Battleground - Cronache del Multiverso

di evil 65
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Eccovi un nuovissimo capitolo! Come di consueto, vi auguriamo una buona lettura.





Capitolo 38 - La settimana infernale: Parte 1


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"I'd leave alone
Just goes to show
That the blood you bleed
Is just the blood you owe"


Billie Elish - No Time To Die

Furono ore molto lunghe, estenuanti, quasi infinite. All’alba del primo giorno, i Time Warriors erano riuniti sulla spiaggia poco distante dalla base della Resistenza a Dreamland.
Era giusto così. Logan Royston era nobile, ma la sua più grande ricchezza era esserlo stato soprattutto dentro al suo cuore. Perciò, non gli serviva una grande cerimonia e non l’avrebbe mai davvero voluta; bastava un piccolo elogio funebre come quello, circondato dal ragazzo e dal barbagianni che aveva amato come figli, e dai loro valorosi compagni di squadra di cui si era preso cura come il padre dal cuore d’oro che era.
Ruby, Weiss, Blake e Yang adagiarono dolcemente il suo corpo senza vita dentro una scialuppa. Era stato pulito dal sangue e dalla sporcizia, profumato e conservato con oli: i suoi capelli erano stati pettinati e i suoi occhi erano stati chiusi. Così, sembrava beato, intrappolato per sempre in un sonno profondo, eterno, ma pacifico. Le mani erano state intrecciate lungo il petto, e fra esse gli era stato riposto lo spadone di adamantio con cui aveva coraggiosamente combattuto.
Il Dottore gli si avvicinò, levando una coperta candida, e gliela adagiò sopra, fino a coprirlo completamente, come un neonato in fasce. Poi, James, Emil, Kirby e Penny si fecero avanti e la sollevarono, sfruttando la passerella per adagiarla sulla barca, piccola ma resistente, la vela immensa. Lentamente, gli ormeggi furono mollati grazie ai poteri di Accelerator, e il vento che si alzò fu opera di Thor, che prese la parola.
<< Possano le Valchirie accoglierti, e guidarti tra il grande campo di battaglia di Odino >> enunciò, con voce tonante come il suo titolo << Possano cantare il tuo nome con amore e furia, così che possiamo sentirle dalle profondità del Valhalla, e sapere che hai preso il tuo posto alla tavola dei re. Poiché oggi un grande uomo è caduto. Un guerriero onorevole. Un padre. Un amico. >>
Poi si girò, e Baelfire seppe che era arrivato il suo momento. Si fece avanti, reggendo nella mano il proprio l’arco, quello che l’aveva accompagnato per oltre due anni a quella parte, nelle vesti del Vigilante Mascherato. Per qualche istante, rimase a fissarlo, le nocche bianche mentre lo stringeva, lo scricchiolio del legno che minacciava di rompersi sotto la sua stessa presa. Piangeva calde lacrime, e continuò a farlo, mentre, tremante, lo tendeva verso l’alto, allargando appena le dita per evocare la freccia laser. Poi scoccò.
Scoccò ed essa schizzò verso l’alto, disegnò una traiettoria arcuata e infine si conficcò nella barca, accendendo una notevole fiammata. Ad un suo cenno, Angel lanciò un proiettile di energia, alimentando ancora di più le fiamme. Infine, tutto fu concluso da Thor, che scagliò un lampo che fece definitivamente divampare l’incendio.
Mentre la barca si allontanava, Fire la seguì con lo sguardo, gli occhi gonfi dalle lacrime che non accennavano a smettere di scorrere copiose lungo le sue guance. Il rosso dei suoi occhi era acquoso come il sangue, le fiammelle totalmente spente.
<< Mi dispiace, papà >> gemette, i pugni serrati. Per quanto fosse doloroso, per quanto la sua gola dolesse, sapeva di dover dire qualcosa, voleva dire qualcosa. << Avevo... quasi paura di diventare come te. Perché pensavo che non ci sarei mai riuscito. Come si può essere così grandi? Così fieri? Così generosi? >>
Tacque, socchiudendo le palpebre.
<< Immagino che ci si possa solamente provare. >>
Dopo qualche istante di silenzio, un tuono scosse l’aria e iniziò a scendere la pioggia. S’alzò a risuonare nell’aria una veglia di canti norreni, eseguiti dagli asgardiani che avevano scelto di abbandonare Asgard per riunirsi al loro legittimo erede al trono. Cantarono a lungo, con passione e sentimento, decisi ad onorare un uomo pieno d’onore, la pioggia scrosciante a fare loro da eco.
Ruby, James e i rispettivi compagni guardarono con silenzioso rispetto il commiato di Fire, non potendo fare a meno di ricordare le loro vecchie esperienze con la morte, chiedendosi come si sarebbero comportati nella medesima situazione, e vergognandosi per la loro reazione al legame che aveva con Vader.
Fu Emil a interrompere quel quieto atto, ricordando la massima di un antico maestro dell’Ordine dell’Artiglio e recitandola senza accorgersene. << Veniamo giudicati nella vita per il male che distruggiamo. È una cupa verità, poiché non c'è che il sangue ad aspettarci tra le stelle. Ma coloro che vennero prima di noi vedono tutto ciò che traspare sopra il suolo che calcarono, e ci considerano equamente per la luce che portiamo nella notte più nera. Veniamo giudicati per le vite che proteggiamo e salviamo negli angoli del cosmo. >>
<< Questo... sembra proprio ciò che significa essere un Cacciatore>> notò Blake.
<< Ora si applica anche ai Time Warriors >> aggiunse Ruby << e la prossima battaglia sarà il nostro modo di onorare chi ci ha lasciato. >>
<< Io non ho nulla a cui tornare o qualcuno a casa che mi aspetti. Ma se posso tenervi al sicuro come non ho potuto fare per Logan, mi sta bene >> concluse James.
Accelerator avrebbe voluto dire qualcosa. Avrebbe voluto avvicinarsi, allungare un braccio per cercare di toccare la spalla di Fire, per fargli sapere che gli dispiaceva. Ma si bloccò sul posto. Come poteva confortarlo dopo le cose orribili che gli aveva detto nell’arena, in preda alla rabbia più totale?
Forse era meglio così. Forse solo la sua presenza bastava e avanzava. Almeno avrebbe accompagnato Fire in quel triste viaggio, sebbene in silenzio.
<< Thor? >> lo richiamò l’albino. << Questo canto. Cosa significano queste parole? >>
<< Non ho il cuore di dirtelo >> rispose il dio del tuono, che ancora aveva un’espressione triste sul volto.  << Per me il dolore è ancora troppo vicino. >>
Ed era così. Sebbene non avesse conosciuto Logan, aveva comunque sperimentato il dolore della perdita di un padre. Almeno, Fire aveva avuto la possibilità di poter fare un degno funerale al suo genitore: Thor non aveva potuto fregiarsi di quel lusso.
<< Va’ da lui, ragazzo. Ha bisogno di te. >>
Accelerator lo guardò sbigottito. << Dopo quello che gli ho detto? Dopo quello che stavo per fare? Io... con che coraggio? Sarebbe... >>
<< Sarebbe la cosa giusta >> lo interruppe Thor. << Lui non ti odia. Come potrebbe? In questo momento, il suo cuore è vuoto, e ha bisogno di essere riempito. Tu sei uno di quelle cose che possono farlo, che possono colmarlo. Le parole non sono necessarie. La tua presenza vicino a lui basterà. Un gesto vale più di mille parole. >>
L’esper prese un respiro profondo, si fece coraggio e si avvicinò al ragazzo. Rimase da parte a lui, e non disse niente. Mise una mano sopra la testa del ragazzo, senza toccarla. La sua Reflection avrebbe agito da ombrello.
Nel mentre, Fire teneva chiusi gli occhi: ascoltava il rumore della pioggia che gli si infrangeva sui capelli e i vestiti, un modo solo in più di sentire il proprio dolore e manifestarlo, perché i suoi occhi non avrebbero mai versato lacrime sufficienti.
Poi sentì quel piccolo, familiare rumore, come uno scatto meccanico, e poi i cerchi concentrici fissi nell’aria. Alzò lo sguardo, e vide l’albino con la mano alzata.
Rimase a fissarlo a lungo, dritto negli occhi, incredulo, a tratti sconvolto. Poi... fece qualcosa di cui non si sarebbe mai creduto capace.
Gli scostò la mano, e lo abbracciò. L’albino rimase senza parole. Ma come aveva detto Thor, le parole non servivano. Perciò, semplicemente, ricambiò l’abbraccio.
Rimasero così a lungo. Finché, ad un certo punto, la pioggia cessò, e la barca svanì completamente oltre l’orizzonte. Il figlio di Royston rimase a guardarlo, mentre silenziosamente e rispettosamente tutti si allontanavano per lasciarlo da solo.
Rimasero solo Thor, Rowlet e il Dottore. Questi ultimi fecero per avvicinarsi al giovane, ma il dio del tuono li fermò con un gesto.
<< Concedeteci un momento, ve ne prego. >>
Il Signore del Tempo annuì, comprensivo. Picchiettò la testolina piumata del barbagianni. << Coraggio, piccoletto. Non preoccuparti. Verrà da te più tardi, fidati. >>
Il volatile annuì con un bubolio malinconico. Poi i due si allontanarono.
Il principe di Asgard emise un lungo sospiro, quindi camminò fino a raggiungere il fianco del ragazzo. Ci fu un lungo silenzio fra loro, rotto solo dall’infrangersi delle onde sulla spiaggia e dal fischio del vento che scompigliava i loro capelli.
<< Posso chiederti qualcosa, Thor? >> domandò infine Fire, in tono stanco.
Il dio del tuono lo scrutò a lungo con i suoi occhi color del cielo. Alla fine annuì. << Chiedi pure, ragazzo. >>
Il figlio di Lada si strinse nelle spalle, prendendo qualche istante per infondersi più coraggio. Quindi si raddrizzò e lo guardò negli occhi.
<< Tu pensi mai... a quando ti ritroverai davanti Loki? >> domandò << Hai idea... di quello che farai, una volta che ti scontrerai con lui? Pensi... no, lo sai... quale sarebbe la soluzione più giusta? La vita... o la morte? Non hai mai paura... di sbagliare, di rischiare di perderti? >>
Thor non sapeva come rispondere a quella domanda. Se l’era posta tante volte durante questi trent’anni, poi aveva smesso di tenerne il conto e perfino di pensarci… in questo modo riusciva a dormire meglio la notte.
<< Mi poni un quesito veramente complesso >> gli rispose << Nemmeno io ho idea di cosa farò. Non lo so davvero. Lui è mio fratello, abbiamo giocato insieme e lottato insieme. Poi divenne il dio del male... quello che ha fatto trent’anni orsono è imperdonabile, non può rimanere impunito… e d’altro canto, è colpa mia se lui è così. Ho provato tante volte a farlo ragionare, ma ormai lui è irrecuperabile. È su un sentiero dal quale non può più uscire. Per la prima volta in vita mia... ho davvero paura, giovane figlio di Lada >>
Abbassò lo sguardo. << Ho davvero paura di sbagliare. Vorrei solo sapere... che cosa farebbe mio padre. Non sai quante volte ho invocato Odino la notte, per chiedere consiglio alla sua saggezza... ma lui non risponde. Lui non c’è più. Ci sono solo io. Ironico, non trovi? Un futuro sovrano che non sa cosa fare col fratello che ha scatenato un Ragnarök. >>
“Lui non c’è più”.
Fire si sentiva come se gli fosse germogliato un rovo di spine attorno al cuore. A volte erano spine di rabbia e odio. Altre, come in quel caso... erano spine di dolore e rimorso.
Era incredibile come lui e Thor, in quel mentre, fossero simili. Lui stesso avrebbe voluto il consiglio di Logan, per sapere con certezza cosa doveva fare, una volta trovatosi davanti Shen, e forse pure Vader.
Ma Logan non c’era più.
Se n’era andato per sempre.
<< Mi dispiace >> mormorò Thor << credevo... credevo di trovare delle risposte. Ma invece... sono spaventato tanto quanto te. E so cosa vuol dire perdere un padre. Perdere un genitore non è mai un’esperienza facile, ma forse... forse hanno scelto di andarsene e di non comunicare più con noi, proprio perché sono sicuri che faremo la cosa giusta, alla fine. Penso che Odino, nella sua saggezza, sappia già quello che farò... o che spera che io faccia la cosa più giusta. Sono sicuro che anche il tuo avesse le stesse intenzioni. >>
Detto questo, Thor abbracciò il ragazzo con fare paterno. Ora sapeva con certezza di volergli bene. Lui era il figlio di una delle sue più care amiche e confidenti, e che aveva perso tutto esattamente come lui. Da questo punto di vista lo capiva, e si sentiva affine a lui.
Per un attimo, Fire rimase spiazzato, ma poi si appoggiò  a Thor senza pensarci due volte. Perché ricambiava l’affetto del dio del tuono.
Con Vader dalla parte del Maestro, era l’unica cosa davvero vicina ad un padre che gli restava. Gli voleva davvero bene e forse, nel profondo, per un folle desiderio… gli sarebbe piaciuto davvero tanto che fosse lui il genitore a lungo perduto.
Ma troppo presto aveva imparato quanto ingiusta e dura la vita fosse. E che dalle cose brutte, ne potevano scaturire delle belle.
<< Dobbiamo solo vivere al meglio le nostre vite >> affermò Thor, riscuotendolo dai suoi pensieri << Forse dovremmo lasciar perdere la paura, e fare quello che secondo noi è la scelta più saggia plasmata dagli ideali tramandatici dai nostri padri. Alla fine, questa, è l’unica cosa che un uomo può fare... vivere la vita al meglio delle proprie possibilità, compensare con ciò che si può. Non so quanto questo possa valere per un dio... ma di certo, varrà qualcosa per te. >>
Il ragazzo alzò lo sguardo e guardò in viso l’asgardiano. << Se un dio è capace di essere così umano, con i suoi dubbi e le sue insicurezze... allora anche per lui può valere. Ancora di più, se ha una vita immortale. Capisco che possa non essere considerato un dono, a volte. Ma puoi fare in modo che lo diventi. >>
Rimase in silenzio per qualche istante, come se stesse cercando di trovare il suo coraggio.
<< C’è una cosa che voglio chiederti. Ne ho bisogno. >>
<< Qualunque cosa, ragazzo. Qualunque cosa. >>
<< Dimmi la verità. Lada, mia madre… era umana? >>
Thor si massaggiò il mento, riflettendo sulla questione. Ormai, arrivati fino a quel punto, era giusto che sapesse la verità. Tutta la verità che il dio poteva fornire, almeno.
<< Tua madre era una donna molto impavida e determinata, ma aveva un oscuro segreto che non rivelò mai a nessuno se non al Dottore e a me, per cause esterne. Non ne andava molto fiera, e temeva di perdere il rispetto dei compagni se lo avesse rivelato. No. Tua madre... non era umana. >>
Una cascata di brividi serpeggiò lungo la schiena di Fire dopo quella dichiarazione, inquietandolo. Sperava con tutto il cuore che la rivelazione di Shen fosse una bugia. Non staccava gli occhi sgranati dalla figura del dio: voleva la conferma fino alla fine.
