_MisaMisa_
dice: «Io Suprema, autorizzo tu, ad usare
una mia citazione
nella tua opera».
Anti-ficcyna all’ultima potenza. Andate in pace.
«Che
fai, non dormi?».
[77
~ Cosa?
637 parole.]
Dopo giorni e giorni di appostamenti alle spalle di quella
«bimbetta», Mello
sentì di aver bisogno di riposare.
Odiava dover restare sveglio troppo a lungo, dover rinunciare a
preziose ore di
sonno – oltre ai fastidi della stanchezza, odiava quelle
antiestetiche ombre
che si allungavano lentamente sotto gli occhi. Gli davano
quell’aria malaticcia
che cercava sempre di evitare.
Prima di abbandonarsi sul divano, decise di aver bisogno di una doccia.
L’acqua fredda lo riscuoteva, sciogliendo la tensione
accumulata a livello
delle spalle e allontanava, anche se per pochi minuti, quei pensieri di
morte e
sospetto, e vendetta, e morte ancora.
Chiuse le palpebre, poco a poco, appoggiandosi con una mano alla parete
scivolosa e con l’altra sfiorando il collo, scendendo a
strofinare i muscoli
doloranti delle braccia e delle spalle con soddisfazione.
[Il biondo ormai totalmente in balia del massaggio del moro,
decise non voler
più subire.]
Riaprì
gli occhi all’improvviso.
Cosa... Come... ?
Scosse il capo,
cercando di recuperare il controllo sul proprio corpo
allontanando quel flash assolutamente fuori luogo.
«Fottutamente fuori
luogo» si
corresse a voce alta, terminando velocemente di lavarsi e
catapultandosi fuori
dalla doccia.
Rischiò
non poche volte in quei pochi secondi una commozione
celebrale, ma poco
importava.
Piano:
asciugarsi, vestirsi, avvolgere i capelli in uno strofinaccio
della
cucina – preferibilmente pulito, gettarsi
sul divano. Niente di più,
niente di meno.
Si
guardò intorno, non riuscendo a individuare i suoi
pantaloni.
«Dove
vi siete nascosti...» ringhiò,
inginocchiandosi a terra e cercando l’indumento
dietro lo stupido armadietto scassato.
Solo in casa di
Mello un armadietto poteva essere stupido.
Richiamò
a sé quel pensiero. Casa.
Cercò
di ricordare l’ultima volta che aveva
affibbiato quel nomignolo –
sdolcinato e stereotipato. Gli si presentò davanti agli
occhi un’immagine
piuttosto sbiadita e distorta della Wammy’s House.
«Yo,
Mello».
Keehl
sobbalzò, cadendo a terra. Tenendosi coperto con una
mano si voltò
rapidamente.
«’Cazzo
vuoi?»
«Nervoso?»
ridacchiò l’amico,
incrociando le braccia dietro la schiena. «Sei
peggio di una donna, a questo punto torno a far da paralume a
Linda».
[Con una mossa
fulminea, fermò i polsi di Matt e
iniziò a baciarlo...
lentamente scese al collo e lo morse, eccitandolo ancora di
più. Poi scese sul
ventre e con la lingua stuzzicò l'ombelico del ragazzo.]
«CAZZO!».
Con una
particolare dimostrazione di educazione, Mihael si
coprì gli occhi con
una mano.
Sospirò,
cercando di imporsi un seppur minimo decoro.
Dopotutto, avere delle
immagini veramente poco caste che ritraevano lo stesso migliore amico
il quale
lo stava guardando dall’alto, così nudo sul
pavimento del bagno, non era poi
così conveniente.
«Sparisci,
idiota» sibilò a denti
stretti, aggrappandosi all’aria per
sollevarsi.
«Mh,
come vuoi».
Con una
scrollata di spalle, abbandonò il bagno, lasciando
la porta aperta.
Mello
sentì la poltrona implorare pietà sotto il
suo salto.
«Oh!,»
lo raggiunse la voce dell’altro
dal salotto “per modo di dire”. «se
cerchi i tuoi vestiti li ho messi in ammollo nel lavandino».
«TUCOS’HAIFATTOCOMEQUANDOPERCHÉ?!».
Matt
ridacchiò.
«In
ammollo in acqua»
«Era
pelle, pezzo d’idiota!»
«Lo
so. Pelle particolarmente brutta, a dirla
tutta».
Appunto mentale
per Mihael: uccidere il collega il prima possibile.
Il biondo
strisciò fino alla camera dell’altro,
facendo ben attenzione a non
farsi notare. Non senza disgusto aprì il cassetto dei
pantaloni, prendendo fra
l’indice e il pollice quel che sembrava essere
l’orlo di un paio di jeans
ancora indossabili.
Se li fece
scivolare addosso, ovviamente dopo essersi preoccupato di
recuperare
quelli preferiti dall’amico, gli unici di marca originale, e
lanciarli giù
dalla finestra.
Non si
curò di asciugare i capelli, una stanchezza
prepotente che si allungava
su ogni muscolo, sugli occhi. Una stanchezza mentale, prima che fisica.
Si
lasciò cadere sul divano con un mugolio di soddisfazione,
il mobile sfondato
meno allegro di lui per la manovra.
["nnnngh...Mello...amami"
"Se è ciò che desideri..."]
Schiuse una
palpebra, avvistando Matt seduto sulla poltrona esattamente
di
fronte al sofà. Il rosso alzò lo sguardo dalla
PSP per un istante e,
togliendosi una cuffia dall’orecchio, gli rivolse un mezzo
sorriso.
«Che
fai, non dormi?».
Si trattenne dal
mandarlo a quel paese, voltando il capo e osservando
lo
schienale sporco, quel giorno particolarmente interessante.
Porcadiquellamiseria, gli era passato il
sonno.
Borbottò
una lamentela, costringendosi a chiudere gli occhi.
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