Alla fine, fu Karlach che ebbe il fegato
di
chiederlo.
Si può sempre contare sul coraggio di un
barbaro… e con il suo passato nelle Guerre di Sangue, restava molto
poco in
grado di far tremare la tiefling:
“Ehi, soldati, che storia c’è dietro ai
tatuaggi?”
Forse, solo l’ineluttabilità della sua
morte:
“Ah, dannazione.” lamentò Bercilak
coprendosi
metà del viso con una mano (quella metà che la sua lunga frangia
lasciava scoperta).
“Mi devi un pezzo d’oro, fratello.”
affermò
con la consueta e gelida arroganza Nuse.
Uno spettacolo ormai diventato comune
durante
la strada che avevano già percorso assieme: Nuse e Bercilak, maga e
warlock.
Gemelli, eppure opposti in ogni senso, che si tormentavano
incessantemente con
vuote scommesse, esasperando con esse il loro fratello maggiore e
intrattenendo
il resto del gruppo durante il cammino.
Le motivazioni degli Illithid restano
insondabili
anche ai più saggi, ma la loro spietatezza e crudele indifferenza verso
ogni
altra razza era manifesta in ogni loro azione: non sorprende che
rapissero
famiglie intere, quando se ne presentava l’opportunità…
Che i tre fratelli fossero tutti
scampati allo
schianto del Nautiloide invece, riunendo poi il resto dei superstiti,
era da
imputarsi più alle loro capacità che alla semplice fortuna: ognuno dei
tre drow
aveva avuto modo di dimostrare, e in più di un’occasione ormai, quanto
potesse
essere pericoloso mettersi sulla loro strada... come ciò che restava
del campo
goblin avrebbe potuto testimoniare, se avessero lasciato superstiti del
loro
passaggio.
Era stata pura fortuna per il resto del
gruppo, un vero dono della sorte, che i tre fossero Seldarini, invece
che
fedeli all’oscena Lolth.
“Sei di scena, fratello.” disse ancora
Nuse,
lanciando il pezzo d’oro che Bercilak le aveva passato.
Pan lo ghermì al volo con lunghe dita da
musicista, senza alzare lo sguardo dalla spada di cui stava
controllando il
filo: agli occhi del resto del gruppo, egli restava forse il più strano
dei tre
fratelli, anche se non a causa della sua natura di elfo delle
profondità.
Chi mai poteva dire di aver incontrato
un
bardo con la morale di un chierico?
“Se le tue maniere fossero appena
migliori,
sorellina, ti descriverei come un phindar.” affermò dolcemente
l’elfo
scuro, intascando però allo stesso tempo il pezzo d’oro.
Solo quando fu soddisfatto
dell’ispezione
della lama, Pan alzò finalmente lo sguardo: come i suoi fratelli,
possedeva anch’egli
occhi di un morbido violetto, così come un fascino sensuale e
misterioso,
tipico di ogni drow. La prima impressione che se ne aveva, complice
anche la
pigra treccia disordinata che gli pendeva dalla cima della nuca, era
che Pan
dovesse essere una perfetta canaglia: imparando a conoscerlo però, e
non con
poca sorpresa, il resto del gruppo aveva dovuto accettare che il suo
aspetto celava
un’indole quasi opposta.
Bercilak e Nuse al contrario, avevano
lineamenti molto più in sintonia con la natura del loro essere: un
warlock i
cui poteri provenivano da una ninfa guerriera, e un’evocatrice ricolma
di gelo,
fulmine e faerzress, con un’incivile (questo almeno agli occhi
dell’altro mago del gruppo), gusto nell’usare spade corte in
combattimento.
“Risparmiami i tuoi kaezlen! La
nostra
Karlach ci ha chiesto la storia dei nostri bol. Chi altri del
nostro akh
può meglio rispondere, se non Eilistraee bae'qeshel?”
“Asanque… malla qu’ellar
Biliku.”
“Ahaha! Ohh, sorella… un sava di
parole
con nostro fratello è streea. Perfino io lo so!”
