Capitolo 19
In cerca di Safet
Un dolore lancinante al
fianco svegliò Safet. Aprì gli occhi, ma per qualche
istante non riuscì a vedere altro che un liquido rosso scuro che
gli offuscava la vista, ci mise qualche secondo prima di capire che
quel liquido non era altro che il suo sangue. Scosse la testa per
liberare gli occhi e comprese la causa del dolore: un'aquila
demoniaca lo stava beccando nel tentativo di raggiungere il fegato e
divorarlo. Provò ad allontanarla con una mano, ma una catena
gli bloccò il movimento. Il che gli ricordò com'era
finito lassù: Zamesh, l'arcidiavolo più sadico tra
tutti, si era alleato con Krastet e Zoel e ne aveva approfittato per
sfogare tutta la sua crudeltà di psicopatico bastardo
divertendosi a testare su di lui alcune nuove fantasiose torture
destinate ai suoi dannati.
Alla fine gli stessi
Krastet e Zoel erano intervenuti per interrompere lo scempio a cui
Zamesh lo stava sottoponendo. La scusa dei due arcidiavoli era stata
che non bisognava rischiare di ucciderlo perché serviva come
ostaggio, ma era evidente da come erano pallidi e imbarazzati che
pure loro si vergognavano per le torture inutili che gli erano state
inferte, visto che lo scopo della sua cattura era solo di impedirgli
di intervenire per evitare il rapimento dell'Alfiere del male.
Per non deludere troppo
Zamesh e rischiare di incorrere nella sua furia, avevano comunque
proposto di sottoporlo al supplizio di Tantalo e le ultime cose che
ricordava con chiarezza erano che gli Arcidiavoli avevano miracolato
le catene per impedire ai suoi alleati di liberarlo e Zamesh gli
aveva affondato gli artigli nello stomaco ridendo divertito, poi
tutto si era fatto confuso e aveva perso i sensi.
Al suo risveglio si era
ritrovato incatenato a una roccia con quello stupido volatile
attaccato al fianco. Suo malgrado gli sfuggì una risatina,
quei tre imbecilli non erano capaci nemmeno di distinguere Tantalo da
Prometeo.
Per un momento fu anche
attraversato da un dubbio puramente tecnico sull'utilità di
quell'ennesima tortura, non era sicuro infatti che gli angeli, o gli
ex angeli, possedessero un fegato. La sua curiosità di
studioso ebbe però fine non appena l'aquila lo beccò di
nuovo. Stanco di sopportare quel dolore, le soffiò una
fiammata dal naso e dalla bocca inducendola a lasciare immediatamente
la presa e fuggire ad ali spiegate verso il lato opposto del burrone,
spargendo nell'aria un odore di penne bruciate e pollo arrosto che
suscitò un certo appetito in Safet che aveva dovuto rinunciare
alla cena preparata da Aurora e ormai era a digiuno da diverse ore.
Se la situazione non era
eccessivamente tragica, considerando che l'Aquila infernale almeno
per il momento aveva rinunciato a divorare il suo fegato (ammesso di
averlo), non era nemmeno rosea.
Il demone si dimenò
nervosamente nel tentativo di spezzare le catene che lo
imprigionavano, ottenendo solo di ricevere una terribile scarica
elettrica che consumò le ultime energie che gli erano rimaste.
L'Aquila alzò la
testa verso la sua direzione ma uno sguardo del supervisore la
convinse a lasciar perdere e tornare ad accovacciarsi con aria offesa
sullo spuntone di roccia che si ergeva dalla parte opposta del
burrone infernale, dove si era appollaiata in attesa che Safet
perdesse nuovamente i sensi.
Una voce femminile
richiamò l'attenzione di Safet. «Prof, ma che diavolo ci
fa incatenato a questa roccia?»
Alzò lo sguardo e
riconobbe Atriel, una sua ex studentessa molto bella, molto
intelligente e se non ricordava male anche "molto" amica di
Akenet, il che non era sicuro potesse volgere la situazione a suo
favore. La demone, che si teneva in volo davanti a lui sbattendo le
ali con una grazia e una sensualità del tutto naturali, lo
stava osservando preoccupata.
