CAPITOLO 23
“4 storie”
Una platea gremita in ogni suo posto di fronte ad un palco con il
sipario chiuso. Tra il pubblico, vi erano presenti Chang Yu e Sara
Silvestri.
“Davvero strano…” osservò il cinese, mentre scrutava il suo
antico orologio da polso “Incredibilmente Johnny è in ritardo”.
“Avrà trovato traffico…” tentò di non sghignazzare
l’italiana.
Annunciato da un’improvvisa folata di vento, il posto alla destra
di Chang era ora occupato dall’americano.
“Che mi sono perso?”.
“Niente” lo informò il suo vicino “il cigno è ancora vivo”.
Nel frattempo, il telo rosso si aprì scorrendo lateralmente. Sulla
superficie elevata, comparve Frédérique Arone, vestita nel modo più
opportuno per interpretare l’opera “Il lago dei cigni”, di
Ciajkovskij.
“La protagonista della storia è la principessa Odette che, per
un’orribile maledizione, di giorno è costretta a vivere sotto le
sembianze di un cigno bianco…” la bionda sottovoce introduceva
all’opera l’asiatico, decisamente interessato all’argomento.
Ad ogni passo, il suo sguardo si fece letteralmente più cupo.
Sembrava che il rimmel le spuntasse direttamente da sotto le
palpebre, coprendole fino alle sopracciglia.
Quando anche il suo tutù, corredato di molteplici piume, iniziò a
tingersi di nero, gli spettatori iniziarono ad allarmarsi.
“Ma che sta succedendo?” esclamò spaventato Wayne.
Qualche giorno prima, il dolce viso della ballerina faceva trapelare
una profonda preoccupazione. Notando tutto ciò, Johnny le si
avvicinò.
“C’è qualcosa che ti preoccupa, Frédérique?”.
Lei si ridestò dai suoi pensieri e, fissando il suo interlocutore,
gli confessò “Ecco… vedi… mi è stata raccontata questa
storia… l’ultima prima ballerina ad aver interpretato “Il lago
dei cigni” è morta in un incidente stradale”.
“Ma dai!” tentò di sollevarle il morale lui “Di storie simili
penso sia pieno qualsiasi teatro! C’è sempre qualcuno che muore in
tragiche conseguenze, oppure il teatro va a fuoco, oppure compaiono
fantasmi a caso…”.
“Lo so. Ma a me queste storie danno comunque fastidio”.
“Cerca solo di non pensarci! Concentrati piuttosto sull’esibizione!
Ti hanno scelto proprio per il tuo alto livello, e per questo
immagino che pretendono molto da te”.
“A quello sono abituata, con tutti gli anni di danza classica e
moderna che ho alle spalle”.
“E poi stai tranquilla, Frédérique” intervenne Sara, dietro di
loro “allo spettacolo ci saremo sicuramente noi due a vigilare,
fantasmi e non!”.
Sul palco, il Soggetto N. 3 parlava a sé stessa.
“In me c’è più Odile che Odette… il mio colore è il nero!”.
Ai lati del palcoscenico, anche il resto del corpo di ballo si
affacciava preoccupato. Ognuno totalmente spiazzato dalla piega
soprannaturale che avevano preso gli eventi.
Proprio vedendo uno di questi ballerini, il Soggetto N. 9 scattò
come suo solito. Giunto sul palco prese, da una delle cinture dei
costumi indossati, un pugnale medievale.
Dribblando anche il ballerino che stava facendo coppia con la sua
amica, le piombò addosso trafiggendola all’altezza del cuore.
Tutti i presenti, compresi Chang Yu e Sara Silvestri, rimasero
shockati da quella scena.
Saliti anche gli altri due membri degli Humana, notarono il nero
scomparire dal corpo della francese e, nel contempo, la totale
assenza di sangue.
“Come speravo” esordì il Soggetto N. 6 “il coltello è
truccato. La lama è retrattile”.
“È quello che speravo anch’io” annuì il velocista “pensando
alla storia di questo balletto, ho ipotizzato che l’unica
possibilità era di uccidere la protagonista, anche solo per finta”
.
“Scusatemi, non so davvero cosa mi sia successo…” la danzatrice
aveva l’affanno mentre parlava.
