Le Petit Prince

di dirkfelpy89
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Capitolo 10, Addii

 



"Quand j'aurai fait voir que je sais exposer ma vie pour un pays qui n'est pas le mien, on ne doutera plus que je sache la risquer mieux encore pour ma patrie* ”
Luigi Eugenio.

 

Le valigie erano appoggiate sul tavolo. Nonostante il principe avesse cercato di imporre una certa sobrietà nei preparativi per la partenza, inevitabilmente sua madre e i vari collaboratori avevano deciso di dotarlo di numerosi abiti e accessori che, sospettava, non avrebbe avuto modo di usare.
Sarebbe bastata solamente la sua fidata rivoltella e l'uniforme, per viaggiare in Africa, ma ovviamente nessuno gli aveva dato ascolto. Era un principe, non un soldato qualsiasi.
Anche se dubitava di poter partecipare a cene di gala durante la guerra.

Luigi Eugenio non aveva avuto il cuore di imporsi su quell'argomento, anche perché sapeva già di aver tirato molto la corda. Non era stato facile convincere la regina Vittoria, la quale forse, in fondo, da una parte temeva il ritorno di un impero in Francia, dall'altra guardava con sospetto la Repubblica, ma convincere Eugenia si era rivelato quasi impossibile.
C'erano volute molte altre discussioni per far capitolare la donna, la quale alla fine esercitò la sua influenza sulla sovrana inglese per convincerla a dare l'autorizzazione al figlio per partire con il suo reggimento.
Era stato necessario più tempo del previsto e aveva dovuto accettare la promessa di non partecipare a nessuno scontro in prima linea, ma comunque la cosa più importante era che sarebbe partito alla volta dell'Africa.

La porta della camera si aprì di scatto ed entrarono un paio di domestici, i quali presero le pesanti valigie e le portarono fuori.
Approfittando della porta aperta, nella stanza entrò Debois.
"La carrozza è ormai quasi pronta, principe, i preparativi sono ultimati," disse, nel suo solito tono pedante.
Luigi annuì, si avvicinò alla sua scrivania e chiuse un cassetto, poi consegnò la chiave al suo assistente.
"Dentro a quel cassetto ci sono dei documenti che devono essere aperti solo nel caso mi dovesse succedere… qualcosa, in Africa," spiegò il principe.
"Parlare di queste cose prima che lei si metta in viaggio porta male…" lo ammonì Debois.
"Lo so, però sono abituato a prepararmi ad ogni evenienza," spiegò il ragazzo.
"Posso sapere di quali documenti si tratta?" Chiese l'assistente, infilando la chiave in una tasca della giacca.
"Principalmente il mio testamento," rispose Luigi, dissimulando una tranquillità che invece non possedeva, affrontando quell'argomento. "So che a molti di voi sembrerò solo un ragazzino sciocco ma sono abbastanza intelligente da sapere che se mi dovesse succedere qualcosa, senza che io lasci un testamento dietro, i miei sostenitori si azzannerebbero alla gola a vicenda."

Debois rimase in silenzio, un piccolo cenno della testa a fare intendere che aveva compreso le parole del principe. Fece per voltarsi quando Luigi lo chiamò per un'ultima volta.
"Siete il mio assistente, perciò assistetemi e vegliate su mia madre, durante la mia assenza," sussurrò il ragazzo. "So che tenete molto a lei, che siete i suoi occhi e orecchie. Aiutatela e consolarla come meglio potete. E mi auguro che il vostro meglio sia abbastanza."
L'uomo annuì, non negò nemmeno le velate accuse del principe. Era inutile, lo sapeva bene.
"Sarà fatto, principe."
"Bene, potete andare,” lo congedò Luigi.

Debois lasciò la stanza ma il principe rimase ben poco tempo da solo perché, dall'uscio della porta aperta, comparve Beatrice.
La ragazza avanzò fino a raggiungere Luigi il quale le prese le mani; erano fredde.
"Beatrice, che piacevole sorpresa. Non pensavo che sareste venuta," esclamò il ragazzo.
"Non potevo mancare," rispose la nuova venuta. "Vi porgo gli omaggi di mia madre e dei miei fratelli e vi augurano tutti un buon viaggio, ringraziandovi per la lealtà dimostrata."
"No, sono io che vi devo ringraziare, siete stata una preziosa alleata e amica. Non lo dimenticherò," esclamò Luigi Eugenio ma a quelle parole la ragazza sbiancò.

