Il signore dei Khai

di Enchalott
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A favore del prossimo
 
«L’avete trovata?»
«No, mio signore.»
Kalemi riprese l’inquieto andirivieni.
«Non è in nessuno nei mondi mortali e le sue tracce terminano sulla soglia del fiume sacro. Dov’è andata!?»
Tasmi e Eenilal si guardarono abbattuti: l’assenza della sorella si prolungava troppo per essere considerata smania di solitudine. L’ipotesi del rapimento acquisì corpo.
Elkira si materializzò con accanto il dio del Mare in persona. Kalemi gli andò incontro, gli strinse gli avambracci e non nascose l’angoscia.
«Non tenerci sulle spine, Manawydan.»
«Sommo principe, temo che Azalee si trovi all’interno della piramide. Ho percepito la sua aura penetrare l’apeiron, è sfumata tanto in fretta che non sono riuscito a seguirla.»
Il sovrano degli dei sedette con la fronte tra le mani.
«È come averla perduta. Il chaos primigenio è sconfinato.»
«Esiste un modo per sondarlo, ma necessito dell’aiuto degli dei elementali. Le nostre essenze tendono a confondersi laggiù, tuttavia se riuscissimo a escluderne quattro, la quinta risulterebbe individuabile.»
«Tasmi ti assisterà come principio dell’Aria e convocherò Valarde in qualità di Madre Terra, ma non credo che Belker si presenterà alla riunione.»
«Un dannato guaio» borbottò Manawydan «Senza il Fuoco non individueremo l’Acqua. Potremmo però sostituirlo con chi possiede un potere affine.»
«Eenilal?» interpellò Kalemi speranzoso.
«Sono afflitto, eccelso fratello. La Luce è seconda alle fiamme. Una conseguenza generata, come il calore.»
«Peccato che i daama abbiano perso i poteri» bofonchiò Elkira.
Gli occhi verde smeraldo di Kalemi si accesero.
«Reshkigal!» esclamò.
«Il Custode non possiede prerogativa.»
«Ma conserva l’anima di Kushan! Non l’ha destinata alla reincarnazione per via del patto stretto con il Distruttore e uno spirito in stasi serba le virtù originarie. Se la concedesse, potremmo capire se Azalee è prigioniera!»
 
Reshkigal uscì dallo stato meditativo e si sporse dal balcone fiorito: i petali azzurri dei Campanelli delle Nevi non erano adorni di rugiada e volgevano le corolle assetate alla linea dell’orizzonte. Mosse l’indice, fornendo una stilla del proprio potere per evitare che appassissero. Gli occhi argentati, di solito atarassici, ombreggiarono.
Il regno eterno ha perduto la quiete. È l’avvento della caduta.
Avvertì l’avvicinarsi di un’energia divina: forse il peggio era già in fieri.
Elkira prese corpo dall’alito d’inchiostro e piegò il capo al dio della Morte.
«Il sovrano celeste chiede la tua collaborazione» enunciò senza preamboli.
«Tutto ciò che desidera.»
«L’anima di Kushan. Richiamala dall’oltre.»
«Impossibile.»
«Non è tempo di fossilizzarsi sulle leggi universali. Rammento inoltre che è già stata accordata un’eccezione.»
Reshkigal annuì paziente. L’invariabile tranquillità interiore lo faceva apparire freddo, mentre era una delle divinità più sensibili e ricettive del pantheon.
«Ciò non cambia le risorse a mia disposizione» asserì pacato «Se ne avessi facoltà, quello spirito sarebbe tuo, ma Irkalla lo ha sigillato tra le pieghe della neo genesi, non ho idea di come riconvocarlo.»
«Per tutte le ere, non ne va dritta una!»
Il Custode si spostò al tavolo di marmo e versò il chae. Lesse l’urgenza nello sguardo del compagno, ma lo invitò a placarsi.
«Prima che tu corra dal Distruttore, desidero metterti a parte di una riflessione. Se è vero che Azalee si trova nella piramide, dobbiamo bloccare il flusso dell’ergon. Non possiamo sradicare la perissologia allo stato dei fatti: quei mondi collasserebbero e peggioreremmo la situazione, fornendo ai piani di Belker un apporto energetico immenso ma instabile. Senza pensare alla perdita delle creature che vi dimorano. Non ci resta che impedire il compimento della piramide come preventivato. Purtroppo si è creato un “ma”.»
