Il Paradosso del 27

di Milly_Sunshine
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(Undici anni prima)
Come tutti i piloti che accedevano alle serie minori sotto il controllo della A+ Series, Alysse aveva ricevuto una sigla identificativa. Non riusciva ancora, tuttavia, a pensare a se stessa se non con il proprio nome, seppure consapevole di non poterlo più pronunciare, almeno finché era nei pressi di una monoposto. Era una novità alla quale non era abituata, così come non era abituata a indossare una tuta con imbottiture fabbricate allo scopo di nascondere le sue forme femminili. I piloti erano tutti uguali, differenziati soltanto dalla statura e dagli occhi che talora venivano inquadrati. Portavano tute nere e caschi in tinta, sognando il giorno in cui avrebbero potuto sfoggiare un colore, a meno di non finire a guidare la monoposto nera della A+ Series, che comunque era lucida di vernice invece che opaca come il carbonio. Molti di loro non ci riuscivano. I meno veloci venivano scaricati senza troppi complimenti, gli altri proseguivano. Non vi era garanzia di passare alla terza alla seconda divisione, né soprattutto vi era la certezza di potere arrivare alla A+ Series. La massima categoria, comunque, aveva bisogno di collaudatori che lavorassero dietro le quinte e, per chi non vi aveva accesso diretto come pilota, vi era comunque una seconda possibilità, che poteva occasionalmente trasformarsi nella possibilità di un sedile come titolare.
Alysse era consapevole di essersi gettata in una situazione senza via d’uscita, ma non aveva alternative. Il suo sogno di passare ai kart alle monoposto era inequivocabilmente sfumato a causa dell’assenza di sponsor e la A+ Series le stava dando una possibilità. In cuore suo, sapeva sia di avere le doti sufficienti per cavarsela a bordo di una vettura ai livelli della Formula 3, sia di essere disposta allo stile di vita che la professione di pilota le avrebbe imposto. Non la spaventavano le rinunce, non la spaventava l’idea di doversi sottoporre a stressanti allenamenti fisici che le consentissero di avere un corpo in grado di reggere la forza G. Non la spaventava nulla che potesse condurla verso il successo, o quantomeno il più in alto possibile.
Era stata selezionata come tanti altri piloti nella sua stessa posizione, con la prospettiva di guadagnarsi l’accesso alla terza divisione. Non solo, insieme ai suoi nuovi colleghi le era stato addirittura assegnato un pilota della A+ Series come coach.
Non era inusuale, era soltanto una sfumatura della A+ Series che rimaneva nascosta al grande pubblico. Inoltre non tutti i piloti di prima categoria accettavano di buon grado la prospettiva di avere come allievi un gruppo di giovani piloti convinti di essere futuri campioni del mondo. Di solito ad accettare quel ruolo erano quelli meno in vista, che speravano di ingraziarsi la dirigenza al punto tale da guadagnarsi un volante migliore. Argento Tre non era come loro, o quantomeno non aveva bisogno dei favori del CEO e dei suoi sottoposti. L’accenno di rughe intorno ai suoi occhi suggeriva che non fosse più giovanissimo e che gran parte della sua carriera fosse già stata spesa. Le performance in pista, occasionalmente di spessore, erano piuttosto altalenanti e spesso e volentieri si qualificava alle spalle del compagno di squadra Argento Quattro, oppure veniva battuto da lui in gara. Eppure, c’era qualcosa in lui che lo metteva come al di sopra dei risultati, non perché non gli importassero i successi, quanto perché sembrava già focalizzato su ciò che veniva dopo: Argento Tre era una vera gloria che, più che non rassegnarsi ai segni dell’età, sembrava avere scelto di dedicare alle competizioni tutto il tempo in cui avrebbe potuto ancora mostrare sprazzi di competitività. Era stata la passione a condurlo a diventare coach dei ragazzi che sognavano l’accesso alla terza divisione, la volontà di trasmettere a qualcuno ciò a cui prima o poi avrebbe dovuto rinunciare.
