L'isola delle lucertole

di Cladzky
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CAP. IV

LA ZATTERA

    In tutto, ciò che si era perso nella precipitosa fuga furono i viveri, la carta nautica e le munizioni dei fucili, che rimasero con una manciata di colpi, più un uomo, divorato dalla bestia antidiluviana, inciampando. I sopravvissuti stavano tutt’ora marciando per l’isola e cercare di raggiungere il lato opposto, in quanto tornare indietro avrebbe sicuramente significato ritrovare il carnivoro nero. Durante la marcia , che durò almeno un’ora e tutte e due le borracce, avevano visto altre meraviglie dell’isola. Incontrarono un’immensa prateria, che occupava almeno 2 leghe di diametro, occupata da un piccolo lago, dalla superficie di circa un centinaio di metri. Tutt’intorno pascolavano dinosauri grandi quanto 5 tori, dalla postura quadrupede e ricoperti di scaglie pentagonali sulla schiena. Tutto questo corpo era pilotato da una testolina, munita di becco e piccoli occhiolini neri. Insieme a loro si ritrovavano a passeggiare e mangiare fogliame a mucchi, i dinosauri della stessa specie dell’esemplare sulla spiaggia.

    —Guardi che meraviglia!— Esclamò il capitano Stewart —Bellissimi esemplari di Argentinosaurus e Stegosaurus! Mai occhi umani videro vive queste bestie!

    —E mi dica— Scherzò seccato il colonnello Sprangton —Sig. Paleontologo, sa cos’era allora il carnivoro che ci ha attaccati?

    —Certamente. Era un chiaro esemplare di Allosaurus.

    —E quelli laggiù sono i dinosauri grandi quanti la mia casa?

    —Esatto. Non sono forse immensi?

    Il militare li scrutò attentamente, immaginandosi la sua casa di due piani con soffitta affianco a quei bestioni e non ebbe un granché da controbattere. Erano forse le cinque del pomeriggio a quanto pareva dal sole e il caldo afoso dell’equatore era affievolito da un fresco venticello. Circumnavigando la pianura giunsero dove la prateria si congiungeva con il mare, attraverso un fine strato sabbioso e iniziando i lavori per la zattera. Tre marinari furono mandati alla ricerca di cibo, dandogli per difendersi uno dei fucili. Prima delle otto la zattera era completa. Grazie agli alberi trovati abbattuti dai giganteschi abitanti e uniti alle cinture dei 19 superstiti, realizzarono un’imbarazzante zattera, senza vela, che avrebbe faticato a chiamarsi tale.Lunga 20 metri e larga 3, poteva essere guidata solo con dei semplici remi. Il capitano contava che una volta usciti dall’equatore, le correnti oceaniche li avrebbero portati verso lo stretto di Suez, dove Asia e Africa si incontravano ed imbattersi in una nave. Il colonnello più che altro lo sperava, in quanto i remi erano solo bastoni intagliati. Gli uomini andati a cercare provviste tornarono con entrambe le borracce piene e le tasche e mani trepidanti di frutti. A provviste, a detta di Sprangton, erano a posto per 3 giorni se tutti l’avessero razionato e non avessero sprecato il cibo. La zattera  era pronta, non rimaneva che spingerla in mare. L’avevano costruita però a diversi metri dal bagnasciuga e quei pesanti tronchi di palma, con tutta la forza dell'equipaggio, percorsero a malapena 1 o 2 metri sulla sabbia.

    Si udirono pesanti passi, familiari al gruppo, seguiti da un ruggito, ancora più familiare. Furono imbracciate le armi e scrutando gli alberi con attenzione, l’equipaggio vide l’Allosaurus di prima, uscire dalla fitta vegetazione, correndo e barcollando sull’erba. Gli erbivori, scapparono appena videro arrivare tale predatore, tranne uno degli stegosauri, rimasto sorpreso da tale fatto. Guardando con attenzione, ora dall’aspetto del carnivoro nero emergevano nuovi particolari anzitutto le braccia del sauro, ridicole rispetto alla sa mole, poi diverse ferite su tutto il corpo, provocate dagli uomini stessi, poche ore prima. L’obiettivo della bestia non era però lo stegosauro, ma gli uomini sopravvissuti, per le ferite riportate. Lo si intuiva dal fatto che fissava ben oltre l’erbivoro, che quasi non lo vedeva, ma l’erbivoro lo vedeva benissimo e fortuna volle che lo stegosaurus, pensando ad una minaccia, lo colpì in pieno stomaco con la sua coda chiodata da piccole ossa che fuoriuscivano a mo’ di mazza. I due mostri cominciarono allora a lottare furiosamente e l’equipaggio ne approfittò per fuggire.