“Credo sia stato un caso di possessione o simile…” spiegò Sara
“So che una cosa simile è capitata in passato ad una ballerina
americana di nome Nina Sayers”.
“Sentivo come se avessi la mia anima divisa a metà” rivelò la
posseduta “Da una parte, ero felice di essere tornata a danzare su
di un palco, dall’altra ero triste perché sapevo che, se non
combatto con i miei compagni, l’umanità sarà sempre più in
pericolo. Forse era questo che voleva comunicarmi lo spirito”.
La bella villa in stile Liberty degli Humana se ne stava quieta al
centro del suo florido giardino. A qualche metro di distanza
dall’abitazione, a coprirne parzialmente la vista verso
l’orizzonte, un’enorme roccia che pareva vibrare lentamente.
Avvicinandosi di più si scopriva poi l’arcano: a riposare
tranquillo sopra l’erba fresca, con appunto l’alzarsi e
l’abbassarsi ritmico del ventre, vi era un drago dalla pelle
squamosa e marrone.
All’interno dell’edificio, un gruppo di persona stava discutendo
con tranquillità.
“… Dunque, ricapitolando, vorreste organizzare questa trasferta
in Scozia… ” riassunse Johnny Wayne.
“Esattamente!” confermò Benjamin Luhan.
“Per catturare Nessie…” completò Frédérique Arone.
“Sì. Per lo meno, questo è l’intento” aggiunse Laura MacBean.
“Sapete che la sua esistenza è tutto meno che certa?” li informò
Sara Silvestri.
“Certo, Sara!” replicò Vampire Boy “Ma tranquilla che non ci
appoggiamo mai alla sola scienza per queste cose! È lo stesso Voltar
che, in un certo senso, ce lo suggerisce”.
“E come mai venite a chiedere proprio il nostro aiuto?” domandò
il Soggetto N. 9.
“Perché voi avete proprio le abilità speciali che servono per
questa missione, soprattutto anche dopo il successo con Lusca!” si
esaltò ancora di più il vampiro.
“A proposito di abilità speciali” si inserì Andrea Alberti “ho
saputo da fonti certe che tu, Witch Girl, ora ti sei specializzata in
incantesimi particolari…”.
“Esatto!” annuì la strega “Ora praticamente riesco ad evocare
delle specie di minion animali piuttosto variegati”.
“Tipo?” s’incuriosì il Soggetto N. 3.
La ragazza protese le mani davanti a sé ed enunciò “Liberate il
gatto domestico robot supersonico che si nutre di paura!”.
Al centro della sala dove si erano raccolti tutti i presenti,
comparve dal nulla un felino metallico che, appena accortosi di
essere circondato da tutta quella gente, emise un miagolio stridulo
ed azionò dei piccoli razzi sul suo posteriore per poi fuggire via,
meglio anche del velocista degli Humana.
Nel far ciò, per poco non investiva in pieno un piccolo kappa che,
giusto in tempo, saltò in aria facendo passare quella nuvola di
polvere sotto i suoi piedi palmati.
“Allora…” lievemente imbarazzato, Benji tentò di riprendere i
fili del discorso “Possiamo considerare siglato l’accordo?”.
Chiedendo ciò, avanzò una mano verso il pilota di Formula 1.
“Ok. Anche perché sennò ci invaderete la villa con tutti gli
altri vostri personaggi strambi!” il biondo strinse con vigore la
mano offertagli.
Una specie di cosplayer di Jupiter, da “Le colline hanno gli
occhi”, esultò rumorosamente.
Loch Ness, Scozia
Data l’importanza del viaggio, gli Humana coinvolti sfoderarono
niente meno che il loro aereo personale per la trasvolata. Stampata
su di esso, la classica H maiuscola gialla.
A fare da scorta, in volo al suo fianco vi erano l’enorme uccello
leggendario Ziz e l’elementale dell’aria Tornado.
Inoltre, all’interno del velivolo era presente anche l’altro
potente mezzo a loro disposizione: il fedelissimo sommergibile.
Una volta atterrati, quest’ultimo fu immerso in acqua, sotto
l’attenta supervisione di Ghost, eroe omosessuale del gruppo di
fratelli degli Heroes.
