capitolo 1
CAPITOLO 1 –
SECRETLY
Sdraiata
su un fianco nel mio letto lo osservavo parlare mentre guardava assorto
il soffitto, sdraiato supino accanto a me, e giocava distrattamente con
una ciocca dei miei capelli scuri.
Era un pomeriggio come
tanti, con i
libri di greco abbandonati mezzi aperti in un angolo del letto, insieme
alla mia poca voglia di studiare e soprattutto alla mia concentrazione.
Aveva suonato alla mia
porta con
uno sguardo da cucciolo, era passato solo per un salutino,
così
aveva detto sorridendo. Ma tanto sapevo come sarebbe andata a finire:
non eravamo mai stati capaci di rendere brevi le nostre chiacchierate,
né di persona né tantomeno al telefono, neanche
sotto
tortura.
Passavamo rapidamente
da un
argomento all’altro con una disinvoltura, a tratti
schizofrenica,
che ci portava, nel giro di pochi minuti, da argomenti seri ad altri
quasi demenziali.
Dai miei sfoghi sul
liceo, su
quell’esame di maturità alle porte che mi
sfiancava mente
e corpo, passando per i suoi racconti esilaranti su professori
universitari con mille manie strane, eravamo arrivati, non so come, ad
un argomento che era sempre stato inconsciamente estromesso dalle
nostre conversazioni.
Ci eravamo sempre
raccontati tutto,
era vero. Era stato la prima persona che avevo chiamato dopo aver
salutato sognante il mio ragazzo il pomeriggio che avevo vissuto con
lui la mia prima volta, e conoscevo tutte le sue storie passate, di
amore e di sesso: non mi aveva mai nascosto niente e difficilmente
eravamo stati in imbarazzo.
Ma c’era il
tacito accordo di evitare i dettagli su quell’argomento,
eravamo migliori amici da anni e, per quanta confidenza potessimo
avere, c’erano cose di cui non potevamo né dovevamo
parlare, non così in dettaglio, e soprattutto non mentre
eravamo
sdraiati così vicini, al punto che sentivo distintamente il
suo
profumo e il suo respiro accarezzarmi e avvolgermi viso e corpo.
Dal mio computer
acceso sulla
scrivania arrivava il suono della mia playlist preferita, e proprio in
quel momento la riproduzione random, impostata in Media Player, fece
partire Secretly
You're
talking out so sexually
About
boys and girls
And
your friggin' dreams
So
now you feel lusty you're hot and confused
Mentre le parole
cantate da Skin mi
arrivavano all’orecchio, sentii un brivido scuotermi e
rendermi
ancora più tesa, perché quelle parole
descrivevano
esattamente ciò che stava accadendo nella mia stanza. Nello
stesso momento, infatti, lui si era appena addentrato in un campo
proibito: mi stava
parlando, così sensualmente, di ragazze e dei suoi desideri
e sogni, esattamente come recitava la canzone.
Non so se lo era anche
lui ma io mi sentivo eccitata
e confusa: Skin stava descrivendo esattamente il mio stato
d’animo, e questo mi fece sentire ancora più
turbata.
Perché era
venuto qui? Perché mi stava raccontando quelle cose?
Perché non
era rimasto da solo lasciandomi sbuffare scocciata su
quella dannata versione di greco?
You
should have been by yourself
Instead
of here with me
Non importava che me
lo dicesse,
sapevo esattamente quando era stata l’ultima volta che lo
aveva
fatto, con quella biondina eccitante del corso di Marketing.
Onestamente cominciavo
a chiedermi
se avesse smesso di raccontarmi delle sue conquiste, perché
non
gliene sentivo più parlare da almeno un mese; invece me lo
ripeté nuovamente: era passato davvero più di un
mese
dall’ultima volta che si era dilettato in tale
passatempo.
E io? Erano ben
quattro weekend che non vedevo il mio ragazzo, più o meno lo
stesso tempo quindi.
Abitava lontano e con
il nuovo
lavoro non aveva tempo di venire da me per il fine settimana, ero stata
male le prime due settimane. Avevamo litigato, tanto per cambiare, per
lo stesso e identico motivo: perché ogni volta che lui, il mio
ragazzo, mi telefonava, ero con lui,
il mio migliore amico.
Era stato geloso matto
fin
dall’inizio della nostra storia, mi diceva che dovevo passare
più tempo al telefono con lui, che era il mio fidanzato, e
non
con quel damerino da
due soldi.
Sono sempre stata
posata e
paziente, ma quando sentivo insultare il mio migliore amico finivo per
arrabbiarmi talmente tanto che le nostre litigate assumevano toni
troppo forti e, inevitabilmente, preda del senso di colpa, finivo a
sfogarmi piangendo tra le braccia forti del mio amico, il mio porto
sicuro, il mio unico punto fermo nella vita.
