Sotto il cielo del Nord

di Star_Rover
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XXV. Separazioni
 

Jari era stato lieto di ritrovare i suoi compagni, aveva affrontato il viaggio con impazienza, desideroso di raggiungere la sua meta al più presto. Aveva lasciato il villaggio senza troppi rimorsi, si era sentito addirittura sollevato al pensiero di allontanarsi da casa. Per quanto volesse bene ai suoi cari, sentiva di non poter restare un giorno in più insieme a loro.
Aveva chiarito la questione con suo padre, il quale aveva finalmente approvato le sue scelte. Per la prima volta si era sentito meritevole del suo orgoglio, non doveva più dimostrare niente al genitore. Alla fine era riuscito a imporre la sua volontà, mostrandosi deciso a combattere per la giusta causa.
Gli dispiaceva solo per Kaija, sua sorella aveva sofferto molto per la sua partenza, questo era il suo unico rammarico.  
Jari non aveva potuto fare nulla per rassicurarla, l’aveva salutata con un ultimo abbraccio, le aveva detto che le voleva bene, e poi se ne era andato.
Il giovane tentò di non abbandonarsi allo sconforto, era convinto di aver preso la giusta decisione, dunque non aveva nulla da rimproverarsi.
Al suo ritorno a Vaasa molte cose erano cambiate, inoltre doveva ancora abituarsi al suo nuovo incarico nell’esercito. Era onorato di tornare a combattere nel ruolo di ufficiale, ma i gradi sulla sua divisa erano anche simbolo di nuove responsabilità. Era rimasto sorpreso da quella promozione, ma era pronto a dimostrare di essere all’altezza di quel merito.
In quanto Jäger godeva di rispetto e ammirazione da parte dei suoi compagni, ma c’era anche chi non si fidava di coloro che avevano combattuto a fianco dei tedeschi.
Fortunatamente Jari non aveva riscontrato problemi. Il fatto di appartenere ad un corpo speciale per i suoi uomini era un ulteriore motivo per considerarlo meritevole di stima. La sua esperienza in Germania avrebbe potuto rivelarsi utile sul campo di battaglia.
 
Al termine dell’addestramento Jari si affrettò a raggiungere gli alloggi degli ufficiali. Con tutto quel che era accaduto dopo il suo ritorno non aveva ancora avuto occasione di rivedere Bernhard.
Lo cercò a lungo all’interno della caserma senza riuscire a trovarlo da nessuna parte. Alla mensa degli ufficiali decise di interrogare il tenente Halvari.
«Lei sa dove posso trovare il capitano Winkler?» chiese con tono ansioso.
L’ufficiale rispose sbrigativamente: «il capitano è impegnato in una missione speciale» 
«Ho bisogno di parlare con lui» insistette il giovane.
Halvari abbassò lo sguardo sul suo piatto: «mi dispiace, ma dubito che egli abbia tempo per lei»
«Winkler ed io siamo buoni amici» specificò.
Il tenente esitò prima di rispondere: «se vuole può provare al campo d’aviazione, ma non le garantisco che riuscirà ad incontrarlo. Come le ho detto il capitano è molto impegnato»
Jari ringraziò il suo parigrado e senza perdere tempo si affrettò a raggiungere la sua nuova meta.
 