La Cenocroca, una stramba creatura dalla voce umana, si avvicinò a
Vampire Boy.
“Ce ne sono solo tre?”.
Lui le rispose “Sì, però tieni conto che gli altri dovevano
comunque rimanere nel loro quartier generale e, tra questi tre, c’è
il Soggetto N. 6 che hai poteri giusti che servono a noi”.
“E quell’altro? Oh oh oh!” gli si fece vicino Silent Deadly
Boy, un ragazzo con indosso il classico costume da Babbo Natale.
“Quello è il Soggetto N. 5!” gli rispose il vampiro, vedendo chi
veniva indicato dalla campanella dorata “Ha una forza che può
facilmente combattere a mani nude contro Nessie. Sempre se ce ne sarà
bisogno”.
Detto questo, lasciò indietro i tre membri del Monster Commando e,
tramutandosi brevemente in pipistrello per fare prima, raggiunse i
tre degli Humana.
“Bene, gente. Direi che ora possiamo andare a riposare, così
saremo belli freschi per l’impresa di domani! Qui vicino abbiamo
allestito una tenda ma, per questioni logistiche e come ben capirete,
noi del Monster Commando rientreremo all'Amityville Headquarter”.
Il trio di mutanti osservava lo specchio d’acqua innanzi a loro.
“Mi sembra così tranquillo questo lago… chissà se Nessie esiste
veramente” ipotizzò Juna.
“C’è chi dice sia una specie di plesiosauro” esclamò Johnny.
“Di certo è un figlio della natura come tutti noi” sentenziò
Geran.
Un Nekomata e un Chupacabra ascoltavano in silenzio le loro
osservazioni.
Notte fonda. La faccia luminosa della luna si specchiava sulle acque
increspate del lago.
Il sonno di Wayne venne disturbato da una sensazione preoccupante.
Poi un lieve suono di passi.
Con la sua consueta rapidità, uscì dalla tenda. Di fronte a sé
svariati sconosciuti armati non certo delle migliori intenzioni ma, a
suo favore, vi erano già tre dei suoi alleati all’opera per
neutralizzarli: il Salaawa dell’Africa settentrionale, L’Each
Uisge proveniente direttamente dal lago e il tarantino Avurie.
Dopo averne atterrati una decina, il Soggetto N. 9 riconobbe,
nonostante il poco colore che veniva riflesso, il bianco totale delle
uniformi di quegli incappucciati.
Nonostante il numero maggiore di questi sabotatori, presto si diedero
alla ritirata scomparendo come se non fossero mai esistiti.
“Ne ho arrestato uno!”.
Johnny in un lampo fu vicino a Maniac Cop Boy, mentre anche il toro
gigantesco Kuyutha lo sorvegliava attentamente.
Il mutante si avvicinò al prigioniero “Dì la verità, senza di
noi proprio non sapete stare, eh?”.
“Sei solo un coglione! Nessie deve rimanere libero e non agli
ordini di quei bastardi del Monster Commando!”.
“Certo, così poi magari sarete voi dello Spettro Bianco a
servirvene…”.
“Noi dello Spettro Bianco inseguiamo scopi ben più divini!”
“Come no… ad esempio, eliminando tutto il resto della razza
umana”.
“Tu sei solo un misero mutante, non potrai mai capire le nostre
motivazioni!”.
“Lurido figlio di puttana! Siete stati proprio voi a farmi
diventare così!”.
Prima che quella discussione degenerasse, i due contendenti furono
divisi da tutti i presenti e la pace parve tornare in quell’angolo
della Scozia.
Il mattino seguente, il sottomarino degli Humana si stava immergendo
nelle acque dolci. Questa volta, a fare da scorta vi erano Naga,
creatura comunque assimilabile all’acqua, e Angelo, che in ogni
caso non aveva bisogno di respirare ossigeno.
Sopra la torre in roccia che svettava sul lago, a fare da vedetta vi
erano una specie di cosplay del film “Hostel” e Qilin, così
immobile da sembrare una statua.
Un nave piena di turisti fu fermata dalla Chimera.
Una settimana passò, ma di risultati positivi nemmeno l’ombra.
“Strano. Che il Voltar si stia sbagliando?” rifletteva sconsolato
Vampire Boy, mentre accarezzava sulla testa squamosa Ammit.