Alysse non seppe mai se Argento Tre fosse in grado di leggerle nella mente, oppure di intuire i suoi pensieri. Rimase spiazzata, il giorno in cui il veterano la avvicinò, mentre stava per andare a cambiarsi. Fece appena in tempo: Tre non sarebbe stato in grado di riconoscerla, nei suoi abiti civili, né doveva avere idea del fatto che fosse una ragazza. Non solo, anche Alysse non avrebbe potuto riconoscere Argento Tre, senza la sua tuta argentata e il casco dello stesso colore.
«Posso parlarti un momento?» Argento Tre cercava la sua sigla, scritta sulla tuta, un po’ come se volesse rivolgersi a lei chiamandola con una sorta di nome. «Scusa, non ricordo come ti chiami.»
«Non mi chiamo in quel modo» replicò Alysse. «Non mi piace essere identificata con numeri e lettere.»
«È quello che tocca a tutti i piloti. Nemmeno io impazzisco nel sentirmi chiamare Argento Tre.»
Alysse avrebbe voluto sorridergli, ma dubitava che Argento Tre se ne sarebbe accorto. Forse avrebbe notato qualcosa nel suo sguardo, ma non era certa di poterglielo trasmettere.
«Chiamarsi Argento Tre ha comunque il suo fascino. Sei un pilota della prima categoria.»
«Già, sono un pilota della prima categoria, ma forse anche tu lo diventerai.»
«Quando lo diventerò, non avrò problemi a farmi chiamare con un nome e con un numero.»
«Ti vedo molto determinato.»
«Se non lo fossi, me ne sarei già tornato a casa smettendo di inseguire i miei sogni.»
Argento Tre rise.
«Sogni. È davvero incredibile che ci sia ancora qualcuno che ha dei sogni.»
«Perché, tu no?» obiettò Alysse. «Chi te lo fa fare di gareggiare nella A+ Series? Chi te lo fa fare di farci da trainer?»
«Io ho già ottenuto i miei successi» replicò Argento Tre. «Non c’è più nulla che io possa ottenere. Credo nel motorsport. Questo non significa necessariamente che io creda nella A+ Series, ma non c’è altro che io sappia fare. Sono un pilota e lo sarò finché avrò gli stimoli per esserlo.»
«Hai mai preso in considerazione l’idea di cambiare categoria?» gli chiese Alysse, con sincera curiosità. «Hai mai pensato di passare in endurance, o nel DTM?»
«No.»
«Posso chiederti come mai?»
«Certo che puoi chiedermelo, ma non sono sicuro che capirai la mia risposta. Dopo tanti anni trascorsi in una categoria, ormai sento di farne parte, anche se non è più la stessa categoria. Sono disposto ad accettarlo, ad accettare di non potere essere quello di un tempo, a non potere mostrare il mio volto e il mio nome. Anzi, l’idea che non possano riconoscermi è quasi allettante. Ho passato tutta la mia carriera a trasformare in realtà le aspettative di squadre, addetti ai lavori e semplici appassionati, oltre che le mie. Adesso posso divertirmi, fare quello che amo.»
«Intendi dire che, siccome nessuno sa chi sei, puoi essere davvero te stesso?»
«Una specie.»
Quelle parole erano affascinanti. Alysse andò a cercare lo sguardo di Argento Tre. I suoi occhi verdi non lasciavano trapelare nulla di più di quanto le avesse detto.
«Mi piace il tuo modo di pensare» gli confidò. «Alla fine, tutto sommato, allora la A+ Series non è poi così male.»
«Non ho detto questo» la ammonì Argento Tre. «La A+ Series ha molte più ombre di quanto tu possa immaginare.»
«Ombre?»
«Ombre. Tantissime ombre.»
«Di cosa parli?»
«Niente, lascia stare. Cerca solo di fare attenzione, se mai dovessi arrivarci. Non è tutto come sembra e chi vi sta dentro ha avuto modo di rendersene conto.»
