Nel Profondo della Notte

di Ephram
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Con il respiro che si condensava in vapore nell'aria fredda del mattino, attendevo in silenzio sdraiata tra gli alberi che la mia preda fosse a portata di tiro.
Mi passai con la lingua le labbra secche cercando di respirare il meno possibile, e soprattutto di non fare rumore.
Mi ero messa in questa posizione sottovento appositamente perché non sentissero il mio odore, ma ahimè era assai difficile non muoversi soprattutto con il gelo del primo mattino.
Con i piedi indirizzati verso l'esterno e le caviglie piatte sul terreno, stavo aspettando che il cinghiale fosse a portata di tiro, con calcio del fucile ben appoggiato alla spalla in modo da avere la massima stabilità, come mi avevano insegnato.
Sentivo le dita rigide come pezzi di rami secchi per il freddo ma cercavo di resistere il più possibile.
Ad un tratto il grosso animale fu a portata di tiro..
Un boato assordante mi squarciò i timpani nello stesso istante in cui il fucile rinculava con violenza sulla mia spalla.
Stordita, guardai la bestia barcollare per qualche istante per poi collassare a terra.
Avevo solo avuto fortuna, era solo la seconda volta che uscivo a caccia.
Mi sollevai in piedi, buona parte del mio corpo era irrigidita, mi stirai le gambe e le braccia intorpidite e mi avvicinai al cinghiale disteso. Era un maschio che avevo colpito alla testa, un vero colpo di fortuna.
Guardai il cielo, era nuvoloso e tendente al bianco, presto sarebbe caduta la prima neve e io intendevo essere a casa prima di allora.
-Gran bel lavoro, - disse mio padre avvicinandosi alle mie spalle, - fatto secco al primo colpo.-
- Solo fortuna.- dissi.
-Forse si, forse no, l'importante è aver preso qualcosa.- disse lui.
Mio padre era alto un metro e ottanta, una folta barba scura e un fisico piuttosto stagno, si chiamava Mark.
Mi appesi il fucile alla spalla come mi diceva di fare sempre, per abituarmi sempre prima di andare a caccia.
Secondo lui rafforzava il mio corpo.
Con un certo disgusto ben celato lo aiutai a preparare il corpo per il viaggio.
-Muoviamoci, prima che nevichi.- disse.
Indossammo dei guanti appositi, poi mio padre dal suo zaino mi passò un coltello affilato, e feci quello che mi diceva di fare, non senza un certo disgusto.
-Non fare quella faccia, adesso ti fa schifo, ma dopo un po' di volte ti ci abituerai.- disse burbero.
Impiegammo un po' a lavorare su questo animale, la pelle era dura come cuoio, mio padre si occupò personalmente di sventrarlo ed eviscerarlo, in questo modo la carcassa era molto più leggera.
Quando tutto fu pronto per il trasporto, aiutai mio padre a legare ciò che restava della carcassa con una robusta corda che a sua volta teneva chiusa la preda attorno ad un apposita coperta, idonea per essere trascinata per il viaggio.
In due prendemmo la corda è una volta preparato tutto partimmo.
Per qualche ora sudammo, facemmo brevi soste, sudammo e di nuovo ripartendo, trascinandoci dietro il bottino.

Quando arrivammo a Fossil facemmo una scorciatoia per arrivare prima a casa.
Ero letteralmente distrutta, avevo camicia, jeans, e maglione impregnati di sudore, e mentre con gli ultimi sforzi arrivavo a casa con il fiatone che si condensava in nuvolette di vapore, mi accorsi che stava iniziando a scendere la prima neve.
Una fitta nevicata stava lentamente iniziando a imbiancare quella malinconica desolazione in cui vivevamo ormai da parecchio tempo.

Nevicò per tutto il giorno, per tutta la notte e anche il giorno successivo.
Quella notte stentai a dormire, mi bruciava la gola e avevo i brividi di freddo.
Il giorno successivo non riuscii nemmeno ad alzarmi da letto, avevo un forte mal di testa e anche le vertigini a camminare o anche solo a girare la testa.
Mia madre venne a vedere perché non mi alzavo e constatò che mi ero presa una bella influenza. Avevo la febbre alta.
Stare al freddo per ore con il fucile e infine sudare per ore con temperature sotto lo zero trasportando quel maledetto cinghiale aveva avuto ripercussioni sulla mia salute..
I giorni successivi trascorsero e nel frattempo guardavo dalla finestra il giorno illuminarsi e diventare buio, almeno nelle ore in cui non riuscivo a prendere sonno.
Fuori si era accumulato mezzo metro di neve e le temperature rimanevano sotto lo zero. 