Fortunatamente ero
sempre riuscita
a ristabilire l’equilibrio ogni volta, per un soffio, prima
che
mi ponesse mai la domanda fatidica: “scegli o lui o
me”;
c’ero andata molto vicina solo il giorno del mio compleanno,
ma
era un ricordo che preferivo non rivangare…
Avevo sempre evitato
di domandarmi
cosa avrei potuto rispondere a quella spaventosa domanda; sapevo per
certo, però, che il mio amico si sarebbe sacrificato,
cercando
di vedermi e chiamarmi il meno possibile, tutto per me e per non farmi
rovinare la mia storia d’amore.
Ero persa in questi
pensieri, cullandomi al suono di Secretly
che era arrivata alle ultime note, tanto da non accorgermi che ero
rimasta in silenzio e non avevo sentito che lui avesse richiamato la
mia attenzione.
“Come
scusa?” Mi
riscossi improvvisamente dal mio mondo, fatto di pensieri confusi e
ricordi indelebili, quando mi accarezzò lieve una guancia
per
riportarmi sul pianeta Terra.
“Meglio che
non mi stessi ascoltando…” Disse lui serio
abbassando lo sguardo.
“No no
scusami!Ho sentito
quasi tutto quello che hai detto, mi sono fatta distrarre dalla canzone
e non ho ascoltato solo l’ultima tua frase.”
“Ah…
Ti stavo chiedendo scusa.” Fece lui mogio
“E per
cosa?” Chiesi
stupita, dimenticando per un attimo tutto quello a cui avevo pensato, e
quanto avessi desiderato che non mi parlasse di certe cose.
“Perché
non avrei dovuto parlare di certe
cose con te, non volevo metterti in imbarazzo.”
“No, non ti
preoccupare, lo sai che puoi dirmi sempre tutto.” Quasi tutto.
Aggiunsi mentalmente.
“Lo so,
scusami. Non so cosa mi sia preso oggi, forse ho solo bisogno di sfogarmi,
l’astinenza fa brutti scherzi e mi rende molto più
simile
ad un ragazzino delle medie che ad uno studente universitario
serio.”
“E da quando
in qua tu
saresti serio scusa?” Lo provocai ridendo, per cambiare
argomento
e alleggerire l’aria imbarazzata che si era creata tra di noi.
“Senta,
signorina, mi sta forse prendendo in giro?”
“Nooo, non
mi permetterei
mai!!” Ma feci appena in tempo a finire la frase che venni
presa
da un attacco isterico di risa, provocato dal suo attacco repentino di
solletico.
Era iniziata
l’ennesima
battaglia all’ultimo respiro, che sarebbe stata persa, come
al
solito, da chi avesse chiesto tregua per primo, incapace di respirare
dalle troppe risate.
Mi liberai un polso
dalla sua
stretta per farlo arrivare al suo fianco, il suo punto più
vulnerabile agli attacchi di solletico, ma mi congelai
all’istante quando mi resi conto di essere finita sdraiata di
schiena sul letto mentre lui era a cavalcioni su di me, che rideva
spensierato con una strana luce negli occhi.
Feci appena in tempo a
registrare
la situazione, niente di insolito nei nostri canonici pomeriggi (ma con
un particolare che faceva molta differenza), che si scostò
da me
fulmineo sedendosi sul letto al mio fianco.
“Scusami.”
Disse flebile.
Sapevo che avrei
dovuto rispondere
“E di cosa? Quindi ho vinto io stavolta, ti sei
arreso!” ma
ero incapace di proferire parola perché la mia mente stava
ancora cercando di digerire quel
particolare che rendeva tanto diversa dalle precedenti
quella battaglia giocosa.
Era eccitato,
l’avevo distintamente percepito quando il suo bacino era
stato a contatto con il mio.
“Ti prego,
non pensare male…”
Dovevo riprendermi dal
mio sgomento
e rispondergli subito, all’istante. Dovevo trovare una cosa
sensata da dire per sdrammatizzare, per spazzare via
quell’attimo
di smarrimento e rimettere il treno sui binari, il nostro rapporto non
poteva e non doveva
cambiare per un nonnulla.
“Ehi,
tranquillo, è
tutto a posto.” Molto molto originale, mi complimentai
mentalmente per la mia risposta stupida, ma era già tanto
essere
riuscita a parlare.
“E’
inutile che tu
finga perché so che te ne sei accorta, e non
c’è
mai stata finzione tra di noi…”
“Guarda che
non è
successo nulla, sei un ragazzo, è normale… stavi
parlando
di certe cose… il tuo corpo ha reagito…
cioè
sarebbe stato strano il contrario… non penso minimamente che
c’entri la mia presenza…
perché…” Mi
stavo arrampicando su uno specchio alto come un grattacielo.