"Non sono sicura di aver preso la decisione giusta, se vi dovesse succedere qualcosa io…"
"Ma non mi succederà niente, da questo viaggio non potrò che imparare e crescere come uomo, " disse il principe, interrompendo il flusso di parole di Beatrice, "e quando tornerò il mio futuro e la strada che dovrò percorrere mi saranno ben più chiari."
"Vi prego, non parliamo oltre di questo argomento perché mi riempie il cuore di ansia e paura,"sussurrò la ragazza.

Era evidente come quell'argomento la mettesse a disagio perciò il principe accettò quella proposta e i due parlarono ancora per qualche minuto, evitando accuratamente l'argomento Africa e guerra.
Furono minuti preziosi per i due giovani ma di breve durata perché dopo poco un’assistente della principessa la richiamò al suo dovere: aveva altri impegni urgenti nella giornata e non poteva trattenersi oltre.

Alla fine, quando la ragazza lasciò Camden House, con la promessa di tenersi in contatto tramite lettera, varie sensazioni albergavano nel principe.
Si sentiva strano, vedendola andar via sulla sua carrozza rossa.
Forse Eugenia e la regina Vittoria avevano ragione, forse Beatrice era la donna giusta per lui.

Dopotutto era simpatica, dolce eppure non stucchevole, come molte dame del suo stato sociale che il principe aveva avuto occasione di conoscere.
Si frequentavano da anni e ormai erano affiatati come una vecchia coppia però… però non era Fiammetta.
Osservando Beatrice, passando del tempo con lei, non provava dentro di sé quell'agonia che aveva sperimentato in Italia.
Allora sarebbe morto pur di passare un'altra notte nella camera di Fiammetta, anche se ormai il tempo e la lontananza avevano affievolito quel sentimento; provava qualcosa per Beatrice ma non sapeva, non riusciva a comprendere, se fosse amicizia, tenerezza o amore.
Dopotutto, non riusciva ancora a comprendere se i sentimenti che aveva provato per Fiammetta fossero semplicemente carnali o ci fosse qualcos'altro dietro.

Forse, anche in quel caso, la lontananza e il tempo avrebbero schiarito la mente del principe su quella materia terribilmente difficile e instabile.
L'amore.

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Quando Luigi Eugenio scese al piano di sotto, la mattina era ormai inoltrata.
Vide la carrozza pronta, fuori dalla porta, e tutti i domestici tirati a lucido per salutarlo.
Non notò però la madre e ne indovinò la ragione: anche se aveva dato il suo assenso alla regina Vittoria, in cuor suo ancora non comprendeva il gesto del figlio.
Si era stancato di dover dare giustificazioni ma non poteva partire sapendo che la madre era in collera con lui, perciò il principe fece dietrofront e si diresse, a passo spedito, verso il salotto privato di sua madre, certo che l'avrebbe trovata là.

Non si sbagliò: l'imperatrice Eugenia era seduta su una delle sue poltrone preferite, il capo chino e un rosario tra le mani.
"Madre, avete davvero intenzione di congedarmi in questo modo?"
Chiese il ragazzo, entrando nella stanza.
La donna si riscosse, alzando la testa e, vedendo il figlio, nascose immediatamente il rosario in una piega del vestito.