<< Che cos’era, se non era umana? >>
<< La fierezza di Lada era leggendaria, voleva sempre mettere alla prova la sua forza, e arrivò al punto di voler osare troppo. Volle provare a sollevare il mio fidato maglio >> proseguì il principe di Asgard, perdendosi nei ricordi << Entrò di soppiatto nelle mie camere private, e vide il Mjolnir adagiato sul grande tavolo di pietra. “Chiunque sollevi questo martello, se ne sarà degno, possiederà il potere di Thor”, così recita l’incantesimo che Odino pose sulla leggendaria arma. Lada voleva dimostrare di esserne degna. Si avvicinò piano e allungò la mano verso il manico: bramava quel potere, che la sua forza venisse riconosciuta perfino dagli dei stessi. Ahimè, non sapeva che il martello è anche una reliquia sacra. >> Scosse un attimo il capo, e poi riprese: << Le bastò semplicemente sfiorare il cuoio del manico con la punta dell’indice... e la sua mano andò completamente a fuoco. Una potente fiamma divampò dal suo arto, e per sua fortuna io ero nei paraggi per sentire l’urlo disumano che cacciò. Entrai di forza nella stanza e la vidi cercare di spegnere il fuoco, che dalla mano le stava avvolgendo tutto il braccio. Invocai una piccola pioggia e spensi il fuoco. Tua madre si ritrovò col braccio ustionato per molto tempo. >>
L’asgardiano si strinse nelle spalle.
<< Le chiesi con fare imperioso di raccontarmi l’accaduto, e mi spiegò che il fuoco fu generato dal mio martello dopo che lei l’aveva solo toccato. Fu allora che capii tutto. Il Mjolnir è una reliquia sacra, benedetta dal Padre di Tutti, e questo la rende l’arma definitiva contro i non-morti e altre aberrazioni oscure. Fu così che lei mi confidò il suo terribile segreto. La reazione del martello era la prova che lei era una vampira. >>
Fire sentì la saliva seccarsi completamente in gola e i brividi gelidi dalla schiena spostarsi lungo ogni fibra del suo intero corpo.
<< Non... non è possibile... >> balbettò dopo qualche istante, ancora in fase di negazione << non... non ha senso... se è vero quello che dici... come ha potuto generarmi? I vampiri non possono farlo... >>
<< Ragazzo, questa che tu enunci è una realtà che varia di mondo in mondo. Come tu ben sai, Battleground è stata costruita con i pezzi di vari universi, e questo vale anche per le creature che lo abitano. Nel mio universo, come in quello di molti altri, l’essere dei non-morti per i vampiri significa che la loro esistenza si trova sul crocevia tra la vita e la morte. Sono morti, certo, ma allo stesso tempo sono vivi: possiedono tutti gli organi funzionanti, ma più lenti rispetto a quelli di un mortale. Ciò significa che hanno comunque la capacità di procreare, anche se di solito avviene per circostanze del tutto eccezionali. Dal momento che tu sei figlio di Vader, immagino che la sua natura di utente di Forza abbia giocato un ruolo fondamentale nel tuo concepimento. >>
Era un discorso che all’adolescente sarebbe potuto apparire anche come affascinante e interessante, non si fosse ritrovato a fare i conti col fatto di avere praticamente una di quelle creature come genitrice.
<< E... >> esitò, quasi avesse timore della risposta che avrebbe ricevuto << e si sa che cosa esce fuori dalle unioni di umani e vampiri? >>
<< Ibridi mezzi umani e mezzi vampiri. Comunemente noti come dampiri. Uguali in tutto e per tutto ai mortali, ma con la capacità di sfruttare una parte dei poteri della notte. Nel mio universo, prima dello Scisma, ve ne era uno. Si faceva chiamare Blade, e cacciava i vampiri. >>
<< È… certo al cento per cento che nascano…? >>
<< Se vuoi avere l’assoluta conferma a qualsiasi tuo dubbio, ragazzo... puoi sempre provare a toccare il Mjolnir >> Thor estrasse il martello dalla cintola, mostrandoglielo. << Se sei un semplice umano, non ti accadrà nulla. Se sei per metà umano, non avrà effetti estremamente nocivi come su tua madre: ti ustionerai semplicemente il palmo... e a quel punto avremo la conferma definitiva. >>
Fire sentiva il sangue congelare al punto di diventare una massa gelida che gli schiacciava il petto fino a soffocarlo. Più dello scoprire tutto ciò, a scioccarlo era continuare a constatare che, ancora una volta, Shen aveva ragione. Era dunque questa la verità sulle sue origini? L’essere il figlio del braccio destro assassino del Maestro e della voivoda di Valacchia, una vampira? L’essere un dampiro? Un mezzosangue, un ibrido?
Si sentiva come quando aveva scoperto di Vader, ma la cosa lo faceva forse sentire molto più male. Da Vader, in un certo senso, era molto facile pensare di potersi distaccare. Avevano lo stesso sangue, certo, Fire si sentiva inevitabilmente attirato e nei suoi sogni più folli e oscuri non avrebbe voluto altro che riunirsi a lui e ricominciare da capo... ma ciò non toglieva che questi erano solo pensieri fugaci, dei desideri reconditi. L’attaccamento per Logan era qualcosa di molto più forte, dopotutto era cresciuto assieme a lui ed era stata una figura paterna molto più di quanto Vader avrebbe mai potuto vantare. Rinunciare a quest’ultimo, distaccarsi, era quasi normale da pensare, considerato il bene assoluto che voleva a Royston.
Ma con sua madre era diverso. Era merito – la parte rancorosa di lui sussurrava “colpa” – di Lada se molto probabilmente aveva ereditato quella metà oscura, appartenente a un essere delle leggende più sanguinose e macabre che esistessero. Tuttavia, arrivati a quel punto... tanto valeva togliersi pensiero. Era molto meglio di continuare a sperare nella negazione.
Prese un respiro profondo e guardò il dio negli occhi con un’espressione decisa. << Va bene. Proviamo. >>
Thor allungò il maglio nella sua direzione, lanciandogli un’occhiata incoraggiante. L’adolescente lo fissò per qualche istante, quindi deglutì e allungò la mano aperta verso l’arma, tastandone il duro materiale col quale era fatta. Era impossibile capire se fosse roccia o una qualche lega di metallo. Dall’aspetto sembrava pietra, ma la consistenza era indubbiamente metallica.
Tempo pochi secondi, e sentì immediatamente il palmo iniziare a bruciare come se l’avesse appoggiato lungo una piastra per bistecche: di rimando, si ritrasse di scatto, cacciando un acuto verso di dolore.
<< Cazzo >> imprecò << Peggio di quel fottuto anello. >>
<< Quello che hai menzionato di aver ricevuto nell’arena? >>
L’adolescente sollevò lo sguardo, vedendo quello dell’asgardiano fisso su di lui e sulla mano ustionata. Lo scrutò a propria volta, ancora confuso da quella manifestazione.
<< Sì. Il Dottore ha detto che me lo ha dato prima di lasciarmi nell’orfanotrofio. Ce l’avevo da allora, da quando ero un neonato. >>
<< E non te lo sei mai tolto? >>
<< Solo quando… ho affrontato Shen nell’arena. Mi stava ustionando, così me lo sono tolto. L’ho… l’ho perso… e da quando non ce l’ho più, mi sento… diverso. >>
Thor annuì, in segno di comprensione. << Be’… questo spiegherebbe molte cose. >>
<< Ovvero? >>
<< Vidi molte volte Lada portare un anello. Mi disse che era il sigillo della Valacchia, ma ebbi modo di notare come non lo indossasse quando andava in battaglia o usava certe sue capacità. Quando scoprii il suo segreto, mi svelò cos’era realmente: un anello solare. Un gioiello magico con il potere di impedire ad un vampiro di bruciare alla luce del sole, grazie ad un incantesimo realizzato da una strega. Se ne può creare solo uno per ogni vampiro, e di norma si possono realizzare solo con i lapislazzuli. Inoltre, non è possibile che un vampiro scambi il proprio gioiello solare con quello di un altro, altrimenti l’effetto svanirebbe >> replicò il principe di Asgard << Ma a quanto pare… il suo creatore era sufficientemente potente da poter usare un rubino e fare in modo che tua madre potesse passarlo a te. Questo spiegherebbe il tuo nome inciso sopra, e perché, finora, non hai mai avuto modo di sapere niente della tua seconda natura. L’anello deve avertela soppressa fino ad ora, e avrebbe continuato a farlo finché l’avresti tenuto con te. Se non altro, questo mette fine ad ogni dubbio. Per metà appartieni al mondo della notte. >>
Dunque era vero. Era merito di quell’oggetto se per anni aveva vissuto nella convinzione di essere un semplice umano, per quanto semplice potesse concernere il fatto di possedere i propri poteri. Maledizione, non ce la faceva più. Ormai tutto il suo mondo era completamente sconvolto, rendendolo protagonista di una marea di cose inquietanti e terrificanti.
Tirò un lungo respiro profondo, per cercare ancora una volta di calmarsi. << Chi è stato a lanciare l’incantesimo? >>
<< È una domanda alla quale non so risponderti, mi dispiace. Tua madre non mi ha mai detto più di quanto io ti abbia già rivelato, ragazzo, e io ho sempre rispettato la sua decisione. >>
Al dio del tuono non sfuggì affatto l’espressione persa, rassegnata e tormentata dell’adolescente, e in un certo senso poteva capirlo: nulla di tutto ciò doveva essere affatto facile da accettare.
Il suo sguardo e il suo tono si fecero più risoluti, quando gli strinse amichevolmente la spalla.
<< Rammenta, ragazzo: non disdegnare mai i tuoi doni. La tua natura non definisce la tua persona. Puoi scegliere di cedere al buio, agendo come colui che odi... oppure scegliere di agire come tua madre. Una volta, un caro amico che ho perso nello Scisma, mi disse che da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Ho sempre ammirato questa vostra saggezza mortale, e sono certo che anche tu farai la cosa giusta. >>
“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”.
La frase di Logan. Il suo insegnamento più grande, ciò che gli aveva permesso di non avere paura dei propri poteri e di imparare a controllarli. Non poteva essere una semplice coincidenza.
Fire si strinse nelle spalle. Thor aveva ragione. Logan aveva ragione.
Tornò a guardare l’asgardiano dritto negli occhi.
<< Ma come posso fare, Thor? >> domandò, sentendo gli occhi inumidirsi per quel ricordo doloroso << Gestire la Forza e i miei poteri è un conto. Quel che posso imparare si trova all’interno della mia testa, nel mio legame con Vader. Ma su quello che comporta essere un dampiro… io non so niente. E mia madre… mia madre non è più qui per aiutarmi. >>
<< Vi è pur sempre Lady Von Dracul >> disse Thor. << Ricordi le due gladiatrici che si sono unite di recente alla Ribellione? Marie Von Dracul, la donna dai capelli neri e gli occhi rossi, è una vampira. Lei può insegnarti. È vero che non vi conoscete, ma in una situazione critica come questa… be', non penso che ti dirà di no. >>
Il giovane socchiuse gli occhi per mettere a fuoco il ricordo, poi sbatté le palpebre. << D’accordo. È… tutto così folle e assurdo, ma, insomma, ha senso. Dove posso trovarla? >>
<< Come vampira, non può esporsi alla luce del sole, e certo deve stare lontana dalla gente della Ribellione, per tenere sotto controllo la sua sete di sangue. Dovrai cercare nei sotterranei della base. >>
<< D’accordo… lo farò. >>
Il silenzio cadde nuovamente fra di loro, mentre il ragazzo abbassava il capo. Il dio sentì che doveva aggiungere qualcosa, che non voleva lasciarlo da solo, non ancora, non senza averlo completamente tirato su di morale. Capiva fin troppo bene come doveva sentirsi in quel momento.
<< Sai, ragazzo… >> esordì, un po’ impacciato << Forse… forse questo non è il momento più adatto, però… non credo di avertelo mai detto chiaramente, in ogni caso, e credo tu debba saperlo… tecnicamente, io sarei il tuo padrino. >>
<< Cosa? >> Fire alzò lo sguardo, gli occhi sgranati. << Da… davvero? >>
<< Be’… tua madre non mi ha mai detto di te, come ben sai >> sospirò l’altro << Probabilmente, per continuare a tenerti al sicuro, però… una volta mi disse che, se mai avesse avuto un figlio… avrebbe voluto che io… >>
<< Oh >> fece il giovane. << Capisco. >>
<< Quindi, insomma… se… se riusciremo a vincere… se tu volessi una casa diversa… >>
<< Cosa… vivere con te? >>
<< Lo capirei se non volessi >> si affrettò ad aggiungere Thor << in fondo tu hai… >>
<< Non ho più niente. >>
Quelle parole fecero letteralmente impietrire il dio del tuono. Lo fissò con gli occhi sbarrati; il ragazzo sospirò, deglutì, mentre un sonoro singhiozzo gli sfuggiva.
<< Nelle ore prima del funerale… mi sono spaccato la testa per risolvere le questioni dei possedimenti Royston. Non volevo avere problemi da affrontare nella settimana prima della guerra… ma non è servito a niente. Shen ha rovinato tutto! Ha reso pubblico il fatto che sono stato adottato, subito dopo che mio padre è scappato a Londra. Dopo l’arena, ha confiscato il nostro castello a Gongmen… e il governo di Londra ha fatto lo stesso, giusto il tempo di venire a sapere che papà era morto. Quello stronzo deve avergli fatto saltare i passaggi burocratici. Per fortuna i beni di Londra andranno in beneficenza, ma… tutti i servi sono stati licenziati, e io… io sono praticamente sfrattato e diseredato. Dal punto di vista della linea nobiliare non ho diritti perché non sono sangue del suo stesso sangue. >>
Si passò una mano sul volto, asciugando altre lacrime prepotenti che minacciavano di sgorgare. Thor sospirò e gli poggiò una mano sulla spalla, stringendola con gentilezza.
<< Provo dolore per tutto ciò che ti è accaduto. So cosa vuol dire perdere un padre, così come essere strappati dalla propria casa per via del proprio nemico. Ma le mura di Asgard sono ancora integre, perciò non esitare… >>
<< Esitare!? >> esclamò Fire << Stai scherzando? Se era una proposta… ma certo che voglio venire a vivere con te! >>
Questa volta, fu il ragazzo ad abbracciarlo. Forte, più forte del normale. Era talmente sollevato al pensiero da sfruttare la forza vampiresca.
<< Grazie. >>
Il biondo si ritrovò a sorridere, mentre lo ricambiava. << Non dirlo nemmeno. È un piacere. >>
<< Lo so. >>
Rimasero abbracciati a lungo, senza più dire niente. Poi, controvoglia, l’adolescente si allontanò.
<< Devo andare. Devo trovare questa Marie. Non posso perdere un giorno di più. >>
<< Che il coraggio di Týr ti aiuti. >>