Nessun’altro fra loro riusciva ancora a
seguire del tutto le conversazioni fra i tre fratelli quando le
inframezzavano
con parole nella loro lingua natia, ma solo Gale odiava essere ignorato
a tal
punto:
“Potrei non conoscere il dialetto del
sottosuolo,
ma perfino io sono in grado di cogliere il nome dell’Oscura Fanciulla…”
affermò
il mago da sopra il tegame nel quale la loro cena stava finendo di
cuocere con
l’aiuto della magia.
Una frase però, che non faceva altro che
rivelare quanto poco il mago avesse davvero capito del contesto in cui
quel
nome era stato usato:
“Arrogante Gale. Credere che in harloloth
si usi un solo dialetto...” cominciò Nuse.
Harloloth: letteralmente sottoscuro, il
sottosuolo che i drow chiamano patria … assieme ad altre bestie che era
meglio
restassero lontane dalla luce del sole.
“L’arroganza non è forse naturale in
tutti i
maghi?” la interruppe seccamente Lae’Zel, dalla sua posizione al fianco
di Bercilak.
La githyanki si era appropriata
dell’onere,
che condivideva con i due fratelli drow, di controllare durante le
soste al
campo lo stato delle loro armi, affilandole rumorosamente con una cote
secondo
necessità. Così come del resto era di Karlach e Wyll la responsabilità
di
verificare quello delle loro armature, mentre Nuse nel frattempo, con
l’aiuto
della otto zampe e della seta del suo famiglio, procedeva a rammendare
con
precisione elfica ciò che era possibile riparare. Solo Shadowheart,
seduta per
quel bivacco a fianco di Pan, riposava centellinando un bicchiere di
vino speziato,
ma questo poiché la mezzo-elfa aveva già finito di ricucire la carne di
ogni
altro membro del loro gruppo con magia o pozioni.
“…Solo in quelli di scarso talento.”
aggiunse
proprio la chierica.
Non per dare ragione a Lae’Zel, perché
non
c’era argomento su cui la mezzo-elfa e la githyanki si trovassero
d’accordo, ma
il loro sarcasmo attorno al fuoco (e talvolta soprattutto lontano da
esso), era
una delle poche cose che li aiutasse a non cedere al terrore.
A dimenticare, anche per uno solo
momento, i
girini che nuotavano dietro i loro occhi:
“Esisterà quindi un mago davvero
talentuoso?”
chiese soave Pan, provocando un’espressione di rabbia scandalizzata sul
volto
sia di Gale che di Nuse.
Shadowheart invece, si affrettò a
seppellire
nel suo calice il sorriso che quella domanda le aveva fatto germogliare
sulle
labbra:
“Il talento è sopravvalutato. Il più
delle
volte.” ribatté Nuse: “…Ti allontana da ciò importa davvero.” aggiunse,
raccogliendo un minuto cenno d’assenso da parte di suo fratello
maggiore.
“Stai finalmente ammettendo di essere
una
scarsa maga, sorella?” chiese invece Bercilak.
“Chiesto da un warlock, fratello, la
domanda
si nega da sola.”
“Ouch.” commentò Wyll, senza però
riuscire a
nascondere a sua volta un sorriso.
“…E posso concedere che Gale possegga
più
talento dell’umile sottoscritta.”
“Ah!” esclamò vittorioso il mago.
“…Così come più arroganza. Scarsa
attitudine
alla sopravvivenza, una terribile precisione nel lancio di incantesimi
e un
approccio completamente bizzarro al loro utilizzo, vittima com’è delle
sue
frivolezze, piuttosto che mirare all’efficacia.”
