Note:
storia ambientata dopo Il regno corrotto (non c'è nessun
riferimento specifico al libro). Il titolo è preso da una
poesia di Anna Swanson.
In which we replace garbage with love
Wylan ascolta.
Intorno a lui c’è solo il buio. La luce non
trapassa né dalla porta, né dalla finestra.
Wylan ascolta. Gli piacciono i suoni, le voci, il rumore, la musica.
Gli piace aggrapparsi a una sinfonia che riecheggi prima dentro le
orecchie e poi dentro l’anima, soprattutto quando ha paura. E
adesso Wylan ne ha molta, di paura, perchè è buio
pesto e perché quella casa è gelida e ostile e
minacciosa.
Wylan ascolta, le orecchie tese come quelle di un gatto. Non sente
nulla. C’è solo un vuoto sordo, come se qualcuno
l’avesse isolato dal resto del mondo scavando con un
cucchiaino lo spazio intorno a lui.
Wylan si porta la mano sul petto. Preme forte forte, gli occhi sgranati
agganciati al soffitto, il panico crescente e famelico. Preme forte,
fortissimo, finché contro il palmo non avverte un battito.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum.
Wylan respira. Si aggrappa a quel ritmo familiare che ha imparato a
memoria. Ci si aggrappa stretto, fino a farsi sbiancare le nocche e i
polpastrelli, perché è l’unico
strumento che possiede per farsi scudo dai mostri che sgorgano liquidi
tutt’intorno a lui.
“Tu-tum,” pigola nel buio come un uccellino
terrorizzato, per costringere i mostri a indietreggiare. Sii coraggioso, si
dice, coraggioso come
la mamma. “Tu-tum, tu-tum, tu-tum.”
*
Wylan ascolta.
È buio, fuori. La luce non trapassa né dalla
porta, né dalla finestra.
Wylan ascolta. Ha l’orecchio premuto sul petto di Jesper e
sente il suo cuore rimbombare contro il timpano. Il battito riecheggia
nella sua testa e Wylan ogni volta preme più forte la
guancia contro lo sterno di Jesper per ascoltare meglio, come se non ne
avesse mai abbastanza. È una cosa stupida, ma Wylan si sente
così felice, talmente tanto che potrebbe scoppiare come una
bomba.
Quella casa, prima, era liquida di mostri. Quella stessa casa, adesso,
è il luogo in cui Wylan trova la gioia. È grazie
a questo che ha capito che casa
non è un luogo, bensì un qualcosa fatto di
persone, persone pronte ad amarti con gioia, senza paura, a mani
spalancate, come piante sotto una cascata di sole.
Il cuore di Wylan comincia a palpitare veloce, a fremere come le ali di
un uccellino, traboccante di gratitudine. Wylan lo avverte contro i
propri polsi e pensa che il suo cuore e quello di Jesper creino una
sinfonia meravigliosa, insieme. È come se stessero danzando:
Wylan inciampa sui suoi stessi piedi, impacciato e agitato –
così tanto felice – mentre Jesper lo fa girare
come una trottola e ride, ride, ride – senza lasciargli mai
la mano.
Jesper biascica qualcosa. Poi fa un sospiro, poi si strozza con la
saliva, poi torna a respirare pesantemente. Wylan si sforza di ingoiare
la risata che minaccia di sfuggirgli dalle labbra.
Wylan è sempre stato bravo con i suoni. E ha sempre avuto
un’eccellente memoria. Ed è per questo che,
timidamente, vergognandosi – perché è
una cosa stupida e bizzarra, Wylan lo sa – ascolta il battito
del cuore di Jesper e lo impara. Ascolta il suo cuore per ore e ore e
ore, e lo ingoia, lo assorbe. Il cuore di Jesper, la musica del cuore
di Jesper, diventa qualcosa che Wylan riesce a portare sempre con
sè – nelle tasche, sotto la lingua, dentro la
gabbia toracica, il cuore di Jesper oramai batte vicino al suo. Wylan
custodisce quel ritmo con la stessa avidità e disperazione
di un drago – è pronto a scagliare una pioggia di
bombe a chiunque minacci di strapparglielo via, e se non dovesse avere
le bombe allora gli affonderà nella faccia le sue piccole
unghie e i suoi piccoli denti.
