Haruto guardò
giù dalla vetrata che lo separava dal resto
del mondo. Un mondo colorato, pieno di persone che ridevano, ma che
avrebbero
potuto anche urlare, facendolo finalmente felice. Si sentiva in gabbia,
nessuno
poteva capirlo, nemmeno il suo fratellone, che continuava ad offrirgli
quella
bevanda calda, dicendogli che presto tutto sarebbe finito.
Non voleva andare via, stava bene
nella torre. Poteva
sentire le urla dall’altra parte del buco luminoso in cui
finiva la spazzatura,
e quello era divertente. Andare
sull’altalena era meno divertente, ma il
suo fratellone sembrava felice, e allora Haruto lo accontentava. Quel
prato
verde lo faceva sentire prigioniero, diverso da quello che era, come
Pinocchio
trasformato in asino.
Heartland venne a prenderlo. Lo
portò fuori da quella gabbia
che era la sua camera, dicendo che aveva bisogno del suo aiuto. Il
bambino lo
seguì senza aprire bocca: non gli interessava aiutarlo, al
suo fratellone il
sindaco non piaceva, ma voleva sentire quelle urla.
Angolo Autrice: ho deciso di
sfruttare il writober per
focalizzarmi su personaggi diversi, rispetto ai miei soliti Mihael e
Kaito (ci
saranno anche loro, fidatevi), e devo ammettere che queta versione di
Haruto mi
intrigava particolarmente.
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