Mi appoggiò
lieve un dito
sulle labbra per farmi tacere e mi guardò divertito dicendo:
“Sempre a razionalizzare e giustificare tutto vedo, non cambi
mai!”
Mi indispettii
all’istante a quelle parole, piegando il mio viso in un
broncio da bambina permalosa.
“Vieni
qui…” Mi disse attirandomi a lui e stritolandomi
in un abbraccio caldo.
“Ti voglio
troppo bene, stupida ragazzina permalosa.” Mi
soffiò ad un orecchio.
Una parola, poteva una
sola e
insignificante parola ferire così profondamente il mio
orgoglio?
Evidentemente sì… Mi staccai rapidamente da
quell’abbraccio impedendo, per un decimo di secondo, al mio
corpo
di rabbrividire per quelle parole soffiate così vicino al
mio
collo.
Alzandomi dal letto,
girata di
spalle, non feci in tempo a raggiungere la scrivania che due braccia
forti mi cinsero per i fianchi.
“Ehi
piccola, lo sai che
stavo scherzando, non ti offendere ti prego…”
Concluse
poggiando il mento sulla mia spalla.
Scrollai via il suo
viso con un
gesto secco di stizza e feci uscire tutta la confusione che sentivo
dentro quel pomeriggio, a causa sua, con un tono di voce troppo alto e
stridulo che non riconobbi nemmeno come mio.
“Ragazzina
eh? E’
questo che sono per te? Una ragazzina asessuata a cui raccontare tutte
le tue avventure, piombando a casa mia per sfogare la tua frustrazione
sulla mancanza momentanea di distrazioni
sessuali nella tua vita?”
Lo sentii irrigidirsi
all’istante e, facendomi voltare verso di lui, con un gesto
brusco che non gli apparteneva, mi guardò ferito e allibito.
“Pensi
davvero questo? Pensi di non essere importante per me quanto
l’aria che respiro?”
A quelle parole non
riuscii
più a sostenere il suo sguardo e chinai il capo, pentendomi
di
essere stata così dura con quel ragazzo meraviglioso che mi
era
sempre stato accanto in ogni momento, buono o cattivo, negli ultimi tre
lunghi anni.
“Credi
davvero che ti
consideri solo una ragazzina a cui raccontare le mie avventure? Scusami
tanto se oggi pomeriggio mi sono lasciato troppo andare, ma anche se
non ci crederai non era solo per quello che stavo dicendo e pensando
che mi ero eccitato. Solo perché sono tuo amico da quando
avevi
quindici anni non significa che non veda che sei diventata una donna
bellissima e sensuale, una donna che non potrò mai avere se
non
come amica.”
Alzai il viso per
incontrare il suo
sguardo, ero certa che dai miei occhi trasparisse tutta la sorpresa e
la confusione che sentivo ribollirmi dentro.
Lui aveva il viso
arrossato e gli occhi lucidi, dalla foga con cui aveva parlato, e mi
guardava in attesa della mia reazione.
Quando stavo per
aprire bocca, non sapendo nemmeno cosa avrei detto, sentii squillare il
mio cellulare.
Le note di Bella’s Lullaby
mi resero subito noto quale voce familiare avrei sentito una volta
accettata la chiamata.
“Scusami,
devo
rispondere.” Dissi flebile, combattuta tra il sollievo per
aver
avuto una via di fuga e l’angoscia per la telefonata che mi
aspettava.
“Ah,
è lui…”
Sputò irritato, con un tono che mi sorprese e che un
osservatore
esterno avrebbe sicuramente ricollegato alla gelosia.
No, non poteva essere
geloso… Non lo era mai stato, ero certamente io ad aver
frainteso, stravolta com’ero dalla miriade di sentimenti
contrastanti che navigavano beffardi nel mio animo.
“Pronto…”
Primo errore: non dovevo rispondere con quel tono afflitto.
“Ciao
amore!Che entusiasmo
eh!Non ti senti bene?” Mi girai di spalle per non vedere il
viso
contratto del mio amico mentre ero al telefono con il mio ragazzo.
“Scusa
amore, sono solo stanca, stavo traducendo una versione di
Platone…”
“Povera
cucciola, quindi sei
sola soletta?” Il suo tono era fintamente disinvolto ma
traspariva chiaramente, per me che lo conoscevo come le mie tasche, la
sua malcelata curiosità.
“Si certo
che sono
sola…” Non potevo vedere l’espressione
del ragazzo
alle mie spalle ma sapevo esattamente che mi guardava intensamente,
probabilmente stupito da ciò che stavo dicendo,
perché
sentivo il suo sguardo intenso trapassarmi la schiena.
“Ah bene!