Bernhard si trovava solo all’interno dell’hangar dove era custodito il prezioso aereo di von Rosen. Il tedesco era intento a razionare provviste ed esaminare mappe.  
Quando Jari entrò nel capanno intuì che Winkler dovesse essere coinvolto in qualcosa di importante. Sembrava tutto pronto per un’imminente spedizione.   
Subito volle chiedere spiegazioni.
«Che cosa significa tutto questo?» domandò prima di ogni cosa.  
Il capitano, non affatto stupito da quella visita, rispose senza esitazione.
«Domani mattina io e il pilota Hansen partiremo per una missione speciale»
Jari iniziò a insospettirsi.
«Di che si tratta?»
Winkler sapeva di potersi fidare del suo compagno, in quell’occasione parlò a lui da amico e non da suo superiore.
«Raggiungerò la penisola di Hanko per unirmi all’avanzata delle truppe tedesche»
Jari non fu sorpreso dal fatto che Bernhard fosse rimasto in contatto con Berlino. I tedeschi avevano dunque rispettato il patto, non solo avevano rifornito i Bianchi con armi e munizioni, ma avevano finalmente deciso di apporre il loro contributo alla guerra inviando truppe in Finlandia.
«È stata una tua decisione?» domandò.
Egli annuì: «mi sono offerto come intermediario con le autorità finlandesi»
Jari non seppe come reagire a quella notizia, ovviamente stimava Bernhard per il suo coraggio, eppure una parte di sé si sentì tradita per quell’abbandono.
Winkler guardò il suo compagno soffermandosi sui gradi sulla sua divisa.
«Sono certo che sarai un buon comandante»
Jari sussultò: «sei stato tu a proporre il mio nome per una promozione?»
L’altro non diede troppa importanza alla questione: «ho solo detto la verità su di te»
«Sei stato tu a fare di me un soldato, senza il tuo esempio non sarei qui»
Bernhard fu grato per quel sentito riconoscimento.
«Voglio che tu sappia che sono orgoglioso di te» disse con un triste sorriso.
«Farò del mio meglio per non deluderti»
Il capitano non dubitò delle sue parole. I due restarono immobili uno di fronte all’altro, in silenzio, senza avere il coraggio di dirsi addio.
Jari sollevò lo sguardo incrociando le iridi smeraldo del suo comandante, in quel momento cedette ai sentimenti. Si abbandonò tra le sue braccia, baciandolo con trasporto e disperazione.
Quando si distaccarono Bernhard non lasciò trasparire alcuna emozione.
«Buona fortuna, tenente Koskinen» concluse prima di tornare alla sua postazione.  
Jari avvertì gli occhi lucidi, ma tentò di fare del suo meglio per non lasciarsi sopraffare dallo sconforto. Si congedò formalmente come ultimo saluto, poi se ne andò senza più voltarsi.
 
Nella sua stanza Jari si ritrovò solo con i suoi tormenti. Sapeva che prima o poi Bernhard avrebbe dovuto prendere una decisione definitiva, alla fine aveva scelto di tornare a combattere per la Germania. Pur perseguendo il medesimo obiettivo aveva preferito affrontare quella guerra dalla parte dei tedeschi e non dei finlandesi.
Jari non poteva realmente comprendere le motivazioni di Winkler, ma dentro di sé restava convinto delle sue buone intenzioni. Il suo compagno credeva in quell’alleanza, desiderava aiutare il popolo finlandese, senza però tradire le sue radici teutoniche.
Il giovane avvertì gli occhi lucidi. Non era deluso da Bernhard per le sue decisioni politiche, ciò che davvero l’aveva ferito era il suo abbandono. Se avesse potuto non avrebbe esitato a seguirlo, così come aveva fatto in Germania quando si era arruolato.
Jari scosse la testa, non era così che avrebbe dovuto reagire, aveva delle responsabilità. Di certo non avrebbe potuto abbandonare i suoi compagni per una questione personale. Doveva portare avanti il suo dovere e rispettare il suo giuramento. Era quello che Bernhard si sarebbe aspettato da lui.
Non poteva tradire la sua fiducia, doveva rispettare la sua volontà. Non dubitava della lealtà di Winkler, era certo che il suo contributo sarebbe stato fondamentale per quell’alleanza.
Jari si lasciò cadere sul materasso, nascose il volto sul cuscino e trattenne i singhiozzi. Razionalmente poteva comprendere quell’inevitabile separazione, ma emotivamente si sentiva nuovamente solo e perso senza il suo compagno. Non si sentiva pronto ad affrontare il suo destino senza una guida, aveva paura delle sue nuove responsabilità. Non voleva deludere i suoi commilitoni, ma allo stesso tempo non trovava abbastanza forza per superare le sue incertezze.
Jari stava per cedere alla disperazione quando all’improvviso avvertì dei battiti alla porta.
«Tenente Koskinen!»
Il giovane ufficiale si rialzò quasi di scatto, rapidamente tornò in sé, riconquistando sufficiente autocontrollo.
Poco dopo diede il permesso di entrare, il tenente Halvari si presentò richiudendo la porta alle sue spalle.
«Mi spiace disturbarla, ma si tratta di una questione importante»
«Che succede?»
«Volevo avvertirla che è appena giunto l’ordine di mobilitare le truppe. Domani il suo plotone partirà per il confine»
«Credevo che avremmo avuto più tempo per addestrare le reclute»
Halvari sbuffò rivolgendo al parigrado uno sguardo di sufficienza.
«Voi Jäger avete avuto un anno per diventare soldati lontano dal fronte, ma qui non siamo in Germania. In Finlandia non abbiamo avuto la vostra fortuna. Qui non c’è tempo, dobbiamo agire in fretta per fermare l’avanzata dei Rossi!»
Jari protestò: «al fronte gli uomini devono essere pronti a combattere»
«Quando si troveranno davanti alle pallottole nemiche lo diventeranno»
«Lei non conosce la vera guerra. Questi uomini senza un’adeguata preparazione saranno solo carne da macello!»
Halvari si indignò: «non è con questo spirito che vinceremo la guerra! Questi soldati sono disposti a tutto per difendere la loro Patria, sarà suo compito guidarli come un buon comandante»
Jari fu costretto ad accettare la realtà.
«Quale sarà la nostra meta? Varkaus?»
Halvari scosse il capo: «no, il prossimo convoglio sarà diretto a Tampere»
 