 
* * * 

Baelfire si avventurò nei sotterranei. Forse era solamente colpa della suggestione, considerato chi e cosa stesse andando a cercare… ma nonostante fossero un semplice ripostiglio in cui conservare scorte di cibo ed armi, gli apparivano incredibilmente lugubri, ramificati come una specie di labirinto.
Si sentì inevitabilmente un idiota per essersi dimenticato di portare dietro una torcia, ma l’aveva fatto perché, incredibilmente, era riuscito ad orientarsi anche senza di essa. Un tempo avrebbe attribuito il tutto al fatto che aveva passato due anni a sfruttare il buio a suo favore, ma adesso, a malincuore, doveva presumere che ci fosse lo zampino di un’abilità vampiresca inconscia relativa alla sua vista.
<< Lady Marie? >>
Non gli parve di udire risposta, e per un istante ne fu grato, perché si era pentito del tono colloquiale usato. Poi gli venne il dubbio che magari poteva averlo sentito lo stesso: magari i vampiri avevano un udito più sviluppato, come i pipistrelli cui erano associati.
Ad un certo punto, finì per urtare qualcosa, e imprecò sonoramente. Come al solito, pensava troppo, e per di più si distraeva non guardando dove andava. L’anfratto si era fatto ancora più buio, questa volta la sua vista non sembrava aiutarlo: era evidente che aveva dei limiti, e suppose derivasse dal fatto di essere vampiro solo per metà.
Non che per qualcuno come lui fosse davvero un probleam. Si concentrò appena, schioccò le dita e sopra di lui si accese una piccola sfera di luce verde, fluttuante sopra la sua testa. Adesso ci vedeva chiaramente, quasi ci fosse stata una luce montata da qualche parte sopra di sé.
Proseguì ancora, e ad un certo punto si fermò, incerto.
<< Lady Von Dracul? >> provò ancora.
“Dannazione, dovrà pure essere qui da qualche parte. Dove l
'hanno messa altrimenti, nell’obitorio?”
Avvertì un piccolo fremito negli angoli della testa.
<< Nell’obitorio? Mai, il sangue dei morti ha un sapore rivoltante. Sanno essere ottimi schiavi, ma di pessima compagnia. >>
La donna si trovava in un angolo buio, avvolta nelle sue grandi ali da pipistrello, la pelle tesa fra la sottile cartilagine e gli occhi ardenti, al pari di due braci fiammeggianti.
Il ragazzo sussultò, sentendo i brividi invaderlo in ogni corpo. Non poté evitarlo. Era nell’ultimo posto dove si era messo in testa di guardare: in un angolo del soffitto. E certamente, con la suggestione che si era fatto, lo spavento era stato inevitabile.
<< Avvicinati, ragazzino, non mordo. Almeno, non sempre >> sibilò, facendo balenare la lingua fra le labbra in un sorriso sghembo dai canini affilati. << È un piacere incontrarti, quantomeno in circostanze più piacevoli. Ammetto che ho provato la mancanza di un mio simile… o almeno, di una sua imitazione. Sei venuto qui per divertirti un po’? >>
Fire sbuffò. Erano passati solo due minuti e si sentiva già infervorato. Cercò di calmarsi ragionando sul perché: be’, innanzitutto per la propria reazione di terrore incontrollata, poi per la palese invasione nella sua mente, e chiaramente non era piacevole l’essere stato giusto poco velatamente insultato. Imitazione, poi! Come se l’avesse voluto lui!
Ma non era venuto lì per mettersi a discutere, gli avrebbe fatto solo perdere tempo riguardo il suo obiettivo preciso. Perciò si costrinse a stringere i denti.
<< Ho un nome, esattamente come voi. E non sono qui per esservi di compagnia. >> Inarcò le sopracciglia, genuinamente perplesso. << Credevo che una compagna ce l’aveste già. >>
<< Auth? >>
Marie emise un risolino malizioso, mentre scendeva ponendosi dinnanzi a lui con una rapidità fin troppo ferina.
<< Auth è decisamente di compagnia. >>
Il giovane sussultò nuovamente quando, in un battito di palpebre, se la ritrovò alle spalle, le labbra premute sul suo orecchio sinistro.
<< Ma sono sempre stata di mentalità molto aperta. E tu… sei così tenero. Il tuo sangue ha un odore tremendamente dolce. >>
Vide, con la coda nell’occhio, i canini brillare e serpeggiare vicino al suo collo. Non sapeva cos’avrebbe dato per scartare di lato e scappare, ma presto si rese conto di essere paralizzato da una paura primordiale. Si sentiva in stallo, senza alcuna speranza, sapeva cosa stava per succedere… e nonostante questo, non riusciva ad opporsi.
Invece, di colpo, la vampira si ritrasse, e lui poté tornare a respirare. Si girò verso di lei, per non perderla nemmeno per un istante di vista, guardingo come un animale consapevole di stare avendo a che fare con un predatore, e che quindi doveva restare in allerta per sopravvivere. Venire lì era stata veramente una pessima idea. Voleva forse giocare con lui?
Ma ancora una volta, nulla accadde. La donna abbandonò quell’iniziale, palese atteggiamento minaccioso, si raddrizzò e scrollò le spalle, emettendo un sospiro muto: in fondo, lei non respirava davvero.
<< Tuttavia, per quanto mi piacerebbe assaggiarti, questo non porterebbe vantaggio a nessuno dei due, men che meno a coloro che così generosamente hanno accolto me e la mia dea >> dichiarò Marie, con una voce così tranquilla e noncurante che per un attimo all’adolescente sembrò davvero non fosse successo nulla di eclatante.
<< So perché sei qui, ragazzino. E sarà così che ti chiamerò, finché non avrai imparato tutto ciò che puoi. Rilassa pure la tua postura, non ti assalirò. La parola di una demone vale poco, è vero… ma io ora sono anche la tua insegnante. È per questo che mi hai cercato, no? Pertanto, dovrai fidarti di me. >>
<< Lo so. >> Fire sospirò, rassegnato, trattenendo l’impulso di passarsi esasperatamente una mano fra i capelli. << Non ho la minima idea di cosa ho a disposizione, né di cosa posso fare. Non sapevo assolutamente nulla di ciò che ero veramente. >>
<< Capisco >> sussurrò la donna, piegandosi su di lui e guardandolo negli occhi come se stesse cercando di scrutare nel suo animo << Questa è, in un certo senso, la prima volta anche per me. Conosco bene quali sono i poteri di noi signori delle tenebre, ma di voi mezzosangue in grado di camminare liberi nel giorno come nella notte? Questo è un altro paio di maniche. Potresti avere limiti, come potresti perfino non averne, o quantomeno averne pochi. La cosa migliore per ora è cercare di capire cosa sai fare, anche a livello inconscio. Vediamo… sai rigenerarti? >>
Il ragazzo dai capelli verdi ci pensò su, inghiottendo sonoramente la saliva.
<< Sì >> rispose, suo malgrado << io... l’ho visto succedere nell’arena. È praticamente stato così che è venuto fuori tutto. >>
Marie proseguì a chiedergli in che forma fosse capace di rigenerarsi. Dapprima non capì cosa intendesse dire, così lei gli spiegò come certi vampiri fossero talmente potenti da poter guarire qualsiasi tipo di ferita, anche la rimozione di un arto o il danneggiamento di un punto vitale. Lo costrinse a riesumare più ricordi possibili, e giunsero così alla conclusione che fosse troppo rischioso mettere alla prova il fatto che potesse rigenerare un braccio tagliato di netto, ma certamente, dalle sue esperienze, poteva guarire ferite da taglio superficiali, e forse anche più gravi, in pochissimo tempo.
<< Forse saresti perfino in grado di manipolare il tuo sangue così da rigenerare fratture e ossa rotte, ma sarà una lezione che eseguiremo più avanti >> sentenziò la vampira << Adesso passiamo ad un altro campo. >>
Sollevò la mano sinistra e, sotto gli occhi stupiti di Fire, richiamò a sé le ombre proiettate dalla luce, condensandole e facendo loro assumere la forma di spirali acuminate.
<< Controllo delle ombre. Inizia dalla tua. >>
Era decisamente una richiesta che in qualsiasi altro contesto sarebbe sembrata completamente fuori di testa. Andando ad intuito, Fire si girò verso la propria ombra, lo sguardo un po’ smarrito. Sembrava facile a dirsi, ma a farsi? Non sapeva nemmeno da che parte iniziare.
Pensò di provare a fare come quando si rapportava con i suoi poteri. Tese la mano e strizzò gli occhi, concentrandosi. Voleva almeno provare ad imitarla. Immaginò che il braccio della sua ombra si deformasse, che acquisisse la forma di uno spuntone.
Non accadde niente. Vide però i lineamenti della sua ombra agitarsi, tremolare, ma restare ostinatamente fermi in quella forma.
Marie sorrise, quasi con fare incoraggiante.
<< Le ombre sono un’estensione del nostro corpo >> spiegò, in tono pratico << Tralasciamo il fatto che ancora non conosciamo le tue capacità di controllo. Immagina che la tua ombra sia solo un altro braccio. Non pensi mai di doverlo piegare, lo fai e basta, giusto? Il concetto è lo stesso. Non pensare. Diventa. >>
<< Mi stai dicendo... che dovrei pensare che il mio braccio possa cambiare? Mutare forma? >>
<< No, ragazzino >> sbottò lei, dandogli una spinta semplicemente prendendogli un dito sulla fronte, leggera ma sufficiente a mandarlo a terra  << ti sto dicendo di immaginare che il tuo braccio e la tua ombra siano connessi. Devi comportarti come se fosse naturale muovere un’ombra quanto eseguire un qualsiasi movimento! >>
<< Fanculo! >> sbottò lui in risposta, cercando immediatamente di sollevarsi in piedi << Va bene! >>
Ci riprovò. Tentò di cambiare approccio. Fissò intensamente la propria ombra.
“È il mio braccio” cominciò lentamente a ripetersi, come un mantra “quella non è un’ombra, è il mio braccio.”
Pensò che il proprio braccio fosse capace di cose assurde. Pensò che potesse allungarsi, allungarsi verso il soffitto come una frusta.
Si mosse. L’ombra si mosse senza che lui facesse niente, il braccio proiettato diventò più lungo, si stese... poi tremolò e svanì di nuovo.
<< Be’… questo è un inizio >> disse la donna annuendo col capo.
<< Ora cerca di farlo di nuovo… fin qui >> disse, mettendosi due metri davanti a lui, picchiettando il piede a terra. << Continuerai finché non ci sarai riuscito. >>
E quello fu solamente l’inizio del suo addestramento, e l’inizio della scoperta delle sue capacità. Era venuto di giorno, ma poi iniziò a tornare tutte le notti, ad allenarsi duramente fino a sentire i muscoli dolere e il sangue pulsare, finché non avrebbe abbracciato il suo lato oscuro completamente, e così le capacità che ne facevano parte.

* * *

Com’era prevedibile, l’ultimatum del Maestro risvegliò in tutti i Time Warriors il desiderio di superare i propri limiti.
In particolare, i Team RWBY e JEKP sapevano che, per quanto fossero migliorati rispetto alla loro formazione a causa delle esperienze vissute nelle ultime settimane, non erano neanche lontanamente adeguati alla battaglia che li attendeva.
Pertanto, subito dopo l'addio a Logan, avevano approcciato Thor e Angel, per chiedere di addestrarli il più possibile nella breve tregua che li separava dalla battaglia. Il principe Asgardiano e l'ex guardiano degli universi erano i membri più forti dei Time Warriors, e gli unici capaci di insegnare agli otto Cacciatori le abilità che avrebbero potuto fare la differenza tra la vita e la morte.
Ruby, Yang, Emil e Blake speravano di riuscire a risvegliare almeno ai livelli di base l'Haki dell'osservazione e dell'armatura. I loro restanti compagni, incerti sul poter ottenere quel potere prima dello scadere del tempo, intendevano addestrarsi con Thor per imparare come sfruttare al meglio le loro capacità sovrannaturali. Erano appena le sette del mattino quando le due squadre entrarono assieme agli improvvisati insegnanti, ognuno con un'espressione estremamente tesa e preoccupata. L'unico conforto della situazione fu che sarebbero andati incontro a quella prova assieme.
Non era la prima volta che Thor si occupava dell’addestramento di giovani guerrieri, ma quei ragazzi gli avevano chiesto di insegnare loro come risvegliare un potere chiamato “Haki”.
Il dio del tuono ne aveva già sentito parlare, senza però averne mai avuto bisogno, poiché era già abbastanza potente di suo. L’unico che sapeva come sfruttare al meglio questo potere… era proprio Angel.
Ma se si trattava di risvegliare le abilità latenti di un guerriero… allora anche Thor poteva dire la sua.
<< A quanto mi ha spiegato brevemente il nostro compagno, il potere che voi chiamate “Haki” si sviluppa tramite due vie: un trauma o situazioni di pericolo estremo. E io potrei avere qualche idea su come replicare almeno una di codeste circostanze… sempre che il qui presente Angel sia d’accordo: io allenerò James, Kirby, Penny e Weiss, mentre il mio compagno addestrerà voi altri. In questo modo, non ci pesteremo i piedi l’un l’altro. >>
<< Per me va bene, co-allenatore. Farò del mio meglio. >> Il soleano si girò verso coloro che gli erano stati assegnati, ovvero Blake, Emil, Ruby e Yang. << Vi avviso, le prossime ore non saranno affatto piacevoli. Come ha già spiegato Thor, per risvegliare l'Haki occorrono misure estreme. Dal momento che un trauma potrebbe rivelarsi rischioso a lunga andare, non avrò altra scelta che ricreare situazioni di pericolo. Ma neanche questo potrebbe essere un metodo infallibile per quanto riguarda la vostra sicurezza. Ve la sentite lo stesso di rischiare? >>
<< Arrivati a questo punto, se ci rifiutassimo… be', non saremmo neanche degni di scendere sul campo di battaglia >> rispose Blake, inarcando aggressiva gli occhi, venendo presto imitata dal resto dei suoi amici.
Angel sospirò. Quella prospettiva non gli piaceva per niente… ma d'altro canto, i suoi compagni sembravano più che decisi ad affrontare le prossime prove, dunque avrebbe rispettato i loro desideri e fatto del suo meglio per assisterli.
<< Molto bene. Riunitevi a cerchio intorno a me, e lasciamo il resto dello spazio per gli altri. >>
Obbedirono, senza fare domande. A quel punto, osservarono il ragazzo tendere la mano, e subito, in un lampo sanguigno, la sua mitica lancia apparve stretta nel suo pugno, con l'asta che sfiorava il terreno con ronzii e crepitii.
<< La lancia di mia madre Scáthach, Gáe Bolg >> spiegò il soleano, la voce densa di malinconia e orgoglio misti assieme << fu forgiata dalle viscere del Coinchenn, una feroce, mitica bestia indomita del mare, intrisa della più rozza forma di magia selvaggia. Nonostante sia ormai morta, la sua furia bestiale pulsa ancora dentro quest'arma, come un cuore dopo che è stato reciso di netto. >>
Li guardò dritto negli occhi.
<< Ora, io sfrutterò il suo potere, la presenza stessa della bestia incarnata dalla mia arma, contro di voi. Proverete i più bassi istinti animali: paura, desiderio di fuga, sensazione di intrappolamento, percepirete il pericolo della morte. Vi sentirete come alla presenza di quella terribile bestia, pronta a saziarsi delle vostre carni. Saprete per certo di essere al cento per cento… in pericolo. Ma voi dovrete vincere questo blocco, attingendo alla vostra forza interiore, e superare la paura… la sensazione di pericolo stessa. Solo così l'Haki si manifesterà. Se avete capito bene, se siete pronti... iniziamo. >>
I quattro ragazzi annuirono e si prepararono, mentalmente e fisicamente, regolando il ritmo del loro respiro o semplicemente chiudendo gli occhi e riportando alla mente i loro innumerevoli scontri con i Grimm, che ricordavano a grandi linee la creatura descritta dal Soleano.
Thor sorrise compiaciuto, vedendo cominciata la lezione di Angel, poi si volse verso i Cacciatori rimasti al suo fianco. Li portò all’esterno della palestra, e qui si rivolse a loro con tono possente: << Voi non avete bisogno di imparare l’Haki, ma io vi insegnerò come affrontare dei nemici potenti… anche più di quelli combattuti finora. Conoscete tutti le basi del combattimento, e siete soldati esperti. Ciò che non avete mai affrontato, però, è un avversario che sia più potente di voi. Io vi insegnerò come difendervi da un nemico più forte. Pertanto… >>
Allungò il braccio, spalancò la mano e Mjölnir volò tra le sue dita.
<< Affronterete me. Combattete dando tutto ciò che avete. Non abbiate paura di ferirmi, o di farmi sanguinare. Voglio che lottiate come se la battaglia contro il Maestro fosse già cominciata. Non risparmiatevi, perché… >> il cielo si annuvolò e si sentì il rombo di un tuono << … io non lo farò. >>
Si trattava di una piccola bugia. Thor non poteva usare tutta la sua forza, o avrebbe rischiato di ucciderli. Ma si sarebbe comunque impegnato nello scontro.
Senza dire una parola, il gruppetto mise le mani alle armi o a cristalli di Polvere. James fece uscire da due fori sugli avambracci una coppia di fruste con punta acuminata, simili a lunghe spine dorsali, mentre Penny coordinò le sue spade in un'elaborata formazione, cominciando a caricarle di Aura. Kirby,  invece, assorbì un cristallo azzurro, ricoprendo la sua pelle con piccole stalattiti, e Weiss evocò una coppia di glifi alle sue spalle.
Thor si esibì in un piccolo sorriso soddisfatto e caricò in mezzo al gruppo menando il proprio martello. Colpì il suolo generando una potente onda d'urto accompagnata dal fragore di un tuono, e questo fu sufficiente a separare il gruppo.
Fatto ciò, un fulmine colpì il terreno e bruciò l’erba circostante, dividendoli ulteriormente.
<< Sapete perfettamente come lavorare in squadra, ma ora siete separati, proprio come su Trenzalore. Ora siete vulnerabili e io posso colpire facilmente uno di voi. Che cosa farete, adesso? Decidete in fretta! >>
Kirby e James, seppure in quella confusione, riuscirono ad incontrare i propri sguardi e si fecero rapidi segni con le mani. Il ragazzo dai capelli rosa creò una scia di ghiaccio, usandola per scivolare attorno a Thor, dandogli rapidi pugni o creando armi congelanti, che vennero comunque bloccate e frantumate con facilità.
Dopo un breve scambio, un montante dritto allo stomaco di Kirby lo scagliò via di alcuni metri… ma James approfittò comunque per lanciare le sue fruste organiche e avvolgerle attorno al braccio che impugnava Mjolnir.
Il dio del tuono sorrise soddisfatto.
<< Avete compiuto un'eccellente manovra, ma ecco il vostro primo errore. >> Con la mano sinistra afferrò la frusta di James. << Non cercate lo scontro corpo a corpo se il vostro avversario è più forte di voi! >>
La forza di Thor era incredibile, e senza dubbio alcuno era fisicamente il più forte fra i Time Warriors. Grazie ai suoi muscoli, con la sola mano sinistra che teneva la frusta, sollevò James e lo fece vorticare, per poi lanciarlo contro gli altri membri della sua squadra.
<< Studiatelo. Cercate un'apertura e giocate d'astuzia. Osservate i suoi possibili punti di forza e debolezza. Non male, come primo attacco… ma contro avversari come Vader non sarà sufficiente. Di nuovo! Con più energia! >>
Penny assorbì le parole del dio, e riportò alla memoria il suo scontro con Harley e il Triplechanger su Trenzalore, dov'era stata battuta per superiorità numerica e stamina.
Stavolta aveva il vantaggio del numero, ma Thor aveva appena dimostrato che poteva anche non servire. Con accurati gesti, fece volteggiare le sue spade in varie direzione, colpendo l'obbiettivo con fulminei fendenti o raggi laser, volti a rinchiuderlo in uno spazio limitato. In contemporanea, Weiss creò altri Glifi e cominciò a balzare, attaccare e sparire come un letale brezza bianco-azzurra.
Thor si coprì con le braccia per bloccare i raggi laser. Questi gli limitavano la vista, e in più doveva proteggersi sia fendenti fulminei della pallida cacciatrice.
Erano davvero eccezionali, perfino il dio se ne sorprese. Imparavano in fretta, sapevano adattarsi ad ogni situazione combattendo come una vera squadra. Di questo passo, le forze del Maestro sarebbero state in netta difficoltà.
Senza dare il tempo a Kirby e James di fare qualcosa,  batté di nuovo l’incudine sul terreno, generando un'onda d'urto tale da sbattere al suolo Penny e Weiss.
Senza perdere ulteriore tempo, posò il Mjolnir sul corpo di Penny, bloccandola permanentemente al suolo. Solo chi era degno poteva impugnare quell'arma, e nessuno di loro aveva il potere per liberarla.
<< Ecco un'altra situazione: uno degli alleati più forti che avete a disposizione è stato appena eliminato. Siete rimasti in tre, e non potete contare sul potere offensivo della fanciulla. Fate finta per un momento che io l'abbia uccisa. In una situazione simile... come reagireste? >>
James, in particolare, s’irrigidì alla domanda. Dopotutto, ormai era da quasi un anno che si prendeva cura dell’androide… e il solo pensiero di poter assistere alla sua morte era stato sufficiente per riempirlo di un’angoscia straziante.
In un'altra situazione avrebbe probabilmente cercato di bloccare in qualche modo l'avversario, ma Thor era già dimostrato impossibile da trattenere, quindi...
A un altro gesto del suo leader, Kirby assorbì una nuova coppia di cristalli. Invece di trasformarsi però, rilasciò tutta l'energia accumulata in un unico colpo, sottoforma di una fitta coltre di nebbia.
Ancora una volta, il dio del tuono si ritrovò con la vista oscurata. Ciononostante, era rimasto alquanto soddisfatto dalla rapidità di pensiero mostrata dai suoi nuovi allievi. Avrebbe potuto scacciare facilmente quella nebbia con una folata di vento, ma voleva vedere di cosa erano realmente capaci. Pertanto si limitò a tenere alzata la guardia.
Gradualmente, nella nebbia si fece strada un penetrante sibilo, cui seguì la sfocata apparizione di una figura strisciante. Sgusciante come soltanto un serpente poteva esserlo, la creatura si abbatté più volte su Thor, spingendolo da una parte all'altra. Poco distante, Weiss teneva il suo fioretto sul terreno, protetta da Kirby in modo da mantenere attivo il King Taijituche aveva evocato.
"Ma perché sempre serpenti?" si chiese Thor mentre cercava di tenere testa al famiglio.
Con non poco sforzo, afferrò la doppia testa dell’essere e lo sbatté violentemente al suolo.
 << Va bene, per oggi può bastare >> disse, mentre si risistemava. << Avete combattuto molto bene, sono fiero di voi. Se continuerete così, il Maestro piangerà lacrime amare >> Poi si diresse verso Penny e sollevò il martello dal suo corpo.
<< Va tutto bene, graziosa fanciulla? >> chiese, tendendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
La robot annuì timidamente, e questo lo fece sorridere.
 << Eccellente! Mangiate, bevete e riposate. Domani continueremo ancora, ma aumenteremo la difficoltà. >>

