Come ammazzare
Signore e signori,
faccio una
premessa: purtroppo
non sono un avvocato. Ho trovato su YouTube un video che parlava
della faccenda che leggerete e mi è venuta l’idea di scriverci su
una storia. Non so se il tizio del racconto abbia avuto un’intuizione
geniale, per così dire, o se stia per beccarsi la più grande
fregatura della sua vita.
In ogni caso,
auguro a tutti
buona lettura.
COME
AMMAZZARE LA MOGLIE ED ESSERE FELICI
Dicevi sempre
alle tue amiche che
avresti voluto che io ti sorprendessi. Cosa ne dici, sei abbastanza
sorpresa adesso? Te l’aspettavi una pietrata in testa?
Mi siedo su un
tronco caduto,
assaporo il silenzio del bosco. Si sta alzando la nebbia, una nebbia
insolitamente fitta, che nasconde gli alberi e mi dà l’impressione
di essere solo con me stesso e i miei pensieri.
Il tuo
maglioncino di lana
arancione, quello di uno stilista famoso, costato una cifra
comicamente alta, è ormai soltanto una macchia sbiadita e forse tra
un po’, col calare del buio, scomparirà del tutto.
Qui vicino a me
è rimasta la tua
borsa. La raccolgo, la apro. Ho sempre avuto la curiosità di sapere
cosa ci teniate voi donne, in quelle vostre enormi borse, e questa
forse è l’occasione per scoprirlo.
Tu non puoi più
dire di no, del
resto. Giusto?
Do un’occhiata:
roba inutile,
trucchi, ciarpame. Un portafoglio che oltre a svariate carte di
credito contiene solo tessere di palestre, estetiste e solarium. Un
cellulare dalla cover grondante di quei brillantini che voi donne vi
mettereste anche nel buco del culo. Assorbenti di ricambio, profumo,
crema per le mani, ago e filo, fazzoletti di carta, un foulard di
seta, dei cerotti. Ci mancano solo defibrillatore ed estintore.
Dal magma di
cianfrusaglie emerge
la tua agenda. Sulla copertina c’è un’immagine di fatine alate
in mezzo ai fiori, tra le pagine massime di saggezza pseudo-zen. Apro
a caso e leggo: “una giornata come oggi ci mostra quanto bello
possa essere lasciarsi andare e lasciare andare.”
Verissimo.
Mi sono
finalmente lasciato
andare e ti ho lasciata andare, anzi ti ho fatta
andare, assicurandomi che non tornerai mai più.
Do un’altra
occhiata al
maglioncino, ormai quasi scomparso nella nebbia. Voglio che sia
questa l’ultima immagine che ho di te: una macchia fioca,
indefinita. Scialba.
Scialba come
gli anni che abbiamo
passato insieme. Amici e parenti insulsi, ricevimenti insulsi,
vacanze in posti insulsi. Tutto con i miei soldi, naturalmente. Tu
non hai mai sentito il bisogno di contribuire al bilancio familiare.
Del resto ero
io quello
benestante, no? Ero io che avevo la villa, le macchine grosse, le
case al mare e in montagna. Che queste cose ci fossero perché
lavoravo dodici ore al giorno nell’azienda di famiglia era del
tutto irrilevante, per te. Anzi, no: era un buon motivo per
rinfacciarmi che non ero abbastanza presente, che non tenevo
abbastanza ai nostri momenti insieme.
I nostri
momenti insieme, poi.
Che meraviglia.
Fammene
rievocare qualcuno, fammi
congratulare ancora una volta con me stesso per la scelta che ho
fatto.
Un dialogo tipo:
“Cosa c’è?”
“Niente.”
Ma era chiaro
che c’era
qualcosa, se non altro per l’atteggiamento da beghina oltraggiata
che ostentativi.
“Sul serio,
cosa c’è?”
“Ti ho già
detto che non c’è
niente. Deve per forza esserci qualcosa quando siamo insieme?”