«Se lei fosse all’interno, verrebbe coinvolta nell’annientamento.»
«Non è solo questo. Se il dio della Battaglia avesse preso Azalee, avrebbe introdotto nel cristallo il principio femminile.»
«Cosa?» ansimò Elkira spalancando gli occhi violetti.
«Vedo che hai capito. Non otterrebbe soltanto il distacco dell’attuale pantheon dagli universi mortali, bensì avrebbe modo di avviarne uno nuovo. Lui e Azalee sarebbero il principio, genererebbero una nuova stirpe immortale e ad essa affiderebbero il governo degli esseri caduchi.»
«Lei non si presterebbe mai!»
«Ne sono convinto. Ora rifiuterebbe, ma con il trascorrere delle ere la solitudine inizierà a pesarle. Ricordati che lo ama.»
«È una catastrofe» deglutì il dio del Buio «Che suggerisci?»
«Innanzitutto interpellare Irkalla. Poi dissuadere dalla guerra il re dei Khai, scendere in quel mondo e infrangere il divieto d’interazione. I discendenti dei daama non sono bendisposti alla comunicazione astratta, dobbiamo mostrarci loro dal vivo.»
«Ancora una deroga ai dettami eterni e mi licenzio!» mugugnò Elkira.
«Pessima idea, il sommo Kalemi avrà bisogno di te, quando si tratterà di donare l’oblio ai Khai, facendo loro scordare di averci incontrati.»
«Perfetto. Altre pessime nuove?»
 

 
Irkalla percepì subito la convocazione nonostante fossero trascorsi millenni.
Si levò dal letto e lasciò la penombra accogliente della stanza, gettando un’occhiata alla figura distesa tra le coltri. Uscì senza produrre suono, confondendosi con il chiaroscuro notturno e raggiungendo il luogo più remoto dell’edificio.
Rimosse il sigillo e attese la reazione. Una parte di lui spasimò nella sofferenza, l’altra assaporò l’impetuoso riversarsi dell’energia divina nel suo essere: l’unicum che possedeva eternità e respiro si scisse, abbandonandosi alla volontà dominante.
L’apparizione del Distruttore provocò un fremito. Scorgerlo nell’essenza suprema e terrificante che lo caratterizzava, suscitò ricordi contradditori tra i Superiori.
«Perdonami, Irkalla, ti avevo promesso pace» disse malinconico Kalemi.
«L’inattività uccide, maestà.»
«Conservi l’indole sarcastica, mi tranquillizzi.»
«È solo sconsideratezza. A cosa debbo l’invito del mio re?»
Il signore degli dèi espose il punto e il dio della Distruzione scosse il capo.
«L’anima di Kushan non è vincolata al nostro accordo, bensì alla realizzazione del medesimo. Se non dipendesse da ciò che non si è ancora verificato, la trarrei dalla sospensione, ma per rendere equo il patto l’ho slegata dal mio volere.»
«Siamo daccapo» sospirò Elkira.
«Non direi» obiettò Irkalla «Il Fuoco non vi manca.»
«Potresti erudire anche noi sprovveduti?» lo riprese bonaria Valarde.
«Il Signore dei Khai vanta tutti i poteri del suo avo.»
«Non è detto che collabori, in fondo non conosciamo la sua natura. Se servisse il dio della Battaglia, sarebbe azzardato avvicinarlo.»
«In tal caso avrebbe scelto da che parte stare e svincolerebbe lo spirito di Kushan. Ma se anche fosse indeciso, non gli occorrerebbe la consapevolezza di quanto richiesto. È sufficiente trasportarlo nella barriera trascendentale, il suo retaggio opererà il resto. È un semplice collegamento tra elementi.»
«Non abbiamo idea di chi sia.»
«Mh. Siete troppo scaltri per non vantare una rosa di candidati.»
«Procediamo per esclusione» intervenne Eenilal «Tu l’hai conosciuto dal vivo, una descrizione fisica ci aiuterebbe a limitare i concorrenti.»