Aspre critiche, ma non del tutto prive
di
fondamento: Gale era geniale e ricolmo di talento, e questo lo si
doveva
ammettere. Nuse invece, pur essendogli inferiore nel dominare la Trama,
possedeva un controllo sui suoi sortilegi a cui perfino l’ex amante
della dea
della magia aveva dovuto inchinarsi. Un controllo, che poteva essere
nato solo da
incessante e maniaca pratica, e che si rifletteva in ogni gesto
compiuto dalla
drow: non che i suoi raggiungimenti tuttavia, le impedissero di
invidiare
almeno un po’ l’immeritato talento di Gale…
E quell’invidia inacidiva spesso le
discussioni che i due maghi avevano assieme:
“…Voglio dire, solo un… mago di eccelso
talento, potrebbe trasmutare una pietra in una frazione dimensionale
nell’istante precedente all’impatto con essa. Rimanendo intrappolato
nella
dimensione così creata, vorrei aggiungere…”
“Non smetterete mai di rinfacciarmelo,
non è
vero?” chiese Gale esasperato.
“Caduta di piuma è un sortilegio di
primo
livello che qualunque mago cerchi di fregiarsi di questo nome dovrebbe
aver
fatto suo.”
“Non esagerare sorellina…” intervenne
Pan,
solo per aggiungere subito: “…Anche un umile bardo può impararlo.”
“Un titolo che difficilmente vi
descrive… Eilistraee bae'qeschel.”
ribatté con falso astio Gale: “…L’ho pronunciato correttamente?”
Perché anche i talenti di Pan erano
tutto
fuorché comuni: le menti degli altri erano la sua orchestra, che in
battaglia
il bardo suonava a suo piacimento, elevando i suoi alleati… o spezzando
i loro
nemici.
“Quasi. È bae'qeshel.” lo
corresse il
bardo: “…E nel contesto usato da mia sorella, è solamente una
canzonatura. Un bae'qeshel
è… più un cantante, che un bardo. Lo direste membro di un coro, più che
un
intrattenitore da taverna.”
“In che modo differisce da un bardo
comune?”
“In ogni aspetto della sostanza. Un bae'qeshel
usa magia divina alimentata dalla Trama o dalla faerzress, e in
questo è
di conseguenza più simile ad un chierico, di cui condivide alcuni
poteri
taumaturgici… i poteri di un bae'qeshel tuttavia, includono
anche la
capacità di creare porte dimensionali con una nota, oltre a poter
controllare l’attenzione
e le menti di chi lo ascolta...”
“Non un talento al di fuori della
portata di
un bardo di grandi doti.” osservò cauto Gale.
“…Così come posseggono la capacità di
scuoiare
completamente una persona con una sola parola musicale.”
“Merda! Suona… molto doloroso.” esclamò
la
tiefling.
“Si addestrano a farlo usando le
cortecce
degli alberi.” aggiunse Pan.
“Concordo, Karlach. Insisto nella mia
teoria
però, che quella capacità specifica sia dovuta solamente al fatto che
tutti i bae'qeshel
cantano in onore della dea ragno, fratello.” disse Nuse.
Frase a cui Pan rispose facendo
spallucce:
“È accademia, sorellina, e quindi il tuo
campo: non ci è mai giunta notizia di un bae'qeshel di Eilistraee.”
“Come
se le
matriarche di Menzoberranzan potrebbero mai sopportarne l’esistenza.
Ricordami,
quante volte dei sicari delle matriarche hanno già cercato di
ucciderti?”
“Sorella…”
lamentò Bercilak con un largo sorriso: “…Tentare di uccidere uno degli
apostati
del casato di Biliku, resta una delle poche redenzioni possibili per
figli
maschi in disgrazia.”
“E
siccome
nostro fratello maggiore protegge nostra madre…” cominciò Pan.
“Non
restiamo
che noi come bersagli possibili.” completò Nuse roteando gli occhi, col
tono di
una conversazione già avuta troppe volte: in superfice, il sole
illumina ogni
cosa e il giorno succede alla notte.
E
assassini
fedeli a Lolth cercheranno sempre di ucciderti per il solo fatto di
essere nato
e di continuare a vivere:
“…Una
penosa
considerazione. Per loro.”
“Già.
