Una luce di speranza

di Fiore di Giada
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Voleva dirgli quanto lo amava, ma non era il momento.
Adrian strinse i pugni sulla balaustra del balcone, mentre il vento scompigliava i suoi lunghi capelli castani.
Sono un idiota., si disse. L'amore, per quanto forte, poteva aspettare.
Contava il benessere del suo amato e non la soddisfazione del suo egoismo.
Alvaro era sopravvissuto ad una strage crudele, opera di una coppia di fidanzati esaltati.
Ma il sangue dei suoi allievi e colleghi tormentava il suo cuore.
Spesso, i suoi sonni erano tormentati da incubi dettagliati, grevi di sangue e urla.
Si passò una mano tra i capelli. Alvaro era un giovane di origini messicane e la sua competenza, intellettuale e morale, gli aveva permesso di acquisire un posto di insegnante di letteratura alla Bell High Scholl di New York.
I suoi alunni lo amavano e i suoi colleghi lo stimavano.
Sorrise, mentre le lacrime scendevano dai suoi occhi nocciola. Lui e Alvaro Montez si conoscevano da tanti, troppi anni.
L'allegria e la determinazione di quel bambino messicano lo avevano conquistato ed erano diventati inseparabili.
L'amicizia fraterna, col tempo, si era tramutata in un sentimento d'amore assai forte.
Un anno e mezzo prima, aveva deciso di confessare questa verità al suo amico d'una vita.
Ma quella strage si era frapposta tra di loro.


Un debole scalpiccio interruppe il corso dei pensieri di Adrian.
Il giovane si girò e il suo sguardo si posò sulla figura magra di Alvaro, avvolta in una coperta rossa.
Per alcuni istanti, tacque. Le lacrime avevano arrossato i suoi splendidi occhi neri, mentre la pena asciugava il suo corpo, prima temprato dall'alpinismo.
Come aveva potuto pensare alle sue pulsioni?
– Hai bisogno di qualcosa? – chiese.
L'insegnante sospirò. In quei giorni d'incubo, il suo amico d'infanzia Adrian Russo gli era stato accanto.
Certo, quell'affetto non poteva sostituire un percorso di cura, ma la sua silenziosa dolcezza lo aveva aiutato a mantenere una pur precaria stabilità mentale.
No, non era stata colpa sua.
Un debole ruggito d'ira risuonò sulle sue labbra. Quei due bastardi, inseguendo idee folli, avevano trasformato una scuola in un mattatoio.
Loro erano i soli colpevoli di quella strage.


Colmò la distanza tra di loro e strinse le mani dell'amico. Per tanto, troppo tempo, tormentato dagli incubi, aveva respinto le sue premure e lo aveva condannato alla solitudine nella sua stessa casa.
Un brivido voluttuoso percorse il corpo imponente di Adrian e un respiro mozzato fuggì dalle sue labbra. In quei terribili mesi, Alvaro si era chiuso in un suo mondo buio, colorato da orridi incubi.
Il suo bel viso, seppur triste, invece, sembrava mutato.
– Ti devo chiedere scusa, Adrian. Mi sono chiuso in me stesso e ho sfogato su di te la mia collera e la mia amarezza. Ma tu hai saputo aiutarmi, senza perdere te stesso. So che hai firmato un contratto con la Harper Collins per scrivere romanzi d'amore. – cominciò.
Adrian aprì la bocca per parlare, ma le parole gli morirono in gola. Alvaro, pur oppresso dalla sua pena, non si era dimenticato di lui.
– Ti chiedo scusa se non te ne ho parlato... Ma non volevo renderti infelice, con la mia gioia. – si scusò poi.
Una risata lieve, amara, risuonò sulle labbra dell'insegnante messicano.
– Non ce l'ho con te. Hai fatto quello che ritenevi giusto. Anzi, hai fatto bene a tutelare te stesso e a dedicarti a qualcosa di piacevole. Non dovevi diventare un'altra vittima di quei due stronzi. – mormorò.
Le sue sopracciglia si corrugarono e la sua bocca si piegò in una smorfia. Se Adrian non avesse preservato se stesso, sarebbe stato un'altra vittima, pur indiretta, dei due stragisti.
E lui non avrebbe potuto accettarlo.


Aumentò di poco la stretta delle sue mani su quelle dell'altro.
– Però... Però vorrei ora chiederti un favore. Anzi, due. – affermò. Si vergognava quasi a domandargli qualcosa, ma aveva un desiderio.
– Di che si tratta? – domandò Adrian.
Alvaro sospirò e, per alcuni istanti, rimase silenzioso. Non si era ancora ripreso, ma avvertiva la necessità di emergere dal suo stato di torpore.
Non sapeva cosa lo spingesse a questo, ma doveva cogliere una simile necessità.
– Potresti vedere un film con me? Mi piacerebbe avere la tua intelligente compagnia. Cosa ne dici se vedessimo Il profumo del mosto selvatico? Ti è sempre piaciuto... – confessò.
Adrian sorrise, gli occhi lucidi di commozione, e il suo cuore accelerò i battiti. Alvaro era sempre stato un giovane dinamico e quella strage l'aveva prostrato.
Ma una simile richiesta era un pur esile segnale di ripresa.
Lo spirito indomito di Alvaro viveva, pur sepolto dalla disperazione, e non si arrendeva.
– Qual è l'altra richiesta? – chiese, il cuore vibrante di entusiasmo.
– Ogni due novembre... Potresti aiutarmi a scegliere dei fiori e accompagnarmi al cimitero? Voglio regalarli ai miei ragazzi... – proseguì, ma la voce si spense in un flebile sussulto e scoppiò a piangere.
D'impeto Adrian abbracciò l'amico e lo strinse a sé, carezzandogli i lunghi e stopposi capelli neri. Era stato utile il sacrificio del suo amore.
– Sì. Con te, andrei anche sulla luna. –




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