«Ciao, Atriel. Come
stai?» La salutò, come se non ci fosse niente di
particolarmente inusuale nell'essere ricoperto di sangue e incatenato
a una parete rocciosa mentre un'aquila aspettava il momento migliore
per strappargli il fegato.
«Io bene. E lei che
mi sembra leggermente in difficoltà, ha bisogno di aiuto?»
Chiese Atriel allungando una mano verso le catene.
«Non toccarle!
Rischi di farti molto male» la fermò Safet.
«Vuole che vada a
chiamare un demone fabbro?» domandò lei ritirando la
mano.
«Sarebbe inutile,
le catene sono bloccate da un miracolo».
«Di chi?»
Vedendo che Safet era
titubante, Atriel capì. «L'hanno incatenato quei due
idioti di Krastet e Zoel per la storia del figlio di Azaele, non è
così?»
Safet sospirò,
tanto valeva essere sincero. «Già!»
«Vado a chiamare
Akenet, ci metterà un istante a sciogliere l'incantesimo».
«Atriel, non vedo
motivo per cui Akenet dovrebbe darmi una mano, anche lui è
interessato al figlio di Azaele e gradirei evitare di essere
carbonizzato, visto che sono già stato torturato abbastanza da
Zamesh!»
«Che ha a che fare
Zamesh con quei due? Non mi risulta siano mai stati amici!»
Domandò stupita Atriel.
«Pare che si siano
alleati in vista di una possibile guerra per l'Alfiere del male»
Atriel rifletté su
quello che gli aveva appena detto Safet.
«Credo che questo
sia un altro buon motivo per informare Akenet, lui non è tipo
da collaborare con gente come Zamesh!»
«Ti ricordo che
carbonizza i suoi sottoposti per noia...»
Atriel sbattè le
ali un po' a disagio. «È vero, però li cura
subito e poi da quando è innamorato della sua collaboratrice
carina e rotondetta non lo fa più!»
«È
innamorato di Adel?» Domandò sinceramente stupito Safet.
«Si, solo che
quello stupido Arcidiavolo non lo sa ancora!» Rise la demone,
che subito aggiunse «La prego, non gli dica che gliel'ho
detto!»
«Non preoccuparti»
la rassicurò lui. «Senti, se davvero vuoi aiutarmi,
perché non informi Razel, lui non è un Arcidiavolo ma
credo sia abbastanza forte da riuscire ad aprire le catene prima che
l'incantesimo possa fargli seriamente del male».
Atriel era indecisa, non
voleva tenere Akenet all'oscuro di quello che stava succedendo, ma
non voleva neppure lasciare il suo antico insegnante nei guai. Alla
fine decise che avrebbe informato prima Razel e poi Akenet.
«Non posso
nascondere quello che sta succedendo ad Akenet, Prof, però
posso avvertire prima Razel in modo da darvi un po' di vantaggio.
Cosa ne dice?»
«Dico che è
meglio di niente; grazie Atriel, se esco vivo da questo casino, non
mi dimenticherò che mi hai aiutato!»
La demone, che da
studentessa aveva avuto una cotta non indifferente per il suo
professore, sospirò. «Sono io che non dimentico che lei
ha rinunciato al Paradiso per noi studenti. E non cerchi di negarlo,
i miei ex compagni possono anche essere così tonti da non
averlo capito, ma io lo so benissimo. Lei non è come gli altri
e non dovrebbe stare quaggiù!»
Safet la guardò
con orgoglio, era sempre una grande soddisfazione, incontrare un ex
alunno che si dimostrava al di sopra degli errori commessi.
«Anche tu non
dovresti essere quaggiù!»
Lei guardò un
attimo verso l'alto e commentò tristemente «Si, sbaglia.
Io me lo sono meritato, come la maggior parte di tutti quelli che
sono finiti in questo luogo di dolore!»