“Magari Nessie ha solo… paura” questionò l’esperto in
materia Boogeyboy.
“Può darsi. Ma non tanto di noi, sebbene ci possa stare essendo
noi tutti dei mostri o simili. Credo invece che lei capisca la grave
minaccia rappresentata dallo Spettro Bianco”.
Il vampiro camminava in su e in giù per la sala dell’Amityville
Headquarter, evitando anche Leatherface Boy, accompagnato dalla sua
motosega ingombrante, il quale andava ad usufruire dei servizi
igenici della loro villa.
Inconsciamente, per tutti quello doveva essere l’ultimo giorno. Il
Voltar, che Benjamin aveva al collo, stava brillando più che mai.
L’equipaggio degli Humana aveva appena chiuso il boccaporto, mentre
ad accompagnarli questa volta c’erano il Leviatano e Dagon.
Mentre il sommergibile si inabissava, Vampire Boy rimaneva con lo
sguardo fisso su tale obiettivo. Dietro di lui, vi erano Witch Girl e
la sua “collega” slava Baba Jaga.
“Deve essere oggi. Ne sono convinto!”.
Improvvisamente, l’acqua iniziò ad agitarsi e a produrre una
notevole quantità di schiuma bianca. Di colpo, da essa emerse una
piccola testa bluastra attaccata ad un lungo collo. l’acqua pioveva
giù come sotto una cascata.
l’eroe tascabile africano Abatwa gridò a gran voce “È lui!
Esiste davvero!”.
In quel momento scattò l’attacco da parte dello Spettro Bianco.
Orde di uomini chiari accerchiarono i membri del Monster Commando.
“Ci attaccano! E tutti questi uomini sono troppi anche per me!”
aggiunse Succubo preoccupata.
Dalle profondità emerse anche il Soggetto N. 8. Incurante del
pericolo, si avvicinò alla creatura acquatica.
“Nessie! Se riesci a capirmi, devi immergerti! Qui su ora non sei
al sicuro!”.
Intanto, anche il sottomarino era tornato in superficie e ne erano
già scesi gli altri due mutanti, unendosi subito alla battaglia.
A riva, Laura s’impegnava disperatamente a tenere aperto il portale
d’ingresso per l’Amityville Headquarter.
La lotta fu decisamente cruenta. Nessuno dei due schieramenti
risparmiò colpi su colpi. Tra i vari mostri presenti, chi si
distinse particolarmente per l’impegno profuso furono la Sfinge e
Spring Heeled Jack.
Al termine della contesa, fu il cosiddetto bene a trionfare. Di
conseguenza, gli Humana poterono ripartire dalla Scozia per tornare
ad abbracciare i propri compagni rimasti a casa.
Sulle rive di Loch Ness, Benjamin Luhan ormai vedeva a malapena il
jet perso tra le nuvole.
“Devo ammettere che su di loro si può sempre contare!” poi
abbassò lo sguardo per fissare Nessie che lo fissava a sua volta,
incuriosita.
“E così abbiamo una nuova sorellina in famiglia…”.
Accanto a lui, Johnny lo scheletro appoggiò l’osso del suo gomito
sulla spalla del vampiro “Speriamo almeno che il nostro laghetto
sia abbastanza profondo per la signorina…”.
La sala più maestosa di Asgard. Non poteva esserci stanza migliore
per un ritrovo di così tanta solennità.
Il padrone di casa, Odino, aveva di fronte a sé tutti i padri
celesti equipollenti a lui. Ognuno a rappresentare una mitologia che
era ben lungi dall’essere morta. Dall’altra parte del largo
tavolo tondo a cui erano accomodati, aveva niente meno che Zeus,
padrone dell’Olimpo lì in rappresentanza anche della sua
controparte romana Giove. Poi, a procedere in senso orario vi erano:
Itzamna, il dio maya, Osiride, della religione egizia, Nuada, il dio
celtico, Manitù, lo spirito degli indiani d’America, Svarog, della
Russia, ed infine Tezcatlipoca, la divinità azteca.