«Non sono d’accordo, i caratteri somatici sono stati trasmessi per nascita a tutti i daamakha. Comunque… circa due metri d’altezza, chioma corvina, occhi viola, carnagione calda, forza e intelletto fuori dal comune, sorriso sfacciato e notevole parlantina. Impareggiabile con le spade, agile e svelto, dotato per il combattimento oltre la media dei suoi simili. Riusciva a orientarsi in mezzo all’apocalisse, nessuna paura e coraggio illimitato, incoscienza data la situazione. Naturalmente ali e coda scarlatte. Non ho mai visto uno sguardo tanto intenso, un amore smisurato, privo di esitazioni.»
Gli astanti rimasero incantati a fissare il dio della Distruzione che esprimeva in via indiretta e forse involontaria l’ammirazione per il semidio che li aveva sfidati. Questi li squadrò interrogativo.
«Chi avrebbe creduto che saresti stato in grado di commuoverci, Irkalla» mormorò Valarde con gli occhi lucidi.
 

 
Mahati aveva percorso a ritroso i corridoi della reggia con Yozora in spalla, attirando le occhiate basite dell’intera corte.
I Khai avevano sorriso maliziosi, afferendo il singolare comportamento del Kharnot al legittimo desiderio per la promessa sposa, e avevano approvato.
Supportato da maggiori indizi, Valka aveva seguito la coppia a riguardosa distanza, attribuendo la prevaricazione alla palese gelosia del principe. Si disse che avrebbe dovuto adottare lo stesso sistema con Dasmi: forse avrebbe apprezzato l’uso della prepotenza, smettendo di trattarlo come un idiota sessualmente dotato.
Magari la finirebbe di sminuire il mio clan e noterebbe l’individualità della persona.
«Sei congedato, reikan. Tre giorni di licenza, impiegali a piacimento.»
La consegna dello stratega supremo lo colse impreparato: strideva con gli ordini dell’erede al trono e lo poneva in una situazione rischiosa.
Non potrebbero mettersi d’accordo? Vorrei conservare la pelle.
«L’inquietudine è fuori luogo» tranciò il secondogenito «La principessa non uscirà dalle mie stanze in tale periodo. Mi occuperò io di lei.»
«Chiedo venia, altezza reale.»
Si trovò davanti ai battenti serrati un istante dopo.
Purché l’Ojikumaar la consideri una strategia seduttiva. Una manovra basata sulla nostalgia, volta a stanare sentimenti nascosti, e non mi decapiti per inabilità.
Meditando il da farsi, raggiunse i recinti dei vradak e riconobbe lo strepitio entusiasta di Aysah. Gli accarezzò il capo e decise di concedersi un volo libero dai doveri di guerra o d’altro genere: gli avrebbe schiarito le idee, dissipando la pressione che avvertiva e l’avrebbe allontanato dalla dolorosa infelicità che lo accompagnava.
Mentre bardava il predatore, notò che Ankŭrsai non si trovava nella sua postazione. Non aveva più visto Eskandar e, date le complicazioni dell’assedio, aveva pensato che fosse rientrato a Mardan con un incarico particolare. Aggrottò la fronte e domandò allo stalliere.
«Sono mesi che non lo alloggiamo, reikan
Valka sistemò l’imbrigliatura con un’idea balzana che gli martellava in testa.
Se fosse lui l’uomo disperso con la regina dell’Irravin?
Se avesse avuto ragione, Shaeta avrebbe ottenuto la risposta su sua madre senza bisogno di sottostare ai ricatti di Dasmi. Si trattava di decidere se infischiarsene, lasciarlo in pasto a quel cane di Kayran, contando sul fallimento delle nozze, o se preservarlo da una condizione aleatoria. La prima lo avrebbe avvantaggiato su più fronti, la seconda…
Montò in arcione con un sospiro.
«Hah, Aysah! Torniamo al campo!»
 

 
Shaeta lottò con le cinghie della sella di Nusakan, vincendo la stanchezza e il sonno indotto dalla vampa oscillante della lampada. All’addestramento Dasmi era stata più detestabile del solito e lo aveva strapazzato. Stirò le membra indolenzite.