Nel frattempo, all’interno della palestra, si svolgeva l’allenamento ad opera di Angel Hikaru.
La ferocia della bestia marina pressava nelle menti dei Cacciatori, quasi fosse qualcosa di fisico, di tangibile. Nonostante avessero tentato di razionalizzarlo come fosse null'altro che un Grimm, non era minimamente paragonabile: richiamava le loro paure, i loro istinti, dal profondo, come un primordiale stato d'animo.
A quel punto, Angel vibrò un colpo e scatenò una piccola onda d'urto. Inevitabilmente, tutti e quattro finirono sferzati e caddero a terra a gambe all'aria, colti di sorpresa per via del terrore che li aveva menomati.
<< Questo non era che l’inizio, il primo impatto >> dichiarò il soleano blu << L'assuefazione cercherà di sbaragliarvi, di incatenarvi a sé. Non dovete permetterglielo. Io sono la Bestia in questo momento. Fermatemi. Non cedete al mio volere. Ricordatevi che voi non morirete qui, oggi. >>
Si rimise in posizione, l'arma tesa.
<< Alzatevi >> ordinò. << Di nuovo. >>
Ruby si alzò con difficoltà, il viso perlaceo ricoperto da gocce di sudore. La sua Aura brillò per un attimo, confondendosi col suo mantello svolazzante, finché non poté parlare di nuovo.
<< Dèi, le belve del tuo mondo erano davvero terribili >> commentò, sentendo ancora il cervello come intrappolato in una coppia di potenti fauci.
<< È... è come avere di nuovo Salem davanti >> le fece eco Emil, che chiuse più volte il pugno, la vista inquinata da strane macchie. Per lui, abituato già a combattere in maniera molto animalesca, l'esperienza era stata ancora peggiore.
<< Non è la bestia il problema principale. Siete voi! Essa attinge a forze primordiali insite in ogni essere vivente… ma in quanto creature razionali, voi la nutrite con le vostre paure, che si aggiungono al terrore di essere cacciati e uccisi. >> Il ragazzo dai capelli rossi socchiuse le palpebre, riflettendo. << In effetti, è un buon inizio identificare Salem con questo. Cos'altro temete? >>
<< Essere null'altro che pedine nella macchina politica del Maestro >> rispose Blake, che come tutti  era rimasta scossa dall'incontro col dio di Battleground.
<< E deludere i nostri cari >> aggiunse Yang.
<< Morire con dei rimpianti, nel mio caso >> concluse Emil.
<< Molto bene >> li lodò Angel << E ora fatevi la domanda più importante: perché ne avete paura? >>
<< Perché >> cominciò Ruby, un po’ tentennante, prima di deglutire e convincersi << perché non è chi siamo. Siamo diventati Cacciatori per migliorarci, per espandere i nostri orizzonti e per far valere la nostra volontà anche nei momenti più bui. Non abbiamo alcuna intenzione di sostenere lo status quo del Maestro, e se ci fossimo inchinati a lui ad Asgard… avremmo tradito tutto ciò per cui lottiamo. >>
Angel sorrise soddisfatto.
<< Esatto. Voi siete Cacciatori. Non prede. Siete spiriti liberi, non schiavi. È per questo... che la vostra paura non è una nemica, ma un'alleata. Deve ricordarvi chi siete e che cosa non volete diventare. Forza... riproviamo. >>
Batté la lancia per terra e li investì nuovamente con l’aura della bestia.
I muscoli dei ragazzi tremarono in maniera incontrollabile, le loro stesse vene pizzicarono, mentre facevano del loro meglio per resistere, tenendo bene a mente quanto Ruby aveva appena detto.
Amplificarono la loro Aura e la loro forza di volontà il più possibile, utilizzandole all'unisono per respingere a fatica l'attacco psichico. Dopo alcuni minuti di sopportazione, inquinati da gemiti di dolore e ringhi… sentirono qualcosa dentro di loro cominciare ad agitarsi, una sensazione simile a quando, anni prima, avevano risvegliato la loro Aura.
Anche Angel fu in grado di percepirla, e un angolo della sua bocca si alzò verso l’alto. Non c’erano ancora riusciti, ma erano sulla buona strada.
In quella che forse sarebbe stata la loro ultima settimana sulla terra, tutti loro avrebbero dato il meglio.
Tutti loro non avrebbero mai lasciato nulla di intentato.
* * *