“… Per questo vi dico, miei fratelli, che solo noi, unendo le
nostre forze illimitate, potremo sconfiggere quel vile di Almattki
Ass. perché, sebbene sia soltanto un’infima divinità sconosciuta,
quei quattro miseri mortali di nome Humana non saranno di certo
sufficienti a sconfiggerlo!” concluse il dio norreno con un occhio
solo.
“Purtroppo vi informo, fratelli miei, che quel vile di Almattki Ass
è riuscito a portare dalla sua parte il mio fratello Xocotl”
annunciò tristemente Tezcatlipoca.
“Non disperatevi, fratelli, i miei uomini hanno ripreso possesso
dei mortali che già in passato ci ospitarono e che gli Humana
conosco bene, per affrontarlo degnamente” li informò felice
Osiride.
“In più, tra di loro vi è il mio guerriero più fedele: Geran
Giunan” aggiunse Manitù.
“Infine, so che gli atlantidei dell’imperatrice Nea, miei lontani
parenti, manderanno in loro soccorso i loro cosiddetti Kaiju”
concluse Zeus.
“Da!” approvò deciso Svarog.
America Centrale
Un gigantesco essere, dal corpo di uomo e dalla testa di drago verde
e squamosa, sputava fiamme così alte che parevano poter bruciare
anche le nuvole in cielo.
Evitando una fiammata e l’altra, il Soggetto N. 2 riuscì infine ad
atterrare.
“Ho rischiato di finire troppe volte flambé per oggi!” si
lamentò con il fiatone l’inglese.
“Non saprei nemmeno che arma poter usare contro di esso!” il
Soggetto N. 4 era furioso “Tu che ne pensi, Berny?”.
“Io? Che era meglio restare a casa a farsi un sonnellino!” il
Soggetto N. 7 tremava visibilmente dal terrore.
“Qui non possiamo bastare noi. L’unica è contattare i Global
Defenders per…” ma il Soggetto N. 9 fu interrotto dalla comparsa
di un nuovo gigante.
L’egiziano Atum riuscì a bloccare entrambe le mani del mostro con
le sue.
Sopra le loro alte teste, comparve un uomo volante, abituato dalla
sua eterna sfida con Apopi a lottare contro creature gigantesche. A
sovrastare la sua testa di falco, era presente un gigantesco cerchio
arancione. Proprio da esso partì un raggio che colpì in piena
fronte l’azteco.
Essendo però Xocotl dio del fuoco e delle stelle, bastò un suo
sguardo per annullare il potere di Ra, che se ne batté in ritirata.
“Perdonateci per il ritardo…”.
Quell’improvvisa voce femminile fece sobbalzare il quartetto di
mutanti.
Iside, con il classico copricapo a forma di trono, proseguì “Il
pantheon di tutte le divinità riunite è dalla vostra parte,
coraggiosi Humana, sperando che tutte le nostre forze basteranno”.
“Vuol dire che nemmeno voi siete certi di come sconfiggere quel
coso?” domandò alterato l’americano.
Ma il suo capo si voltò di scatto, quando a rispondergli fu invece
Thot.
“Noi siamo qui soltanto come testimoni” l’uomo dalla testa di
ibis sacro stava annotando tutto su un papiro appoggiato sopra una
pietra piatta.
Nel mentre, Atum era stato buttato a terra ma, ancora più
problematico per Xocotl, era l’avversario successivo: Seth.
Nonostante le piccole dimensioni, il dio malvagio egizio colpiva come
una furia il suo obiettivo con tutte le armi che aveva a
disposizione.
Preannunciato dal rombo di un tuono, un altro uomo dalla testa di
falco si unì a dare man forte all’africano. Per la prima volta
nella loro vita immortale, Seth e Horus erano alleati e colpivano
come un sol uomo il loro rivale.
La divinità azteca era ora in ginocchio. Quello fu il momento giusto
per sfoderare l’Occhio di Horus. l’amuleto distruttore di
malvagità fu lanciato dal suo dio contro Xocotl. Incredibilmente
quest’ultimo lo respinse e l’arma, tenendo fede alle sue
caratteristiche, colpendo l’egizio dai capelli rossi, lo rese
impotente.
Horus stesso venne colpito, chissà quanto involontariamente, da un
raggio di Seth e, nascondendosi tra la boscaglia, venne soccorso
immediatamente da sua moglie Hathor.