«Però è nata per migliorare il campionato che c’era prima» osservò Alysse. «La Formula 1 era ormai finita e la A+ Series è riuscita a salvare quel poco che ancora c’era.»
«Questa è la versione dei fatti che raccontano» replicò Argento Tre. «Non significa necessariamente che sia quella reale. Io stesso non dovrei parlartene, non dovrei farti questo discorso. Eppure, sento di doverti mettere in guardia, almeno tu.»
«Perché proprio io? Perché non uno degli altri ragazzi?»
«Mi sembri uno di quelli che faranno strada.»
«Dici sul serio?»
«Puoi fidarti di me, me ne intendo di piloti» ribatté Argento Tre. «Ne ho visti tanti, in pista, e so riconoscere il talento, quando c’è. Non so chi sei, molto probabilmente non scoprirò mai il tuo nome, ma sono sicuro che, prima o poi, arriverai nella A+ Series. Sarebbe inutile rischiare per avvertire gli altri, che usciranno di scena prima che sia troppo tardi. Ricordatelo, quando sarai in alto.»
Alysse cercò di mordersi la lingua per non parlare, ma le venne spontaneo porre ad Argento Tre una domanda potenzialmente compromettente.
«Cos’è successo a Monza nel 2009?»
«C’è stato un gravissimo incidente» rispose Argento Tre, in tono piatto. «Lo sai anche tu, com’è andata.»
«Ho sentito gente che mormora» replicò Alysse. «C’è chi sostiene che quell’incidente non sia mai avvenuto, che i video che girano siano dei falsi.»
«Ciascuno vede solo ciò che vuole vedere» sentenziò Argento Tre, in tono emblematico. «Non preoccuparti del 2009 a Monza, cerca di preoccuparti del futuro. Ormai la Formula 1 non esiste più, quello che è capitato non importa davvero.»
«Era meno di due anni fa» insisté Alysse. «È per questo che la A+ Series è pericolosa, vero? Perché una volta che ci sei dentro sei costretto ad adeguarti a storie false, inventate per giustificare le chiacchiere che mettono in giro? Alla fine era solo una questione di soldi, vero? Sono salite al potere persone nuove, si sono inventate un incidente mai avvenuto e hanno deciso di usarlo come spiegazione per la trasformazione della serie.»
Argento Tre sospirò.
«Non dovresti pensare a queste cose.»
«Perché no? La verità è importante.»
«Non so chi tu sia, ma se vuoi fare questi discorsi in pubblico, devi sperare che non lo scoprano mai neanche i pezzi grossi del campionato. Hai ragione, noi piloti siamo costretti ad adeguarci a imposizioni quantomeno strane, ma rimane una nostra scelta. O cerchi la verità, o fai il pilota. Non puoi fare entrambe le cose nello stesso momento. Rischieresti troppo. Lo sai, immagino, che possono condizionare i risultati dall’alto, qualora lo ritengano necessario.»
«Sì, ne ho sentito parlare, ma credevo fosse una leggenda metropolitana.»
«Beh, non lo è. L’unica ragione per cui questa informazione non viene divulgata è che il pubblico non sembra pronto ad accettare questa possibilità. Un giorno, quando una simile idea non farà più indignare la gente, potrebbero arrivare a parlarne pubblicamente.»
«Perché lo accettate?»
«Perché è una regola della categoria.»
«Non vorrei sembrarti scortese, ma il fatto che ci sia una regola in proposito è sufficiente per spingervi ad accettarlo?»
«Questa è una bella domanda. Farai strada, se terrai la bocca chiusa. Se invece parlerai, rischierai di scoprire di cosa sono davvero capaci. Possono condizionare le nostre gare, generare guasti di fatto telecomandati sulle nostre monoposto. Quando sei al volante, la cosa più importante è mantenere il controllo. Dall’alto, te lo possono fare perdere da un momento all’altro, anche senza che tu capisca cosa stia accadendo. Non si tratta solo dei risultati, ma anche della tua stessa incolumità. Se parli contro di loro, la tua vita potrebbe essere messa in pericolo.»