Si avvicinò per
abbracciarlo, ma poi si ricordò che non poteva toccare le
catene.
«Tornerò,
presto. Tenga duro!» lo salutò volando via prima che
potesse accorgersi dei suoi occhi lucidi.
«A presto Atriel!»
Rispose lui altrettanto commosso.
#
Michele si guardò
intorno nervosamente, i suoi occhi di Angelo non si erano ancora
abituati all'oscurità infernale.
«Dobbiamo trovare
un modo di uscire da qua velocemente, mi è proibito entrare
all'Inferno e lo stesso vale per Yetunde!»
«Tra l'altro non
sono neanche vicino ad essere nel
mezzo del cammin di nostra vita!»
commentò Yetunde.
Azaele si guardò
intorno perplesso. «Francamente non riesco a capire dove siamo,
c'è un buio esagerato perfino per i miei occhi di demone.
Miky, perché non accendi l'aureola almeno per un istante?»
«Sei impazzito,
Aza, vuoi che mi vedano da qui all'eternità?»
«Ok, forse
effettivamente non è una buona idea».
Azaele non era mai stato
molto bravo a muoversi in mezzo ai gironi infernali, collegati da
canyon, sentieri e cunicoli che gli parevano tutti uguali, ma Michele
e Yetunde erano realmente in pericolo, per cui doveva assolutamente
cercare di capire dove si trovavano e accompagnarli all'uscita più
vicina. Strinse gli occhi e si concentrò fino a che non
cominciò a distinguere qualcosa in mezzo a quel buio pesto.
«Oook, direi che
quello sia il Flegetonte, quindi se seguiamo la corrente dovremmo
arrivare all'entrata del settimo Girone e se non ricordo male,
proprio lì c'è un uscita verso l'esterno!»
«Nel settimo girone
non ci sono i Centauri? Quelli non è che abbiano un carattere
allegro e volto alla socializzazione! Che poi l'Inferno non era
diviso in Cerchi a loro volta suddivisi in gironi?» domandò
Yetunde che aveva studiato la Divina commedia sia a scuola che per il
corso di restauratore.
«Diciamo che non è
che sia proprio tutto così preciso come lo descrive Dante,
cioè magari inizialmente anche, ma poi con il tempo è
diventato un po' un casino e insomma, ormai quaggiù parliamo
solo di Gironi…»
«Sentite, è
tutto interessantissimo, ma direi di muoverci, ho già un
leggero mal di testa!» Tagliò corto Michele.
«Hai ragione,
scusa. Seguitemi e state attenti alle buche, sono millenni che
nessuno provvede a fare un minimo di manutenzione ai sentieri!»
I tre amici si misero in
cammino lungo il ciglio del burrone. Yetunde e Michele erano
concentrati nel cercare di non perdere di vista Azaele, per quel poco
che riuscivano a vedere.
Stavano camminando da
circa un quarto d'ora quando il demone si fermò e esclamò
«Sono proprio un idiota!» Si frugò nelle tasche e
tirò fuori un accendino; lo accese giusto il tempo di
guardarsi intorno e incrociare gli sguardi di Yetunde e Michele
accecati dalla luce improvvisa. «Onestamente vi ricordavo più
belli!» Scherzò spegnendo l'accendino. «Ma
soprattutto più bassi!» Aggiunse perplesso.
«Aza con chi cavolo
stai parlando, noi siamo dietro di te!» rispose teso Michele.
Azaele riaccese
l'accendino, questa volta abbastanza a lungo da rendersi conto che
due Centauri lo stavano fissando piuttosto incazzati.
«Sa… Salve
ragazzi, tutto bene? Stavo scortando un utente verso l'Acheronte e,
sapete com'è mi sono confuso tra i sentieri…»
«Perché c'è
un celestiale con te?» domandò quello dei due centauri
che sembrava il più anziano, con una voce che pareva un misto
tra il nitrito di un cavallo e il ragliare di un asino.