È solo che gli serve. Wylan ha bisogno di quel suono da
stringere, da tenere, quando si trova di nuovo da solo, nel buio, o
quando cammina fra la gente. Il cuore di Jesper riesce a salvarlo
sempre: tiene lontano i mostri, porta la speranza. È il suo
raggio di sole. Il suo piccolo, grande segreto.
“Tu-tum,” pensa Wylan, picchiettando con
l’indice la clavicola di Jesper - piano, le dita leggere, di
piuma, non vuole svegliarlo. “Tu-tum, tu-tum,
tu-tum.”
*
Le cose non dovrebbero
essere così difficili.
Wylan è sempre stato bravo con i suoni. Questo è
il motivo per cui riconosce ogni sfumatura del cuore di Jesper: sa come
batte quando è felice, come batte quando è
arrabbiato, come batte quando sta mentendo. Wylan conosce il
significato di ogni accelerazione e decelerazione. È come se
avesse sviluppato la capacità percettiva di uno spaccacuori,
ma nei confronti di una singola persona.
Le cose non dovrebbero
essere così difficili.
È incredibile quanto tempo bisogna impiegare ad ascoltare
una persona per poterla capirla davvero. Quanto tempo bisogna
osservarla, con quanta diligenza. I suoni delle persone sono tanti, e
sono sovrapposti. Bisogna scavare e scavare e scavare per scoprire cosa
si nasconde dentro la pelle, dentro le ossa, in ogni strato, fessura e
concavità del corpo. Una persona può dar vita a
così tanti rumori. Bisogna essere curiosi. Bisogna essere
attenti. Bisogna amare.
Le cose non dovrebbero
essere così difficili.
Ogni tanto, Wylan si domanda se anche Jesper faccia lo stesso. Se anche
Jesper abbia bisogno di aggrapparsi al suono emesso dal suo corpo. Non
soltanto per paura, ma per puro e irrazionale bisogno. Ogni tanto,
Wylan si domanda se sia all’altezza di un mondo che gira
così veloce. Se Wylan sia effettivamente in grado di
trasmettere a Jesper quella stessa piena, arrogante e viva
felicità che Jesper trasmette a lui. Si chiede se sia in
grado di stringergli la mano nel modo giusto, di baciarlo nel modo
giusto, di dirgli le cose giuste, di fare le cose giuste, di amarlo a
mani spalancate, di non sbagliare neanche un colpo e di meravigliarlo,
proprio come lui. È che Jesper è così
speciale, mentre Wylan di speciale non ha niente. E se Jesper sparge
porporina dorata e fuochi d’artificio e stelle cadenti
ovunque vada, Wylan si chiede cosa effettivamente scaturisca dal suo
corpo, dalla sua voce, dalle sue dita, oltre alla sua viscerale paura
di non essere abbastanza.
La verità è che Wylan si chiede troppo spesso se
riesca a renderlo felice.
Le cose non dovrebbero
essere così difficili.
Ma siamo vivi,
pensa poi. Va tutto
bene perché siamo ancora vivi.
Ed è vero. È fortunato. È
così immensamente fortunato a essere vivo e ad avere ancora
Jesper, vivo, accanto a lui. La paura però rimane. Ha paura
che il suo rumore non sia abbastanza intenso da tenere il passo con lo
schiocco secco di un proiettile che schizza via da una rivoltella
– da due – nella prateria. Wylan ha paura che
Jesper neanche la senta, la sua canzone – Wylan è
troppo sottile. Troppo spento. Troppo sostituibile.
*
Jesper gli bacia il collo. Le sue labbra sono colibrì sulla
pelle di Wylan – e non è giusto, che sia
così maledettamente bravo.
“Wylan,” soffia Jesper contro il suo orecchio. Le
mani di Wylan sono aggrappate alla sua schiena.