Era arrivato l'inverno.


Rimasi a letto per una settimana con la febbre che scendeva durante il giorno e saliva durante la notte, con la gola che mi faceva male ogni volta che deglutivo.
Quando durante il giorno iniziavo a stare meglio e credevo che il peggio fosse passato, ecco che dopo il crepuscolo tutto ricominciava.
Mi alzavo barcollando appoggiandomi alle pareti a causa delle vertigini solo per andare in bagno o a prendermi un po' d'acqua, la sete mi tormentava sia da sveglia sia quando dormivo, tanto che avevo la bocca aspra e la gola come carta vetrata.
Ero frustrata, oltre che estremamente debole.
I tremori e il mal di gola mi accompagnarono per una settimana, finché un mattino mi svegliai con il Sole che entrava dalla finestra e stavo meglio.
Non mi sentivo più il mal di gola.

Esitando, mi alzai dal letto e guardai fuori dalla finestra ammirando il paesaggio innevato di Fossil.
Le strade erano state spalate dal grosso della neve e pennacchi di fumo si alzavano da diversi camini disperdendosi nell'aria fredda del mattino.
Mi sentivo meglio, ma preferivo stare attenti per evitare possibili ricadute.
Mi sedetti sulla sponda del letto, aprii i cassetti della cassettiera davanti a me e iniziai a impilare la roba per vestirmi.

Pochi giorni dopo con indosso una giacca pesante e una sciarpa attorno al collo uscii nuovamente all'aria aperta. Era bello sentirsi nuovamente liberi e soprattutto vivi.
L'aria del primo pomeriggio era frizzante e un sottile strato di nuova neve polverosa si era accumulato durante la notte.
Passai accanto ad un gruppo di veicoli abbandonati coperti di neve e mi avviai nella parte opposta di Fossil.
Mezza cittadina era abbandonata, e alcuni tetti dopo anni di intemperie avevano iniziato a crollare verso l'interno sotto il peso della neve, e lunghi ghiaccioli pendevano dai terrazzini in rovina, simili ad antiche stalattiti di quarzo.
Mi strofinai le mani con i guanti per riscaldarmele e le misi in tasca.
Forse ero io che avevo appena attraversato una settimana con la febbre, ma nonostante il sole riscaldasse un po' l'aria, faceva davvero freddo quel giorno.
Troppo freddo per i miei gusti.
Soffocai un colpo di tosse, uno dei residui della febbre e finalmente raggiunsi il garage dove " lavorava" Sasha.
I miei genitori non sapevano nulla che mi vedevo con lui, dopotutto erano affari miei.
Il garage era aperto, lui era chino su un banco da lavoro intento a lavorare su quello che sembrava un fucile da caccia.
Lo toccai alle spalle senza dire niente facendogli fare un salto di paura.
-Ehi, - sorrise quando mi vide, - non ti ho più vista da giorni che fine hai fatto?-
-Sono stata male una settimana, credo di essermi ammalata durante un giorno di caccia al cinghiale con mio padre.- spiegai.
-Caccia al cinghiale? Ma non sei un po...- stava cercando il termine giusto.
-...piccola per queste cose? Forse.- finii la frase per lui.
-Come è andata almeno?- mi chiese.
-Fortunata. Sono riuscita ad abbattere un cinghiale, ma a caro prezzo vista la settimana che ho passato.- dissi - Tu come te la passi?-
-Mi hanno chiesto di aggiustare un fucile da caccia, è già la terza persona che me lo chiede.- disse lui scuotendo la testa.
-È così insolito?- chiesi.
-Di solito me lo chiedono una volta ogni paio di mesi, queste tre richieste invece sono arrivate solo nell'ultima settimana.- osservò lui.
-Periodo di caccia?- chiesi.
-Sospetto di sì, anche se ho sentito voce che c'è in giro un gruppo di razziatori nei paraggi, è meglio stare attenti se si gira di notte.- disse.
-In quel caso ho te che mi fai da guardia del corpo.- ironizzai
-Sai maneggiare una pistola?- mi chiese di punto in bianco lui.
Lo guardai perplessa.
-Eh?- feci.
-Potresti averne bisogno per difenderti.- spiegò lui.
-Decisamente è già tanto se so usare il fucile.- dissi.
-Ti insegno io.-
Lo guardai ancora più perplessa.