Proprio come i suoi compagni, Accelerator aveva passato gli ultimi giorni ad allenare il suo controllo vettoriale.
Nonostante fosse praticamente indistruttibile, anche una persona come lui necessitava di riposo. Proprio per questo, Yomikawa aveva avuto l’idea di organizzare un picnic nei verdi giardini attorno alla base della Resistenza.
Dopo gli eventi nell’arena e il triste funerale di Logan, per la donna era necessario rallegrare l’ambiente e far capire al ragazzo il forte calore che solo una famiglia poteva trasmettere. E naturalmente, Yoshikawa era stata d’accordo.
<< Dunque... avete cucinato tutto voi due? >> chiese l’albino alle due donne.
<< Ovviamente >> rispose Yoshikawa << Tu sei un completo imbranato ai fornelli, non avremo mai potuto chiedertelo. >>
<< Tch... fanculo. >>
<< Peccato. Speravo di poter vedere Accelerator col grembiulino, dice Misaka come Misa-... >> non finì la frase, poichè l’albino le tirò una leggera manata sulla fronte.
<< Ahiiiiii >> fece lei, massaggiandosela << Mi hai fatto male, dice Misaka come Misaka fingendo di piagnucolare. >>
<< Ma tu senti questa >> commentò Accelerator davanti alle sue lacrime di coccodrillo.
<< Ohi, mangia qualche bistecca. Le ho preparate con tanto amore >> disse Yomikawa allungando un po’ di carne all’esper.
<< Non ho molta fame >> rispose secco lui.
<< Ma devi mangiare. Ti alleni sempre duramente, se non riempi lo stomaco il tuo fisico ne risentirà >> lo riprese Yoshikawa.
<< Col controllo vettoriale posso stare senza mangiare e bere. Non ho bisogno delle sostanze nutritive. >>
<< Eddai, mangia! È tutto così buono. Ti imboccherò io, dice Misaka come Misaka mentre ti allunga un pezzetto di carne. >>
Per tutta risposta, Accelerator sbuffò, addentò e mando giù. Doveva ammetterlo: era davvero buono.
<< Uuuuuuuuuh! >>
Un tenero familiare bubolio risuonò nell’aria. La figura di Rowlet sfrecciò giù dal cielo e svolazzò in mezzo a loro, i grandi occhioni che brillavano.
<< Cia-uuuh, Lasty e Accelly! >>
Atterrò al lato della tela e piegò la testolina in direzione di Yomikawa e Yoshikawa, simulando un palese inchino elegante.
<< Piacere di conoscervi, mamme di Lasty e Accelly! >>
<< Roooowlet! Esclama Misaka come Misaka tutta contenta. Sono felice di vederti! Dice Misaka come Misaka prendendoti in braccio e facendoti le coccole. >>
<< Ci-a-uuuu Lastyy! Anche Rowlet è tanto contento di rivedere Lasty! A Rowlet Lasty è mancata tanto, ma tanto tanto! >> cinguettò il barbagianni, becchettandole dolcemente il naso e accoccolando la testolina sulla sua spalla. Ormai, era diventato praticamente di famiglia.
<< Lui è qui con te, pennuto? >> domandò Accelerator, inarcando un sopracciglio.
<< Uuh! Padron Fire è rimasto indietro perché è una lumaca! >> si pavoneggiò il barbagianni, gonfiando il petto bianco << Ha detto che doveva prendere una cosa. Eccolo, sta arrivando! >>
A qualche metro di distanza, stava Fire Royston. Lanciò un’occhiata all’uccello e alla bambina, poi all’albino e alle due donne, facendo un formale e silenzioso cenno di saluto col capo. Si teneva a distanza, quasi temesse di rovinare con la propria presenza quel quadretto felice. Reggeva in mano un vistoso cesto intrecciato di legno.
<< Ohilà! >> lo salutò Yomikawa << Tu devi essere l’amico di Accelerator, perché non ti unisci a noi? C’è sempre posto a tavola. >>
<< Ohi, lui non è mio amico >> la riprese l’esper.
<< A me sembra di sì, andate molto d’accordo >> commentò Yoshikawa.
<< Tch... zitta >> rispose l’altro, imbarazzato, mentre sorseggiava del caffè.
<< Accelly e padron Fire sono entrambi dei musoni testoni, ecco perché sono amici e vanno tanto d’accordo >> sentenziò Rowlet.
<< Chiudi quel becco >> gli sibilò in risposta il padroncino.
<< Non essere duro con Rowlet, dice Misaka come Misaka mentre riprende Fire. >>
La bambina gonfiò le guance per ammonirlo, ma poi arricciò le labbra e corse ad abbracciarlo. << Grazie per aver salvato il mio papà, dice Misaka come Misaka sinceramente grata. >>
Per un istante, il giovane si irrigidì, colto di sorpresa da quello slancio d’affetto. Poi chinò lo sguardo ad incontrare gli occhi da cerbiatto della piccola e le fece una carezza sui capelli, cercando di mettere su un sorriso che stesse dritto.
<< Non dirlo nemmeno. È stata la cosa giusta da fare. >>
<< Padron Fire è un vero eroe! >> ribatté Rowlet, gonfiando orgoglioso il petto << Proprio come il papà di Lasty! >>
La piccolina rise e poi prese per mano il ragazzo. << Forza, unisciti a noi, Yoshikawa e Yomikawa sono bravissime cuoche, ti piacerà la loro cucina, dice Misaka come Misaka tirandolo per mano. >>
<< Last, se lui non vuole non devi obbligarlo >> replicò Yoshikawa.
<< Uffiiii, sbuffa Misaka come Misaka mettendo il broncio da bimba. >>
<< Non volevo disturbare... >> esordì Fire << io... ehm, vi ho visto, e ho pensato... che avreste gradito mangiare dei biscotti. >>
Gli occhi di Last Order si illuminarono come due stelle.
<< Biscotti! >> urlò con voce acuta e strillante.
Cercò di aprire il suo cestino per addentarne uno, ma Accelerator la fermò allontanandola delicatamente con un colpetto di Reflection.
<< Ferma lì. Non mangerai quei biscotti finché non avrai finito quello che è stato preparato. >>
<< Uffa! Sbotta Misaka come Misaka borbottando come una bambina. >>
<< Sono molto apprezzati! >> disse Yomikawa. << La nostra offerta è sempre valida. >>
Alla fine, Fire acconsentì. Si sedette a gambe incrociate sul telo disteso nell’erba e si mise a mangiare assieme a loro. Si sentì scaldare fino al midollo ad ogni battuta e risata della piccola, di Rowlet o delle due donne, e non poté che rimirarle con un accenno di viva malinconia.
La famigliola mangiò allegramente, anche se, come al solito, Fire e Accelerator restarono in relativo silenzio.
<< Era... buono >> dichiarò il ragazzo dai capelli verdi, con un cenno riconoscente verso Yomikawa << Molto buono. >>
<< Ti ringrazio! Sentito, Accelerator? Questi sì che sono complimenti. Dovresti provare a farne anche tu. >>
In tutta risposta, il ragazzo schioccò a lingua con fare seccato, e Yoshikawa lo riprese: << Non essere maleducato e ringrazia. >>
<< Tch… grazie per il pasto >> sospirò.
<< Allora… Fire, giusto? >> chiese Yomikawa con fare sincero. << Ti senti un po’ meglio, ora? >>
Fire annuì, poi le sorrise. << A papà saresti piaciuta. >>
Faceva ancora fatica a comportarsi in modo così sciolto e sicuro. Ma non si pentì di quell’uscita, e così la guardò dritto negli occhi.
<< È sempre stato bene da solo, però... era anche un inguaribile romantico. Sognava sempre di trovare il vero amore, prima o poi. Io penso... che quantomeno sareste andati d’accordo. E molto. >>
In tutta risposta, Yomikawa arrossì, e poi sorrise. << Da come me lo avete descritto, sembrava proprio un uomo perfetto! Anche io ho sempre sognato di trovare il vero amore. Un marito, una casa e dei figli… >>
<< Waaaah! Se si fossero, sposati, Fifì sarebbe stato lo zio di Misaka! E il fratellone! Dice Misaka come Misaka con aria sognante. Ed è vero, Yomi sogna sempre di trovare il principe azzurro anche se ormai ha la sua età... >>
Fu così che Last Order guaì, ricevendo un “tenero” pugno in testa dalla donna, che non aveva perso il suo sorriso.
<< Ma mi basta aiutare i bambini che trovo. Incluse queste due piccole pesti >> disse massaggiando la testolina della bambina. << Non pensarci troppo, va bene? Vivi il momento. Io non lo conoscevo, ma non credo che vorrebbe vederti così triste. >>
<< Ci provo >> mormorò l’adolescente << Ci provo il più possibile. >>
A quel punto, prese la cesta e la poggiò al centro della tela.
<< Questi li ha fatti lui. O meglio... era una delle sue ricette, gli piaceva cucinare. Diceva che era la via del buonumore >> spiegò << Crema e gocce di cioccolato. >>
Fu accolto con entusiasmo, specialmente da Rowlet e Last Order, quando ne distribuì un po’ per ciascuno.
<< Sì, era davvero l’uomo perfetto! >> esclamò gioviale Yomikawa, dopo aver assaggiato. << La strada per il cuore di una donna è lunga, ma è lastricata di cioccolato. Me lo sarei portato all’altare in meno di due secondi! >>
Per tutta risposta, Accelerator simulò un conato di vomito, strappando una sonora risatina al ragazzo dai capelli verdi. Poi, l’albino porse al giovane una lattina del suo caffè preferito.
<< Tieni, bevi qualcosa. Dopo pranzo il caffè fa sempre bene >> gli disse, senza neanche guardarlo in faccia.
Finito il picnic, Accelerator si offrì di sistemare il tutto, mentre le due donne accompagnavano Rowlet e Last Order in giro per il parco. Fire si mise ad aiutarlo.
<< Grazie >> bofonchiò dopo qualche istante << per il caffè. >>
<< Grazie per i biscotti >> ribatté l’esper, più o meno con il suo stesso tono.
<< Sono due signore davvero dolcissime. >>
<< E sanno essere davvero una seccatura. Ma dopo un po’, uno ci fa l’abitudine. >>
Calò il silenzio per un minuto buono. I secondi sembravano secoli per entrambi. Infine, Accelerator decise di parlare.
<< Per quello che vale… mi spiace davvero. Per tutto, intendo. Per tuo padre, e per quello che ti ho detto nell’arena. >>
<< Sì, sei stato un vero stronzo >> replicò Fire, tranquillamente << Però avevi un punto… non avrei dovuto tenervelo nascosto, anche se era difficile avrei dovuto provare a fidarmi di voi... e soprattutto di te. >> Prese un respiro profondo. << Mi dispiace molto per questo. Non lo sopporto. Non lo sopporto perché l’hanno usato contro di noi, per ferirci e dividerci. Me ne sento responsabile... >>
Accelerator sospirò sonoramente. Odiava quando qualcuno gli entrava nella testa. La sua Reflection lo rendeva immune alla telepatia, ma né a Loki, né a Shen, né al Maestro, era servita. Il controllo vettoriale non lo rendeva immune alle parole: avevano agito su di lui in modo tale da farlo scatenare in quel modo.
<< Alla fine non ce l’hanno fatta. Insomma, siamo ancora qui, no? Ma tu non devi dispiacerti. È stato un errore, certo, ma… sarebbe ipocrita, da parte mia, biasimarti. Io ne ho fatti fin troppi di errori. Credimi. >> Emise un sonoro sbuffo e scrollò le spalle. << Sono contento… di aver risolto. Almeno credo. Io… non lo so… sono un disastro in queste cose. >>
<< Non sono nemmeno pratico anch’io, ma... ti sei scusato con me, hai detto che ti dispiace. Mi hai detto la verità. Sono felice che non mi odi. Non c’è altro da aggiungere. >>
Di nuovo il silenzio calò fra loro, ma questa volta, era ben accolto. D’istinto, presero a giocare a lanciare i sassi sparsi lì sul terreno il più lontano possibile.
<< Tu… combatterai? >> domandò di punto in bianco Accelerator << Nel senso: sapendo che ti ritroverai di nuovo davanti quel governatore schizzato? >>
<< Ovvio. Ne ho già parlato con Thor... >>
<< Ma ora sono io che lo sto chiedendo a te. Non credo tu gli abbia detto tutto quello che pensi realmente. Non credo nemmeno tu ti sia guardato in faccia, ultimamente. Conosco l’ombra che hai nello sguardo, anche se non te ne rendi conto. >> L’albino lo trafisse con i suoi occhi rossi. << Tu vuoi uccidere Shen. Lo vuoi massacrare, dico bene? >>
Fire aprì la bocca per negare liberamente, ma si ritrovò a chiuderla, ad esitare con un piccolo sussulto. Si sentiva messo sotto esame, e questo non gli piaceva per niente: non voleva affrontare quella conversazione, per il semplice fatto che non voleva fare i conti con quello che provava. Non con quella parte di sé.
Ma doveva. Si rese conto che non poteva girarci intorno per sempre. Non poteva affrontare solo il dolore della perdita di Logan. C’erano anche la rabbia, l’odio e il desiderio di vendetta. E con chi poteva confidarsi, meglio di Accelerator?
<< Sì >> mormorò dopo qualche istante, in una profonda ammissione dolorosa. Strinse i pugni con forza, spostando lo sguardo altrove. << Sì. >>
<< E dopo? Una volta che lo avrai ammazzato, che cosa farai? >>
Il ragazzo dai capelli verdi tirò un lungo sospiro e si sedette per terra, stringendo le gambe attorno al petto. Non poté evitarlo. Quella conversazione gli faceva tornare il vecchio istinto di chiudersi a riccio, di ignorare tutto e pensare a qualcos’altro.
Ma l’esper non mollava. Nonostante non lo incalzasse a parole, il suo sguardo penetrante era puntato su di lui. Aspettava che rispondesse. Sembrava pronto ad aspettare in eterno.
<< Che cosa dovrei fare, a parte marcire all’Inferno accanto a lui, dopo? >> gli sibilò contro, senza poter trattenere la frustrazione.
<< Probabilmente ti farei compagnia. >> L’albino gli si sedette accanto con un semplice gesto. << Il ruolo del vendicatore sanguinario non ti si addice. Se tu ti sporcassi le mani in quel modo... il pennuto potrebbe rimanerci davvero male. Lascia la carneficina ai mostri, non c’è spazio per quelli come te nella via del demonio. >>
<< Oh, ancora non lo sai? >> ribatté Fire << A quanto pare, anche io sono un mostro. Lo sono sempre stato, anche se non ne sapevo niente… mia madre era una vampira. Io sono un… >>
<< Coglione >> sbottò Accelerator, sdegnato << Sei un dannatissimo coglione. Come se fosse questa la vera differenza. Come se bastasse nascerlo, per essere davvero dei mostri. Come se tu ti fossi macchiato di sangue innocente... hai mai visto il volto di qualcuno che ti implora pietà? Hai mai strappato la vita a qualcuno che non lo meritava? Quando il peso di migliaia di vite grava sulle tue spalle, quando l’odore e il colore del sangue non spariscono dalle tue mani, e la vedi... lì davanti a te, quella creatura così innocente che piange e ti chiede perché. Tu non sei così. E per il tuo bene, non diventarlo mai… >>
<< Ma tu non… >>
<< Ascoltami >> lo fermò l’albino << Non ti sto dicendo di risparmiare Shen. Al contrario. Quell’essere è uno schifoso, e merita di morire. Ma penso che non dovresti farlo per odio, né per vendetta, ma perché è la cosa giusta da fare, per portare avanti l’eredità di Logan. >>
<< Non per odio!? >> Fire si girò quasi di scatto, mentre il terriccio per terra si agitava appena e l’aria ronzava. << Come... come potrei non odiarlo!? L’ha ucciso a sangue freddo! Ci ha tenuto a farlo in modo che mi sentissi in colpa! Mi ha fatto perseguitare e cacciare di casa! Mi ha torturato… mi dà perfino la colpa delle sue stronzate! >>
<< Già, posso davvero capire come ti senti >> sospirò l’esper. << Va bene. Non conoscevo Logan, lo ammetto. Ma da come ne parli... io dubito che ti vorrebbe vedere così. >>
<< Non posso… non ci riesco… io… >> Il giovane affondò le dita nel cranio, emettendo un guaito. << Ogni volta che ci ripenso, cazzo, io lo vedo. Io vedo lui. Vedo mio padre. È colpa mia. Io l’ho coinvolto, quando avevo giurato di proteggerlo! Gli ho permesso di aiutarmi, quando avrei dovuto impedirglielo! Se l’avessi fatto non sarebbe successo niente, se l’avessi fatto, a causa della mia debolezza, Shen… non lo avrebbe… >>
<< Logan ha scelto di fare il padre e aiutarti. Non lo puoi biasimare per questo. Ha scelto lui questa strada, era consapevole che sarebbe potuto morire per proteggerti, ma a lui stava bene così. È compito dei genitori proteggere i propri figli. Non devi darti la colpa di quello che è successo, ha fatto il suo dovere e se fosse qui… te lo direbbe lui stesso. Lui sceglierebbe di morire altre mille volte, pur di farti vivere. >>
<< Parli così… perché faresti la stessa cosa per Last Order? >>
La domanda fece ammutolire di colpo l’albino. Ma poi scosse il capo, e annuì con decisione. << Sì. Come padre… lo farei senza pensarci due volte. >>
Fire si abbracciò di nuovo le ginocchia al petto, fissando il vuoto. << Non mi ero mai sentito così solo… >>
<< Non sei solo. >>
Accelerator aveva detto quella frase quasi con fermezza, tanto che Fire si girò a guardarlo, sorpreso.
Un debole sorriso gli increspò le labbra. << Neanche tu. >>
<< Lo so. >>
L’albino rimase in silenzio a guardarlo. Sapeva che non era ancora finita.
Il ragazzo dai capelli verdi sospirò e volse lo sguardo altrove. << Questa rabbia, questo odio… anche se ora sono calmo, non posso farci niente. Sono lì, in agguato, e la verità è che ne ho paura. Di non saperle controllare, di diventare esattamente come… come Shen. O come Vader. >>
<< Ma tu puoi farlo. La mocciosa... mi ha insegnato a non avere paura di questa cosa, di questi sentimenti. Può sembrarti una stupida frase fatta, ma... finché ci sarà Rowlet, finché ci saremo anche io, la marmocchia, e il Dottore, e Thor, e finché il ricordo di Logan sarà vivo in te… non dovrai avere paura. Non sei solo >> ripeté Accelerator, con enfasi. << Mostri come me e Shen non nascono, noi diventiamo così. >> Gli mise una mano sulla spalla. << Tu non lo sei, e non lo diventerai. Tu hai un buon cuore, e questo è il lascito più grande di Royston. So che ce la farai. Tu non sei ancora caduto nell’abisso, anche se pensi il contrario. E non cadrai perché hai qualcosa a cui aggrapparti. >>
<< Non contro Vader. >> Il ragazzo dai capelli verdi scosse il capo, mordendosi il labbro. << È me che vuole. In qualunque modo andrà la battaglia, verrà per me. Dovesse spazzare via l’intero Renmant, mi troverà. Ucciderà qualsiasi cosa si metta sulla sua strada, senza badare se siano amici o nemici… pur di arrivare a me. >>
<< Tch… ci godi così tanto a fare il teatrale? >> sbuffò l’esper, per poi mettere su un sorriso sadico << Forse può spazzare via tutto l’esercito, ma non me. Te l’ho detto, non può fermarmi ora che conosco i suoi poteri. >>
<< Forse hai ragione, come forse hai torto. In ogni caso non dovresti correre il rischio. >>
<< Fregacazzi >> sibilò l’esper, gli occhi che si incendiavano << Lo farò a pezzi. >>
<< Non se lui fa a pezzi prima te. >>
<< Allora vorrà dire che lo trascinerò all’Inferno con me. >>
<< NO! >>
L’urlo gli uscì di getto, senza che riuscisse a trattenersi. Alcuni uccelli si levarono in volo sopra gli alberi, spaventati.
<< Tu non capisci, lui è fisicamente nella mia testa >> Fire si portò con rabbia le mani alle tempie << e io sono nella sua! Siamo collegati da qualcosa che va ben oltre il legame di sangue, siamo legati dalla Forza, l’energia che lui controlla. Sin dalla prima volta in cui ci siamo… connessi, improvvisamente è diventato la persona che mi conosce meglio di chiunque altro al mondo… e io sono lo stesso per lui. Sa come funziona la mia mente, e io so come funziona la sua. Sa che sarei disposto a fare qualsiasi cosa, se… uno dei miei amici si trovasse in pericolo, e non esiterebbe a sfruttare la cosa. Non posso, non voglio permettere che qualcun altro si faccia del male per causa mia. E non voglio che ti macchi di questo delitto. >>
Accelerator rimase in silenzio, fissandolo con occhi glaciali, ma Fire non si lasciò intimorire e sostenne il suo sguardo.
<< Ora ascoltami tu. Lo so. Sono un ipocrita. Dopo tutto quello che è successo, dopo tutto quello che ho detto, dopo tutto il mio piangere Logan e le mie considerazioni su di lui… io non voglio… che l’unico mio genitore ancora in vita muoia. È irrazionale. È sbagliato. Sì. Ma è quello che sento. Abbiamo un legame che va oltre me. >> Il ragazzo scosse il capo. << Non fraintendermi. Avere questo sentimento di pietà nei suoi confronti mi fa ribollire di rabbia. Non posso frenarlo… ma posso mitigarlo. Posso combatterlo, e lo farò. Quello che mi spaventa di più sarebbe trovarmi in mezzo fra lui e i miei amici. Non voglio farlo. Non voglio scegliere. >>
Fire si passò una mano sul volto, il tormento che ne squassava i lineamenti.
<< Perché sceglierei voi, esattamente per lo stesso motivo per cui ho scelto di venire a salvare te e Thor nell’arena >> ammise, in un ringhio frustrato << E questo mi distruggerebbe, come mi distruggerebbe sapervi in pericolo per colpa sua. Perciò… devo essere io, Accelerator. Devo essere io ad affrontarlo. Sia lui, che Shen… ma mio padre in particolar modo. È la persona che più di ogni altra cosa dovrà sentirmelo dire. >>
<< Sentirti dire che cosa? >> domandò l’esper, ogni muscolo del proprio volto immobile.
Calò il silenzio, rotto solamente dal respiro ansimante, ricco di tensione e tormento del ragazzo dai capelli verdi. Poi, lentamente, diede voce al suo pensiero.
<< Tu non hai nessun potere su di me. >>
L’albino abbassò lo sguardo, socchiudendo le palpebre. << Cazzo. Hai ragione. Cazzo. Una parte di me non vorrebbe ascoltarti. Vorrei massacrarlo per tutto ciò che ha fatto. Ma questo non sistemerà le cose, e non cambierà ciò che è stato. Ci ho pensato a lungo, dopo quella sfuriata che ti ho fatto nell’arena. Yomikawa e Yoshikawa mi hanno aiutato molto in questo, facendomi capire. Hai ragione tu. Non ho intenzione di vendicarmi di Vader. Non ha senso farlo. Tu, e solamente tu, devi affrontare Testa di Secchio. >> Sospirò. << Sai, ora mi è tornata in mente la storia che mi aveva raccontato Thor: un giorno, il dio del tuono era andato a combattere a Jotunheim. Sulla via del ritorno ad Asgard, incontrò un barcaiolo. Thor desiderava guadare il fiume, ma il barcaiolo non voleva trasportarlo. I due litigarono, e alla fine il barcaiolo si allontanò, lasciando Thor da solo. Quando il dio ritornò ad Asgard, trovò il barcaiolo seduto sul trono. Quest’ultimo non era altri che Odino. Morale della favola: il vecchio voleva che suo figlio fosse in grado di badare a sé stesso da solo. Non importa chi tu sia, non importa quello che hai fatto, nessuno può portarti dall’altra parte del fiume. È una cosa che dobbiamo fare da soli, affidandoci agli strumenti che ci sono stati dati. >> Schioccò la lingua. << Non avevo capito niente, al tempo. Solo ora ho compreso cosa voleva dirmi quel capellone. E penso che tu abbia già intuito al volo. >>
<< È vero >> mormorò il giovane << non posso fare altro che provarci da solo, con le forze che ho. Però... non voglio mentirti. Non so come andrà a finire. Poniamo caso che riesca a superare il tiro mancino che sicuramente Shen architetterà per affrontarmi, e poniamo caso che io mi dia una calmata riuscendo a fermarlo… Vader è un altro paio di maniche. Posso allenarmi fino allo sfinimento in questi giorni, ma non sarò mai al suo livello. Se le cose dovessero andare male... io... io vorrei che tu ti prendessi cura di Rowlet. >>
Accelerator guardò negli occhi Fire ancora una volta. << No, non te lo prometto. Non perché non voglio farlo, ma perché so che ce la farai. Sei forte, più di quanto non pensi. Tu batterai tuo padre. Fine della questione. >>
Un sospiro lento si liberò dalla bocca del figlio di Vader.
<< Grazie >> mormorò << davvero. >>
<< Di niente... >>
L’albino gli voltò le spalle e fece per andarsene.
<< Accelerator. >>
Lui si bloccò all’ultimo istante. << Sì? >>
<< Neanch’io intendo farti promesse riguardo Last Order. Anche tu devi tornare e battere chiunque oserà mettersi sulla tua strada. Mi hai capito bene? Devi tornare da lei. >>
 