***

La luce soffusa delle candele illuminava i dettagli del suo corpo, la schiena nuda, i fianchi stretti e il ventre piatto. Il seno si sollevava al ritmo del suo respiro. I lunghi capelli castani leggermente scompigliati ricadevano sulle sue spalle. Incrociò il suo sguardo, perdendosi nei suoi grandi occhi ambrati. Sul suo volto lievemente arrossato comparve un dolce sorriso.  
Desiderò baciare ancora le sue labbra, sentire il suo sapore, percepire il calore della sua pelle, avvertire il suo profumo, stringerla tra le sue braccia…
 
«Yrjö! Yrjö!»
Il giovane tornò bruscamente alla realtà. Davanti a lui comparve l’espressione spazientita di Lauri.
«Si può sapere che ti prende? Non ti sei accorto che ti stavo chiamando?»
«Scusami…» farfugliò il medico. 
L’altro lo rimproverò: «la licenza è finita. Non puoi permetterti distrazioni qui!»
«Lo so, mi dispiace. Non capiterà più» lo rassicurò.
Lauri sospirò: «stavi pensando a lei, vero?»
Yrjö rimase in silenzio.
L’amico mostrò un irriverente sorriso: «ero certo che alla fine l’avresti incontrata»
«Ho solo avuto il tempo di confessarle il mio amore e di dirle addio»
Lauri non si lasciò coinvolgere dai sentimentalismi.
«Be’, sei vuoi tornare vivo da quella ragazza cerca di restare sempre vigile e in allerta. E adesso muoviti, ti stanno aspettando in infermeria. Un novellino si è ferito durante le esercitazioni…»
Yrjö non perse tempo, affrettandosi ad eseguire il suo dovere.
Lauri osservò il compagno scomparire tra la folla di soldati. Si fidava di lui e non aveva dubbi sul fatto che egli fosse un bravo medico, ma temeva che il suo buon cuore potesse rivelarsi un ostacolo in quella guerra. Il suo amico non era un combattente, desiderava aiutare gli altri e questo era sicuramente ammirevole, ma ciò non gli avrebbe salvato la vita al fronte. Prima o poi anche Yrjö avrebbe dovuto rinunciare alla sua innocenza, soltanto in questo modo avrebbe potuto sopravvivere.
 