Lontano dalla vista altrui, nel bel mezzo del bosco sul tronco di un albero caduto anni fa ci stavano sette bottiglie vuote, ad alcuni metri di distanza invece, pesante come un mattone nella mia mano, ci stava una Glock che Sasha stava cercando di insegnarmi ad usare e soprattutto maneggiare.
-Sei sicuro che io possa maneggiare questo affare? Non avresti qualcosa di più piccolo?- chiesi perplessa.
Tenere in mano una pistola mi faceva uno strano effetto, quasi fosse una cosa sbagliata, ma allo stesso tempo mi dava una strana emozione.
-Ne ho un'altra uguale a quella, nient'altro. Adesso tieni le gambe divaricate, concentrati e prova a fare un primo tentativo.- mi disse lui.
-Tutto qui?- chiesi sorpresa.
-Tutto qui.- ripete lui.
Allargai le gambe, affondando gli scarponi nel manto nevoso, quindi con entrambe le mani puntai la Glock verso una di quelle bottiglie e cercai di premere il grilletto.
Accidenti se era duro! Premetti con tutta la forza che avevo nelle mie dita, seppur piccole. THUMP!!
Il silenziatore incorporato smorzò il botto ma il rinculo mi spinse indietro facendomi cadere, non mi aspettavo un esplosione così potente.
Sasha si era già preparato ad afferrarmi da dietro.
-Stronzo! Lo sapevi che sarei volata. Perché non me l'hai detto?- dissi una volta rimessa in piedi.
-Ti ho lasciato fare una prova affinché tu capissi la potenza dell'arma e sapessi regolarti per la volta successiva.- spiegò lui.
-Già ma non ho preso niente, prova tu.-
Gli cedetti la Glock, lui subito si mise in posizione di lato, prese la mira e sparò un colpo. Una bottiglia esplose in mille cocci mentre nello stesso istante il braccio di lui rinculava, ma leggermente di meno dal momento che era molto più forte di me.
-Dopo un po' che si fa pratica si migliora,- mi disse - prova di nuovo.-
Mi diede la Glock. -Lascia che ti guidi.-
Si mise alle mie spalle, la testa accanto alla mia e mi guidò le braccia con le sue mani.
-Piega leggermente le ginocchia. Le hai troppo rigide. Brava, così.-
-Ora, inclina leggermente il corpo verso il bersaglio.-
-Così va bene?-
-Sì, infine cerca di allineare la tua mira con il bersaglio che scegli, poi spara.- concluse.
Cercai di seguire il suo consiglio, mi concentrai al massimo, poi esplosi un altro colpo. La bottiglia che avevo mirato esplose in cocci.
Il corpo leggermente piegato in avanti smorzò leggermente il rinculo, anche se non a sufficienza. Sasha alle mie spalle mi bloccò.
-Visto, ce l'hai fatta,- disse con il viso accanto al mio, - però dovremmo lavorare leggermente sul rinculo.-
Voltai il viso verso il suo, accanto al mio, le guancia che si toccavano.
-Puoi sempre stare alle mie spalle.- dissi.
-Forse.- sussurrò, quindi mi baciò.
Schiusi le labbra e ricambiai a mia volta, lasciandomi andare a quel dolce momento.
-Vuoi riprovare?- mi chiese nuovamente più tardi.