«Ma quale
celestiale, quello è Sael camuffato per una missione
speciale…»
«Non dire cazzate,
Sael ha gli occhi verdi!» lo interruppe il centauro,
cominciando a pestare nervosamente uno zoccolo. «E l'umano
perché è vivo? È vietato far entrare umani vivi
all'Inferno!»
«Ma per caso vi
siete pippati cenere di lava, ragazzi? Secondo voi mi porto un
celestiale e un umano vivo in giro per l'inferno? Dai, non diciamo
fesserie!» cercò di bluffare Azaele.
«Secondo me è
esattamente quello che hai fatto!» Nitrì il centauro più
giovane, accendendo una fiaccola che illuminò perfettamente le
ali candide e piumate di Michele e il volto terrorizzato di Yetunde.
«Ohmmerda! Bé
ragazzi è stato un piacere, alla prossima!» Esclamò
Azaele afferrando Yetunde e gettandosi nel burrone seguito da
Michele.
I centauri cominciarono a
inseguirli lungo il ciglio dello strapiombo nitrendo infuriati e
lanciando frecce infuocate. Ben presto furono raggiunti da altri
centauri. L'unico aspetto positivo fu che le decine di frecce
lanciate contro i tre fuggitivi illuminarono a giorno il canyon
facilitando la loro fuga.
Pochi minuti dopo i tre
malcapitati atterrarono su una spianata, finalmente fuori pericolo e
in una zona decisamente più illuminata.
«Porca miseria,
adesso so cosa provava ogni volta John Wayne!» esclamò
Yetunde tirando un sospiro di sollievo.
«Già!»
ridacchiò Azaele.
«Non possiamo
fermarci, siamo ben lontani dall'aver trovato Safet o una uscita e io
non mi sento troppo bene» intervenne serio Michele.
Azaele lo guardò
rendendosi conto che l'amico era pallido. «Hai ragione,
dobbiamo muoverci subito».
«Dove siamo?»
domandò Yetunde.
«A occhio e croce a
tre quarti del settimo Girone, ma dalla parte opposta rispetto
all'uscita che volevo raggiungere. Però, se non ricordo male,
tra l'ottavo e il nono Girone c'è un posto che si chiama
Daemon Bar…»
«Stai scherzando?»
domandò Yetunde incredulo.
«No, perché?»
«Evitiamo di
distrarci, per favore!» li esortò Michele.
«Ok, sentite…
vicino al Daemon bar ci dovrebbe essere anche un'altra uscita,
andiamo a cercarla, voi tornate indietro da lì e io vado a
cercare informazioni su Safet!»
«È troppo
pericoloso, Aza. Devi uscire con noi!» rispose Michele
nervosamente.
«Ne parliamo quando
siamo lì!» disse Azaele. Non voleva irritare
ulteriormente l'amico il cui volto era sempre più pallido.
«Aza, secondo il
tuo piano però non allunghiamo la strada? Voglio dire, per
arrivare a questo Daemon Bar dobbiamo attraversare tutto l'ottavo
Girone. Non è meglio tornare indietro e uscire dalla porta che
dicevi prima?» Propose Yetunde.
«L'ottavo Girone è
meno pericoloso del settimo ed più piccolo e più stretto, quindi se lo attraversiamo in
volo dovremo metterci meno tempo che a tornare indietro» spiegò
Azaele.
«Bene, allora direi
di andare» propose Michele spiegando le ali.
«No, fermo! Lungo
il canyon ci aspettano di sicuro i centauri, passiamo dalla grotta e
usciamo dall'altra parte, dove non dovremo incontrarne altri!»
«Sei sicuro che non
ci siano simpatiche sorprese in quella grotta?» domandò
Yetunde.
«No, no,
tranquillo; però state ben attenti a non perdermi di vista,
dopo una ventina di metri inizia un labirinto. Niente di
terribilmente complicato, tra l'altro ci sono già stato e ho
lasciato delle indicazioni per arrivare all'uscita, ma comunque se vi
perdete rischiamo di impiegare troppo tempo e tu, Michele, prima esci
di qui è meglio è!»