“Nemmeno i nostri duellanti ce l’hanno fatta!” esclamò
sorpreso Amon, dalla pelle di colorazione bluastra ed un’evidente
erezione.
“Perché quel puffo ha la pannocchia dritta?” chiese a bassa voce
il messicano.
“Invece di giudicare mio marito, perché non combatti anche tu,
anzi che fare il vile!” lo aggredì verbalmente Mut.
“Pure tu ti ci metti?!” sbottò il mutaforma “Io non saprei
nemmeno in cosa trasformarmi per essere utile contro quella bestia!”.
L’altro mutaforma fissava serio il dio azteco.
“Io ci provo”.
Tutti si voltarono verso di lui, mentre il suo braccio destro
cambiava forma. Si allungò fino a sembrare un potente bazooka.
“Tenterò con la mia Ammazzadei” sussurrò Andrea, mentre
posizionava l’occhio destro davanti al mirino.
Maat gli si avvicinò all’orecchio.
“Concentra tutta la tua fede in questo colpo”.
Il Soggetto N. 4 seguì il consiglio e attese che l’arma fosse a
carica massima. La bordata partì, finendo in pieno petto di Xocotl.
Il dio traballò pericolosamente, camminando all’indietro. Aveva
già sollevato una gamba dal suolo e la schiena si stava inarcando
sempre più. Ma poi il suo enorme piede tornò a toccare il terreno.
Il suo sguardo furioso, come sentendo un richiamo silenzioso, si andò
a posare proprio sul gruppo di mutanti e dei.
Bastet, da brava dea-gatta, rizzò tutto il pelo della sua testa e
soffiò come un’indemoniata.
“Se solo ci fosse qui la mia controparte malvagia Sekhmet… ”
erano i suoi pensieri.
“Oddio, eccolo che arriva!” urlò terrorizzato il Soggetto N. 7.
Difatti, il gigante stava partendo alla carica contro quei moscerini.
Ma un nuovo dio si intromise, facendolo allontanare con un’onda
d’urto.
Anubi e la sua potente lancia schiaffeggiarono letteralmente il
mostro, con il collo che ruotava ritmicamente a destra e a sinistra.
Con altrettanta abilità, scansò anche le fiammate provenienti dalle
fauci del drago.
Purtroppo anche le divinità si distraggono e, forse concentrato
esclusivamente sul colpire l’avversario, il dio-sciacallo non notò
la mano di Xocotl che lo serrò stretto di colpo.
“L’ha preso!” gridò isterico il Soggetto N. 2.
Direttamente dalla natura selvaggia della savana, un nuovo
combattente fece il suo esordio. Ogun, l’Orisha del fuoco, si
avventò tagliando di netto con la sua lancia l’occhio sinistro
della creatura. Quest’ultimo, trovatosi spiazzato dall’organo
appena perduto, gli soffiò contro una potente fiammata. Il dio
africano la assorbì come fosse aria fresca.
“E questo qui chi è?” fu sorpreso il baffuto.
Ogun, non contento, ripartì all’attacco e tagliuzzò un po’
tutto il gigantesco corpo di Xocotl. Nel fare ciò, però, si accorse
all’ultimo della coda di alligatore che lo stava per scacciare come
fosse una zanzara fastidiosa.
Bastò quell’attimo per consentire al dio azteco di afferrare, con
la mano libera, la divinità appena comparsa.
“Eppure ci deve essere qualcosa che possiamo fare contro quel
bastardo?!” Johnny stringeva i denti e i pugni dalla rabbia.
Mentre Xocotl si avvicinava ad un lago vulcanico lì nei pressi, come
aveva preannunciato il divino Zeus, i Kaiju entrarono in azione.
La tattica di combattimento era decisamente
cambiata: dalle profondità del lago, i tentacoli di Edzisera, la
piovra gigante, serrarono saldamente le gambe; Prant,
la tigre coi denti a sciabola, con un balzo poderoso, gli conficcò
le unghie acuminate nel petto; Sany, lo
pterodattilo, gli atterrò sulle spalle, i suoi artigli perforarono i
deltoidi di Xocotl.
“Ma quelli sono i mostri di Atlantide!”
esultò Borghi
“Forse con loro riusciamo a batterlo!”
tentò di tranquillizzarsi Lincon.