“Wylan,” ripete Jesper, il desiderio che gli fra
crepitare la voce.
Wylan chiude gli occhi. Gli conficca le unghie nelle scapole, inarca la
spina dorsale.
Jesper, pensa.
Jesper, Jesper, Jes.
Il suono del suo nome è un’altra melodia che Wylan
custodisce a costo della vita nelle viscere dei propri polmoni.
È qualcosa di luminoso, di potente, di indicibilmente
prezioso. È un privilegio. Wylan è privilegiato,
privilegiato perché è ancora vivo,
perché l’amore della sua vita è ancora
vivo – perciò, perché si sente
così fuori posto?
Wylan sente il suo cuore palpitare. Sente i battiti contro le tempie,
contro i polpastrelli, mentre le mani di Jesper cercano le sue, le
trovano, stringono forte.
“Jes,” mormora Wylan.
Jesper gli morde la spalla.
“Jes,” ripete Wylan, a voce più alta.
Jesper si ferma, confuso. Wylan libera le mani dalla sua stretta e
gliele poggia sul petto. Sente il cuore di Jesper pulsare forte contro
i suoi palmi.
“Tu non hai paura, qualche volta?”
Jesper sgrana gli occhi, sorpreso dalla domanda inaspettata.
“Paura?” ripete, inclinando la testa. “E
di cosa?”
Wylan fa spallucce: di
tutto, vorrebbe dirgli. Io sono terrorizzato. Ho paura
di questa città, ho paura di morire in questa
città, ho paura che tu muoia in questa città. Ho
paura di non essere abbastanza, di non valere nulla, e soprattutto ho
paura che tu te ne accorga. Ho paura che un giorno mi
sveglierò e non ci sarai più. E che non ci
saranno più neanche Inej, Nina, o Kaz. Ho paura che tutto
quello a cui tengo, tutto il mio mondo, mi crollerà addosso.
Ho paura che non mi ami. Ho paura di rimanere di nuovo solo.
“Tipo– non lo so, delle farfalle.”
Jesper lo fissa. Wylan sente le guance avvampare.
“Farfalle,” dice Jesper. Wylan annuisce agitato.
“Lo sai, ci sono alcune falene che si nutrono di lacrime.
Infilano la proboscide negli occhi degli animali che dormono e
succhiano i liquidi. Delle volte capita che lo facciano anche agli
esseri umani. E poi c’è una farfalla in
particolare, il genere calyptra, che succhia il sangue. È in
grado di perforare la pelle un po’ come una zanzara, soltanto
che è più– beh, molto più
grossa. Non lo so, a me sembra piuttosto spaventoso. Immaginati una
farfalla che ti succhia un occhio.”
Jesper continua a fissarlo attonito. Wylan crede che la faccia gli stia
per esplodere. Si sente un idiota. È un idiota.
Poi Jesper reclina la testa all’indietro e scoppia a ridere.
Wylan sobbalza, colto alla sprovvista, Jesper poi si lancia in avanti e
lo intrappola in un abbraccio. Anche Wylan ride, provando a
divincolarsi mentre Jesper gli fa il solletico, ma Jesper è
più forte di lui e non lascia la presa. Wylan si ritrova
senza fiato, a ridere con le lacrime e la guancia schiacciata contro il
collo di Jesper, il suo odore ovunque.
Jesper gli piazza un bacio in testa. Poi gli morde forte una guancia.
“Jes– Jes, mi fai male!”
“Non m’importa,” dice Jesper, continuando
a mordergli la faccia. Wylan sorride fino a farsi male – non
sa dove metterla, tutta quella felicità.
“Wy,” gli dice Jesper. Il suo tono di voce
è diverso. Più basso, più serio.
“Tu hai paura di qualcosa?”
Sì, vorrebbe rispondere Wylan. Di così tante
cose.
“No,” dice. “Scusa. Era una domanda
stupida.”
Poi lo bacia. Jesper prova a parlare, ma Wylan lo bacia di nuovo. Gli
stringe forte i polsi, sente il suo cuore pulsare contro i
polpastrelli.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum.