Yrjö strinse le bende intorno alla mano del povero malcapitato. Il giovane era pallido e sofferente, ma aveva stretto i denti senza emettere nemmeno un lamento.
«Non preoccuparti, la ferita si rimarginerà presto» lo rassicurò il dottore.
La recluta annuì in silenzio.
«Che cosa è successo?» domandò Yrjö mentre sistemava la medicazione.
«È stato un incidente…»
«Questo me lo hai già detto. Ho bisogno di sapere qualcosa di più»
Il giovane esitò, abbassò lo sguardo mostrandosi sempre più nervoso.
«È successo durante le esercitazioni…non ho prestato abbastanza attenzione nel fissare la baionetta e mi sono ferito la mano»
«Capisco. Per fortuna non è nulla di grave» commentò il dottore.
«Penserà che sono uno stupido»
«No, affatto. Perché dovrei?»
Il ragazzo sospirò: «mi sono arruolato per combattere e non so nemmeno badare a me stesso! Non diventerò mai un buon soldato!»
Yrjö mostrò un benevolo sorriso.
«Non preoccuparti, tutti commettono degli errori. L’importante è imparare dai nostri sbagli»
«Il tenente Koskinen dice sempre che in prima linea ogni errore può essere fatale»
Il medico provò una strana sensazione nel sentire chiamare il suo amico in quel modo.
«Il tuo comandante ha ragione, ma nessuno è infallibile. Per questo dobbiamo aiutarci e supportarci a vicenda»
Il giovane sembrò rassicurato dalle sue parole.
«Lei è già stato in guerra?» domandò.
Yrjö annuì.
«In Finlandia si raccontavano storie assurde su ciò che accadeva laggiù. Era tutto vero?»
Il medico scelse di non mentire: «per la maggior parte sì»
«Dunque è vero che in guerra i soldati muoiono in modi così orribili?»
In quel momento Yrjö capì.
«Non è stato un incidente, vero?»
La recluta sbiancò ulteriormente, le labbra iniziarono a tremolare mentre i suoi occhi si inumidirono di lacrime.
«Ho paura dottore…» ammise tra i singhiozzi.
Il medico riconobbe il terrore nei suoi occhi.
«Mi dispiace, sono solo un vigliacco» continuò il ragazzo, ormai in preda all’agitazione.
Yrjö tentò di rassicurarlo: «adesso respira, piano, ecco così. Avvertirai un po’ di dolore, ma poi ti sentirai meglio»
Il giovane notò che egli stava preparando un’iniezione.
«Che cosa vuole darmi?»
«Solo un calmante. Ho già visto uomini nel tuo stato, anche i più forti e coraggiosi possono cadere vittime di una crisi di nervi»
«Non voglio morire…per favore dottore, mi aiuti!»
Yrjö aiutò il paziente a distendersi sul materasso, fu costretto a trattenerlo finché il sedativo non manifestò i suoi effetti.
Il medico rimase accanto al giovane, poggiò un fazzoletto umido sulla sua fronte, la pelle bruciava a causa della febbre.
Yrjö rifletté sulla situazione, se avesse riportato la verità sull’accaduto quel soldato sarebbe stato accusato di codardia, processato e forse addirittura condannato. D’altra parte non poteva permettergli di raggiungere il fronte in quello stato, le sue condizioni avrebbero potuto solo peggiorare.
Dopo aver meditato a lungo sulla questione Yrjö prese la sua decisione.   
«Il paziente deve essere trasferito al più presto in ospedale. Temo che sussista un rischio di setticemia, ha bisogno di un periodo di isolamento e riposo»
Yrjö abbandonò l’infermeria dopo aver lasciato queste raccomandazioni, non avrebbe potuto fare nulla di più.
 
Lauri aveva appena concluso il suo turno di guardia ai confini dell’accampamento. Il soldato prese posto davanti al falò, avvicinandosi al calore delle fiamme per scaldarsi. I suoi compagni ridevano e scherzavano intorno a lui, condividendo una preziosa bottiglia di vino. Un dono del comandante per celebrare l’imminente partenza.
Lauri rimase in silenzio e in disparte. In altre occasioni non avrebbe esitato a far baldoria con i suoi commilitoni, ma quella sera avvertì qualcosa di diverso.
Osservando il cielo stellato ripensò all’ultima conversazione avuta con sua moglie.
 