«Si, sono
d'accordo» disse l'angelo che si sentiva sempre più
affaticato.
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Atriel stava cominciando
a desiderare di avere il potere di Akenet di carbonizzare le persone
con uno schiocco delle dita. Quella odiosissima segretaria con la
puzza sotto il naso non solo si rifiutava di collaborare, ma la
guardava anche con un'espressione colma di disprezzo.
«Senti, Jesebel,
ho bisogno di sapere dov'è Akenet. Devo dargli un'informazione
estremamente importante e francamente se fossi in te, eviterei di
decidere al posto del tuo capo se vale la pena di farmi parlare con
lui!»
Atriel, va detto, non era
venuta meno al patto con Safet, al contrario, aveva girato tutti i
ritrovi infernali frequentati da Razel, senza trovarlo. Alla fine
aveva deciso di informare direttamente Akenet, sicura di convincerlo
a non fare del male al Supervisore che in quelle condizioni non
rappresentava certo un pericolo né un ostacolo ai suoi
eventuali propositi di rapire il piccolo Alfiere del male. Inoltre
contava sul fatto che l'Arcidiavolo aveva molta stima di Safet e
anche se non l'avrebbe mai ammesso, era affezionato all'ex Arcangelo
che gli era stato vicino fin da quando era stato “scaricato”
dai genitori, come le aveva raccontato in un momento di profondo
sconforto poco dopo essere stati affidati entrambi alla stessa
tutrice. Atriel quindi, conosceva le vere origini dell'Arcidiavolo
fin da quando era un putto ed era anche l'unica creatura angelica che
lo avesse mai visto piangere, proprio per questo era riuscita a
rimanere sua amica durante i millenni nonostante il suo pessimo
carattere.
Jesebel, memore dello
sguardo omicida che le aveva rivolto il suo Responsabile, quando
aveva provato a fermare Adel, pensò che tutto sommato non
glielo faceva fare nessuno di rischiare ancora, tanto più che
non sapeva davvero dove fosse andato Akenet.
«Onestamente non so
dove sia andato. Lui, quel barilotto con cui ho idea che se la
intenda e Kafresh, sono usciti come razzi, senza neanche salutare»
spiegò svogliatamente.
Atriel si infastidì
nel sentire Jesebel definire Adel "barilotto". Forse perché
tutto sommato era felice che Akenet avesse trovato (sempre che si
decidesse ad ammetterlo) una compagna così dolce e graziosa
che, tra l'altro, riusciva a tenergli testa come forse nemmeno lei
stessa era mai riuscita a fare malgrado la loro millenaria “amicizia
con benefici".
«Va bene»
rispose freddamente voltando le spalle a Jesebel e andandosene
riflettendo sul fatto che forse la sua ultima possibilità per
aiutare Safet era di andare in quel covo di pettegoli che era il
Daemon Bar e provare a chiedere se qualcuno sapeva dove fossero
finiti Razel e Akenet.
«Un'altra che se ne
va senza degnarsi di salutare! A quanto pare l'educazione non è
uno dei requisiti per entrare nelle grazie di Akenet!» Sbuffò
stizzita Jesebel .
#
Yetunde stava aspettando
pazientemente che Azaele trovasse il segno che aveva lasciato tempo
prima per indicare in quale dei due cunicoli infilarsi per
raggiungere l'uscita del labirinto, quando la sua attenzione fu
attirata da un rumore alle sue spalle. Si guardò indietro
preoccupato ma non notò nulla. Fece qualche passo indietro
senza allontanarsi troppo. Per quanto i cunicoli del labirinto fosse
illuminati da fiaccole dalle fiamme eterne (così almeno aveva
spiegato Azaele), non voleva certo rischiare di perdersi. Sentì
nuovamente il rumore, questa volta un po' più chiaramente.
Sembrava provenire da una piccola apertura a lato del cunicolo.