Anch’io
avrei timore a combattermi.” scherzò Bercilak.
“Sarebbe il più noioso duello di
sempre.”
annuì Lae’Zel: “…Combattenti che diventano invisibili nel momento in
cui
ricevono il minimo graffio, solo per spostarsi sul campo di battaglia
senza
meta.”
“Ouch! Mastro Bercilak, i gythianki
hanno le
unghie...” scherzò Wyll.
“Come i warlock infernali dopo aver
deluso il
loro patrono, apparentemente.” rispose il diretto interessato: “…Ma le
sanno
usare molto meglio…”
Se l’astio tra Shadowheart e Lae’Zel
condizionava ogni loro interazione, le cose tra Wyll e Bercilak erano
molto più
complesse: caratterialmente simili, seppur con qualche differenza, i
due
avrebbero potuto essere ottimi amici… non fosse che i due warlock
avevano totali
opposti nei loro patroni. E dato che nessuno dei due voleva rischiare
di
mettere il rispettivo patrono in collisione con quello dell’altro, sia
Bercilak
che Wyll interpretavano una puerile finzione in cui si detestavano, ma
di cui
non riuscivano a convincere nemmeno i membri del loro gruppo…
Non che questo impedisse a tutti di
fingere di
crederci, ovviamente: nessuno aveva interesse a scoprire cosa una
capricciosa ninfa
guerriera della corte di Sarula Iliene fosse capace… specie quando il
suo
appellativo era “colei dalle rosse acque”. E che un orcio pieno di
acqua di
fonte e del sangue di coloro che il suo warlock aveva abbattuto, fosse
il
medium che prediligeva per essere contattata.
No, ciò che Mizora aveva già fatto a
Wyll
quando questo si era rifiutato di uccidere Karlach, era più che
sufficiente a
dare l’idea di ciò che un patrono scontento poteva infliggere a
qualcuno di cui
comandava la fedeltà.
“…Per tornare alla tua domanda iniziale,
Karlach, non sono esattamente… tatuaggi.” intervenne Pan, passandosi
due dita
sul mento, dove ciò che sembravano glifi sbiaditi scorrevano fino alla
gola e
sul collo, per poi arrampicarsi sulla nuca e la parte posteriore delle
tempie.
Anche Bercilak e Nuse sfoggiavano
qualcosa di
simile, ma in uno stile molto diverso: il warlock ad esempio,
nascondeva sotto
la frangia che gli copriva il lato sinistro del volto quelle che a
prima vista sembravano
pallide volute fumose, che usando il suo occhio come origine,
percorrevano
tutto quel lato della testa. Nuse invece, anche se era difficile a
dirsi dato
che la drow aveva più capelli che faccia, e perdipiù agghindati in
riccioli
selvatici quanto un gatto della foresta, sfoggiava sugli zigomi, così
come
all’apice del naso e sotto il labbro inferiore, una fila ordinata di
stelle.
Se interrogata a proposito, Lae’Zel
avrebbe
potuto ammettere come, almeno nel caso di Bercilak, i tatuaggi
coprissero anche
molto del resto della sua pelle, mantenendo l’asimmetria che già
avevano sul
volto, coprendogli il braccio sinistro e scendendo sulla scapola,
finendo poi
per attorcigliarsi sulla gamba opposta come un fiore dagli immensi
petali, che
aveva nel suo occhio sinistro il centro dello stelo. Poteva essere
quindi
ragionevole supporre, di conseguenza, che lo stesso dovesse valere
anche per i
tatuaggi degli altri due drow…
Ma Lae’Zel preferì rimanere in silenzio,
ascoltando con tutta sé stessa: non c’era mai tempo di fare domande
nelle
occasioni (rare per entrambi), in cui riusciva a spogliare il “suo”
elfo.
“…Sono un regalo fattoci da nostro
fratello
maggiore quando lasciammo la nostra casa, chiamati com’eravamo da sete
di
avventura, curiosità, fede… o fedeltà ad una ninfa.”