* * *

Il terzo giorno della settimana, il Dottore trovò King Dedede stravaccato nel suo studio personale – costruito vicino alla sala del trono del castello - gli occhi cerchiati di viola e il viso pallido, a testimonianza delle pessime nottate che era stato costretto ad affrontare di recente.
Nel vederlo in un simile stato, il Signore del Tempo non riuscì a frenare l’ondata di rimpianto che s’impadronì di lui. Dopotutto, si trovavano in questa situazione proprio a causa delle sue scelte.
<< Allora, come vanno le cose? >> chiese il più gentilmente possibile.
<< Meglio di quanto ci aspettassimo, in verità >> rispose il monarca, offrendogli un sorriso tirato << La maggior parte dei nostri alleati ha accettato di unirsi alla battaglia, mentre altri sono rimasti in silenzio. Tuttavia, non si sono nemmeno rifiutati di aiutarci, il che di per sé è già una vittoria. >>
Sospirò stancamente e alzò gli occhi in direzione del soffitto.
<< Stiamo per farlo davvero, non è così? Combattere il Maestro e le sue forze. >>
<< Temo di sì >> disse il Dottore, altrettanto cupo << e non sarà una guerra silenziosa e combattuta nell’oscurità, ma un’unica, decisiva battaglia in campo aperto, per il destino dell’universo. >>
King lo guardò con la coda dell’occhio. << Non siamo pronti. >>
<< Lo so. >>
<< Probabilmente moriremo. >>
<< Lo so! >>  sbottò il Signore del Tempo, sbattendo un pugno sulla parete più vicina.
A quel punto, il fauno pinguino si rivolse completamente a lui.
<< Allora perché dar loro speranza? >> lo incalzò-
L’alieno rimase inizialmente in silenzio. Chiuse gli occhi e si accasciò contro il muro.
<< Perché è colpa mia se vi trovate tutti in questa situazione >> sussurrò << Se non vi avessi convinti a seguirmi… a ribellarvi… >>
<< Lo avrebbe fatto qualcun altro al posto tuo >> lo interruppe il monarca, duramente << Forse io, oppure Thor, o qualcuno dei Presidi. Non fare l’arrogante con me! Pensi davvero che ce ne saremmo rimasti buoni dopo ciò che il Maestro ha fatto a Meta Knight e al mio regno? Sappiamo entrambi che quell’uomo non avrebbe mai smesso di contestare le politiche dell’Impero. Era fatto così. >>
E questo era qualcosa su cui entrambi potevano concordare.
A quel punto, King si alzò in piedi e gli tirò una forte pacca sulla spalla.
<< Da quando ci conosciamo mi hai offerto parecchi consigli. Ora lascia che te ne dia uno io: parla con loro e risolvi qualsiasi questione in sospeso che potreste avere. Sii sincero… perché se davvero questa sarà la nostra ultima settimana in questa Galassia… be', immagino che vorrai viverla senza rimpianti. >>
Detto questo, gli rivolse un ultimo, incoraggiante sorriso.
<< Proverò a convincere Ironwood e Ozpin ad appoggiarci. Augurami buona fortuna >> aggiunse, mentre procedeva ad allontanarsi.
Il Dottore non si mosse per un po’ e cominciò a riflettere sulle parole del sovrano.
A discapito della sua spiccata parlantina, era sempre stato un tipo piuttosto riservato, amante dei segreti e predisposto ad un’aura di mistero, più per divertimento che per vera necessità. Perfino il nome con cui era diventato famoso era stato scelto con tale scopo… no… come promessa fatta a se stesso: di non essere mai crudele o codardo, di non mollare e non arrendersi mai. Ecco perché non avrebbe gettato la spugna, anche di fronte ad un’inevitabile sconfitta. E di certo, non avrebbe incontrato la Morte senza prima aver sistemato le cose con coloro che avevano così scioccamente deciso di seguirlo in questa folle impresa.
Con quel pensiero in mente, uscì dall’edificio e si recò nel luogo in cui era sicuro che avrebbe trovato almeno uno di loro: una cascata artificiale situata nel parco che circondava la base, immersa nel verde rigoglioso del boschetto.
Una volta nei pressi della piccola oasi, scorse Fire Royston seduto a gambe incrociate su una roccia, gli occhi chiusi e il volto contratto da un’espressione di pura concentrazione.
Da quando aveva cominciato ad allenarsi con i suoi poteri ritrovati, si era recato in quel luogo ogni giorno alla stessa ora in cerca di pace e tranquillità.
<< Ehi, Doc. >>
Il Signore del Tempo inarcò le sopracciglia quando lo vide distogliersi dalla propria meditazione, per poi alzarsi in piedi e girarsi verso di lui. Non aveva emesso un solo fiato per farsi riconoscere.
<< Tu chi sei? Che ne hai fatto di Fire Royston? >> lo prese in giro, con un sorrisetto colpito.
<< A-ah. Molto divertente. >>
<< Come sempre. Be’, complimenti per aver riconosciuto il mio passo felpato, ragazzo. La tua Forza, con la f maiuscola, sta migliorando. E anche quella con la f minuscola, suppongo. >>
Fire annuì. << Sì, anche quella. Perché sono mezzo… lo sai. Lo hai sempre saputo, non è così? >>
Il Dottore alzò gli occhi al cielo. << Stiamo di nuovo per fare quel discorso, vero? >>
<< No. >> Il ragazzo scosse sonoramente il capo. << Cioè… in un certo senso. Voglio dire, capisco che mi hai nascosto le cose per il mio bene. Da un lato lo apprezzo, davvero. Ma ormai non devi più proteggermi. Vorrei solo… aver saputo ogni cosa prima da te, invece che ritrovarmi ogni volta con la verità sbattuta in faccia. Già con Vader è stato un duro colpo. Sono semplicemente stanco, Dottore, di essere all’oscuro del mio passato. Non saprò mai chi sono finché non scoprirò chi ero. Voglio potermi fidare di te completamente, perciò, ti prego, parlami di tutto quello che non mi hai detto. >>
L’uomo annuì e gli fece cenno di tornare a sedersi, per poi accomodarsi accanto a lui.
<< Va bene. Sarò onesto. Non avevo esattamente un’idea precisa di come… be’, di come saresti nato, mettiamola così >> dichiarò << Conoscevo il segreto di tua madre, questo sì. Praticamente ero l’unico, assieme a Thor. Ma io sapevo anche di tuo padre. Combinati insieme… be’, questa è una cosa che non si vede certo tutti i giorni. Nella mia esperienza, ciò che non si conosce è una sfida in più, qualcosa di nuovo da scoprire. È solo uno dei tanti motivi per cui ho fatto in modo di tenerti sempre d’occhio. L’unica certezza che avevo è che saresti nato con un grande potenziale. Lada mi disse di non coinvolgerti mai, a meno che tu non avessi preso da solo una simile decisione. Quindi… eccomi a reclutarti, dopo aver scoperto che andavi in giro con maschera e mantello. A proposito… non li porti più? >>
<< Non ha più alcun senso >> disse il ragazzo << Mio padre è morto. Il Vigilante Mascherato è nato soprattutto per proteggere lui e ciò in cui credevo. Non smetterò di farlo, sia chiaro. Ma ora… ci sono io. Solo io. >>
<< Solo tu? >> ripeté il vecchio, incredulo << Ragazzo, non ti rendi conto di quanto tutto questo sia realmente importante? >>
<< Ne ho solo una vaga idea. Credo che da un certo punto di vista, non si smetta mai di scoprire chi siamo realmente. E io lo sto scoprendo soprattutto in questi giorni. >>
<< Eh. >> Il Signore del Tempo fece un largo sorriso. << È proprio ciò che mi piace di più di voi umani. Da un lato, non vi sopporto. No, dico davvero! Fate sempre gli stessi errori, siete irrimediabilmente ottusi e fragili! Ma ogni tanto, in questa mia pazza vita… incontro persone come te. Ecco perché sopporto tutti gli altri. >>
L’adolescente alzò gli occhi al cielo. << Sei proprio un vecchio. >>
<< Bada a come parli, giovanotto! >>
Ridacchiarono tutti e due per qualche istante, poi l’alieno parlò con franchezza.
<< Tua madre ti ha abbandonato perché voleva che vivessi la tua vita. Nessuno avrebbe dovuto avere il diritto di deciderla per te… neppure lei. Se ti avesse tenuto nell’Impero, così sarebbe andata. E non sarebbe stato troppo diverso, se ti avesse tenuto qui con noi alla Resistenza. Dovevi decidere da solo quale sarebbe stato il tuo ruolo in questa storia. >>
Il Dottore prese un respiro profondo.
<< Inoltre… voleva proteggerti da colui che l’ha uccisa. >>
Le iridi di Fire si illuminarono di colpo e i denti si serrarono. << Lo sapevo. È stato il Maestro, non è così? Ho visto come ne ha parlato nell’arena. Quel miserabile figlio di… >>
<< No >> rispose l’uomo, stringendogli una spalla per calmarlo << non è stato lui. Ma certamente era d’accordo, e non ha esitato a dare alla Resistenza la colpa quando ciò è avvenuto. Chi sia stato a commettere l’omicidio non lo so, ma so che tua madre lo conosceva, nella sua vecchia vita. >>
<< Allora è vero? Era nell’Impero? >>
<< Sì. Com’è vero che lo ha tradito per passare dalla nostra parte. Quanto al suo assassino, ripeteva sempre che era inevitabile, che sarebbe venuto a prenderla. Suppongo che se ti avesse trovato con lei… a quest’ora saresti nell’Impero. E tutti noi saremo stati massacrati. >>
Si strinse nelle spalle, e per un istante al ragazzo sembrò davvero vecchio, almeno quanto gli anni che sosteneva di avere.
<< Promettimi che di queste informazioni farai tesoro per migliorare. So cosa stai passando in questo momento. Io ho perso talmente tante persone care da non poterle più contare. Ho lottato anch’io per non farmi dominare dall’oscurità. Sopratutto per non perdere il senno, per non perdere di vista quello in cui credevo e in cui ho sempre creduto, nonostante non vada fiero di molte delle mie azioni. Ricordatelo bene, Baelfire Royston: tu non sei solo. >>
Il giovane abbassò il capo, sotto il peso di quelle parole. Si strinse nelle spalle, abbattuto, tuttavia, le labbra gli si incurvarono in un sorriso.
<< Grazie, Doc. Sei tipo la terza persona che me lo ripete. Immagino che ad una certa dovrà pure entrarmi in testa, no? >>
<< Be’, tecnicamente sono quattro. Dimentichi il tuo amico pennuto. >>
<< Ah, già. E che cazzo. >>
Ripresero a ridacchiare, e la tensione iniziale fra loro si sciolse completamente. Poi fu il turno dell’adolescente di mettere una mano sulla spalla dell’uomo.
<< Mi dispiace tanto per il tuo ex migliore amico >> mormorò, sincero << È stato un vero stronzo… e un bugiardo. Non è vero che non ti ha ascoltato. La verità è che ha volutamente scelto di rifiutare la tua offerta. E forse è peggio così, perché è razionale e lucido in quello che fa. È una persona cattiva, e ha trascinato altri con lui. Non c’è altra scelta, se non quella di fermarlo. >>
<< Lo so bene. >> Il Dottore prese un respiro profondo. << Ma sono fatto così. Voglio sempre tentare fino alla fine. Se c’è una remota possibilità, io la colgo sempre, finché non capisco quando è troppo tardi. >>
<< Anch’io. >>
Il Signore del Tempo lo fissò come volesse scrutargli nell’animo, ma lui distolse lo sguardo, perso in chissà quali remoti, tormentati pensieri. Serrava i pugni sulle ginocchia, le fiammelle delle iridi che ardevano inquieti.
Dopo qualche altro istante di silenzio, l’uomo si alzò in piedi con fare solenne, mise una mano nella propria tasca ed estrasse qualcosa che poi nascose palesemente dietro la schiena.
<< Bene! A questo punto, visto che ormai non sarò più il tuo baby-sitter, ora che sai praticamente tutto, e soprattutto, con la battaglia alle porte... è tempo per te di avere questa. >>
Ciò detto, allungò il braccio verso di lui. Reggeva in mano un piccolo cilindro di metallo tempestato di innesti meccanici.
<< A me non serve. Io non porto armi, e poi… tua madre me l’ha lasciata per te. Voleva che l’avessi e la usassi, se l’occasione si fosse presentata. Penso che il momento sia giunto, e che faccia proprio al caso tuo, nonostante i tuoi brutti trascorsi con Lord Casco. >>
L’attenzione di Fire si concentrò su quell’oggetto. Per qualche istante, impallidì, le mani tremanti. Rapito dall’istinto, allungò la mano e chiuse il pugno nell’asta, come fosse qualcosa di delicato, o pronto ad esplodere. Con un’espressione di pura incredulità e sbigottimento, studiò il pulsante al suo centro.
<< È… ciò che penso che sia…? >> domandò, timoroso.
Il Dottore si strinse nelle spalle. << Provala, e lo scoprirai. >>
Il ragazzo prese un respiro profondo, prima di stringere entrambi i palmi sulla superficie. Poi… schiacciò col pollice il pulsante.
Un sonoro, sordo ronzio squarciò l’aria, e un lampo di luce si manifestò, accendendosi dal base del metallo, assumendo la forma di una lunga lama laser.
Non era affatto come si era aspettato. Al contrario, traboccava di verde speranza, esattamente come i suoi poteri. Ne sentì sgorgare una connessione benevola, calda, sincera e saggia; gli sembrava di contemplare qualcosa di anziano e millenario come un albero secolare nel folto di una grande foresta.
Così, l’orrore inizialmente provato di fronte ad una spada laser, ricordo del suo retaggio maligno, si trasformò in meraviglia, stupore ed estasi, e infine, un senso di comunanza e di appartenenza.
<< Io… non so cosa dire... >> mormorò, ricordandosi solo in quel momento di respirare, tanto era rimasto senza fiato. La spense con un semplice clic del pulsante. << Grazie. >>
Il Signore del Tempo si limitò a sorridergli.
<< Fanne buon uso >> disse, per poi allontanarsi.
 