“Non ho detto
questo.”
“Non l’hai
detto, ma
evidentemente è quello che pensi. E comunque, se mi amassi davvero
avresti già capito che cosa c’è.”
“Allora c’è
qualcosa?”
Sospiro di
esasperazione. “Quindi
ritieni che debba esserci qualcosa? Tu cosa ne dici?”
E così via, in
un estenuante
loop che poteva andare avanti per ore.
E sai qual è la
più grande
assurdità? Che io non ti mandavo affanculo al terzo scambio.
Ero convinto
che se l’avessi
fatto avrei perso chissà che cosa, pensa un po’ che idiota. Che tu
te ne saresti andata. Poi ho capito che non correvo il minimo rischio
di rimanere da solo: il tuo obiettivo era solo farmi sentire sempre e
comunque nella posizione di doverti chiedere scusa, per qualcosa che
non mi ero nemmeno reso conto di aver fatto.
Per un po’ di
tempo –
potremmo dire un bel po’ di tempo – sono stato convinto che
quella che aveva ragione fossi tu: io ero una specie di bastardo
insensibile e tu la povera vittima della mia mancanza di comprensione
e delicatezza.
Poi ho capito.
Ho capito e ho
smesso di
macerarmi nella certezza di essere un uomo freddo, indifferente,
stronzo ed egoista.
Il tuo giochino
si è rotto e
contestualmente sono cominciati i problemi.
Quelli di
coppia, intendo.
Problemi ce
n’erano anche
prima, ma solo per me: i miei amici non andavano bene, le mie scelte
non andavano bene, i miei gusti erano quelli sbagliati, le mie
proposte servivano solo a umiliarti e farti sentire inferiore, non
avevo sensibilità e non avevo empatia.
Quando ho
realizzato che a forza
di lavorarmi ai fianchi eri riuscita ad allontanarmi da tutti i miei
hobby, dai miei vecchi amici e da ogni attività che non fosse andare
al lavoro o dare retta alle tue paturnie, quando mi sono accorto di
essere rimasto solo come un povero stronzo, ridotto a un rancoroso
eunuco, mi sono detto: basta.
Ho chiesto il
divorzio.
La prima fase è
stata quella
delle frigne, delle recriminazioni e delle colpevolizzazioni, ma io
avevo esaurito il bonus, come si suol dire, per cui sono stato
inamovibile.
Al che tu,
vista l’impossibilità
di tirare come al solito il guinzaglio morale, hai considerato che un
divorzio poteva avere anche interessanti risvolti monetari. Hai preso
la calcolatrice e, con gli occhi fatti a dollaro, hai cominciato a
valutare quanto avresti potuto spillarmi. È venuto fuori un totale
sconcertante: la villa, la casa in montagna, la casa in Sardegna, un
assegno di mantenimento che sembrava lo stipendio di un primario di
chirurgia, alcune macchine, la barca. A me – bontà tua –
lasciavi un appartamento in centro e qualche altra pinzillacchera,
rammaricandoti nel contempo di non poter mettere le grinfie sulle
proprietà che figuravano ancora appartenenti ai miei.
Chiaramente
inaccettabile. Così
come inaccettabile sarebbe stato sorbirsi la trafila legale della
separazione, nella quale, facendomi passare per il Barbablu di turno,
avresti ugualmente arraffato tutto quello che potevi, in quanto
povera vittima di un marito crudele e insensibile.
Lo sai chi mi
ha dato l’idea di
fare quel che ho fatto? È stato il Giangi, quello che secondo te ha
tre neuroni in croce e non sa nemmeno parlare l’italiano come si
deve.
Ti ricordi
l’ultima volta che
siamo usciti io e lui? Dopo il mio ennesimo sfogo, lui ha tirato
fuori il telefonino e mi ha fatto vedere un video su YouTube.
Ricordo ancora
il crescente senso
di meraviglia con cui l’ho seguito: sono rimasto col fiato sospeso
per i pochi minuti della sua durata e alla fine l’unica cosa che
sono riuscito a proferire è stata: “Ma è vero?”