L’eterno non-argomento che i tre
fratelli
rifiutavano ancora di spiegare anche poco: il quarto fra loro e il
primogenito
della loro famiglia. Da commenti raccolti dal resto del gruppo nel
corso delle
loro avventure fino a quel momento, erano emersi pochi dettagli certi
su Celyum
del casato di Biliku: oltre il nome, solamente due in effetti. In primo
luogo,
era più alto di Karlach, superando di mezza testa il corno che le
restava.
Un fatto che, comprensibilmente, aveva
richiesto il secondo per essere davvero creduto: il primo incontro tra
Bercilak
e il suo patrono, era avvenuto quando la ninfa guerriera era giunta ad
incontrare Celyum, e rendergli omaggio, per conto di Sarula Iliene in
persona. Che
Bercilak, allora bambino, fosse riuscito in quell’occasione a far
ridere
l’emissario della dea e fata, osservando come fosse “più bella di sua
sorella”,
era stato solo l’inizio del rapporto tra i due…
Una confessione a cui,
comprensibilmente, il
resto del gruppo avrebbe fatto seguire molte domande… ma i tre fratelli
erano
per il momento categorici nel loro rifiuto di divulgare maggiori
informazioni,
non importa quanto i quesiti potessero moltiplicarsi. E così, al resto
del
gruppo non restava che chiedersi: chi era davvero Celyum di Biliku,
perché
Sarula Iliene, e gli dei Seldarini di riflesso, lo tenessero in
considerazione?
O qual era la sua ambizione terribile, che lo legava agli strati più
profondi
del sottosuolo, dove solamente Bercilak oltre a lui si era a volte
spinto per
ordine del suo patrono?
Senza volerle fare un torto, le ragioni
che
avevano spinto Nuse, così come Pan prima di lei, verso la superficie,
apparivano per confronto quasi noiose, legate com’erano all’obbligo (o
alla
volontà) di sfuggire alle catene che la storia del casato di Biliku
tendeva ad
imporre su tutti loro:
“Non sono tatuaggi?”
“No. Sono… come lo traduco, sorellina?”
“Simbionti: la metà debole di un
lichene.
Alghe? Ma che crescono assieme a funghi, piuttosto che in acqua.”
rispose Nuse
tutto d’un fiato, cominciando a riordinare la seta del suo famiglio in
una
spola.
Ananse in tutto quel tempo, aveva
continuato
pacificamente a rosicchiare un rospo, ormai gonfiatosi col suo veleno.
“Nostro fratello… voleva che sapessimo
che
saremmo stati sempre i benvenuti se avessimo deciso di tornare. Ma che,
allo
stesso tempo, capiva perché io prima, e Nuse poi, non potessimo
restare...”
E gli Illithid li avevano presi proprio
mentre
i due fratelli accompagnavano Nuse in superficie, dove la drow aveva
sperato di
aumentare ulteriormente la sua padronanza e conoscenza della magia:
“…Rappresentano il nostro legame di
fratelli,
e la sua speranza che ovunque andassimo, non avremmo dimenticato da
dove siamo
venuti.”
“Quindi… i vostri tatuaggi… sono… vivi?”
“Sì. E se dovessimo mai scendere nel
sottosuolo, scoprireste che sono anche lievemente luminescenti...
Troppo poco
perché si noti nelle notti in superficie.” aggiunse il bardo.
Cosa che Lae’Zel, di nuovo, avrebbe
potuto già
confermare, ma su cui, ancora una volta, preferì tacere:
“Che cosa… mitica!” esclamò Karlach.
Ma la sua allegria venne soffocata molto
in
fretta dalla successiva domanda di Gale:
“…Vostro fratello… pensate che potrebbe
curarci?”
Richiesta che provocò un rapido gioco di
sguardi tra i tre fratelli, ma non a causa della risposta da dare: Gale
stesso
credeva che la sua domanda fosse in effetti retorica. I tre fratelli
invece,
dovevano determinare quanto volessero o potessero rivelare:
“…Forse.” ammise lentamente Nuse: “…Ma
si
trova a tre mesi di cammino. Due dei quali dovremmo comunque passarli
in harloloth,
dove usare la magia di teletrasporto è quasi impossibile.”