L'istante dopo, il ragazzo dai capelli verdi riprese ad allenarsi. Una grande roccia verticale gli si ergeva dinnanzi, come un perfetto bersaglio d’allenamento, sotto il sole del pomeriggio inoltrato.
Fire puntò in avanti la spada di energia verde scaturita dal suo palmo con uno scatto, e poi quella ricavata dalla manipolazione delle ombre, retta nell’altra mano. Stava unendo sia i suoi ritrovati poteri vampireschi che la Forza.
Regolarizzò il respiro, cronometrò il battito del cuore e riscaldò i muscoli. Oltre ad ascoltare l’energia dell’universo, si focalizzò particolarmente su quella che scorreva dentro di sé, imbrigliandola e combinandola con quella esterna per eseguire gli affondi, le finte, le parate, le stoccate…
Aveva scoperto di poter trattenere il respiro a lungo e di stancarsi molto più lentamente della media umana, ma prima o poi anche lui doveva ricaricarsi. Fece sparire le armi, si sedette per terra e recuperò la sacca che si era portato per ingurgitare un bel po’ d’acqua dalla borraccia.
Forse era una delle cose che più gli aveva dato sollievo sperimentare, in quei giorni: non aveva mai provato il desiderio di bere il sangue di nessuno, e poteva ancora sfamarsi e dissetarsi senza nessun problema fisiologico. Marie però l’aveva messo in guardia sul fatto che probabilmente avrebbe potuto prima o poi sviluppare quella voglia, allo stesso modo di come aveva desiderato squartare, fare a pezzi, uccidere.
<< Lo aggiungo alla lista degli arrovellamenti adolescenziali da lasciarsi alle spalle per diventare adulto, cosa ne dici? >> le aveva risposto, per smorzare la tensione e l’inquietudine da cui era stato invaso a quella dichiarazione.
“Fanculo” pensò invece in quel momento “fanculo a tutta questa merda.”
Ecco, si era innervosito di nuovo. Meglio sfruttarlo. Meglio riprendere l’allenamento, si era riposato abbastanza.
Quando si alzò in piedi, non poté fare a meno di notar svettare la spada laser. Se l’era assicurata alla cintura senza pensarci troppo, e poi l’aveva lasciata lì, come un pensiero nascosto agli angoli della propria mente.
Provami, sembrava dirgli, con il metallo scintillante per il riflesso del sole.
Alzò gli occhi al cielo e poi li abbassò a terra, di nuovo in conflitto. Poi sbuffò, la afferrò con una mano e, rimirandola ancora una volta con un’espressione contemplativa, la accese.
“E va bene. Ma lo farò come si deve.”
La resse con la sola mano destra e provò a maneggiarla con un paio di giri e colpi. Bilanciata era bilanciata, ma si vedeva lontano un miglio che era un’arma fatta apposta per essere impugnata a due mani, oppure per essere supportata da una seconda arma. Be’, per sua fortuna, all’occorrenza sapeva benissimo usare un approccio interscambiabile.
Quindi, la strinse con entrambi i pugni e vibrò dei fendenti usando la roccia come punto di riferimento. Prima con timore reverenziale e inadeguatezza, poi semplicemente si abbandonò come prima alla focalizzazione, e così proseguì, via via, sempre con più fermezza, decisione e sicurezza, finché non si rese di conto di sentire quella spada laser come una parte di lui. Come fosse una delle tante spade che evocava dal suo potere, come fosse nato per un’arma del genere.
“Sono un tutt’uno con la Forza, e la Forza è con me.”
Non si chiese da dove gli venissero certi pensieri, sensazioni e intuizioni. Non ne aveva bisogno, ormai lo sapeva. Come sapeva che erano la verità, perché non avrebbe saputo descrivere in maniera migliore quanto stava provando. Era un tassello nell’universo incastonato in perfetta armonia con tutto: quasi gli pareva che il sole splendesse di più ma senza accecarlo, che la luce del laser ronzasse più forte, fondendosi al suo respiro e al suo battito, l’aria stessa supportava i suoi muscoli come una spinta amorevole, il suo sangue pompava come un fiume tranquillo senza ostacoli…
Poi udì uno strattone agli angoli della mente e vide l’ombra calare, inesorabile, maligna e aggressiva, irta di terribili tentacoli pronti a ghermire tutto per consumarlo come un parassita. Tutto si tinse di rosso e l’incanto si spezzò, scacciato e sostituito dalla paura, la collera e l’odio.
La spada laser gli fremette tra le mani trasudante una sensazione di urgenza, sussurrandogli di scacciare via quel male provocatore di tanta disarmonia. Fire si girò di scatto vibrando un sonoro fendente contro il nemico… ma poi si bloccò a mezz’aria.
La luce e le tenebre si ritrassero, e il mondo tornò ai colori originari, quando si rese conto di avere la spada serrata in direzione dell’elmo di Darth Vader.
L’Oscuro Signore dei Sith inclinò la testa, come se lo stesse osservando curiosamente... ma come al solito, era difficile a dirsi, a causa della maschera inespressiva.
<< Quella spada laser... >> disse con la sua inconfondibile voce baritonale << dove l’hai presa? >>
Il ragazzo lo fissò a sua volta, mentre nel suo animo si accavallavano tutte insieme emozioni e pensieri contrastanti fra loro.
Si concentrò sulla luce verde che illuminava il casco dell’uomo, e infine, decise di adottare il suo stesso approccio.
<< Lada l’ha lasciata per me. >>
<< Tua madre... >> Vader annuì, contemplativo. << La cosa non mi sorprende. È sempre stata la più sentimentale tra noi due. >> Puntò le lenti su di lui. << Ma dimmi... chi credi sia stato a donarla a lei? >>
La lama ronzò più forte, così come quella sensazione di pericolo, di urgenza, di riconoscimento e terrore. Fu costretto a spegnerla e a riporla al suo fianco, perché gli stava sovraccaricando il cervello.
Fire rimase a fissarla di sbieco, socchiudendo le palpebre, prima di sollevare lo sguardo e serrare il pugno libero.
<< Ovviamente l’unico utente rimasto in vita della galassia dopo un genocidio di massa. >>
<< Una mera semplificazione >> obiettò il guerriero nero, con una cupa nota di divertimento << Non è stato un massacro ingiustificato. I Jedi e i Sith della mia galassia hanno avuto esattamente quello che si meritavano... ed eliminandoli, ho semplicemente fatto un favore all’universo. Puoi credermi, non mancheranno a nessuno. >>
<< Davvero? >> ribatté il giovane, con un sorriso storto, esasperato << Ti sei davvero mai fermato ad ascoltarlo, questo universo? O per te è molto più comodo vivere nel tuo mondo, dove tu sei il centro di tutto, e gli altri sono scarafaggi immeritevoli di considerazione? Cieli, com’è possibile che siate tutti uguali nella cerchia di quello psicopatico? >>
Scosse il capo, riponendo la spada laser nella cintura e girando lo sguardo altrove, fremente di rabbia e di accusa.
<< Sei venuto personalmente da me o è di nuovo “per caso”? Com’è stato un caso che io sia stato costretto a chiederti aiuto? >>
Il Signore Oscuro inclinò leggermente la testa.
<< Vedo che ancora non ti fidi di me >> constatò, pur non sembrando affatto offeso << Comprensibile, visto tutto quello che hai sentito di me. Probabilmente mi consideri solo un mostro, un despota crudele e tirannico il cui unico obbiettivo è portare morte e dolore ovunque vada. È così che ai tuoi amici Ribelli piace dipingermi. >>
Fece un passo avanti.
<< Ma se ti dicessi che in fondo, le nostre ideologie non sono poi così diverse? Credi che io desideri solo governare e opprimere i più deboli... ma è una concezione errata. Io cerco ti portare pace e ordine in una galassia caotica. >>
<< Be’, tu continui a considerarmi ingenuo e incapace di ragionare con la mia sola testa >> ribatté l’adolescente, in tono duro << Prima di tutto, io l’ho toccato con mano il tuo governo. Le persone non si sentono in pace né in ordine. Le persone o sono oppresse, o indottrinate. Il loro è il silenzio degli spaventati e dei bigotti conformisti, la loro è la ribellione dei disperati e la violenza degli esaltati. Perciò, non importa che cosa vuoi, visto che i fatti dicono altro: voi non permettete a tutte le voci di risuonare, le reprimete. >>
Incrociò le braccia e tornò a guardarlo negli occhi.
<< E non è colpa mia se sei temuto, invece che amato. Non provare a dirmi che è tutta una macchinazione dei ribelli. Sono le tue azioni a fare la differenza. In realtà, non mi importa molto di quello che vuoi, perché una cosa la so: tu sei dall’altro lato, e per quanto mi sforzi, per quanto possiamo parlarne, so che mi sentirò sempre lontano da te. E io non lo voglio. >>
Sussultò e si morse il labbro, come se si fosse reso conto di aver detto qualcosa di troppo. Poi scosse il capo e continuò, imperterrito.
<< E va bene. L’ho detto >> proseguì, gli occhi fiammeggianti << Non me ne frega un cazzo di quello che vuoi fare o non fare. L’unica cosa che mi interessa adesso, è che all’unico genitore che mi sia rimasto, a te… importa più di fare simili discorsi espansionisti perché io la pensi come te, invece che... non lo so, cazzo. Conoscerci meglio, magari? Io non so nemmeno che faccia hai, te ne rendi conto? Perché parliamo di queste grandissime stronzate di dominio!? Che cosa te ne fai!? >>
Vader rimase in silenzio per quasi un minuto buono, limitandosi a fissarlo attraverso le orbite rosse della maschera. Il suo respiro, lento e regolare, era l’unico suono udibile in quel piccolo angolo di universo. Poi…
<< Un tempo ero uno schiavo >> affermò freddamente.
Gli occhi di Baelfire si fecero sgranati, il fiato corto. Aveva sentito benissimo, semplicemente fu come se qualcuno gli avesse tirato un colpo così forte da intontirlo.
<< … Come? >>
<< Nel mio vecchio universo >> confermò il Sith, annuendo bruscamente << Mia madre lo diventò quando aveva solo vent’anni. Io nacqui dieci anni dopo, su un pianeta desertico chiamato Tatooine. Sai qual è l’unica cosa che ricordo della mia infanzia? Non l’abbraccio caloroso di quella donna, né la risata di altri bambini, o il mio primo giocattolo... no, di quei giorni rammento solo le scosse e le frustate che ricevevo ogni qualvolta disobbedivo ai miei padroni, o facevo qualcosa che li infastidisse. >>
Strinse la mano a pugno.
<< La schiavitù era considerata illegale... eppure, veniva praticata senza alcuna restrizione. Politici e ufficiali della legge erano troppo corrotti o compromessi per farsi avanti. E i Jedi? Coloro che avrebbero dovuto proteggerci? Se ne stavano tranquillamente rintanati nei loro preziosi templi, lasciando che i pianeti dell’Orlo Esterno se la cavassero da soli. >>
L’aria attorno al Signore Oscuro cominciò a vibrare.
<< Ma un giorno, quando avevo appena compiuto dieci anni, due Jedi si presentarono davanti al negozio del mio ultimo padrone >> riprese << Uno di loro scoprii la mia capacità di usare la Forza. Mi disse che voleva addestrarmi! All’epoca non potevo crederci: uno Jedi era venuto a liberarci, proprio come nelle favole che mia madre mi raccontava! Ma... fui solo io ad essere liberato. Mia madre fu abbandonata su quella palla di sabbia. >>
Ora Vader si trovava talmente vicino da permettere al figlio di scrutare gli occhi gialli nascosti dalle lenti della maschera, frementi di rabbia: era lo stesso colore delle fiamme screziate che decoravano le sue pupille.
<< E quando arrivai al tempio, sai cosa mi dissero gli altri Jedi? Che ero troppo vecchio per essere addestrato. Un bambino di dieci anni... troppo vecchio, poiché troppo legato alla donna che lo aveva amato e cresciuto! Così... mi hanno rimandato su Tatooine. E vuoi sapere cos’è successo dopo? >>
No. Fire non avrebbe voluto saperlo. Perché qualunque cosa fosse sarebbe stata terribile, e udirla avrebbe fatto troppo male. Provava la sensazione di aghi infuocati conficcati nel cranio che scendevano sempre di più in profondità, mentre ascoltava la sua storia senza interrompere nemmeno per un istante.
Aveva insistito per conoscere meglio suo padre, ed ora eccolo esaudito: ovviamente, non si aspettava minimamente sarebbe andata in questo mondo, e ora prova rimorso e pentimento. Era proprio vero che bisognava fare attenzione a ciò che si desiderava.
Le lacrime gli annebbiavano gli occhi, ma non distolse lo sguardo, sebbene stesse tremando.
<< Cosa ti hanno fatto? >>
<< Gli schiavisti >> sussurrò l’uomo, freddamente << mi hanno ricatturato. Hanno ucciso mia madre per assicurarsi che imparassi una “preziosa” lezione: che non sarei mai fuggito da lì. Che la Repubblica e i Jedi non sarebbero mai giunti in soccorso di noi schiavi, e che la feccia criminale della Galassia avrebbe continuato a prosperare indisturbata, portando caos e dolore in ogni angolo dell’Universo. >>
Abbassò la testa.
<< E per molto tempo... ci ho creduto. Ero fermamente convinto che sarei morto da solo, abbandonato, nelle segrete dei miei padroni... fino a quando non ho incontrato il Maestro. Lui mi ha liberato, mi ha aiutato a controllare i miei poteri e mi ha dato uno scopo. Insieme, abbiamo ricreato un Multiverso in fiamme. >>
Tornò a scrutare suo figlio dritto negli occhi.
<< Ho giurato a me stesso che non avrei lasciato che questo nuovo universo annegasse nel caos. Le nostre regole possono essere dure, spietate, ma sono una benedizione se paragonate all’incompetenza e alla negligenza in cui sono stato costretto a vivere. Io porto ordine affinché vi sia pace, anche se ciò significa eliminare i pochi per assicurare la sopravvivenza dei molti! È un lavoro sgradevole, ma necessario, poiché la vita senziente si è dimostrata incapace di prosperare senza una mano ferma. >>
Compì un passo indietro, ondeggiando il suo scuro mantello.
<< Ma naturalmente, non sono così ingenuo da pensare che sia un sistema perfetto. Esistono ancora persone che non si fanno problemi a depredare i deboli... proprio come il Governatore Shen. >>
Il giovane sentì nuovamente il conflitto ammantarlo. Non avrebbe mai voluto che quelle parole facessero presa su di sé e sul suo senso di responsabilità morale, ma lo stavano facendo, e non poteva evitarlo. Non riusciva a togliersele dalla testa.
Il suo primo pensiero fu che stesse cercando di manipolarlo, di impietosirlo e commuoverlo con una storia in cui era la vittima, ma… non l’aveva mai sentito usare un tono più dolorosamente sincero di quello. E poi, se ne sarebbe accorto se avesse cercato di mentirgli.
<< Perché allora non fermate quelli come lui? >> sibilò, sdegnato e ben deciso a non cedere di un passo << Perché ve la prendete con chi cerca di fare quello che voi non fate? >>
<< Perché un impero deve imparare a scendere a compromessi >> rispose il Sith, inflessibile << E sfortunatamente, non tutti gli abitanti di Battleground possiedono la volontà di fare ciò che è necessario per assicurare la Galassia con OGNI mezzo. Individui come Shen sono un male inevitabile, nel grande schema delle cose... ma uno a cui è possibile porre rimedio, con i giusti mezzi. >>
Si girò nuovamente verso di lui.
<< Diciamo, ad esempio, che il braccio destro del Maestro in persona conosca qualcuno che tiene profondamente alla gente di Gongmen. Qualcuno a cui potrebbe garantire un posto nella cerchia ristretta dell’Impero. Quel qualcuno... potrebbe tranquillamente sostituire il buon Governatore e rimediare a tutti gli errori da lui commessi... >>
<< No. >>
Aveva capito al volo dove stava andando a parare quel discorso. Quella semplice parola gli era uscita di getto, tanto che gli ci volle qualche istante per rendersi conto di averlo detto davvero, e soprattutto... che ci credeva, in quella negazione.
Con tutto se stesso.
<< Non voglio il potere. Non l’ho mai voluto >> continuò Fire.
E non solo quello. Ne era terrorizzato a morte. Era una responsabilità troppo importante, troppo sottile e pressante per prenderla con la leggerezza con cui ne parlava Vader.
<< Tutto quello che ho sempre voluto fare era aiutare la gente a reggersi in piedi da sola, laddove gli risultasse difficile. Chiunque può farlo, e non serve essere dei governanti. >>
Emise un sospiro doloroso.
<< È vero. Non tutti sono disposti a fare la cosa giusta. Ed è impossibile salvare tutti. Ma perché... non provarci e basta, piuttosto che essere così pessimisti e cinici? Perché scendere a compromessi? Perché non essere... più gentili? >>
Le parole del Dottore risuonavano nella sua anima e guidavano la sua voce.
<< Comprendo il tuo dolore, e ne sono toccato più di quanto vorrei ammettere. È ammirevole che tu voglia fare qualcosa per aiutare tutte le persone come te. Ma stai completamente sbagliando. Tu... tu lo fai, convinto che non ci sia un altro modo, se non quello di essere spietato quanto quello che combatti. Ma non è così! Non è l’unica strada. C’è sempre una scelta. Io ho sempre combattuto proprio perché non accettavo alcun compromesso, ed è ciò che più mi anima all’idea di combattere. Come puoi avere a cuore le altre persone, e la pace nella galassia... se tu, per primo, dentro di te, sei torturato? Cosa rende diverso te dagli schiavisti che ti hanno rovinato la vita, e dalle persone che non ti hanno aiutato quando avrebbero dovuto? Davvero non sai quanto molti, a questo mondo, hanno subìto le tue stesse tragedie? >>
Gli si inumidirono nuovamente gli occhi.
<< Mi dispiace. Non posso biasimarti fino in fondo. Se il Maestro avesse salvato la vita a me, probabilmente anch’io farei di tutto per lui. Non voglio farti cambiare idea, probabilmente non ci riuscirei mai. Però... so che amavi mia madre. E che lei ti amava. Perciò... devi saperlo. >>
Assottigliò lo sguardo, le fiamme negli occhi che si accendevano.
<< Lui ti ha mentito. Non sono stati i Ribelli ad ucciderla. Lei si è unita a loro, tradendo l’Impero. E per questo... l’Impero l’ha uccisa. >>
Vader rimase nuovamente in silenzio... e fu proprio questo ad attirare l’attenzione del ragazzo, poiché non udiva più il respiro lento e sibilante della maschera.
<< … Non pensavo che avresti tentato una tattica così subdola. Usare la memoria di tua madre per mettermi contro i miei alleati? Intelligente... ma sconsiderato >> aggiunse con un sibilo rabbioso.
<< Cosa? >>
Fire sgranò gli occhi, sentendo dentro di lui qualcosa che si spezzava. Non riusciva a crederci... ma era così. Quell’accusa faceva male. Gli provocava una fitta al cuore così dolorosa da spaccarlo in due.
L’istante dopo provò rabbia. Rabbia velenosa e genuina. Come osava anche solo pensare che volesse ingannarlo? Stava veramente insinuando che usasse Lada come mero strumento per convertirlo?
<< No, Darth. Io non sono come te! Non manipolo le persone per costringerle a fare come voglio! >> sbottò, furibondo << Quello che provi è solo e soltanto una tua responsabilità! >>
<< Tu non conosci ancora il potere del Lato Oscuro, Baelfire. >>
Per qualche motivo, sentirlo pronunciare il suo nome con quell’intensità lo fece rabbrividire.
<< Le capacità che hai ereditato da tua madre… sono insignificanti di fronte alla potenza della Forza. Una breccia in te è già aperta. E ora sgorga, indomita. Imparerai col tempo ad esserne cosciente. >>
<< Smettila! Lo stai dicendo solo perché non vuoi accettarlo: io volevo solo che tu lo sapessi. Se avessi una coscienza, sapresti che cosa significa preoccuparsi per le persone! Per quanto mi disgusti ammetterlo perfino con me stesso... mi importa di te. E tu lo sai. >>
Fire prese un respiro profondo, per calmarsi.
<< Non lo nego. Sarebbe bello averti al mio fianco, piuttosto che a quello del Maestro, perché sono un moccioso disperato in cerca di attenzioni, specialmente dopo che Logan è morto e la ferita è ancora aperta... ma la scelta è, e rimane, solamente tua! Io non posso obbligare te, e così tu non puoi obbligare me. >>
Sentiva la gola lacerarsi, ma continuò lo stesso.
<< Ma sai cosa possiamo evitare? Affrontarci sul campo di battaglia. Perché questo succederà. E io non voglio farlo. Perché non possiamo... evitare di farci del male così? >>
Un altro respiro, un altro turbamento nella Forza, come tanti tentacoli oscuri che si agitavano nell’aria, invisibili, coprendo la figura di Vader come una specie di velo.
<< ... è troppo tardi per questo, figlio mio >> disse, facendo un passo indietro << Ho scelto il mio destino molto tempo fa. Ma sappi che quando c’incontreremo sul campo di battaglia... tu ti unirai a me. L’ho previsto. >>
<< No! >>
Stavolta, fu Fire a fare un passo avanti con veemenza. Ci fu un altro turbamento nella Forza, come dei fasci di luce che si proiettavano dal ragazzo allo stesso modo di un prisma, cercando di aggirare il velo d’ombra che copriva il suo interlocutore.
<< Ho fatto anch’io la mia scelta. Il Maestro avrebbe dovuto dirti anche questo! Io non cederò. Sarai costretto ad uccidermi! >>
Un silenzio opprimente calò nuovamente su di loro, mentre le loro ombre tremolavano, come fossero sul punto di aggredirsi a vicenda.
Infine, la voce di Vader si levò nuovamente alta. << Se non combatterai... allora subirai quel destino. >>
L’adolescente tremò da capo a piedi. Senza più alcun freno, di fronte a quella dichiarazione, le lacrime esplosero nei suoi occhi e scesero copiose a rigargli la pallida pelle delle guance.
<< Ritrova te stesso, padre! Non puoi farlo! >> Stava praticamente singhiozzando e supplicando, ma non gliene importava più niente. << Non sei obbligato a farlo. Avverto il conflitto che è in te. Ti sta dilaniando! Lascia che l’odio vada via! >>
Vader abbassò la maschera, come se stesse realmente considerando le parole del figlio. Ma quando levò il capo... Fire sentì ogni speranza infrangersi come schegge di vetro cadenti.
<< Mi dispiace, figliolo. Ma... non c’è alcun conflitto. >>
E pronunciate tali parole, la figura monolitica del Sith scomparve in un turbinio della Forza.