Marija non era pronta a separarsi da suo marito, così finalmente aveva trovato il coraggio di affrontare i problemi del loro rapporto.
«Perché hai scelto di partire?» aveva domandato pretendendo una valida risposta.
Lauri non aveva esitato a difendere la sua decisione: «sono uno Jäger, devo tornare a combattere»
«La guerra è finita. Ho aspettato tre anni il tuo ritorno, e adesso tu mi stai abbandonando di nuovo»
«Non era mia intenzione farti soffrire, ma sono sempre stato sincero nei tuoi confronti. Per questo non volevo che tu mi sposassi»
«Credevo che tu mi amassi»
«Certo che ti amo. Per questo non avrei voluto farti soffrire»
«Ho paura che tu stia soltanto fuggendo»
Lauri non aveva capito: «che stai dicendo?»
«Troverai sempre un’altra battaglia. La verità è che ami la guerra più della tua famiglia»
Il giovane si era sentito offeso da quelle accuse: «ho rinunciato a tutto per te. Come puoi pensare che non ti ami abbastanza?»
Marija era scoppiata a piangere.
Lauri si era pentito per essere stato così severo nei confronti della donna che amava. Si era avvicinato a lei, prendendo il suo volto tra le mani e asciugando dolcemente le sue lacrime.
Lei aveva poggiato le mani sul suo petto: «tutto quel che voglio è stare con te. Ho bisogno di mio marito al mio fianco»
«Anche io soffro quando sono lontano da te»
«Ricordi come eravamo quando ci siamo sposati? Desideravamo solo stare insieme, costruire una famiglia, avere dei figli…»
«Voglio ancora tutto questo»
«Allora resta qui con me. Ti prego»
Il giovane aveva abbassato tristemente lo sguardo.  
«Non posso, mi dispiace»
Marija l’aveva stretto a sé, reprimendo il suo dolore con un ultimo bacio.   
 
Lauri si riprese da quei pensieri, le voci dei suoi commilitoni lo riportarono alla realtà. Qualcuno gli porse tra le mani una tazza colma di vino.
«Bevi, coraggio. Ti aiuterà a scaldarti!»
Egli ringraziò il compagno e seguì il suo consiglio. Dopo aver buttato giù un lungo sorso avvertì una piacevole sensazione di tepore diffondersi nel suo corpo. Pian piano il pensiero di casa divenne soltanto un lontano ricordo. Non era il momento di abbandonarsi allo sconforto, entro poche ore avrebbe raggiunto il fronte. I suoi compagni avevano bisogno di lui.
Ancora una volta la chiamata alle armi risvegliò il suo spirito di soldato.
 
***

Il treno si fermò alla stazione di Ruovesi, gli sportelli si aprirono all’improvviso, lasciando entrare l’intensa luce del sole. Una voce ordinò agli uomini accalcati all’interno del vagone di uscire rapidamente e schierarsi nel piazzale.
Hjalmar seguì i suoi compagni, accanto a loro sembrava solo un bambino, a stento riusciva a reggere il peso dello zaino e del fucile. 
I soldati si posizionarono sull’attenti, con l’arma in spalla e lo sguardo fisso in avanti. Restarono in attesa, così come gli era stato ordinato dal caposquadra.
Dopo un po’ si presentò un ufficiale con la fascia rossa al braccio. Indossava un cappotto russo, da un lato portava la pistola, dall’altro la spada. Appariva piuttosto giovane, l’espressione sul suo volto era seria e severa.
«Soldati, io sono il tenente Antti Eskola. Domani affronterete il nemico in prima linea, spero che siate tutti pronti a combattere»
Il comandante camminò lentamente davanti ai suoi uomini, esaminando i nuovi arrivati con lo sguardo. Quando giunse davanti a Hjalmar lo squadrò dall’alto in basso con aria perplessa.
«Quanti anni hai?»
«Diciotto»
L’ufficiale scosse il capo.
«Non credo proprio. Quanti anni hai realmente?» chiese di nuovo, il suo tono era deciso, ma gentile.
Hjalmar mantenne lo sguardo fisso davanti a sé.
«Quindici signore. Sono una staffetta, ho un messaggio del tenente Hedmann…è stato lui a inviarmi qui»
Eskola rimase diffidente.
«Davvero? Mostrami la lettera»
Il ragazzino estrasse un foglio dalla tasca della giubba e lo porse al comandante, il quale lo esaminò con attenzione. Rifletté qualche istante prima di prendere la sua decisione.
«Non sei un soldato, ma potresti comunque essere utile. Ti andrebbe di diventare il mio attendente?»
Hjalmar annuì con entusiasmo: «sì, signore. Farò del mio meglio, signore»
Il tenente parve soddisfatto: «bene. Allora puoi andare alle scuderie a preparare il mio cavallo, dobbiamo essere pronti a partire il prima possibile»
Hjalmar si congedò portandosi la mano al berretto, poi corse frettolosamente in direzione della stalla.
Eskola l’osservò sparire nella nebbia.  
«È sicuro della sua scelta?» domandò il sottotenente al suo fianco.  
«È giovane, ma sembra un ragazzo sveglio. Inoltre se il tenente Hedmann ha deciso di inviarlo qui significa che Tampere non è più una città sicura»
«I Bianchi potrebbero star preparando un altro attacco?»
Il tenente non rispose, non poteva sapere che cosa sarebbe accaduto, il suo dovere era continuare a respingere l’avanzata nemica ai confini del lago di Näsijärvi.
L’ufficiale si rivolse nuovamente ai soldati: «coraggio, in marcia!»
 