Non sto sacrificando le ore di riposo per lei ma per il vradak. E per il mio tutore.
Valka gli mancava non perché evitava di massacrarlo senza ragione, bensì per il rapporto che avevano costruito: con lui riusciva ad affrontare quasi tutti gli argomenti e, persino quando non si trovavano d’accordo, la stima non veniva meno. Vederlo sereno sul fronte della relazione con la compagna sarebbe stato il compenso più gradito, a prescindere dal suo ostinato negare i sentimenti.
E poi desidero che sia fiero di me. Strano pensare questo di un nemico.
L’imbracatura che stava imbastendo sembrava adeguata alla difformità dell’uccello da guerra, l’avrebbe collaudata seduta stante se fosse stato in grado di montare.
Senza Valka sono a un punto morto.
Osservò la luna piena occhieggiare tra le nuvole e si lasciò rasserenare dal suo argento. Non poté fare a meno di pensare alla madre, domandandosi se la stesse guardando, e a Danyal che non l’avrebbe ammirata. Inghiottì le lacrime, sentendosi stranamente forte nell’affrontare il lutto.
«Che diavolo stai facendo!?»
Shaeta trasalì e sollevò il viso in quello ostie di Dasmi.
«Sistemo una sella. Non è contro le regole.»
«Se preferisci esercitarti come garzone di stalla, ti accontento subito!» ringhiò lei afferrandolo «Affogherai nello sterco dei tuoi amati cavalli!»
«Al limite maniscalco o sellaio, il letame puoi spazzarlo tu!» obiettò scrollandosi.
«Ardisci mancarmi di rispetto!? Chi ti ha autorizzato a ribattere, quel buono a nulla di Valka!?»
«La deferenza si guadagna e a te non ne devo un granello!»
Lo sguardo omicida della guerriera gli gelò il sangue, eppure lo resse con tutto il coraggio disponibile, sommandolo a un effluvio d’orgoglio.
I Khai apprezzano chi non si lascia intimidire. Dèi, fate che per lei sia lo stesso.
Scansò il manrovescio, ma gli artigli affilati gli scalfirono la pelle in tre solchi paralleli. I demoni erano abilissimi a calibrare l’invasività dei colpi e il sorriso di scherno di lei ne chiariva la volontarietà. Fu colto da una debolezza simile a un giramento di testa.
Dasmi lo afferrò per i capelli e gli assestò il ceffone mancato con tanto di interessi. Avvertì in bocca il sapore del sangue e un forte ronzio nelle orecchie.
«E ora dimmi» si accosciò lei per guardarlo «Credi che montare uno lo stallone renda uomo? O commetti l’errore di sentirti un principe?»
«Lo sono.»
Gli parve che il disprezzo di Dasmi si attenuasse. Il veleno in circolo gli accelerava i battiti e il respiro come un eccesso di vino, la realtà vibrava provocandogli la nausea, ma allentava le inibizioni.
«Principe dei derelitti. E quella sella? Intendi usarla come trono?»
«Non è per me.»
«La tua incapacità l’ha deformata, ti farò rapporto per aver rovinato le dotazioni e mi godrò lo schiocco della sferza sulla tua delicata epidermide minkari. Chi è l’imbecille strabico che adotterebbe una sella asimmetrica?»
«Tu.»
Lei fu lì-lì per ammazzarlo. Sapeva che i graffi lo stavano stimolando alla verità e si trattenne più per la curiosità che per gli ordini del Kharnot.
«Lurido verme, pensi di boicottare il mio esame?!»
«No, di salvare Nusakan.»
«Spiegati, prima che ti strappi la pelle a cinghiate!»
Shaeta riferì del difetto fisico del vradak e del dispiacere che sarebbe scaturito se l’avessero abbattuto. Le puntò contro l’indice.
«Gli avresti attribuito la colpa. Non è giusto, è un animale meraviglioso. Se non mi avessi scoperto, non ti saresti accorta di nulla, avresti ottenuto i gradi e lui non avrebbe subito le conseguenze della tua indifferenza.»
Dasmi aprì la bocca per lo stupore e lo lasciò libero.