“Dannazione… Nessuna possibilità di
incontrarci a metà strada?”
“Se anche harloloth fosse
pacifico
abbastanza da concederci un rifugio sicuro, senza contare eventuali
assassini
delle matriarche lungo il cammino, non credo faremmo comunque a tempo.”
“Senza contare che harloloth è
l’unica
barriera a separare nostro fratello dalla fragile superficie…”
intervenne
Bercilak.
“…Anche quello.”
“Lo Zaith'isk ci purificherà quando
avremo
raggiunto la creche.” affermò con decisione Lae’Zel: “…E potremo
lasciarci
tutto questo alle spalle.”
“Resto cautamente pessimista.” le
rispose Pan:
“…non per altra ragione, che il tuo kith’rak sembrava più che felice di
ignorare il protocollo, e lasciarci ad uccidere dai suoi sottoposti…
Ma!”
aggiunse il bardo alzando la mano, prevenendo così le proteste di
Lae’Zel: “…Al
momento non abbiamo molte altre alternative. E quindi tanto vale
provare.”
“Chk.”
“...Le cose sarebbero comunque potute
andar
peggio.” aggiunse Pan con un sorriso da vera canaglia.
“Oh? E in che modo?”
“Avrei potuto schiantarmi con solo i
miei
fratelli come compagnia.”
“Ehi!” protestarono in coro Nuse e
Bercilak,
causando un lieve sorriso nel resto del gruppo.
Tranne che in Karlach, che era rimasta
pensierosa dopo la rivelazione sulla natura dei tatuaggi dei tre
fratelli drow:
“…Ehi soldato! Credi che tuo fratello
tatuerebbe anche qualcuno di noi?”
“Karlach… se all’insediamento di mio
fratello
giungesse qualcuno come te? Sarebbe accolto come una regina. E saprebbe
darti…
ottime ragioni per non andare più via.”
“…Oh!”
“E Eilistraee
sa se non sarebbe già quella una vittoria…”
“Dici
bene,
sorella. Confesso che se dovessi scegliere tra il vederci curati, o
vedere
nostro fratello prender moglie, specie qualcuno come la nostra Karlach,
mi
troverei in difficoltà.” disse serafico Bercilak.
“…Ah
ah… che
spiritosi! E io che credevo fossimo amici!”
“Oh,
Karlach,
puoi credermi sulla parola.” affermò Pan, fissando con uno sguardo
pieno di
fascino elfico la tiefling: “…Non stanno affatto scherzando. Né
esagerando.”
“…Una ragione in più per restare in
vita,
immagino.” commentò a mezza voce Karlach, lievemente imbarazzata.
L’annuncio di Gale che la loro cena era
pronta
fu due volte benvenuto dalla tiefling, ma le parole spese attorno a
quel
bivacco sarebbero rimaste con lei molto a lungo…
Specie quando, alla fine della loro
strada, i
sacrifici richiesti per continuarla sarebbero diventati enormi.
BG3 mi ha completamente consumato, al punto da
spingermi a provare quasi ogni possibile combinazione di classe /
razza. Da questo turbine, sono emerse le 4 "possibilità" che mi
hanno definitivamente conquistato.
Non so spiegare esattamente la ragione, ma gli elfi scuri sono
diventati rapidamente la mia "razza" preferita, al punto da
averne 4: un druido delle spore (Celyum), un bardo (Pan), un warlock
delle fate (Bercilak) e infine un'evocatrice (Nuse).
L'idea che fossero 4 fratelli è venuta spontanea, ma non è stata questa
l'origine di ciò che avete letto: semplicemente, volevo provare a
caratterizzare un po' alcune delle idee che le interazioni
degli NPC di BG3 con drow in generale mi hanno causato.
Alla prossima! |