Il cuore di Jesper è triste.
Wylan sa che la colpa è solo sua.
*
Cosa ci faccio qui?
Wylan sbatte le palpebre. È confuso, ferito.
“Cosa?”
Jesper lo fissa, poi sospira. “Una ragazza. Mi ha
baciato.”
Cosa ci faccio qui?
“Wylan,” dice Jesper, con tono fermo.
“Guardami. Io non ho fatto niente, è stata lei
a–
“Tu fai sempre qualcosa, Jesper. Non riesci mai a stare
fermo.”
Le parole gli sfuggono via dalla bocca in un sibilo, con il preciso
intento di ferire. Jesper lo fissa con gli occhi sgranati, la
spiegazione che stava per dargli rimasta strozzata in gola.
È stato un colpo basso, Wylan lo sa. Wylan si odia, in quel
momento. Deve chiedere scusa.
Non lo fa.
“Wylan,” riprova Jesper, con una pazienza che non
gli si addice, una pazienza che lo fa infuriare. “Io non ho
fatto niente. Non l’avevo neanche vista, ho girato la faccia
e me la sono trovata davanti. E mi ha baciato. Chiedi a Kaz. Chiedi a
chi ti pare. Mi dispiace che–
Wylan gli poggia una mano sul petto. Jesper si zittisce, accigliandosi.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum.
“Stai mentendo,” dice Wylan. C’era
qualcosa che si stava pericolosamente ammassando nella sua gola. Le
guance erano bollenti, gli occhi brucianti. Si impose di ricacciare
indietro le lacrime. “Non ti dispiace davvero. Lo so. Lo
sento.”
“Che vuol dire che lo senti?”
Wylan non ce la fa più. Tutte le sue paure gli scoppiano
dentro e sgorgano dappertutto. La stanza si riempie di mostri e pezzi
di vetro.
“Lo sento. Conosco il tuo cuore. Sono bravo con i suoni, sono
bravo a ricordare le cose, e so esattamente come batte il tuo cuore
quando sei felice, o triste. Non sei davvero dispiaciuto per quello che
è successo. Sei solo arrabbiato per come la sto prendendo.
Pensi che io stia esagerando.”
“Ma guardati,” dice Jesper, e adesso
c’è un veleno palpabile nella sua voce.
“Da quando sei diventato uno spaccacuori?”
“Non ho bisogno di essere uno spaccacuori per capire la
persona che amo, Jes.”
La portata di quello che ha detto riecheggia fra loro come uno sparo.
Jesper è pietrificato. Wylan si sente un idiota.
“Mi dispiace,” dice, la voce rotta. Comincia a
piangere. “Mi dispiace. Lo so che sto esagerando. Lo so che
non è stata colpa tua. È solo che ti giuro, ho
così tanta paura. Ho paura che che ti stancherai, che non
avrai più bisogno di me. Ho paura che prima o poi nessuno di voi
avrà più bisogno di me e io non sarò
più– non sarò più uno di
voi, uno dei corvi. E lo so che tutto questo è stupido, ma
ultimamente ci penso così spesso che mi sembra stia
diventando reale, e allora mi chiedo se non sia semplicemente meglio
andare via lontano invece che aspettare di essere lasciato di nuovo da
solo.”
Wylan adesso singhiozza violentemente. Sente le lacrime e il sapore
salato del muco sulle labbra. Si pulisce come può con le
maniche, le spalle tremano, vorrebbe che il suolo lo inghiottisse.
Perchè all’improvviso è diventato tutto
così fragile? Jesper non ha fatto nulla, Wylan lo sa,
perciò perché scaricargli addosso paure di cui
lui non ha colpe?
Cosa ci faccio, qui?
“Wylan. Non puoi andare via.”
Jesper si avvicina. Wylan vede solo una sagoma sfocata fra le ciglia.
Jesper gli prende la mano, se la poggia sul petto. Wylan trattiene il
fiato.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum
Jesper è terrorizzato.
*
“Mi dispiace,” dice Wylan. “Mi
dispiace.”
