagni di squadra, gli avevano porto le loro condoglianze,
nulla. Tutti piangevano tranne lui, qualcosa dentro di lui si era spezzato e
gli era sembrato di vivere in una bolla; tutto quello che gli accadeva intorno
gli sembrava irreale, lontano, ovattato.
Era tornato nella villetta di Iwaizumi,
quella che in un futuro prossimo avrebbe dovuto diventare casa loro, ma quella
casa non era più la stessa per di lui, nulla lo sarebbe stato più, lui per primo
era diverso, spezzato, incompleto.
Ushijima lo strinse a sé, era l’unica cosa
che poteva fare, non c’erano parole, non c’erano gesti; Oikawa doveva accettare
quello che era successo e superarlo con le sue forze, metabolizzare il lutto in
qualche maniera; lui poteva solo tenerlo per mano e vegliare su di lui, affinché
non si lasciasse andare allo sconforto, come stava già facendo.
Sembrava che la disperazione di Tooru non
avesse mai fine, singhiozzava senza freni aggrappato a lui, che gli accarezzava
la schiena ed i capelli, in un gesto lento e ipnotico.
Le ombre della sera si stavano allungando, ma
a nessuno dei due importava, piano piano i singhiozzi di Oikawa si arrestarono,
lasciandolo senza più forze.
“Che cosa faccio adesso?” bisbigliò con la
testa poggiata alla spalla di Wakatoshi gli occhi chiusi.
“Ti rimetti in sesto, torni in Argentina, c’è
un campionato in corso”
“Che senso ha?” mormorò sfinito.
“La pallavolo è la tua vita…” tentò di far
leva sulla sua passione più grande.
“No, Hajime era la mia vita… io non sono
niente senza di lui” asserì e Ushijima lo afferrò per le spalle facendolo
sollevare per guardalo negli occhi: il suo sguardo era duro e severo.
“Questo non è vero e lo sai. Dov’è il tuo
stupido orgoglio quando serve?” chiese e stava quasi gridando, Oikawa lo
fissava stranito, ma un pallido e triste sorriso si fece strada sul volto dell’alzatore.
“Lasciami perdere Wakatoshi…” lo pregò e lo
vide scuotere la testa con forza.
“Non sono qui perché me lo ha chiesto
Iwaizumi, non solo almeno” confessò tirandoselo nuovamente contro, non erano
mai stati così vicini loro due, lo sentì irrigidirsi.
“Wakatoshi…” iniziò “Per me la relazione con Iwa-chan
è stata una storia importante…”
“Non ti sto chiedendo nulla, Tooru, voglio solo
che tu sappia che io per te ci sarò sempre”
Rimasero abbracciati senza dire nulla fino a
quando le ombre della sera non avvolsero la stanza.
“Va a farti una doccia, mentre preparo
qualcosa da mangiare” lo spronò sciogliendo l’abbraccio ed andando nella stanza
attigua.
Oikawa rimase seduto sul letto stringendo ancora
la maglietta di Iwaizumi tra le dita, portandosela al volto, inspirandone il
profumo. Doveva fare un passo alla volta, nella sua testa sentiva la voce di
Iwa-chan che lo insultava per come si era lasciato andare in quei giorni, il
dolore gli opprimeva il petto, ci sarebbe voluto molto tempo perché si dissipasse,
ma doveva riprendere le redini della sua vita e l’ultima persona che credeva gli
sarebbe stata accanto, gli aveva teso la mano e lui aveva intenzione di
afferrarla e ricominciare a salire.
---
Note dell’autrice
Prima storia di questa challenge, grazie
a chi è arrivato fino a qui e ha voglia di dire la sua.
A presto
Bombay