“Eppure quello stronzo resiste!” si alterò
Alberti.
Nonostante quello scontro colossale,
l’attenzione di Wayne fu cattura da un bagliore che si faceva
sempre più vicino “Cos’è quella luce nel cielo?”.
Un oggetto volante e luminoso, dalla forma
piramidale, fermò la propria traiettoria sopra i quattro
giganti.
“La sua forma mi dà fiducia…” enunciò la dea alata Iside,
mentre osservava il tutto insieme agli altri.
Improvvisamente, un raggio verde fu sparato verso gli inermi
spettatori.
Questo raggio traente trasportò, con la sua medesima supervelocità,
il velocista degli Humana sull’apice della piramide fluttuante.
“E ora? Come ci sono finito qua su?” si domandò il pilota di
Formula 1, evitando di sporsi troppo e cadere giù a capofitto nella
giungla.
“Perdonami, Johnny. Mi chiamo Nyal e ti ho portato quassù perché
ho bisogno del tuo aiuto” rispose una voce androgina.
“Chi? Aiuto per cosa?” continuava a guardarsi intorno, con la
speranza di identificare la provenienza di tale voce.
“Guida il mio raggio nella bocca del mostro”.
Avendo compreso tutto con quelle semplici parole, il Soggetto N. 9 si
mise in posizione di partenza. Dalla punta del triangolo
tridimensionale saettò una linea retta blu. La sua larghezza era
precisa per metterci un piede dopo l’altro. E così fece il
mutante.
Come un cane al guinzaglio, la luce seguiva le suole degli stivali
gialli. Fu grazie alla loro prontezza che evitarono abilmente le
fiammate lanciate da Xocotl, accortosi
del pericolo nonostante l’occhio sanguinante.
Approfittando delle fauci spalancate per emettere altro fuoco, Johnny
eseguì alla perfezione quanto ordinatogli dall’entità invisibile.
L’onda d’urto che ne derivò scaraventò a metri di distanza i
vari Kaiju, compreso Atum ancora a terra esanime. Fortunatamente,
Wayne fu protetto dallo stesso Nyal.
Del dio ribelle non vi era più traccia, mentre tutti gli altri
contendenti, mutanti, divinità o creature gigantesche, erano rimasti
incredibilmente incolumi.
Come conseguenza di tutto questo dispiegamento di poteri divini, fece
la sua comparsa una nuova dea tra i mortali: Neith, la dea arciera
della caccia e della guerra.
ZOO
Tre lettere enormi, metalliche, su un arco in ferro che sovrastava
l’ingresso principale.
“Ne sei proprio convinto, Igor?” chiese, per l’ennesima volta,
Frédérique Arone.
“Certo Frédérique, fidati di me!” la tranquillizzò Igor Wansa.
“Che tipologia hai detto che è questo zoo, scusa?” domandò
Johnny Wayne.
“Praticamente, nella varie gabbie, non sono racchiusi i classici
animali da zoo, ma piuttosto delle loro versioni piuttosto strambe”
spiegò il bambino.
“Strambe quanto me?” disse Bernardo Borghi, mentre tramutava il
suo aspetto in uno yak.
L’altrettanto strambo quartetto entrò così dentro quell’area.
“Fuori dai coglioni!”.
È così che gli Humana furono accolti una volta entrati. La cosa che
però davvero spiazzò i quattro non fu l’ingiustificata
maleducazione rivolta loro, ma piuttosto che tale volgarità furono
esclamate da un rinoceronte grigio, dalla cui bocca spuntava un
grosso sigaro fumante.
Nella gabbia accanto, un ghepardo scese da un ramo per fissarli
meglio. Nella stessa maniera del Soggetto N. 7, il suo corpo mutò in
quello di un essere umano. Per la precisione, si trattava di un ninja
completamente vestito di colore verde scuro.
“Chi di voi sa pratica l’antica arte marziale del Xingyiquan?”
rivolse a loro questa assurda domanda, serio.
In un’altra gabbia, quella che a tutti gli effetti pareva una
tartaruga umanoide, si stava allenando come una forsennata
all’utilizzo di due sai, uno con la forma del tradizionale tridente
corto, mentre l’altro aveva la lama a forma di cuore stilizzato.