Amore ho una
sorpresa per te! Sono riuscito ad avere un giorno di ferie, domani
vengo da te e rimango per tutto il week-end. Non hai idea di quanto mi
sei mancata, questo mese è stato durissimo per tutti e due
ed
è per questo che abbiamo discusso tanto. Sono certo che
appena
saremo insieme tornerà tutto come prima.”
“Si certo,
hai ragione, non
vedo l’ora che sia domani!” Ero altamente scettica
riguardo
al fatto di essere riuscita a sembrare veramente entusiasta,
perché poi non avrei dovuto esserlo?
“Anch’io
amore,
conterò le ore, credimi. Ora devo scappare
perché
ho fatto giusto una pausa caffè. A domani, finalmente! Ti
amo.”
“Anch’io,
a domani amore.”
Premetti il tasto di
fine chiamata e rimasi immobile, non avevo il coraggio di voltarmi.
“E’
la prima volta che gli menti…”
“Lo so ma
non volevo finire a litigare come al solito.” Risposi incerta.
“Già.
Quindi arriva domani.” Affermò serio, troppo serio.
Mi girai lentamente,
ma nel frattempo lui si era voltato per guardare fuori dalla finestra.
“Ale,
io…” Cominciai.
“Non devi
dire niente, fai
conto che non abbia mai detto quello che ho detto”. Mi
interruppe
freddo, così freddo che non riuscii ad emettere mezza
sillaba in
risposta.
“Si
è fatto tardi, sarà meglio che vada e ti lasci
studiare.”
Mi riscossi appena in
tempo per fermarlo, prima che varcasse la soglia della mia stanza.
“N-non
andare via… non ora… non
così.”
Si voltò
sorridendomi
triste. “Lasciami andare, domani sarà tutto come
prima,
non cambierà nulla tra di noi, te lo prometto.”
“Abbracciami.”
Chiesi timidamente, guardando interessata il pavimento come se fosse
un’opera d’arte.
“Bea
non…”
“Abbracciami.”
Ripetei con più convinzione guardandolo negli occhi.
Sospirò
sconfitto e tornò sui suoi passi prendendomi tra le sue
braccia.
“Non voglio
perderti…” Sibilai contro il suo petto, sentendo
le lacrime velarmi gli occhi.
“Non mi
perderai mai,
finché vorrai ci sarò per te. Come ci sono stato
ieri,
come ci sono oggi, ci sarò anche domani, fino a che non ti
stancherai.”
Mi staccai lentamente
da lui e,
guardandolo con la vista appannata dalle lacrime, gli chiesi:
“perché dovrei stancarmi di averti al mio fianco?
E se
fossi tu a stancarti di perdere il tuo tempo con una ragazzina
permalosa?”
Scosse la testa
piegando le labbra
in un mezzo sorriso sghembo e, stringendomi di nuovo a lui,
sussurrò tra sé: “sempre la solita, la
mia piccola
dolce Bea”.
Mi calmai cullata dal
suo abbraccio
e, quando mi staccai da lui, mi asciugò con il pollice la
guancia destra rigata da una calda lacrima che aveva rotto gli argini.
“Stasera
vieni da me, serata cinema come ai vecchi tempi, ti va?” Mi
propose sorridendo.
Mi aprii in un vero
sorriso che
illuminò finalmente anche i miei occhi e, sollevata e felice
come una bambina la mattina di Natale, risposi: “tocca a me
scegliere, vero?”
“Se non erro
sì, è il tuo turno. Però niente Sandra
Bullock, niente Orgoglio
e pregiudizio e soprattutto niente Twilight di
nuovo!”
“Va
bene…”
Acconsentii, troppo felice per come si stavano sistemando le cose tra
di noi, per fingermi offesa e protestare delle sue condizioni, come era
mia consuetudine.
“Ti aspetto
alle otto, tu occupati del dvd, ad ordinare le pizze ci penso io:
prendo le solite, ok?”
Annuii raggiante e lo
accompagnai
alla porta dove mi salutò con un bacio sulla fronte e un
sorriso
radioso che gli illuminò tutto il viso.
Riuscendo a ritrovare
faticosamente la concentrazione terminai la famosa versione e gli altri
compiti per il giorno dopo.
Mi feci una doccia
veloce, scelsi
un paio di pantaloni comodi e la mia adorata maglia a maniche lunghe di
Garfield e, mentre stavo per aprire il mascara, mi fermai dandomi della
stupida.
Perché
dovevo truccarmi? Stavo andando solo da Ale, come tante altre sere,
niente di speciale.
Prima di arrivare alla
villetta
dove abitava Ale mi fermai a noleggiare un film, pensando a qualcosa
che potesse piacere a lui, almeno per questa volta. Alla fine optai per
King Kong:
non ero molto
convinta della scelta, ma non potevo propinargli l’ennesima
commedia romantica, aveva avuto fin troppa pazienza con me.
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