 
Quella sera all’accampamento il tenente Eskola si complimentò con il suo nuovo assistente. Il ragazzo era stato svelto ed efficiente a portare a termine il suo compito, inoltre sembrava piuttosto a suo agio nel prendersi cura del suo destriero. 
«Devo ammettere di essere sorpreso, oggi hai svolto un ottimo lavoro» constatò l’ufficiale di ritorno nel suo rifugio.
«Alla fattoria mi occupavo sempre dei cavalli» spiegò Hjalmar con orgoglio.
«Bene, i ragazzi di campagna conoscono bene il duro lavoro e non hanno paura di sporcarsi le mani» commentò.
«Non ho molta esperienza, ma posso imparare in fretta»
Il tenente lo guardò con compassione, invidiò l’ingenuità di quel ragazzo.
«Come ti chiami?» chiese con inaspettata confidenza.
«Qui tutti mi conoscono come Jänis»
L’ufficiale si chinò per osservarlo dritto in volto: «d’accordo lepre, da cosa stai scappando?»
Il giovane gli rivolse uno sguardo interrogativo.
«Ti sei presentato al fronte mentendo sulla tua età e adesso non vuoi rivelarmi il tuo vero nome…»
«Voglio solo rendermi utile. In città ero solo ragazzino, ma come staffetta ho dimostrato di poter aiutare i miei compagni»
Antti cercò di comprendere la situazione.
«Sai sparare?» chiese indicando il fucile con lo sguardo.
Egli confermò: «sì signore. Ho imparato andando a caccia con mio fratello»
«Hai mai sparato ad un uomo?»
«No signore»
«È bene che ti insegni come ci si comporta al fronte. Questa guerra non è una gita nei boschi»
«Ne sono consapevole»
Eskola chiarì i suoi propositi.  
«Non ho intenzione di farti combattere, ma voglio essere certo che in caso di necessità tu sappia difenderti. Capisci cosa intendo?»
Il ragazzo annuì.  
 Il tenente prese un profondo respiro.
«Tuo fratello sa che sei qui?»
Hjalmar negò scuotendo la testa: «anch’egli è al fronte, suppongo che adesso sia a difendere Tampere»
«Perché non sei rimasto con lui?»
Il giovane sollevò leggermente lo sguardo: «ho eseguito gli ordini del tenente Hedmann»
Eskola si commosse per la cieca dedizione di quel giovane, il quale era davvero determinato a svolgere il suo dovere.
L’ufficiale poggiò una mano sulla sua spalla.
«Non posso farti alcuna promessa, ma cercherò di fare del mio meglio per renderti un buon soldato»
Hjalmar sorrise: «grazie signore»




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