Yetunde, incuriosito si avvicinò e diede un'occhiata scoprendo
così che si trattava di una stanza arredata e illuminata da
alcune fiaccole. Si sporse leggermente dentro l'apertura e notò
un letto sul quale era sdraiato, a pancia in giù, un giovane particolarmente peloso che sembrava singhiozzare nel sonno. «Ehy, amico, tutto bene?» domandò
rendendosi immediatamente conto della terribile idiozia che aveva
appena fatto. Il giovane disteso sul letto si svegliò e dopo
essersi grattato la testa, si voltò stupito. O almeno Yetunde
immaginò che fosse stupito visto che la testa di toro rendeva
alquanto difficoltoso interpretarne l'espressione. Il Minotauro,
perché era esattamente di lui che si trattava, fece un verso
strano ma sicuramente minaccioso, si alzò dal letto e
scomparve dalla visuale di Yetunde.
«Oh... merda.
Questa non è stata per niente una buona idea!» pensò
pallido il ragazzo affrettandosi a tornare da Azaele e Michele.
«I... io credo di
aver appena fatto una grossa fesseria!» balbettò pallido
e sudato.
«Perché che
hai combinato?» domandò Azaele scrutando il muro
seccato. Era sicuro di aver lasciato una freccia proprio tra i due
cunicoli. «Non capisco» disse rivolto a Michele, «sono
certo di aver disegnato una freccia proprio qua»
«Forse qualcuno
l'ha cancellata» ipotizzò l'angelo.
«Bé, ma
perché?»
«Sul serio, credo
sia meglio andare» insistette Yetunde cercando di attirare di
nuovo l'attenzione di Azaele.
«Un attimo, sto
cercando di capire da dove dobbiamo passare!» rispose
innervosito il demone.
«Azaele! Ti avevo
detto di non farti rivedere prima di aver raccolto i soldi per pagare
il tuo debito!» esclamò una voce taurina alle loro
spalle.
«Mino... stavo
proprio cercando te...» mentì il demone voltandosi e
cercando di assumere un'espressione più sincera possibile.
«Oh, quindi devo
immaginare che sia tornato e abbia interrotto il mio letargo per
restituirmi i soldi che ho perso per colpa tua!» rispose il
Minotauro sbuffando e dondolando la testa nervosamente.
«No, cioè
si... li ho raccolti, ma ecco... il problema è che non mi
ricordavo bene la cifra e quindi sono tornato per chiederti quanto ti
devo esattamente, così poi vado a prenderli e...»
«Tuuuu, osi
prendermi ancora per i fondelli?» muggì Mino
contrariato.
«No, ma che
prenderti per i fondelli... guarda te lo giuro sulla testa di
Zamesh...»
«Piccolo pezzo di
merda, questa volta ti ammazzo!» esclamò il Minotauro
abbassando la testa e prendendo una breve rincorsa per caricare
meglio Azaele.
«Seguitemi!»
urlò Azaele gettandosi nel cunicolo a sinistra.
«Ma non avevi,
detto che non ci dovevamo aspettare sorprese in questa cavolo di
labirinto?» si lamentò Yetunde correndo a perdifiato.
«E infatti sarebbe
stato così, se non avessi avuto la geniale idea di svegliare
Mino dal suo letargo!» rispose Azaele contrariato.
«Io spero solo che
alla fine di questo budello ci sia un'uscita, non ce la faccio più
a stare sottoterra!» intervenne Michele affannato.
«Si. Sono
abbastanza sicuro, che sia l'ultimo cunicolo» rispose Azaele
senza voltarsi.
Michele però era
arrivato alla fine delle sue energie. Senza quasi rendersene conto
perse i sensi e crollò sul pavimento accidentato. Yetunde e
Azaele continuarono la loro corsa fino all'uscita del labirinto senza
accorgersi di nulla.
Una volta fuori Azaele
stava per prendere Yetunde sulle spalle e volare via, quando si rese
conto che l'angelo non era con loro. «Porca merda, dov'è
finito Michele?» esclamò sudando freddo.
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