«Credi che sia stupida!?» articolò risentita.
«Superficiale. Altrimenti avresti notato che ha un’ala più bassa.»
«Tutto questo interesse mi commuove. Ti ha chiesto Valka di badare al mio vradak
«L’abbiamo fatto insieme.»
Quel maledetto idiota!
«Crede di riguadagnare l’accesso al mio letto?»
«Niente affatto. Ha rinunciato a intromettersi anche se ti vuole bene.»
«Un Khai non ama!»
«Io non l’ho detto.»
«Tsk, vorresti indurmi a credere che si sia rassegnato. Lo conosco, ha pianificato di assistermi a distanza, come se ne avessi la necessità. È un insulto!»
Shaeta la mise a fuoco, gli occhi scuri splendenti alla luna come gemme.
«Sono io che l’ho convinto… in realtà voglio aiutarti, non lo faccio solo per Nusakan e… non so perché. Il reikan mi ha solo dato il via libera.»
La ragazza abbassò le braccia e l’aggressività sfumò in incredulità.
«Perché sei così scialbo da provare simpatia per il tuo tutore, un nemico!» sbottò «Favorendo me, accontenteresti lui, un vile che rimugina su un legame che non è mai esistito!»
«Forse. Ma con il tuo contegno l’hai ferito, se non lo capisci non meriti un uomo come lui.»
La stoccata andò a segno. Dasmi ringhiò un improperio e lo scrollò.
«Detesto i sentimentalismi di cui si nutre un moccioso tuo pari! Un guerriero che si lascia influenzare da uno shitai è feccia!»
«Non sono un moccioso, sono diverso da te. Mi hanno insegnato che se non provi il dolore non puoi vantare il coraggio! Valka vive la sua pena come un vero demone, perciò lo ammiro. Ora, se hai ultimato l’interrogatorio, vorrei concludere il lavoro.»
La ragazza gli strappò la sella dalle braccia e lo scaraventò all’indietro. L’intento di gettarla nel fuoco si attenuò alla sua espressione furente.
«Avete pianificato sperimentare l’efficienza di questo obbrobrio senza avvisarmi?»
«Il reikan avrebbe montato per primo ma è stato richiamato.»
Lei sogghignò a palpebre socchiuse.
«In fondo ve ne sono grata. Mia madre smetterà di considerarmi la vergogna del clan e mi assegnerà un animale degno di questo nome. Non ti resta che venire a letto con me per mandare all’aria il fidanzamento.»
«Sei un’egoista! Condannerai Nusakan, non te lo permetterò!»
Non accennò alla seconda parte del ricatto, si alzò cercando la spada senza ricordare di averla riposta. Annaspò e barcollò come un ubriaco, ma non ricusò.
«Vorresti sfidarmi in quello stato? Sei ridicolo!»
Lo prese per il collo e lo atterrò in una mossa. Con o senza veleno era la più forte, non si sarebbe fatta surclassare, meno che mai da quel misero ragazzino. Lui le rivolse uno sguardo adirato, le guance colorite come durante una febbre, le labbra schiuse a cercare aria, il corpo snello teso come una corda.
«C’è una seconda scelta» continuò gelida «La migliore per placare i bollenti spiriti.»
«Quale?»
«Sarai tu a montare.»
 
Lo trascinò di peso ai recinti e lo costrinse a sellare Nusakan.
«Chla! In arcione! Forza!»
Shaeta sussurrò all’orecchio del predatore, che strideva irritato per essere stato strapazzato in piena notte e per la concitazione che percepiva nei presenti.
«Tranquillo, fratellino. Scusami se ti ho svegliato.»
Gli passò un pezzo di carne secca e gli accarezzò il collo. Dasmi strattonò in malo modo le redini, vanificando i suoi sforzi.
«Hai finito di pregare!? Sbrigati prima che perda la pazienza!»
L’animale attaccò con un fulmineo colpo di becco, ma la transenna lo tenne a bada e la proprietaria lo percosse con la verga.
«Smettila di picchiarlo!»
«Ne vuoi anche tu?!»
«Usa le tue dannate maniere con Kayran!»