Jesper scuote la testa. Sorride e Wylan vede le stelle fra le sue
labbra.
“Non è colpa tua. Io avrei dato completamente di
matto se qualcuno ti avesse baciato.”
Wylan sbuffa. “Chi dovrebbe baciarmi?”
“Hai ragione. Chi vorrebbe mai baciare la tua stupida
faccia?”
“Hai detto che ti piaceva la mia stupida faccia.”
“Vero,” risponde Jesper.
“Perché è una meraviglia.”
Wylan sorride. Sente il tepore sfrigolargli sotto la pelle, dentro le
ossa, fra le dita. Si stringe più forte al corpo di Jesper,
respira forte.
“Conosci davvero a memoria il battito del mio
cuore?”
Wylan avvampa, ma annuisce. “Lo sai che mi piace la
musica.”
Jesper per istante non dice nulla. Poi gli stringe la mano.
“Fammi vedere.”
Wylan si volta a guardarlo. Gli occhi di Jesper brillano al buio.
Gli poggia l’indice sotto la gola, e comincia a picchiettarlo
sulla pelle.
“Così è quando dormi,” dice.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum.
“Così è quando stai facendo un
incubo.”
Tu-tum, tu-tum, tu-tum.
“Così è quando sei felice.
Così è quando sei frustrato. Così
è quando sei arrabbiato. Così è quando
fuori piove. Così è quando indossi la tua giacca
preferita.”
Tu-tum, tu-tum, tu-tum.
“E com’è quando sto con te?”
Wesper esita. Poi glielo mostra.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum.
Jesper inspira. Gli sfrega il naso contro la guancia. Wylan sorride,
Jesper gli piazza un bacio sotto l’orecchio, poi scivola
più in basso finché non gli poggia
l’orecchio sul petto.
“Che stai facendo?”
“Anche io voglio imparare il tuo,” risponde Jesper.
Poi comincia a picchiettargli sul dorso della mano il ritmo del suo
stesso cuore.
Wylan lo conosce a memoria. È lo stesso a cui si
è aggrappato per tutto il tempo in cui è stato da
solo.
“Wy,” lo chiama Jesper, continuando a tamburellare
con l’indice. “Non vado da nessuna parte. Nessuno
di noi lo farà. Ma devi parlarmi di queste cose,
perché sono importanti. E lo so che sembra impossibile
perché dico un sacco di stronzate, ma sono in grado di
ascoltarti. Voglio sapere se c’è qualcosa che ti
rende triste o che ti fa arrabbiare o che ti fa paura, soprattutto
quando sono troppo stupido per accorgermi da solo che stai male, okay?
Voglio risolvere i problemi, non lasciare che crescano. Puoi contare su
di me. Posso farti stare meglio.”
“Non sei stupido,” dice Wylan. “E riesci
sempre a farmi stare meglio.”
“E allora parlami. Non ingoiarti tutte queste cose brutte.
Fammele vedere, così posso crivellarle di proiettili. E se i
miei proiettili non dovessero bastare, allora ti aiuterò a
costruire una super mega bomba per far saltare tutto in aria.”
Wylan annuisce, la gola sempre più tesa, bollente. Il ritmo
dell’indice di Jesper aumenta.
“Wy,” lo chiama di nuovo Jesper. “Ti amo
tantissimo.”
Wylan non ha bisogno di ascoltare il suo cuore per capire che
è vero.
Note:
Storia scritta ascoltando a ripetizione Safe & Sound di Taylor
Swift perché ODDIO, COSA NON MI FA QUELLA CANZONE. La parte
delle farfalle è un riferimento alla serie televisiva!
♥ Grazie per aver letto, è una cosa piccola
piccola di pochissime pretese (sfora nel cringe?? probabilmente!!! ma
se lo meritano dopo due libri in cui hanno rischiato di morire
dannazione baciatevi fatevi le coccole e godetevi il vostro amore
luminosissimo). Amo la Wesper, amo la Wesper, AMO LA
WESPEEEEEEERRRRRRRR!!!!!!!!!
Grazie mille per essere arrivati qui! See ya! ♥
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