Fandom: Notre-Dame de Paris, di Victor Hugo Genere: Romantico, introspettivo, drammatico Rating: Per tutti Betareader: Shatzy, Lely Gentle Breeze Era
un venerdì di marzo, ma la primavera ancora faticava a farsi notare.
Anche se c'erano le gemme che premevano sui rami ancora spogli, pronte
a dischiudersi ed a mostrare al mondo il loro contenuto di nuove e
tenere foglioline, e c'era anche un timido sole che tentava di scaldare
i pochi visitatori del cimitero, l'aria rimaneva gelida ed il respiro
si condensava in nuvolette di vapore appena superato il confine delle
labbra. Il
cimitero di Parigi si adattava perfettamente a quella giornata, come
tutti quei posti riservati dove le parole stesse parevano un delitto:
le tombe erano disposte lungo file ordinate, dove lo stato sociale del
defunto si rendeva palese dalla magnificenza o dalla semplicità delle
lapidi. Non vi erano molte erbacce e le tombe erano pulite, perfino le
più vecchie e povere, merito certo di mani pietose che si prodigavano
in quell'opera caritatevole; una lunga fila di cipressi era disposta
lungo le mura del cimitero, quasi un confine a separare i vivi dai
morti. La luce invernale sfiorava misericordiosamente ogni lapide,
rivelando nomi e brevi storie di persone che non potevano più raccontar
la loro. Di
fronte ad una di queste, un uomo che aveva ormai da tempo abbandonato
la giovinezza, ma ancora non aveva superato le soglie della vecchiaia,
parlava a voce bassa e musicale alla pietra che gli era di fronte, con
la familiarità di chi parla ad una persona cara. I
suoi vestiti erano modesti, eppure non poveri, neri e grigi, come i
capelli così lunghi da ricadergli sulle spalle. Gli occhi, un tempo
vivaci e giovanili, erano ormai stanchi e pieni di rimpianti, mentre
parlava alla tomba su cui erano vergate parole che lui stesso aveva
dettato: Agnes Esmeralda Ovunque tu sia, Continua a ballare. Altre
parole erano scritte poco più sotto, dedicate all'altro ospite di
quella tomba, che nessuno aveva avuto cuore di separare dall'amata: Quasimodo L'amò fino alla morte Ed oltre ancora. Pierre
Gringoire parlava dolcemente, ma si rivolgeva solo a colei che per un
tempo troppo breve era stata sua moglie, se non di fatto, almeno di
nome. Era quasi ironico pensare che l'unica donna che avesse sempre
rifiutato le sue avances, fosse stata l'unica cui si fosse
realmente legato; era sempre stato un amante della bellezza, nelle
donne e nell'arte, eppure si era reso conto che erano altri i motivi
che lo portavano a visitare così spesso quella tomba. “E'
stato ieri il suo funerale. E' morto da quattro giorni ormai:
all'inizio, non pensavo di dirtelo, non avrei voluto...” Cercò una
parola adatta, ma dovette ripiegare su una che non soddisfaceva il suo
animo di letterato: “... offenderti, anche se dubito che tu ne saresti
mai stata capace. Probabilmente, come al solito, è solo la mia idea di
te, ma non credo che tu sia una creatura capace di portare rancore a
lungo.” Era
così ogni volta che l'andava a trovare: parlare con lei era complesso
perché troppo spesso dimenticava che era morta e la trattava come fosse
una persona viva. Doveva parlare al passato, ricordandosi che lei non
poteva ascoltarlo, oppure al presente, trasformando quel monologo in un
dialogo? Ogni scelta definitiva pareva troppo pericolosa e crudele. Sospirò:
“E' che so quanto fosse importante per te... nel bene e nel male. Non
so dire se tu alla fine l'abbia veramente odiato, ma, sai, per me tu
sei sempre stata una creatura speciale: capace solo di amare e così
intensamente! Lo so, forse con quel discorso che eri la mia musa, ti ho
idealizzato fin troppo, ma sono poeta, in fondo.” Gringoire
si infilò le mani sotto il mantello, infreddolito per essere stato
fermo così a lungo: “Ho sempre pensato che, nonostante lui meritasse il
peggio, tu non conoscessi l'odio: forse il tuo era solamente amore
ferito, per il suo tradimento, per la morte di Clopin, per il destino
che vi attendeva tutti ed a cui, in fondo, sapevate di non poter
sfuggire. Sarò ingiusto io, Esmeralda, o lo sarà il mondo, ma penso che
tu alla fine lo avessi perdonato... Se non altro perché non hai mai
smesso di amarlo, neppure in prigione.” Sollevò
lo sguardo verso il cielo limpido e chiaro, respirò socchiudendo gli
occhi: “Che marito pessimo son stato per te! Tu mi hai salvato la vita
ed io non son stato in grado nemmeno di difenderti...” Sospirò e
proseguì: “Comunque sia, è stato il pensiero di ciò che rappresentava
per te che mi ha spinto a dirtelo: credevo fosse corretto che lo
sapessi, anche perché dubito che lo vedrai mai lì da te, ovunque tu
sia. Sarebbe troppo ingiusto!” Scosse
ancora il capo, come a scacciare un pensiero molesto: “E' ironico
pensare che sia morto in una sommossa: sai, quest'anno il raccolto è
andato veramente male e la gente ha fame... E' stato un momento
orribile, il re stava sfilando di ritorno dall'ultima battaglia e la
gente ha iniziato a tirare pietre addosso ai soldati: puoi immaginarti
il massacro di popolani che ne è seguito. Ho saputo solo il giorno dopo
che una pietra lo ha colpito al volto, uccidendolo. Non sarà molto
cristiano, mia cara, ma ho pensato seriamente che fosse stata giustizia
divina.” Guardò
ad ovest, dove sorgevano distanti le tombe dei ricchi: “E' stato
sepolto là, non fra le tombe dei nobili, ma vicino, fra quelle dei
benestanti. Non so se hai visto il funerale: io c'ero, di lontano.