Lo staffile si abbatté sulle sue spalle, l’odore del sangue inasprì il vradak e Shaeta impiegò tutte le forze per trattenerlo, ignorando il dolore che gli attraversava il dorso.
«Anase, iwadar» ansimò placandolo «Mokemoke. Da bravo.»
Dasmi osservò adirata l’interazione tra i due, ma rimase colpita dalla pacatezza del giovane, che mormorava gli ordini come fossero complimenti e non temeva l’animale imbizzarrito. Sentì le gambe tremare e fece un passo indietro, fingendo di sottrarsi alla portata del rostro.
Ci volle qualche minuto affinché Nusakan si acquietasse. Ritto sulla groppa pennuta, il principe si sentì più incerto che mai. Aveva assistito a centinaia di voli e prestato attenzione ai gesti di Valka, ma in prima persona era un’altra storia.
«Se non lo fai decollare, gli pianto la spada nel cuore» minacciò lei.
Shaeta avrebbe voluto disarmarla e restituirle tutte le angherie, ma il calore dell’animale su cui era seduto lo spinse a vagliare la responsabilità di un’altra creatura. Il destino lo aveva voluto erede dell’Irravin e il vradak era una delle vite che gli erano affidate. Si piegò sul suo collo.
«Aiutami tu, fratellino… ikyhak
Il vuoto allo stomaco lo colse nell’istante in cui il predatore si staccò da terra. Strinse le ginocchia e si sorresse al bordo rinforzato della sella, una pratica che nessun cavaliere alato avrebbe adottato.
La nausea increbbe, il giramento di testa non lo favorì: lottò per non vomitare e in qualche modo portò Nusakan in assetto, consentendogli di adattarsi all’insicurezza di un cavaliere che non era tale e di vincere la ritrosia ai finimenti. Compì un cerchio di prova, sperando che Dasmi gli ordinasse di atterrare, ma ricevette l’indicazione contraria e fu costretto a salire di quota per dare seguito alle manovre più pericolose.
L’animale mostrò segni di nervosismo e mosse le zampe, poi parve cambiare idea e non impennò come al solito.
«Non fa male, è solo strano, vero?» disse per calmare entrambi «Lo è anche per me, cerchiamo di coordinarci.»
Spostò le redini e il vradak lo seguì pur con lieve resistenza. Quando raggiunse l’inclinazione incriminata rifiutò di piegare e stridette adirato.
«Provaci! Coraggio, ho più paura io di te. Se non lo fai, siamo morti.»
Shaeta ne forzò per gradi la riluttanza. Dall’alto l’accampamento era una macchia indistinta, sfocata dalla luce lunare e dalla tossina.
Nusakan si decise a curvare: l’ala destra si irrigidì per un istante, come in attesa del familiare spasimo, poi riguadagnò il movimento naturale. Dal becco uscì un grido di stupefatta vittoria.
«Bravo, iwadar! Così, proviamo la verticale. Aghaer. Piano!»
L’uccello da guerra ridusse l’apertura alare e s’innalzò con un entusiasmo mai mostrato. La sella emise un cigolio allarmante e il ragazzo fu costretto a correggere.
Non è perfetta, devo renderla resistente e confortevole anche per chi sta in arcione.
Gli occhi verdi di Dasmi non abbandonarono per un secondo le caute evoluzioni. La rabbia crebbe di minuto in minuto: vedere il vradak che obbediva a un Minkari privo d’esperienza era uno smacco intollerabile.
«Non hai concluso!» gli gridò «Mandalo in picchiata!»
«L’imbragatura non è salda, può rompersi!»
«Scuse di un incapace!»
Impartì il comando a prescindere dalla posizione del principe, che s’inclinò in avanti rischiando di essere disarcionato. Cercò di moderare la spinta, ma la pressione cui era sottoposto e i sensi offuscati gli impedirono la manovra corretta.
«Nusakan!»
Prima che l’animale realizzasse la situazione e compensasse a istinto, l’imbrigliatura si strappò: la sella scivolò a sinistra e si staccò. Shaeta provò a reggersi, ma l’imperizia e l’obnubilamento giocarono a sfavore. Slittò dalla schiena del predatore e cadde nel vuoto.




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