Il suo corpo era ricoperto da un’armatura dai colori giallo e
bianco, tranne avambracci e cosce lasciate nude. Sulla cintura
marrone aveva scritto in nero Teddy Raph-Skin. Infine, la forma del
casco che aveva sul capo rassomigliava a quella di un orsetto di
peluche.
In una seconda gabbia un ragazzo, dall’aspetto non particolarmente
intelligente, appena li vide si affacciò il più possibile tra due
sbarre.
“Vi prego, aiutatemi! Voglio tornare a casa mia! A Tokyo! Voglio
vedere i miei Exogini!”.
Il giovane indossava un completo tutto rosso con, all’altezza del
cuore, due iniziali R e S cucite in bianco.
In una terza gabbia, vi era un’altra tartaruga umanoide. Questa
invece, per il suo combattimento contro nemici immaginari, utilizzava
due spade katana. La sua armatura, come colori, aveva il blu al posto
del giallo e, sulla cintura, il nome scritto era Leo-Nerdo. Infine,
la forma del casco era a testa di elefante.
“Io il giapponese credo di conoscerlo…” Bernardo, tornato alla
sua forma umana, si lisciava riflessivo il suo paio di baffi scuri.
“Davvero, Berny? Sei sicuro?” era dubbiosa il Soggetto N. 3.
“Sì, me ne deve avere parlato Chang… se non ricordo male, mi ha
detto che si chiama Ryo Soda ed è un idiota trasformista”.
“Per non parlare delle tartarughe ninja…” aggiunse il Soggetto
N. 9.
a quelle parole, l’autopresentatosi come Leo-Nerdo smise il suo
kata e si avvicinò egli stesso alle sbarre, sbattendoci
rumorosamente contro una delle sue lame.
I quattro mutanti si voltarono verso di lui.
“Non osate mai più chiamarci così! Noi siamo i Mighty Mutant
Power Turtles!”
Il Soggetto N. 1, fino ad allora con un’espressione sempre più
corrucciata in viso, esplose di colpo in un urlo disperato.
“Aiuto! Aiuto! È scappato un leone!”.
Un altro ragazzo, della stessa età e dagli abiti simili a Ryo Soda,
si aggirava baldanzoso tra le gabbie. I suoi capelli castani afro
ballonzolavano fieri ad ogni passo.
Con tranquillità, si avvicinò al quartetto in gita.
“Dove? Dove? Dov’è questo leone, Igor?” la testa del messicano
pareva una pallina impazzita, voltandosi verso tutte le direzioni
possibili dello zoo.
“Ma come dov’è?” si alterò il russo, indicando il nuovo
arrivato “È proprio lì davanti a noi!”.
Gli altri tre rimasero alquanto perplessi.
“Ne sei sicuro, Igor?” chiese dubbioso l’americano.
La francese lo scrutò a fondo “A me sembra una persona
normalissima”.
Quest’ultima, seppur involontariamente, catturò all’istante
l’attenzione del presunto leone.
“Finalmente a luglio iniziano a spuntare le belle ragazze!”
esultò lui, in lingua italiana.
In un attimo, la ferocia del felino venne realmente fuori
dall’italiano. A grandi balzi, puntò verso la transalpina.
Lo stesso velocista rimase spiazzato da cotanta rapidità.
Borghi tentò di attirarlo, tramutandosi in una donna suadente e
completamente nuda.
“Ehi, bel maschione!”.
Il ragazzo dello zodiaco si fermò di botto. Voltò il capo verso il
mutaforma.
“Tze! Nude Girl è molto più eccitante di te!” sentenziò, per
poi ripartire alla carica.
Mentre l’autostima di Bernardo colava a picco, Frédérique ebbe
tempo di scaldare i suoi occhi nocciola e sparare una raffica di
raggi laser.
l’obiettivo fu colpito in vari parti del suo corpo. La scena ebbe
la drammaticità di un gangster crivellato di colpi durante gli anni
del proibizionismo. Il capellone crollò esanime al suolo, ma
pienamente in vita.
“Scusate”
il telepate ruppe il silenzio, dopo alcuni minuti di mutismo “questo
zoo è davvero una cavolata!”.
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