E il Giangi:
“Chiediamo
all’Ermanno, che è avvocato.”
Sì, era tutto
vero.
Era l’uovo di
Colombo, era la
soluzione di tutti i miei problemi. Una soluzione non indolore,
certo, non del tutto gratuita, ma chi ha mai ottenuto qualcosa senza
dare niente in cambio?
Tu ci hai
provato disperatamente:
hai visto dove sei finita?
Occhieggio di
nuovo la macchia
arancione del tuo maglioncino, ormai quasi sparita nella nebbia densa
come il latte. Quello che ti ha fregata, vedi, è stata l’avidità.
Se tu ti fossi accontentata, se fossi stata meno esosa nelle
richieste, probabilmente adesso saresti ancora viva.
Ma no, tu
volevi tutto, volevi
spennarmi a dovere, come dicevi alle tue amiche quando volevi farti
compatire per lo stronzo insensibile che ti mandava via con un calcio
nel culo dopo che tu gli avevi donato (donato? Ma per favore!) gli
anni migliori della tua vita.
Volevi
sistemarti in modo da non
dover più lavorare nemmeno un giorno della tua vita.
Sai che ti
dico? Di certo non
lavorerai più: sarai la più ricca del cimitero.
Ma lascia che
ti racconti. Si
dice che certa gente sia viva solo perché esiste il codice penale,
giusto? Beh, ho scoperto come ci si può liberare delle stronze
avide nonostante
il codice penale, o forse proprio grazie a inusitate zone d’ombra
di esso.
Allora: per
prima cosa si ammazza
la moglie. E fin qui ci siamo.
Ora chiamerò
l’Ermanno, che
verrà qui e si posizionerà a debita distanza, per non inquinare le
prove, poi insieme chiameremo i Carabinieri. Quando arriveranno, lui
si qualificherà come mio legale. In sua presenza renderò
dichiarazioni spontanee, credo che si dica così: spiegherò che tu
sei morta e che ti ho ammazzata personalmente. Mostrerò il tuo
cadavere e l’arma che ho usato per farti fuori.
I Carabinieri
faranno i debiti
accertamenti e prelievi, ma non
mi arresteranno.
Hai capito
bene: non mi
arresteranno. Primo, perché non c’è pericolo che io inquini le
prove, dal momento che le ho fornite spontaneamente insieme a una
completa confessione. Secondo, perché ho chiamato immediatamente i
Carabinieri, e questo esclude che io intenda darmi alla fuga. Terzo,
perché non esiste la possibilità che io reiteri il reato, dal
momento che avevo una moglie sola e l’ho già fatta fuori.
Poiché sono
incensurato e ho
reso un’immediata e completa confessione, il PM non chiederà
misure cautelari, e comunque il giudice non le concederebbe per i
motivi che ti ho spiegato. Questo significa che nel corso
dell’indagine potrò tranquillamente continuare a fare la mia vita.
Si arriverà in
breve all’udienza
preliminare per il reato di omicidio. Potrei citarti tutti gli
articoli di Legge che mi ha snocciolato l’Ermanno, ma penso che
ormai non ti interessino più, vero? E poi forse non me li ricordo
tanto bene nemmeno io, farei una figuraccia.
In ogni caso,
per l’omicidio
sarebbe prevista la pena dell’ergastolo, ma…
Chiederò per
prima cosa di
essere giudicato con rito abbreviato, il che farà diminuire la pena
di un terzo.
Dimostrerò che
tu mi tradivi,
dal momento che il Giangi dirà che andavi a letto con lui, e io sono
venuto fortunosamente a saperlo. Qui abbiamo l’attenuante di aver
agito in stato d’ira determinata da un fatto ingiusto altrui.
Fra parentesi,
considerato quanto
il Giangi ti stesse sul cazzo, sai la soddisfazione di farlo passare
per il tuo amante?