Quella sera poco dopo cena uscii di nuovo lungo le buie strade della città innevata.
Le temperature erano al di sotto dello zero e un velo di ghiaccio ricopriva le carrozzerie rovinate e arrugginite dei veicoli abbandonati lungo le strade di Fossil.
Sasha mi stava aspettando vicino alla piazza, riuscivo a vederlo perché la neve rifletteva il chiaro di una debole falce di luna, alta nel cielo terso.
-Ciao, è davvero freddissimo questa notte.- sussurrai.
-Già, il termometro a mercurio segnava meno sette gradi a casa mia.- disse Sasha.
Iniziammo a camminare, le mani nelle tasche per il freddo.
-Dove l'hai trovato un termometro a mercurio, non li avevano banditi due decenni prima del black out?- chiesi perplessa.
-Molti se li sono tenuti, dopotutto erano molto più affidabili delle letture elettroniche della temperatura.- spiegò lui.
-Tu cosa ricordi di quei giorni?- gli chiesi.
-Le aurore boreali le ricordano tutti, poi ci fu il caos e l'anarchia, alcuni dicono che sia stata una grande tempesta magnetica a causare tutto ciò, dopotutto ce ne sono state altre simili in passato, - raccontò -altri invece dicono che entrammo in guerra e una potenza straniera ha fatto detonare alcune testate nucleari sopra l'atmosfera e gli impulsi elettromagnetici abbiano causato tutto ciò. Un test nucleare simile lo facemmo anche noi con questi effetti durante la Guerra Fredda, e addirittura si formarono delle aurore boreali, se così si possono chiamare, sopra il Pacifico.-
-Non ne ho mai sentito parlare.- ammisi.
I nostri passi affondavano nella neve ghiacciata facendola scricchiolare sotto le nostre scarpe.
Sasha mise la mano nella mia tasca, prendendo la mia nella sua.
Nessuno disse nulla. Mi sentivo stranamente confortata dalla sua presenza.
Come al solito a Fossil di notte il silenzio regnava sovrano, tuttavia da quando non mi sentivo più sola era diventato più tollerabile.
Sollevai lo sguardo al cielo e guardai la costellazione di Orione e accanto ad essa la stella Sirius. Poi la luna.
Era strano pensare che fino a pochi decenni fa eravamo sulla sua superficie sviluppando le prime miniere.
Ora quelle strutture in metallo probabilmente sarebbero rimaste esposte all'eternità come ultimo monumento che lì c'era stato l'uomo.
-A cosa stai pensando?- mi chiese Sasha.
-A ciò che resterà di noi.- risposi.
-In che senso?-
-Non intendo noi due, ma tipo ho immaginato ciò che è rimasto di noi sulla luna, e mi sono chiesta quali tracce resteranno di noi sulla Terra in futuro, quando non ci saremmo più.- spiegai.
Sasha rimase in silenzio un istante, pensando.
-Chi lo sa, magari qualche nuova forma di evoluzione si chiederà se la Leggenda dell'Uomo è realtà, se è mai esistito.- ipotizzò lui.
Risi.
-Questa mi piace.- dissi.
Percorremmo la strada che si addentrava per un breve tratto nel bosco con alcuni vecchi veicoli ai lati coperti di neve.
-Tu come lo vedi io futuro?- gli chiesi curiosa.
-Non lo vedo, - mi disse lui - preferisco vivermelo giorno per giorno. Il domani arriva troppo in fretta. Tu invece?-
Si fermò, si mise davanti a me e mise l'altra mano libera nella mia tasca dove tenevo l'altra.
-Non ci ho mai pensato a dire la verità, credo che sia la stessa cosa.- dissi guardandolo.
Lui cambiò argomento.
-Glielo hai detto ai tuoi di noi?-
-Non ancora.-
-Lo farai?-
Ci pensai su.
-Preferisco avere anche io qualche segreto.- dissi.
Sasha sorrise.
-Per me non c'è problema.-
Quindi mi si fece più vicino, accostò il viso al mio, i nasi si sfiorarono, quindi premette la bocca sulla mia. Nessuno dei due si mosse per un breve momento, quindi schiusi le labbra tra le sue e quando sentii il tocco della sua mi sentii avvampare.
All'improvviso le sue mani sembrarono più calde.
Nessuno dei due si mosse per quel lungo momento. Tenni gli occhi chiusi fino a quando non mi staccai da lui con il fiato lungo e la pelle improvvisamente più sensibile al freddo pungente.