Alysse scosse la testa.
«Oh, no, non è possibile.»
«Ti assicuro che lo è» insisté Argento Tre. «Per questo ti sto dicendo che devi stare attento e misurare bene le parole. Lo so anch’io, l’ipotesi più saggia sarebbe scappare via da questo incubo. Forse dovrei trovarmi un volante nell’endurance o nel DTM. Se volessi intraprendere quella strada, non puoi immaginare quante squadre sarebbero disposte a darmi un volante. Se potessi usare il mio nome, non sarei considerato un tipo qualsiasi. Però la mia vita è questa, era la Formula 1 e adesso è la A+ Series. È così per me e anche per molti altri piloti. In più, abbiamo una responsabilità più grande. Ci siete voi, che siete il futuro. Siete dei sognatori, degli idealisti convinti che l’essenza del motorsport sia ancora la stessa di un tempo. Se ce ne andassimo e vi lasciassimo soli, potrebbero manovrarvi molto di più di quanto non facciano con noi. Cercheranno di tagliarci fuori, ma finché resterà qualcuno di noi, non avranno sui piloti il potere assoluto a cui mirano. Hai parlato di Monza e di quell’incidente. Io non c’ero, nel 2009, al Gran Premio d’Italia, ma altri piloti della A+ Series sì. Molti altri, aggiungerei. Sanno cosa sia successo davvero, sempre ammesso che sia successo qualcosa. Non parleranno, ovviamente, ma cosa potrebbe accadere se qualcuno decidesse di farlo, a proprio rischio e pericolo? Il CEO e i suoi collaboratori non vogliono correre questo rischio, quindi cercano di essere un po’ più elastici.»
«E quando non ci sarà più nessun pilota di un tempo?»
«Quando nessuno delle nostre generazioni ci sarà più, spetterà a voi decidere fino a che punto vorrete diventare pedine nelle loro mani. Noi possiamo cercare di fare del nostro meglio per aiutarvi a diventare determinati abbastanza da non lasciarvi schiacciare, ma il resto dovrete farlo voi.»
Alysse obiettò: «Tutto ciò di cui parli è sopravvivere nella A+ Series, ma rimanendo in silenzio. Nessuno di voi può esporsi, perché correrebbe troppo rischi. Ma se vi esponeste tutti insieme? Se vi metteste d’accordo per contrastare il potere del CEO?»
«Hai ragione, sarebbe la soluzione più semplice» convenne Argento Tre. «Potremmo metterci d’accordo e rivelarci tutti nello stesso momento, compresi i piloti che c’erano a Monza. Sarebbe la maniera più semplice per mettere fine a questo scempio.»
«Perché non lo fate?»
«Perché venti piloti non riusciranno mai a mettersi d’accordo per farlo. Io stesso, se avessi dieci o quindici anni di meno, non metterei in pericolo la mia carriera per senso di giustizia. Non sarebbe corretto chiedere ai miei colleghi di fare qualcosa che io stesso, al posto loro, non avrei mai fatto. È anche per questo che i piloti della tua generazione potrebbero essere importanti. L’hai detto tu stesso, dovremmo esporci tutti insieme e rivelare le nostre identità. A noi non accadrà, ma magari a voi sì. Forse sarete forti abbastanza da contrastare questa follia. Conto su di te.» Gli occhi verdi di Argento Tre fissarono Alysse con sguardo penetrante. «Spero che i miei figli non diventino piloti, ma qualora uno di loro dovesse diventarlo, mi auguro possa trovarsi davanti un mondo dell’automobilismo migliore di quello attuale. Magari tu stesso potresti fare qualcosa per cui, un giorno, mio figlio potrebbe ringraziarti.»




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