Ma torniamo a
noi. Offrirò a
quegli stronzi dei tuoi parenti una congrua somma per risarcirli del
danno morale e materiale che ho cagionato loro uccidendoti, quindi
avrò anche l’attenuante del risarcimento del danno.
Non
dimentichiamo poi le
attenuanti generiche, incensurato, onesto lavoratore, mai preso
nemmeno una multa, eccetera eccetera, che si danno un po’ a tutti.
A questo punto,
il giudice dovrà
stabilire se pesano di più le aggravanti o le attenuanti. Certo, una
pietrata in testa non è esattamente una carezza, per cui
consideriamo l’aggravante del modo efferato, ma, manco a dirlo, il
caso di soccombenza delle attenuanti non esiste quasi nella
giurisprudenza italiana, quindi la mia pena passerà dall’ergastolo
alla reclusione dai ventiquattro ai trent’anni per le attenuanti
generiche. I giudici non danno mai il massimo della pena, per cui
saranno ventiquattro anni. Togliamo un terzo per lo stato d’ira e
diventano sedici anni, un terzo per il risarcimento e sono un po’
più di dieci anni, un terzo per le attenuanti generiche e sono circa
sette anni. Mettici un altro terzo per il rito abbreviato e andiamo a
quattro anni e qualcosa.
Consideriamo
due anni di
sospensione condizionale della pena.
Circa tre anni
di gabbio me li
farò, alla fine, ma quando uscirò non avrò nemmeno quarant’anni,
sarò un uomo libero e potrò rifarmi una vita.
Se mi sentissi
particolarmente
religioso potrei addirittura fare la Comunione, pensa un po’, cosa
che invece il divorzio mi precluderebbe.
Lo ammetto: non
posso fare a meno
di congratularmi con me stesso.
Il tuo
maglioncino arancione è
ancora lì, esattamente dove l’avevo lasciato, sta svanendo nella
nebbia. Sei proprio morta.
Ho scavato
dentro di me, alla
ricerca di faccende come senso di colpa, dispiacere, rimpianto… Sai
che ti dico? Non ho trovato nulla.
Mi torna in
mente la tua frasetta
zen del cazzo: mi sono lasciato andare, è proprio vero. Per una
volta non ho pensato alla rispettabilità della famiglia, alle regole
e alle convenzioni, ma a me stesso. Mi sono guardato allo specchio e
mi sono visto fra quindici anni: un miserabile fuco ingrigito,
insoddisfatto, con la pancia e la pelata, usato senza ritegno ma al
tempo stesso disprezzato da te, perché si sa: voi donne provate
rispetto solo per l’uomo che si impone, quello accondiscendente non
vi suscita altro che spregio.
Ho pensato:
voglio davvero
ridurmi così?
La risposta è
stata no.
Non sperare che
espiata la mia
pena finisca a vivere nella miseria e nel rammarico. Ho un bel po’
di soldi in vari paradisi fiscali: una volta uscito di galera non
avrò nessun problema economico e, io sì, non avrò più bisogno di
lavorare un singolo giorno della mia vita.
Pensavo di
trasferirmi a Dubai. È
un bel posto, ci si diverte parecchio, girano un sacco di soldi. Non
per niente è la nazione al mondo con la più alta concentrazione di
Rolls Royce.
In più, dagli
Emirati Arabi non
c’è l’estradizione, il che fa sempre comodo.
Ma basta con i
sogni, è tempo di
mettersi al lavoro.
Chiamo
l’Ermanno. Ti metterei
in viva voce, ma tanto tu non puoi più sentire, no?
Questo è il
video di cui
parlavo: https://www.youtube.com/watch?v=64sa483Za_w
Questo è un
sito dove viene
descritta la stessa cosa:
https://www.ilsecoloxix.it/mondo/2008/10/30/news/come-uccidere-la-moglie-o-il-marito-e-non-fare-un-giorno-di-galera-1.33367746
|