* * *

Quando era da sola, Auth sprofondava nei suoi pensieri. Pensieri che solo lei poteva comprendere mentre, con gli occhi umidi e la pelle dorata a brillare sul proprio corpo fissava le piccole nebulose nel palmo della mano. In quelle occasioni, quando Marie era impegnata col giovane Royston, la donna cercava un rifugio, un suo posto nel quale pensare, concepire idee mutevoli osservando il cielo notturno del pianeta.
Era immersa in un sentimento familiare, qualcosa che aveva conosciuto bene per anni, che aveva bramato: l’aspettativa di una battaglia.
Un brivido la percorse da capo a piedi. I suoi occhi studiavano quelle nuove costellazioni… e agitando pigramente le dita della mano destra, ne ricreò una versione in miniatura di fronte a sé, divertendosi a modificarle come fosse una bambina a ricercare nuove forme.
<< Bel trucchetto >> commentò una voce alle sue spalle << Quando ero più giovane potevo fare qualcosa di simile... be', non proprio simile, in verità. Ricordo che avevo bisogno di un cappello, un uovo e una gallina, o qualcosa del genere. I bambini ne rimanevano sempre estasiati. >>
Auth agitò piano la mano verso destra, gettò un'occhiata alle spalle e sorrise al volto anziano, segnato da profonde righe d'espressione, dal tempo e dalle vite vissute del Dottore. Si alzò in piedi, portandosi sulle punte e chinò il capo.
<< Riflettevo sul senso della mia presenza in questo mondo >> disse amichevole, con un lieve sorriso, come parlasse ad un bambino << e certo non sei tanto vecchio, forse sei anche più giovane di me, o forse no... ma noi sappiamo che il tempo è alquanto relativo. >>
<< Mai definizione fu più vera, date le circostanze >> convenne l'alieno, restituendo un sorriso consapevole. << Ma se sei disposta ad accettare il consiglio di qualcuno che ha viaggiato parecchio, non credo che dovresti domandarti troppo a lungo sul perché tu sia giunta in un luogo. >>
Gli occhi grigio-azzurri del Signore del Tempo si sollevarono in direzione della volta stellata << Quello che dovresti davvero chiederti è... cos'ho intenzione di fare ora? >>
<< Parli davvero come un vecchio >> disse Auth, seguendo il suo sguardo, stringendosi il polso destro con la mano sinistra dietro la schiena e inarcando il collo per osservare le stelle.
<< La verità è che ho sempre avuto il pieno controllo di ogni cosa, anche se ero indissolubilmente legata alle leggi del mio universo... ora non lo so. Non sono libera, certo, ma posso decidere cosa fare del tempo che mi resta su questo mondo. È complesso ritrovarsi in un corpo mortale dopo tanto tempo... ma credo che ciò che io voglia fare sia... vivere ogni momento, perché so quanto questi spazi, questi frammenti di esistenza siano preziosi.  Scusa >> aggiunse scuotendo il capo << se parlo così, ma sei l'unico col quale sento di... potermi esprimermi in un certo modo. >>
<< Non preoccuparti, è perfettamente comprensibile>> la rassicurò il Dottore, sedendosi sull'erba << E sentiti libera di esprimerti come preferisci. Dopotutto, questa non è la prima volta che incontro una creatura come te. Se non sono troppo indiscreto, com'eri, prima di arrivare qui? Molto potente, immagino... ma quando mai il potere è stato sufficiente per definire una persona nella sua interezza? Il Maestro ne è la prova vivente.>>
<< Intendi quando veleggiavo? >> chiese lei distendendosi sulla schiena << non credo di poterlo definire davvero, non con parole mortali. Immagina il Big Bang, ciò che ha dato origine ad ogni cosa... immagina che avesse una coscienza, un corpo e che trattasse i pianeti come figli ora capricciosi, ora timidi... e che il Big Bang si trovasse al centro di una torre che era l'universo. Ma immagina anche una bambina che osservava intere civiltà darsi battaglia in guerre di proporzioni cosmiche che si consumavano in anni luce...>> si mise seduta a sua volta, inclinò il capo da una parte, agitando piano la coda sull'erba umida di rugiada. << Immagina tutto questo e forse non riusciresti a capire... neanche io ci riesco appieno. Vista da fuori, però... è una vita terrificante. >>
<< E solitaria, immagino >>mormorò il Dottor, scrutandola con la coda dell'occhio << Senza nessuno con cui condividere tanta meraviglia... qualcuno che sia capace di comprenderne la bellezza o mirarla senza rimanerne abbagliato... o peggio. Perché in quella bellezza può anche nascondersi l'orrore. >>
<< Questo non è del tutto vero. Avevo una compagna, nel mio mondo >> spiegò la donna, sedendosi sulle gambe intrecciate << Era così felice, serena... Vedeva tutto, capiva tutto in quella sua piccola... testolina bionda...>>
Il ricordo di Kyrie le strinse il cuore e distolse lo sguardo, cercando di nascondere le lacrime, cristalli liquidi che le colavano sulle guance.
<< Lei... mi ha permesso di sentirmi... viva, in un modo che solo i mortali possono concepire. >>
Il Dottore rimase inizialmente in silenzio, come se fosse completamente assorto nei suoi pensieri. Poi, sospirò stancamente: << Sfondi una porta aperta  >> disse, mentre si passava una mano tra i capelli argentati << Anche io avevo una compagna una volta. Be', ne ho avute tante, ma lei la ricordo in particolare. Si chiamava Clara, ed era la mia migliore amica. Viaggiavamo attraverso il tempo e lo spazio, in lungo e in largo, come se potessimo farlo per l'eternità! Quante cose abbiamo visto... quanti mondi ed epoche abbiamo esplorato... >> Sul volto dell’alieno calò una cupa ombra. << E poi arrivò lo Scisma. Io... l'ho persa >> sussurrò << Non ero con lei quando è successo, e così non ho avuto la possibilità di salvarla. Ho creduto fino all'ultimo che potesse essere ancora viva, nascosta in questo universo... ma ora so che si trattava solo di una vana speranza. >>
<< ... Sei stato fortunato >> sussurrò Auth alla fine alzandosi in piedi. << Io ero con Kyrie quando lo Scisma ha colpito... l'ho vista andare in pezzi davanti ai miei occhi... annientata >> sussurrò con un filo di voce. << Ho sterminato eserciti, bruciato città, ho fatto precipitare nazioni nel caos... ma quello che ho visto... mi ha fatto tremare. >>
Lo sguardo del Signore del Tempo divenne pieno di compassione.
<< A rischio di sembrare un cliché ambulante, so bene quello che stai passando >> asserì, mettendole una mano sulla spalla << Non avrò visto morire Clara coi miei occhi... ma nella mia lunga vita, ho perso molte più persone di quante un umano potrebbe mai incontrarne in un’esistenza intera. Affezionarsi ai mortali è facile. Lasciarli andare? A volte sembra quasi che la morte sarebbe un'alternativa più piacevole... e non lo dico solo perché l'ho incontrata almeno una dozzina di volte. >>
<< Credo che la Morte fosse una mia parente, almeno da dove provengo >> sussurrò lei << ma non era piacevole, e non era caritatevole. I mortali, d'altro canto… li consideravo fortunati: vivere una volta sola significa potersi svegliare e non sapere a cosa si andrà incontro, essere grati di ogni singolo attimo di vita mentre noi… noi ripetiamo un'esistenza errante e monotona, giorno dopo giorno... >>
Scosse la testa.
<< Si dice che si vive e si muore una volta sola >> aggiunse << Ma in realtà, si muore una volta sola e si vive ogni giorno. >>
<< E per cosa hai intenzione di vivere, adesso? >> la incalzò il Dottore, pur con tono gentile << Per quanto mi dispiaccia ammetterlo, tu e la tua amica avete ben poco a che fare con la Ribellione. Potreste andarvene e cercare un luogo in cui potervi sistemare, lontane da tutto questo... quindi perché restare e combattere al nostro fianco, rischiando di perdere anche quella possibilità? >>
<< Ah, ma io ci ho pensato >> rispose lei << ho pensato di allearmi col Maestro, ho quasi ceduto alle richieste di Loki... ma alla fine ho pensato: ho una mia dose di responsabilità per tutto questo, o almeno così la vedo io... >>
Lo guardò negli occhi.
<< E poi, ormai è troppo tardi no? È inutile piangere sulle stelle cadenti, si può solo accettare il cammino che ci siamo scelti. E chissà, forse, dovessi morire rivedrei Kyrie... non che Marie mi dispiaccia, sa essere... molto piacevole, se capisci cosa intendo >> sussurrò con malizia << Ma io, io voglio qualcosa di... diverso, qualcosa che in questo mondo non troverò mai. >>
<< Mai è una parola fin troppo abusata >> ridacchiò il Dottore << e per quel che vale... apprezzo che tua sia rimasta. Dico davvero. E se mai dovessimo riuscire a sopravvivere a tutto questo, forse potrei aiutarti nella tua ricerca. Sono sempre stato bravo a trovare le cose! Mia moglie era un'archeologa, quindi mi sono tenuto allenato. >> Allungò una mano verso di lei, in attesa. << Affare fatto?>>
<< Ah, voi ragazzini che credete di sapere tutto >> scherzò lei, ridacchiando sommessamente. << Ma immagino che fare un patto con te sia una cosa buona, in un universo del tutto caotico. >>
Gli strinse la mano, poi tornarono a guardare le stelle. E così rimasero, in placido silenzio, fino a quando i primi raggi dell’alba non illuminarono le piane di Dreamland.
 


 

E così si concludono i primi tre giorni della settimana infernale, prima dell'inevitabile scontro. La scacchiera è pronta... le pedine si muovono. Ma per quanto riguarda il lato dei cattivi? Be', lo scopriremo nel prossimo capitolo!




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