    Intanto i due titani finirono la loro lotta, con la testa dell’erbivoro stretta fra le mascelle dell’allosaurus. Ucciso l’avversario, il predatore si volse allora verso la bagnarola. Gli uomini non si erano resi conto di una cosa però. Quella in cui si trovavano adesso era la alta marea e per diversi metri l’acqua era alta ben pochi piedi. Il carnivoro nero, infatti non impiegò molto a raggiungerli. Preso allora da un gesto di follia,  il colonnello Sprangton tirò fuori il suo revolver e saltò giù dalla zattera. In un’azione a dir poco eroica, sparò a bruciapelo sull’essere primordiale, che arretrò di un poco socchiudendo i suoi occhi bianchi. La gigantesca figura dell’allosaurus si stagliava imponente davanti al colonnello, che aveva solo una pistola per fermarlo. Dopo sei colpi, tutti andati a segno, il militare finì le cartucce e appoggiando il braccio teso della pistola sul fianco, scoppiò in un pianto di disperazione e dopo pochi secondi, il carnivoro nero gli fu addosso e lo dialniò fra le sue fauci, mentre il gruppo si allontanava, verso la salvezza.


FINE


POSTFAZIONE

Stavamo studiando il romanzo d’avventura in quel trimestre e io ero tutto contento, perché nell’inverno 2014 scoprii Jules Verne, mediante “Viaggio al centro della terra”, affibbiatoci dalla scuola per le ferie natalizie e che solo io leggetti per intero, che mi portò a recuperare “Le avventure del capitano Servadac” a un mercatino e “L’isola misteriosa” nella libreria di una mia zia. Non vedevo quindi l’ora di infondere ciò che avevo imparato dal maestro francese in un mio lavoro e noterete molte similitudini: invece di chilometri le distanze si stimano in leghe, la gente risponde “si capisce” per indicare l’ovvietà di qualcosa e tutti si danno del voi. All’epoca non avevo ancora chiara la differenza fra il “voi” e il “lei”, tanto da considerarli interscambiabili e causare dei rimproveri da parte di professori che credevano li prendessi in giro. I personaggi sono sopra le righe come nella tradizione, con brevi sprazzi di umanità inattesa, le descrizioni brevi e i dialoghi, che praticamente si svolgono solo fra i due protagonisti, serrati. Questi ultimi non sono uomini a caso, ma uomini d’azione, come nel caso del colonnello e uomini di scienza, amatorialmente interpretato dal capitano. Era infatti impossibile trovare un personaggio che non avesse un rango militare o favolosi inventori nel mondo di Verne, fatto di battaglie e scoperte. Nel primo caso ho ecceduto. Ci sono ben tre sparatorie in questa storia di dieci pagine, mentre al centro della terra Axel e Lidenbrock non avevano sprecato una sola cartuccia contro i rettili marini che li minacciavano. Nel secondo caso ho fatto troppo poco. I dinosauri compaiono dal nulla, senza spiegazioni sulla loro preservazione e nessuno dell’equipaggio si impegna a studiare i fenomeni particolari dell’isola. 