Poco dopo facemmo l'ultimo tratto di strada lungo le vie di Fossil.
-Secondo te come se la sta cavando il resto del mondo?- gli chiesi.
-Credo che siano in una situazione simile alla nostra, forse meglio o peggio, ma sicuramente anche loro come noi sono tornati indietro di oltre un secolo.-
-E se ce ne andassimo?- la domanda mi sorse spontanea.
-Per andare dove? Finché siamo uniti in questa piccola comunità almeno abbiamo la possibilità di difenderci a vicenda, lì fuori è difficile sapere cosa ci sia.- disse Sasha.
-Beh, i fucili li abbiamo.- risposi.
-Non molti a dire il vero e probabilmente ci sono là fuori bande o gruppi che sono molto più organizzati di noi.- ipotizzò lui.
-Questo è vero ma non possiamo restare nell'isolamento per sempre, fino a non molto tempo fa eravamo in contatto con il resto del mondo, ora siamo ridotti a nasconderci dai nostri possibili vicini.- osservai pensosa.
-Già.- disse Sasha, - ma da quando la luce è venuta a mancare ovunque in poche settimane i nostri vicini di casa sono diventati una minaccia.-
-Sono passati anni.- dissi.
-Già, ma nei giorni più oscuri qui a Fossil molti persero la testa, fummo costretti a riorganizzarci autonomamente e creare delle milizie per difenderci.- spiegò Sasha.
-In che modo?- chiesi anche se sospettavo già la risposta.
-Non credo che tu lo voglia sapere.- disse Sasha.
-Fai prima a dirmelo.- risposi.
-Furono catturati tutti i colpevoli e i principali sospettati dei crimini che accadevano ogni giorno, furto, omicidio, stupri ecc ed eliminati mediante la legge marziale, con la fucilazione. Questo durò per mesi.- spiegò lui.
-Se alcuni erano solo sospettati, perché ucciderli?- chiesi.
-In quei giorni regnava l'anarchia, era persino rischioso uscire di casa, fu necessario un sacrificio estremo per riportare l'ordine tra i civili e poi riorganizzare una struttura sociale.- spiegò Sasha.
-Ammetto che non mi piace per niente.- dissi.
-Non deve piacere a nessuno, nemmeno a me, ma a volte è necessario usare misure estreme, soprattutto quando la società è irrimediabilmente compromessa.- disse lui.
-E per quanto durerà tutto ciò?- chiesi.
-Non lo so, ma non mi aspetto che le cose cambino a breve.- disse.
Eravamo al capolinea, dove di solito ci lasciavamo.
-Ho qualche speranza per il futuro, - dissi -spero che qualcosa cambi prima o poi.-
-Siamo a malapena riusciti a sopravvivere ai giorni più bui, - osservò lui -sinceramente io non correrei il rischio di distruggere quel poco che abbiamo.-
-In parte sono d'accordo, in parte no.- dissi fermandomi.
-Non si può essere sempre d'accordo su tutto.-
-Già, buonanotte.-
-'notte.-
Un breve bacio poi ci separammo.

Avevo percorso gli ultimi isolati verso casa, lungo le strade buie. Ormai conoscevo le strade a memoria anche se erano illuminate solo dalla luce delle stelle.
Evitai alcuni veicoli costeggiati ai lati della strada e percorsi l'ultimo isolato prima di casa mia.
Forse Sasha aveva ragione dopotutto, perché correre il rischio quando si aveva già il necessario per sopravvivere.
Sopravvivere? Era questo il punto, eravamo costretti a sopravvivere. Non vivere.
Ad un tratto sentii lo scricchiolio di un passo nella neve.
Mi voltai ma non vidi nessuno.
-Sasha.- chiamai. Nessuno rispose.
Ripresi a camminare tornando ai miei pensieri, perché dovevamo accontentarci della nostra miseria?
Un altro scricchiolio di neve ghiacciata calpestata alle mie spalle, mi voltai ma non vidi nessuno. Lo avevo sentito più vicino del primo. Un brivido mi corse lungo la schiena.
Nel buio non vedevo assolutamente niente, nessun movimento.
Accelerai il passo.
Iniziai a sentire stavolta dei passi alle mie spalle. Passi che affondano nella neve.
Iniziai a correre terrorizzata.
Qualcuno mi raggiunse e mi mise un sacco in testa e lo strinse soffocando le mie urla.
Diverse mani bloccarono i miei tentativi di lottare, scalciare e dimenarmi. Poi un colpo alla nuca mi tolse le forze, e mi fece perdere parzialmente i sensi.
Incapace di reagire mi sentii portata via di peso da almeno tre o quattro persone che bisbigliavano tra loro concitate.
Mi avevano rapito!
Dopo un lungo tratto di tempo e camminata veloce mi sentii caricata su una piattaforma, ma non vedevo niente.
Ero ancora confusa quando sentii il nitrito di cavalli e poi la piattaforma, probabilmente un carro, iniziò a muoversi lontano. Lontano nel cuore della notte. Lontana da Fossil.



 

 





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