Volevo verificare che fosse realtà e non solo un mio desiderio; però,
dopo, non me la son sentita di venire qui... mi sentivo troppo sporco. C'era
sua moglie. E' strano, ma è stato solo guardando lei che ho capito che
era tutto vero: era lì, ritta contro il cielo grigio, vestita di nero,
ma non piangeva e la sua espressione era severa. Questa sua durezza mi
ha fatto capire che quella che vedevo era la realtà e non il frutto
della mia immaginazione. Non era la giovane sposa addolorata per la
perdita del suo amato, ma la moglie più volte tradita che veniva
liberata da un fardello che l'opprimeva. Credo che lei lo odiasse,
forse sin da prima di sposarlo... Sorrise
amaramente ed aggiunse: “E' ironico, non trovi? Di tutta la storia,
loro erano gli unici che avessero avuto un lieto fine, ma così non è
mai stato. E' come se il fato fosse un vento che ci abbia sollevato
come foglie e spazzati via. Nessuno di noi è destinato ad esser felice,
temo.” Una
brezza gentile, tiepida e primaverile, soffiò in quel momento e
Gringoire socchiuse gli occhi, lasciandosi quasi abbracciare da questa;
sorrise e riprese, quasi replicando a quella muta risposta della
moglie: “Dici che io potrei esserlo? Temo di no, mia cara... Mi hai
legato al tuo destino con un filo doppio. Forse, se non fossi mai
capitato alla Corte quella sera lo sarei potuto divenire. O se quella
sera fossi stato impiccato, non mi sarei trascinato come un morto che
cammina per le strade di Parigi. O forse no... Non ne ho idea, in
verità. Non saprei. Tu cosa ne pensi?” Tacque,
attendendo una risposta. Dall'amata, dal vento o dalla primavera che
lentamente si affacciava, aspettava che sciogliessero il nodo che gli
opprimeva il cuore da dieci lunghi anni. Nessuno
fiatò e Pierre rimase ad attendere che il sole tramontasse di fronte
alla tomba di una donna, che aveva scoperto d'amare troppo tardi e che
era divenuta la chiave di volta della sua esistenza.
Incredibilmente Terza classificata alla Settima Minidisfida di Criticoni “Biathlon” ^^
Recensione ricevuta nell'ambito della Minidisfida #7 di Criticoni:
"Gentle Breeze,
il refolo di vento che spesso accompagna i visitatori dei cimiteri fino
alla loro destinazione, per riflettere, trovare conforto o sostegno. Notre-Dame de Paris
è un libro piuttosto difficile da eguagliare, per emozioni fornite e
per interesse, e la scelta di cambiare notevolmente lo stile utilizzato
è stata ragionevolmente felice, perché permette all'autrice di essere
libera di giostrare la sua trama, e al lettore di non essere costretto
a fare un paragone tra questo ipotetico seguito e l'originale. Paragone
che, in ogni caso, è e resta tutt'altro che impietoso: il racconto non
ha grossi inciampi di scorrevolezza - qualche pausa non ben calibrata,
al massimo - e anzi è di fattura molto buona, in quanto coniuga
l'intensità di sentimenti, emozioni e rimpianti a una narrazione che
rende partecipe il lettore delle vicende di Pierre, di Quasimodo, di
Febo e della zingara Esmeralda. Assolutamente consigliata a chi sa
come muoversi all'interno dell'opera, ma può valerne la pena anche per
chi mai ha letto il romanzo di Hugo."
Dedicata a Federica che mi fece conoscere quest'opera meravigliosa: grazie cara!
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