Parlando di dinosauri c’è un motivo anche per la loro inclusione. Contemporaneamente, all’epoca, mi appassionai a loro mediante film e libri. Certe scene sono anche riprese paro-paro (La comparsa del dimetrodonte nel capitolo tre è ripresa identica dal film “L’isola sconosciuta”, 1948) o ispirate (L’attacco dell’allosauro all’accampamento ricordo di essermelo immaginato come una scena simile a “Il mondo perduto”, 1925). Rispetto a Verne qui le creature appaiono con più frequenza, perché essendo un bambino non capivo come mai i suoi animali preistorici avessero un ruolo così fugace nelle sue opere. Tra l’altro, questi animali “antidiluviani” come li chiamavo io, a livello di raffigurazione sono piuttosto antiquati anche per quando scrissi. Lo si intuisce dalla descrizione dell’allosauro, che viene detto strascicare la coda a terra e avere una postura solo leggermente curva. Sapevo benissimo che i teropodi camminassero paralleli al terreno, l'avevo visto in Jurassic Park, ma ero in una fase passatista che idolatrava i lavori di Ray Harryhausen e oltretutto l’idea che avessero le piume non mi piaceva affatto. Col tempo ho fatto pace col cervello e ho iniziato a trattare i dinosauri come semplici animali e non più “mostri primordiali” che non muoiono nonostante vengano imbottiti di piombo come il nostro antagonista dal manto nero. Forse fu addirittura una scelta cosciente di rappresentare i dinosauri in maniera antiquata, per dare alla storia un sapore di genuina avventura del diciannovesimo secolo, ma sarebbe darmi troppo credito.

Una piccola disgressione paleontologica: Gli animali descritti nella storia sono solo tre dinosauri. Il quarto intruso, il dimetrodonte, è un sinapside del Permiano, quindi precedente al resto della fauna e neppure un rettile come riportato nella storia, bensì facente parte dello stesso clade di noi mammiferi. In retrospettiva sono quasi deluso che il me bambino non avesse inserito una biodiversità maggiore, magari con qualche classico triceratopo o parasaurolofo. Strana mancanza sono anche gli pterosauri, che così spesso si ammucchiano nei cieli della narrativa ambientata in mondi perduti. Peraltro, è davvero sorprendente che nessuno degli animali si sia evoluto nel corso di 65 milioni di anni sull’isola o si sia verificato un caso di nanismo insulare. Ancora più sorprendentemente il nostro capitano riconosce gli animali a colpo d’occhio pur potendosi basare solo sui fossili incompleti visti a Londra. Per fare un processo inverso potrei mostrarvi gli scheletri di un’oca e un cigno per poi chiedervi di riconoscerli. Ultimo punto. Fra tutti i dinosauri è incredibile che vedendo un sauropode Stewart riesca a riconoscere un Argentinosaurus, nonostante si tratti di un genere le cui ossa furono scoperte solo nel 1989.

Parliamo di storia, quella vera. Sorprendentemente il me bambino ha fatto bene i calcoli: Non viene dato un anno preciso, ma diversi elementi stringono il campo. Si parla di un colonnello inglese che torna a casa dopo aver combattuto in India, facendo intendere ci sia ancora l’impero coloniale nel paese, che non cadrà fino al 1947. L’isola di Singapore divenne colonia inglese il 1824. Il primo dinosauro venne scientificamente riconosciuto nel 1827. Il mercantile è diretto allo stretto di Suez, canale che verrà completato nel 1869, quindi abbiamo una data minima. Si fa riferimento a una regina d’Inghilterra e dunque non può che trattarsi della regina Vittoria, che regnò dal 1837 al 1901. Più nello specifico, ignorando l’anacronistico Argentinosaurus, Stewart riconosce un Allosaurus e Stegosaurus, entrambi classificati nel 1877. Ecco dunque l’anno di svolgimento della nostra storia: tutto coincide per indicare il 1877 come l’anno più probabile per lo svolgimento della vicenda, ovvero quando Jules Verne era ancora in attività e aveva già pubblicato diversi capolavori.

Dal punto di vista dei nomi invece cadiamo di nuovo. I due protagonisti, e gli unici che li hanno peraltro, sono chiamati uno Stewart e l’altro Sprangton. Mentre il primo esiste, quello del colonnello è del tutto inventato. Assomiglia però a Sprigton, che pare essere il nome di un paio di paesi negli Stati Uniti e Australia.

Perdonate questi dettagli aggiunti. Mi piace analizzare certe stupidaggini per capire cosa passasse per la testa al me passato.





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