Veglia

di Fiore di Giada
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La luce della luna filtra dall'unica finestra cella e si posa sui muri scrostati, creando mutevoli ombre.
Urla di dolore risuonano nei corridoi, presto sopraffatte da belluini ordini in tedesco.
Teresa, seduta su una sedia, stringe il pugno in un accesso d'ira impotente. Quei vili infieriscono su persone innocenti, pur di piegare il suo spirito. 
Sanno che lei, dalla sua cella, può sentire le urla di dolore degli sventurati prigionieri.
Con le lacrime e il sangue di sventurati civili, forse non legati al movimento partigiano, vogliono punire il suo spirito indomito.
La giovane si passa una mano sugli arruffati capelli rossi, poi si sfiora il ventre.
Si morde le labbra, frenando un gemito di dolore. Quei bastardi, poche ore prima, hanno infierito su di lei. 
Tronfi della loro crudeltà e della loro forza maschile, non hanno esitato a picchiarla e a trattarla come la più infame prostituta.
Ma la loro vile furia si è infranta sul muro del suo sdegnoso silenzio.
Lei, Teresa Martelli, ha ben onorato la memoria di suo padre, l'indomito insegnante comunista Angelo Antonio Martelli, e di suo fratello Andrea, pittore anarchico.
Ne è sicura, sua madre Adriana, morta ancora giovane, sarebbe fiera della sua forza.
Frena un altro gemito di dolore. Si è unita ad una formazione partigiana bolognese, pur di seguire l'esempio luminoso di suo padre e suo fratello.
Ma, a seguito di una delazione, lei e alcuni suoi compagni sono stati catturati.
– E ora cercano di piegarmi così... – mormora. Vogliono smuovere il suo cuore, pur di ottenere le informazioni volute.
E, per lei, è difficile ascoltare quei lamenti ininterrotti, strazianti.
Vuole porre termine alle torture di quegli sventurati.
Un pensiero, ad un tratto, si fa strada nella sua mente. Ma come può avere simili tentennamenti?
I tedeschi e i nazifascisti non hanno senso dell'onore.
Se tradisce i suoi compagni, si macchia d'infamia e non salva la vita dei prigionieri.
Per gli invasori, sono solo uno strumento, pur dotato di intelligenza e parola.
No, lei non può disonorare la lotta dei suoi compagni e cedere ad un meschino ricatto.
I sentimenti, per quanto nobili, non servono a nulla in una simile impresa.
La libertà deve essere il loro astro.
Il silenzio, ad un tratto, scende nella prigione, interrotto dallo scalpiccio di pesanti stivali militari.
Sono loro. Sono qui per me., pensa. Sa bene quale sarà la risposta alla loro domanda.
Ed è consapevole del destino che l'aspetta.
Ma non le importa.
La morte è sempre preferibile ad una esistenza infame.


P.S.: per la festa della donna, ho preferito ispirarmi alla vicenda di tre partigiane coraggiose, Imma Bandiera, Clorinda Menguzzato e Ancilla Marighetto, che, con incrollabile fierezza, opposero il silenzio alle torture e agli stupri dei nazifascisti.
Meritano il mio rispetto perché hanno combattuto per un paese libero e hanno mostrato la forza e la tempra di guerriere, che non sono disposte a sottomettersi alla prepotenza.
Spero di non avere scritto tante idiozie.




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