"Luigi, non ho intenzione di discutere prima della tua partenza…"
"Neanche io, madre. È solo che non capisco il vostro comportamento: avete infine appoggiato il mio progetto e proprio adesso che sto per partire vi rifiutate di parlarmi," rispose il ragazzo.
"Non ho mai appoggiato il tuo progetto," lo interruppe la donna. "Solo che, dopo infinite insistenze da parte tua, ho capito quanto sia importante il viaggio in Africa e ti ho sostenuto, con la regina Vittoria. Ma fosse dipeso esclusivamente da me…"
"Esatto, questo viaggio in Africa è terribilmente importante per me e io vi ringrazio per il sostegno. Ho promesso che non parteciperò a combattimenti in prima linea, che non farò mosse azzardate e che avrò sempre degli uomini con me," esclamò Luigi. "Sarò al sicuro, vedrete!"
"In una guerra non si è mai al sicuro. Possono succedere mille cose: malattie, ribellioni, attentati," replicò Eugenia.
"Non siete mai stata in una guerra, chi vi ha detto questo? Rouher?" Chiese il principe, aggrottando le sopracciglia.
La donna rimase in silenzio ma non c'era alcun bisogno che confermasse.

"E voi vi fidate più del parere di quell'uomo che di vostro figlio?"
"Non si tratta di questo," esclamò l'Imperatrice, sull'orlo delle lacrime." Io mi fido di te, figlio mio, ma una guerra è pur sempre una guerra e la tua vita sarà comunque a rischio… per di più per una nazione straniera!"
Nonostante fosse in collera con la madre per la sua evidente mancanza di fiducia, vedendola ridotta in quel modo Luigi Eugenio non poté non avvicinarsi e abbracciare la donna.
I due rimasero per qualche secondo in silenzio, abbracciati stretti; non c'era bisogno di parole inutili.
Luigi mise in quell'abbraccio tutto l'amore che provava per la madre e la donna tutta la sua pena e ansia per le sorti dell'unico figlio così adorato.

Finalmente Luigi indietreggiò e sussurrò: "lo so che in tanti dubitano di questa mia scelta, madre, ma sono convinto che quando avrò dimostrato di saper rischiare la vita per un paese che non è il mio, allora non ci saranno più dubbi che saprò rischiare tutto per il mio Paese.*"
Eugenia non seppe come reagire a quelle parole ma l'ingresso di Marc Lefleur, il quale comunicava come l'ora fosse ormai giunta per la partenza del principe, le tolse quell'imbarazzo.
Si chinò e baciò il figlio sulla fronte.
"Sii prudente e inviami più lettere possibili."
"Lo sarò e lo farò, madre."

Il principe si alzò e seguì Marc fuori dalla stanza.
Vide tutti i domestici, pronti per salutarlo, e strinse brevemente le mani di ogni singolo membro di Camden House.
"Durante la mia assenza vi do un singolo scopo: vegliate su questa casa e su mia madre come meglio potete," disse, scrutando attentamente tutte le facce, in particolar modo Debois.
"Sarà fatto, altezza," sussurrò Louis Demivalle, il capo dei domestici, con un piccolo inchino deferente.

Soddisfatto, Luigi uscì all'aria aperta, godendosi brevemente il sole che stava rischiarando quella mattina fino ad allora grigia e nuvolosa. Un presagio positivo?
Vide la carrozza pronta e, aiutato da Lefleur, montò dentro.
Prima di chiudere la porta però rimase per qualche secondo ad osservare Camden House, come faceva ogni volta che era di partenza per qualche lungo viaggio.

La sua partecipazione alla guerra contro gli Zulu sarebbe servita a fargli capire se era pronto a diventare un uomo a tutti gli effetti, a sposare oppure no Beatrice e forse anche a capire se poteva considerare l'Inghilterra come una seconda casa.
Vide i domestici intenti a salutarlo e intravide, da una finestra nel piano terra, la sagoma della madre.

"Altezza, dobbiamo partire," disse Marc e Luigi annuì, chiudendo la porta.
La carrozza iniziò a trotterellare lungo il viale diretta, a passo spedito, verso un futuro che appariva misterioso ma altrettanto affascinante.

Allora non poteva certo saperlo, ma quella fu l'ultima volta che gli occhi di Luigi Eugenio poterono osservare Camden House e i suoi occupanti.

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Siamo ormai in dirittura d'arrivo, non mancano più di tre o quattro capitoli più l'epilogo e si avvicina anche la parte più difficile da scrivere. Spero che questo capitolo di transizione, ma in qualche modo obbligatorio, vi sia piaciuto, appuntamento al prossimo con l'arrivo del principe in Africa!





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